san Massimo di Torino. Discorso sull'Ascensione

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Sermo 47. PL 57, 627‑630.

Oggi l'inferno e il suo capo gemono di essere spogliati, mentre tutte le schiere angeliche si allietano per aver ritrovato colui che avevano perduto.

Oggi Cristo si siede alla destra del Padre, rivestito della carne che ha assunto dalla Vergine Madre per l'operazione dello Spirito Santo, mentre tutti gli spiriti beati si inchinano ad osannarlo.

Oggi noi possiamo entrare nel santuario del cielo grazie al sangue di Gesù, come attesta la Scrittura. Infatti si è aperta per noi una via nuova che Cristo, uomo‑Dio, ha inaugurato e che finora era preclusa a ogni essere umano.

Oggi l'Agnello apre il libro sigillato, perché la morte di Gesù ha rivelato i misteri di quel libro. Ciò che era scritto di lui nella legge e nei profeti trova ormai compimento, perché oggi si è adempiuto in pienezza il disegno salvifico dell'onnipotenza divina (Cf Eb 9, 12).

Cristo scese sulla terra per condividere la nostra natura; oggi egli sale al cielo per renderci partecipi della sua gloria. Durante il tempo meraviglioso in cui visse quaggiù, con la concretezza dei miracoli egli rallegrò noi che eravamo come bambini. Oggi, salendo al cielo, ci fa crescere nella fede con i suoi doni e ci impartisce un'educazione virile: non dovremo più bramare di contemplarlo quaggiù,ma impegnarci con tutte le forze a seguirlo dove ci ha preceduti. Ormai siamo orfani della presenza terrena di Cristo: raccogliamo perciò tutte le energie per tendere verso la visione beata e diciamo con il salmista: Di te ha detto il mio cuore: "Cercate il suo volto"; il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto (Sal 26,8‑9).

Tutto il piano salvifico di Dio, manifestato nell'incarnazione di Cristo, è animato da un unico scopo, è diretto da una sola esigenza: guidarci verso le realtà del cielo, perché al termine del pellegrinaggio mortale giungiamo alla chiara visione del Signore e possiamo saziarci della gloria eterna del suo volto. Lo attesta l'Apostolo, dicendo: Lo vedremo così come egli è (1 Gv 3,2), e a lui così fa eco il salmista: Al risveglio mi sazierò della tua presenza (Sal 16,15).

Godremo allora per l'eternità di quelle cose che occhio non vide, ne orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, perché queste ha preparato Dio per coloro che lo amano (1 Cor 2,9).

Davide ebbe la vaga intuizione di questi beni mirabili quando esclamò: Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra (Sal 72,25). Il salmista parla in modo allusivo, perché non era in grado né di esprimere a parole né di comprendere per concetti la sublimità della gloria celeste.

Non ci resta dunque che avere fame e aver sete dei beni promessi, giacché Cristo, il nostro sommo sacerdote, ci ha preceduti oggi nel Santo dei santi, ove siede alla destra del Padre. Egli ha confermato con il suo esempio di uomo-Dio questa speranza che alimenta la nostra fede: possa un giorno l'umile gregge al completo raggiungere il suo Pastore.

Il Signore promise agli apostoli che i suoi avrebbero potuto seguirlo in cielo. Egli disse infatti: Dove sarà il cadavere, là si raduneranno anche gli avvoltoi (Lc 17.37).

Quando questi rapaci sentono l'odore della preda di là dal mare, ne rincorrono velocissimi la scia, per saziare la loro fame. Questo simbolo ferino rappresenta coloro che desiderano venire sciolti dal corpo per essere con Cristo, e nella voracità di quegli uccelli va colta la brama delle anime sante. Per mezzo della fede esse avvertono che il loro capo è ormai stabilito nella quiete perfetta, fuori dalle bufere del mondo. Sulle ali di una dolcissima speranza esse vogliono spiccare il volo fino alla presenza del Creatore e saziarsi a contemplarne il volto.

Noi crediamo che Cristo regna alla destra del Padre e non cessiamo di tendere verso di lui sulle ali gemelle della fede e della carità. Per regnare con lui nella vita che non ha fine, purifichiamoci da ogni vizio: otterremo allora di essere per sempre la dimora di Dio.

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