XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO. ANNO C. Commenti Patristici


1. La vera umiltà

Vorrei dirti di guardarti dall`orgoglio e ti vorrei raccomandare una sincera umiltà, in modo che in
tutte le tue azioni, quando rifletti su te stessa non ti senta mai sicura. E parliamo di questo dono utilissimo di
Dio, per aiutarci a scoprire non solo le cose palesi, ma anche quelle occulte della nostra coscienza. E` una
virtù multiforme, bella nelle sue espressioni esteriori, ma di gran lunga piú luminosa e bella nei suoi aspetti
intimi; dove nulla è oscuro, torbido, inquieto, poiché: "E` grande la pace di coloro che amano la legge li
Dio; nel loro cammino non trovano inciampo" (Sal 118,165). Dovendo parlare della beata umiltà, scartiamo
subito tutte le forme di avvilimento che affliggono gli animi indolenti e incostanti, ed evitiamo di dar gloria
di umiltà ad azioni che umili non sono. Alcuni gesti, nati da uno stato di necessità, sono simili ai gesti fatti
per elezione di libera volontà, e la modestia può essere confusa con l`indolenza. Ma altro è non aver la forza
d`agire, altro è domare il proprio impeto, e diversissimo è l`esito d`una irremovibile miseria e altro quello
d`una fortezza, che esercita la sua pazienza. Così la parola «povertà» è una sola, ma i poveri non son tutti
uguali; perché altro è godere di ricchezze bene impiegate, altro è lamentarsi di ricchezze che non sei riuscito
ad afferrare, o che hai perduto. Anche la parola «timor di Dio» è una sola; ma altro è temere Dio, perché hai
peccato, e altro è temerlo, perché non vuoi peccare, il primo è timore della pena, il secondo è amore del
premio. Leggiamo, infatti: "L`amore perfetto scaccia il timore" (1Gv 4,18) e: "Il timore del Signore è
santo, rimane in eterno" (Sal 18,10). Scartata, allora, quella umiltà apparente, che non serve a niente,
prendiamo in considerazione gli atti d`una virtù cosciente e voluta, atti che non son tutti uguali tra loro, ma
son sempre, comunque, in linea con la virtù.

La prima nota dell`umiltà è la fedeltà agli impegni della vita comune, attraverso i quali essa si
accaparra la benevolenza di Dio e stringe i vincoli della vita sociale. L`umiltà rafforza la carità. L`Apostolo
dice: "Amatevi, onorandovi scambievolmente" (Rm 12,10). E cresce la carità, quando l`umile crede gli altri
superiori a sé e ama di servire, e, se è messo a comandare, non si gonfia. Cresce la carità, quando il povero
s`inchina facilmente a, ricco e il ricco ha piacere di sollevare il povero al suo rango: quando il nobile non si
gloria dei suoi titoli familiari e i poveri non accampano la comunanza della natura; quando non si fa piú
conto delle grandi fortune che dei buoni costumi, né è stimata di piú la decorata potenza dei malvagi che la
disadorna giustizia dei superiori. Da questo equo e modesto diritto della concordia, in cui non c`è gara per
emergere sugli altri, né la fortuna fa gonfie le cose proprie o brucia le altrui, alcuni progrediscono
meravigliosamente verso quella fortezza dell`umiltà, che da se stessa si pone al di sopra di ogni dignità...
Poiché, dunque, la Chiesa di Dio, che è il corpo di Cristo, è cosí bene fusa nella sua molteplice
varietà, che tutte le parti, anche diverse, concorrono ad un unico splendore, e d`ogni specie di uomini,
d`ogni grado di ministeri, da ogni opera e da ogni virtù nasce un`inseparabile unità di struttura e una sola
bellezza, e non manca al tutto ciò che non manca alle parti, ed ha tanta concordia che non può non essere di
tutti ciò che è anche di ciascuno, è evidente che vi deve essere una forza copulatrice che tiene insieme e
fonde tutta la molteplicità e diversità dei santi. E questa forza è la vera umiltà, la quale, qualunque sia la
diversità dei diversi gradi, è sempre simile a se stessa. Infatti nei gradi degli uffici, nella dolcezza della
mansuetudine, nella povertà volontaria c`è molta diversità, e l`intensità del proposito fa necessariamente dei
piú e dei meno; nella vera umiltà invece non c`è divisione e tutto è comune, l`umiltà fa di tutti i suoi cultori
una cosa sola, perché non tollera disuguaglianze.

