Ratzinger - Benedetto XVI. SPIRITO DELLA VITA - SPIRITO NELLA CARNE
SPIRITO DELLA VITA - SPIRITO NELLA CARNE
Con la nuova vetrata raffigurante la Pentecoste (È l'ultima grande vetrata colorata, in stile gotico, che Josef Ober-berger ha realizzato nel 1988 nella navata nord della cattedrale di San Pietro, duomo di Regensburg) , il segreto di questo giorno è divenuto visibile e presente nel nostro duomo in modo assai vivo. Tuttavia, chi guarda solo superficialmente non vi riconoscerà nulla dell'avvenimento della Pentecoste, vi troverà solo la quasi terrificante ed enigmatica maestà del Dio eterno, Creatore e Padre. Guardando invece più da presso, si riconosce che questo Dio non è solo distante, inviolabile maestà, bensì che da Egli proviene un moto, un discendere, che è un inchinarsi all'amore, per incontrarlo, un moto che crea scendendo un nuovo fermento nella comunità e unisce tutto nella sfera dell'amore celeste. Dal Padre discende il Figlio, e da questi lo Spirito Santo, che scende sugli uomini sotto f orma di lingue di fuoco. L'immagine di un gran numero di fiamme ci dice che lo Spirito si moltiplica e nello stesso tempo è sempre uno; Esso si estende, avvolge gli apostoli, si innalza e solleva ancora una volta la creazione caduta, nell'unità dell'amore di Dio che crea e che salva.
Nella dinamica di questa raffigurazione è così compreso il significato di questo giorno - il mistero dello Spirito Santo - che nessuno può riconoscere e vedere da solo. Chi diventa per così dire specialista nello Spirito Santo, chi vorrebbe isolarlo e una volta isolato studiarlo, non si troverà mai al suo cospetto; non potrà toccarlo con la propria anima. E dunque lo Spirito Santo vive solo nel circolo di quel triplice amore, che crea e insieme si fa creatura. Esso è solamente in questo grande movimento, nel farsi uno dentro l'altro e uno verso l'altro di Padre, Figlio e Spirito, nel loro trasfondersi nella Creazione - e solo attraverso ciò nói presagiamo qualcosa del mistero della sua grandezza e della sua vicinanza.
Ciò che di essenziale e fondamentale significa la vetrata della Pentecoste ci sarà chiaro se ascoltiamo attentamente le letture di oggi. Paolo si rivolge ai Corinzi, che sono alla ricerca di una religione dello spirito, anzi sono addirittura avidi di sempre nuove sensazionali rivelazioni. Ma proprio in questo modo essi non trovano lo Spirito Santo, anzi si affannano reciprocamente in gelosie e contrasti. Ora, Paolo da loro alcune semplici regole su come distinguere lo Spirito di Dio dal non-spirito dell'uomo, dal proprio spirito. La prima regola, essenziale e fondamentale, è che «nessuno può dire: "Gesù è il Signore" se non in virtù dello Spirito Santo» (1 Co 12,3). Queste parole: «Gesù è il Signore» sono la formula fondamentale della professione di fede della Chiesa. Secondo il suo uso linguistico, la parola ebraica «signore» indica la professione della divinità di Gesù Cristo. Il Credo della Chiesa è nient'altro che lo svolgimento di ciò che si dice con queste parole. In ogni loro sviluppo, il Credo della Chiesa è uno e identico. Di questa professione di fede ora Paolo ci dice che si tratta proprio della parola e dell'opera dello Spirito Santo. Il Credo è per così dire la parola che Esso ha creato, in cui troviamo la risposta al discorso di Dio; Egli abita in esso. Se vogliamo essere nello Spirito Santo, dobbiamo aderire a questo Credo. Abitando in esso, facendolo nostro, accettandolo come nostra parola, accediamo alla casa e all'opera dello Spirito Santo. Questo significa che lo Spirito è per sua natura verità e che la verità è una sola. Che quindi la verità non separa, ma unisce. La sua caratteristica è allora proprio quella di unire. È lo Spirito a darci quella verità che