san Gregorio Palamas. Sull'Ascensione
Homilia 21. PG 151, 275‑278.
Oggi celebriamo in Cristo il passaggio della nostra natura umana, non dal fondo del sepolcro alla superficie della terra, ma dalla terra al sommo cielo, al trono celeste di colui che domina sull'universo.
Oggi infatti il Signore non sta più in mezzo ai suoi discepoli come aveva fatto dopo la risurrezione,ma si allontana e scompare ai loro occhi elevandosi in cielo.La sua ascensione lo fa entrare nel vero santuario dove siede alla destra del Padre, sopra di ogni principato e potenza, più in alto di ogni gloria e di ogni nome che si possa conoscere o nominare non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro.
Numerose risurrezioni avevano preceduto quella del Signore; così pure numerose furono le ascese al cielo che prefigurarono la sua. Leggiamo infatti che uno spirito rapì Geremia e che l’angelo del Signore afferrò Abacuc. Più spettacoloso è il racconto sul profeta Elia, che fu assunto in cielo sopra un carro di fuoco. Costoro tuttavia non oltrepassarono le zone attigue alla terra, e le loro ascensioni furono piuttosto trasferimenti verso luoghi superiori ma sempre vicini al globo terrestre.
Tutti gli uomini che nei tempi prima di Cristo furono richiamati in vita, ritornarono poi alla terra quando morirono. Al contrario, Cristo risorto non è più vinto dalla morte. Egli sale al cielo da dove regna su tutte le creature che gli sono soggette, dando così testimonianza del potere della sua divinità. Questa realtà fu adombrata nel famoso monte di Dio, annunciato da Isaia (Cf Is 2,2): il tempio del Signore rappresentava il corpo di Cristo che domina su tutte le alture spirituali.
Non un angelo né un uomo il Signore mandò per salvarci; ma, pur restando il Dio immutabile, venne egli stesso, assumendo una carne simile alla nostra. Quando discese, non si spostò altrove, ma accondiscese a mettersi al nostro livello.
Così pure, quando è asceso al cielo, non si è trasferito dall'umanità alla divinità, ma ha posto sul trono divino la natura umana che aveva assunta. Bisognava infatti che la nostra natura fosse presentata a Dio in Cristo, primogenito dai morti, secondo l'usanza di offrire il primo nato di ogni specie.
Noi non celebriamo le risurrezioni e le ascensioni che precedettero quella del Signore, perché non le abbiamo condivise. Quelle prefigurazioni hanno l'unico scopo di farci credere nella risurrezione e nell'ascensione di Cristo: solo queste ci interessano, dato che vi possiamo prendere parte. In Cristo che risuscita e sale al cielo, è la natura umana a risorgere e ad ascendere, anzi è ogni essere che creda e manifesti la propria fede con le opere.
Nella sua natura divina il Signore non era né creato né soggetto al divenire. Per noi egli visse un'esistenza umana allo scopo di additarci la via della vera vita; per noi soffrì nella carne per guarirci dalle nostre passioni e fu condotto a morte per i nostri peccati; per noi è risorto e salito al cielo in modo da prepararci una risurrezione e un'ascensione per l'eternità.
Tutti coloro che sono gli eredi di Cristo cercano di imitare quella che fu la sua vita terrena. Questa imitazione ha inizio nel santo battesimo, che rappresenta per noi il sepolcro e la risurrezione di Cristo. Dobbiamo poi proseguire uniformando la nostra vita al vangelo, finché approderemo alla vittoria, frutto della lotta spirituale sulle passioni; allora ci sarà la pienezza della gioia eterna, al di là di ogni dolore e di ogni morte. Ce lo conferma l'Apostolo con queste parole: Se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l'aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete (Rm 8,13). Quelli che vogliono vivere secondo Cristo devono quindi prefiggersi come riferimento costante della propria esistenza la vita terrena del Salvatore. Moriranno anch'essi come è morto Cristo nella carne, ma come lui risorgeranno con un corpo glorioso e incorruttibile, quando sarà giunto il momento. E poi saranno elevati in cielo, secondo quanto ci insegna ancora san Paolo: Saremo rapiti tra le nubi, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore (1 Ts 4,17).
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