(Pseudo-Prospero di Aquitania, Ad Demetriadem, 1-6, già attribuita a Leone Magno)


2. La vita perfetta

Guai a quell`uomo che si presenta al banchetto senza la veste nuziale! Non gli resta che sentirsi dire
immediatamente: "Amico, come hai potuto venire qui?" (Mt 22,12). Egli resterà muto. Allora si dirà ai
servi: "Prendetelo, legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nel buio: ivi sarà pianto e stridor di denti" (Mt
22,13).

Guai a colui che tiene legato nel fazzoletto il talento ricevuto: mentre gli altri s`industriano a trarne
profitto, lui conserva soltanto quello che gli è stato affidato! Ma subito sarà incalzato dai rimbrotti del
padrone sdegnato: "Servo malvagio, perché non hai messo il denaro alla banca? Al mio ritorno l`avrei
ritirato con gli interessi!" (Lc 19,22-23). Vale a dire: avresti dovuto deporre ai piedi dell`altare questo
fardello che non potevi reggere! Perché, mentre tu, commerciante infingardo, non hai fatto che custodire il
denaro, hai occupato il posto d`un altro che poteva raddoppiarlo!

Per questo, se colui che serve bene si guadagna un buon posto, colui che s`accosta al calice del
Signore indegnamente sarà responsabile del Corpo e del Sangue del Signore stesso (cf. 1Cor 11,27).
Non tutti i vescovi sono vescovi.

Tu pensi a Pietro, ma guarda anche a Giuda! Tu hai in mente Stefano, ma ricorda anche Nicola,
detestato dal Signore nella sua Apocalisse! Costui ha inventato tali nefandezze e tali turpitudini che dal suo
ceppo è sorta l`eresia degli Ofiti (cf. Ap 2,6).

Ognuno si esamini prima d`accostarsi al santo banchetto! Non è la dignità ecclesiastica che fa
cristiani, Cornelio il centurione, ancora pagano (cf. At 10), è inondato dai doni dello Spirito Santo; Daniele
ancora giovanetto giudica gli anziani (cf. Dn 13); Amos diventa profeta in un istante, mentre coglie more
selvatiche (cf. Am 7,14); David, un pastorello, viene eletto re (cf. 1Re 16); e Gesú ama d`un amore di
preferenza il piú giovane dei discepoli (cf. Gv 13,23).

Mettiti all`ultimo posto, fratello, quando siedi a mensa; cosí se arriva uno meno degno di te, sarai
invitato a passare ad un posto piú degno (cf. Lc 14,10). Su chi si riposa il Signore, se non sugli umili, sui
miti, su coloro che temono le sue parole? A chi è stato affidato di piú, viene richiesto di piú. "I potenti
sopporteranno tormenti tremendi" (Sap 6,7).

Nessuno si vanti d`una castità che sia semplice mondezza di corpo; nel giorno del giudizio gli
uomini dovranno rendere conto di ogni parola inutile uscita dalla loro bocca, e un`ingiuria rivolta al fratello
sarà allora ritenuta un omicidio.

Non è facile stare nella posizione di Paolo, od occupare il grado di coloro che regnano ora con
Cristo. Potrebbe venire l`angelo da un momento all`altro a lacerare il velo del tuo tempio e a rimuovere il
tuo candelabro dal posto che occupa (cf. Mt 27,51; Ap 2,5). Se t`accingi a costruire una torre, fa` prima il
calcolo delle spese (cf. Lc 14,28). Il sale divenuto insipido non serve a nient`altro che ad essere gettato via e
calpestato dai porci (cf. Mt 5,13).

(Girolamo, Epist., 14, 8-9)


3. La via dell`umiltà

Scrivi che sei innamorato dell`umiltà e desideri apprendere il modo come averne da Dio la grazia.
Se dunque vuoi davvero fugare la superbia e ottenere il dono beato dell`umiltà non trascurare le cose che
potranno aiutarti ad acquistarlo, anzi metti in opera tutte le cose che ne favoriscono la crescita. L`anima
infatti si adatta alle cose che ama e prende sempre piú la somiglianza delle cose che fa spesso. Abbi, allora,
la persona, gli indumenti, il modo di camminare, la sedia, il cibo, il letto, in una parola, tutto, di stampo
frugale; perfino il discorso, il movimento del corpo, la conversazione; e queste cose devono tendere alla
mediocrità e non alla distinzione. Sii buono e placido col fratello, dimentica le ingiurie degli avversari; sii
umano e benevolo verso i piú abietti, porta aiuto e sollievo ai malati, abbi riguardo per chi è colpito da
dolori, avversità, afflizioni non disprezzare nessuno, sii dolce nella conversazione, lieto nelle risposte,
onesto in tutto, disponibile a tutti.