cerchiamo invano. Certo, molti possono conoscerla, ma di fronte alle verità fondamentali - di fronte alla domanda su chi siamo noi nel profondo, da dove veniamo, chi è Dio e come si comincia a essere veramente uomini - di fronte a queste verità fondamentali siamo ciechi. Comprendere ci è impossibile. Pertanto, o gli uomini ritirano la loro richiesta di verità e si dispongono a vivere solo nella contingenza e nell'esteriorità - ma in questo modo sprofondano in un infinito vuoto intcriore, perché il nostro essere ha sete di verità. Oppure si procurano una risposta per conto proprio, che però si ritorcerà sempre contro. Lo Spirito Santo è la verità. Qui non si tratta di quante cose si possano sapere di lui; si tratta piuttosto dell'unica e decisiva cosa che viene detta nella professione di fede della Chiesa: chi è Dio. «Gesù è il Signore.» Ciò significa: così è Dio. Questo è il suo volto. Dio si mostra in Gesù e con ciò ci concede la verità essenziale -con la conoscenza di Dio la verità su noi stessi. Penetrare questa parola che non noi abbiamo creato, la Sua parola, è la Pentecoste. Recitando il Credo ed eseguendolo nei nostri cuori con il coro, penetriamo ciò che avvenne nella prima Pentecoste: dallo scompiglio di Babele, da quelle voci che strepitano una contro l'altra, la molteplicità si fa multiforme unità, dal potere unificatore della verità cresce la comprensione. Nel Credo che ci unisce da tutti gli angoli della Terra, che fa in modo che mediante lo Spirito Santo ci si comprenda pur nella diversità delle lingue, attraverso la fede, la speranza e l'amore si forma la nuova comunità della Chiesa di Dio.
Nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato, San Giovanni conduce il medesimo pensiero in una direzione appena diversa. Egli ci dice che la Pentecoste comincia in realtà già a Pasqua con la prescrizione del Signore risorto. Il suo respiro, il suo soffio, è il respiro di Dio. Lo Spirito Santo e la sua parola, ciò che con essi ci viene dato, è il perdono. Emerge qui, ancora una volta, che lo Spirito è verità. Allora la verità consiste nell'aver bisogno del perdono. Una comunione concorde tra gli uomini può darsi in generale solo sotto la Grazia del perdono. La verità è che siamo colpevoli, che siamo peccatori e che possiamo vivere solo se Dio è perdono, solo se ci viene perdonato. Anche di fronte a questa verità siamo in parte consapevoli e in parte ciechi. Due noti psicologi hanno parlato di «incapacità di portare il lutto»2, vale a dire di incapacità di pentirsi; dell'incapacità di riconoscere che siamo noi stessi, non gli altri né le strutture sociali, a non farci vivere più giustamente. Ma possiamo riconoscere la verità della colpa - del nostro peccato - solo se ci viene concesso dal miracoloso amore di Gesù Cristo quel perdono che ha il potere di trasformare. Esso ci rigenera. E così ora, alla prima parola dello Spirito - Gesù è il Signore -, possiamo aggiungerne una seconda: «In verità vi dico», come il Credo della professione di fede in Gesù Cristo è la nuova parola attraverso la quale lo Spirito Santo da sempre rigenera la Terra; la trasformazione a cui siamo chiamati, per cui anche oggi è Pentecoste.
Possiamo riunire entrambi i pensieri, quello di Paolo e quello di Giovanni, in un'unica formula e dire: lo Spirito Santo è il soffio di Gesù Cristo. Siamo dunque presso lo Spirito Santo se viviamo, per così dire, così prossimi a Gesù da percepirne il respiro. A questo punto emerge la connessione tra creazione e redenzione: in principio il soffio divino fece l'uomo dal fango; il soffio di Gesù Cristo, di uomini infangati, ripiegati su sé stessi e incapaci di sollevarsi, fa degli apostoli, dei discepoli, degli uomini che vivono, nei quali vivono fede e amore.
