san Gregorio Magno. Omelia sull'Ascensione
Homilia XXIX, 1. 2-4 in Evang. PL 76, 1213-1216.
I discepoli tardarono a credere nella risurrezione del Signore, e ciò va visto non come segno del loro vacillare ma come sostegno della fede a cui in futuro noi saremmo stati chiamati. A loro, ancora in preda ai dubbi, l'evento della risurrezione fu mostrato con molti argomenti. Ne leggiamo nelle testimonianze scritte, e non ci sentiamo forse confermati nella fede dai loro stessi dubbi? Mi dà minor aiuto Maria, giunta subito alla fede, di Tommaso che dubitò a lungo. Questi con la sua incertezza toccò le cicatrici delle ferite e allontanò dal nostro cuore la ferita dell'incredulità.
A conferma della risurrezione del Signore va anche notato ciò che scrive Luca: Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme. E poco dopo: Fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. Notate le parole e il loro mistico significato: Mentre si trovava a tavola ... fu elevato in alto. Mangiò, salì, perché attraverso il prendere cibo risultasse evidente la realtà del suo corpo.
Marco ricorda anche che il Signore, prima di salire al cielo, rimproverò i discepoli per la durezza del loro cuore e per l'incredulità. In tutto ciò, cosa occorre mettere in evidenza se non che il Signore rimproverò i discepoli nell'atto di congedarsi con la sua presenza fisica da loro, perché le parole da lui pronunciate nel lasciarli restassero più saldamente impresse nel loro cuore mentre le udivano? Ascoltiamo cosa dice come esortazione dopo il rimprovero per la durezza del loro cuore: Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.
Quando la Verità invia i discepoli a predicare, come interviene nel mondo se nn spargendo seme? Sono disseminati pochi granelli, perché nascano frutti di messi abbondanti dalla nostra fede. Non potrebbe nascere in tutto il mondo una messe così ricca di fedeli, se quei grani scelti dei predicatori non raggiungessero, attraverso la mano del Signore, il terreno delle anime.
Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. Qualcuno forse dirà tra sé: Io ho già creduto e quindi avrò la salvezza. Costui dice bene se accompagna la fede con le opere, perché la fede autentica è quella che non contraddice con le opere le verità credute. Per questo Paolo scrive di alcuni falsi credenti: Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti. E Giovanni: Chi dice: "Lo conosco" e non osserva i suoi comandamenti è bugiardo.
A questo punto dobbiamo verificare l'autenticità della nostra fede con l'esame della nostra condotta, perché potremo dire di essere veri credenti se attuiamo con le opere le promesse fatte a parole. Nel giorno del battesimo ci siamo impegnati a rinunciare a tutte le opere e a tutte le pompe dell'Avversario antico. Ognuno di voi si esamini seriamente e se da dopo il battesimo compie ciò a cui si impegnò, si senta felice per la certezza di avere la vera fede.
E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro alcun danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno.
Forse, fratelli miei, dovete considerarvi senza fede perché non operate questi prodigi? Essi furono necessari ai primordi della Chiesa, perché la fede doveva essere alimentata dai miracoli per poter crescere. Anche noi, del resto, quando piantiamo alberi, dobbiamo annaffiarli finché non li vediamo ben solidi nel terreno, e appena hanno fissato le radici smettiamo di somministrare l'acqua. Per questo Paolo dice: Le lingue non sono un segno per i credenti ma per i non credenti.
Ci sono altre ulteriori considerazioni in ordine a questi segni e prodigi. La santa Chiesa compie ogni giorno in forma spirituale ciò che faceva allora concretamente mediante gli apostoli. Quando infatti i suoi sacerdoti con la grazia dell'esorcismo impongono le mani ai fedeli e impediscono agli spiriti maligni di prendere dimora nelle loro anime, cosa fanno se non scacciare i demoni? E i cristiani che abbandonano le dottrine mondane della vita di un tempo, che celebrano i santi misteri e annunciano con tutte le forze le lodi e la potenza del Creatore, che altro fanno se non esprimersi in lingue nuove? Quando poi con buone esortazioni spengono la malizia nel cuore degli altri, eliminano i serpenti. Quando sentono parole malvagie e suadenti senza farsi trascinare al male, prendono, sì, bevande mortifere, ma non ne subiscono danno.
Quando i credenti si accorgono che il prossimo vacilla nel compiere il bene, quando lo soccorrono con tutte le forze e l'esempio del proprio comportamento, sostengono la condotta di chi è incerto nelle scelte da compiere, altro non fanno se non imporre le mani sui malati perché ritrovino la salute. Questi prodigi sono ancora più grandi perché di ordine spirituale, e perché attraverso di essi vengono ricondotti alla vita non i corpi ma le anime.
Fratelli carissimi, voi pure potete compiere questi segni - se lo volete - con l'intervento di Dio. Si tratta di segni esterni e da essi non possono ottenere vita quelli che li compiono perché sono prodigi di natura corporea che mostrano talora la santità senza però esserne causa; invece questi prodigi spirituali compiuti nelle anime producono la realtà della vita, e non è loro compito semplicemente il mostrarla. Di essi possono fruire solo i giusti, mentre ai primi possono accedere anche i malvagi. Per questo la Verità dice di qualcuno: Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità.
Non vogliate perciò, fratelli, fare oggetto del vostro amore quei segni che potrebbero essere attribuiti anche ai reprobi, ma amate i prodigi della carità e del fervore, di cui ora abbiamo parlato, che sono veramente sicuri perché occulti; per essi è stabilita presso il Signore una ricompensa tanto più grande quanto minore è la loro gloria presso gli uomini.
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