(Nilo di Ancira, Epist., 3, 134)



4. «Le generazioni mi chiameranno beata»

"Ecco che sin d`ora tutte le generazioni mi chiameranno beata". Se intendo «tutte le generazioni»
secondo il piú semplice significato, ritengo che si faccia allusione ai credenti. Ma se cerco di vedere il
significato piú profondo, capirò quanto sia preferibile aggiungere: "Perché fece grandi cose per me colui
che è potente". Proprio perché "chiunque si umilia sarà esaltato" (Lc 14,11), Dio «ha guardato l`umiltà»
della beata Maria; per questo ha fatto per lei grandi cose "colui che è potente e il cui nome è santo".
(Origene, In Luc., 8, 6)


5. Il posto al banchetto (Lc 14,7-11)

Sul cuscino piú alto mi son seduto,
in prima fila tra i tuoi dignitari;
non per tuo invito mi son fatto innanzi,
ma solo spinto dalla vanagloria.
Quando Tu chiamerai il genere umano
al Banchetto di Nozze universale,
a me, audace, non venga diretta, o mio Ospite,
la tua parola: «Spostati piú in basso!».
Ma io che adesso son giacente a terra,
che da Te ascolti la parola detta ai buoni:
«Sali piú in alto, amico,
nelle altezze divine!».

(Nerses Snorhalí, Jesus, 563-565)



6. La vera umiltà

In verità, fratelli, non ci può essere in noi vera umiltà se non è alimentata da un timore salutare, né
obbedienza se non è resa soave dallo spirito di pietà, né giustizia se non è sorretta dalla scienza dello
Spirito, né pazienza se non è sostenuta dallo spirito di fortezza, né misericordia se non è illuminata dal
consiglio, né purezza di cuore se non è custodita dall’intelligenza delle cose celesti, né carità se non è
vivificata dalla sapienza che è il gusto delle cose di Dio. Tutto questo si trova nella sua pienezza solo in
Cristo, nel quale è tutto il bene e non in parte. Egli manifestò l’umiltà nella sua nascita perché «spogliò se
stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini apparve in forma umana» (Fil
2,7).

Nella sottomissione ai genitori mostrò l’obbedienza quando, abbandonando ciò che gli stava a cuore,
«tornò a Nazaret e stava loro sottomesso» (Lc 2,51). Nella sua dottrina poi non trascurò la giustizia
dicendo: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio» (Lc 20,25).
Nella passione soprattutto, mostrò in modo eminente la pazienza, offrendo il dorso ai flagelli, il
volto agli sputi, il capo alle spine, la mano alla canna; e in tutte queste cose, come disse il profeta: «non
griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce» (Is 42,2), perché «era come agnello
condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca» (Is 53,7). I ciechi
poi cui rese la vista, i lebbrosi che risanò, i morti da lui risuscitati, e particolarmente l’adultera da lui
perdonata, la meretrice pentita che egli accolse, il paralitico a cui rimise i peccati: tutti questi
sperimentarono la sua misericordia.

Ma poiché non c’è maggior prova di carità dell’amore verso i nemici,del bene che si fa a chi ci odia
e dell’aiuto che offriamo a coloro che ci calunniano,possiamo misurare il suo amore da quelle parole che
proferì morente sulla croce quando pregò per i suoi stessi uccisori: «Padre, perdonali, perché non sanno
quello che fanno» (Lc 23,34). Perciò, fratelli, lo Spirito Santo ha infuso nel nostro cuore il suo timore:
affinché meditandolo continuamente come masticando un cibo salutare, la nostra umiltà interiore si
irrobustisca; preghiamolo perché ne rivesta anche il nostro comportamento esterno, ma facciamo in modo di
non compiere il bene appena per essere visti dagli uomini.

Dal «Discorso sull’Annunciazione del Signore» di sant’EIredo, abate.


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