Se tuttavia riflettiamo a ciò che intendiamo abitualmente con Pentecoste e Spirito Santo, dobbiamo dire che il nostro primo pensiero è un altro. Riteniamo che una fede basata sullo Spirito Santo dovrebbe sgorgare esclusivamente dal cuore, che non dovrebbe conoscere dogmi e comandi, uffici e gerarchie, burocrazia e amministrazione, ma essere bensì solo Spirito e verità. Questa è l'illusione che da sempre associamo alla Pentecoste: che lo Spirito spazzi via tutto questo e ci conduca a un religione dello spirito, pura e libera. Chi crede questo (quasi tutti) misconosce la natura umana, perché l'uomo non è affatto puro spirito. Ciò cheè notevole è l'idea che Dio ha dell'uomo - che egli è spirito nella carne e carne attraverso lo spirito; che in lui vive l'unità della creazione; che lo spirito penetra la materia e ne trae un po' della sua forza, della sua vitalità, della sua pienezza; e che viceversa lo spirito colma la materia, sì che essa sia illuminata e rischiarata dalla Grazia della conoscenza. Dove carne e spirito sono separati, la carne si riduce a mero corpo e lo spirito a freddo calcolo, mera funzionalità. Questa scissione del mondo è la grande tentazione, la grande urgenza del nostro tempo. Perché oggi abbiamo esperienza proprio di ciò, che la carne è maneggiata ormai come corpo, che si può ormai fare, produrre, fabbricare in laboratorio e che al momento giusto, quando non ha più alcun valore, viene eliminato. Tale decadimento della carne a mero corpo si mostra col venir meno del rispetto di fronte al suo inizio e alla sua fine, perché non sussiste più quell'unità. Nello stesso tempo, qui si mostra anche il degrado dello spirito che è ormai solo calcolo e azione, perché non è più parte di quell'unità che Dio gli ha prescritto. È vero, Gesù stesso dice: «Lo Spirito soffia dove vuole». E così fa Egli. Lo Spirito irromperà ancora, di nuovo e inaspettatamente, trovandosi là dove non l'avevamo programmato e dove forse non ci piace. Qualche tempo fa, in una regione del Nord molto «versata» in fatto di psicologia e sociologia, è stato spiegato perché non potrà mai più esserci un movimento di rinascita religiosa. In realtà è accaduto poco dopo. Perché lo Spirito ha potenza, e oggi e sempre porta sorprendentemente nuovi uomini sotto la luce di Gesù Cristo; oggi e sempre succede l'inaspettato, l'apparentemente impossibile. «Lo Spirito soffia dove vuole.» Il che però non vuoi dire disordine e anarchia, poiché il Signore aggiunge: «Se uno non è nato dall'acqua e dallo Spirito, non può entrare nel Regno di Dio» (Gv 3,5). Lo Spirito si trasmette attraverso l'acqua, attraverso la fonte che sgorga dal fianco ferito di Gesù, dal suo cuore aperto. Esso si trasmette attraverso la personificazione della Chiesa e dei suoi sacramenti. Sulla croce, dopo la morte, il Signore non ha lasciato la propria carne, come qualcosa che avesse esaurito il suo ufficio e che poteva putrefarsi nella tomba, ormai priva di importanza. No, egli l'ha portata con sé, l'ha trasfigurata, mostrandoci così che lamateria ha qualcosa di divino, di eterno; che può trasformarsi e che Dio vuole realizzare l'unità di tutto il creato proprio attraverso questa sua creatura, l'uomo. Con i sacramenti si dona a noi lo Spirito. Perciò Agostino ha utilizzato queste audaci parole: «Tanto uno ha in sé dello Spirito Santo, tanto egli ama la Chiesa». La Chiesa nella sua più profonda verità, che non è amministrazione o burocrazia, che pure devono esserci ma che non sono l'essenziale. La Chiesa che è la risposta del Credo, il «sì» della fede; la Chiesa che è parola di perdono. La Chiesa è culto di Dio e Grazia del sacramento, nel quale lo Spirito si partecipa a noi corporalmente e Cristo attraverso lo Spirito di nuovo si fa carne in mezzo a noi. Certo vorremmo fuggire di nuovo la carne, perché vediamo quanto fango c'è al suo posto. Ma proprio questo è il dramma dello Spirito Santo, il dramma della Chiesa e anche il nostro: lo sforzo di trarre lo Spirito dal fango. E non è rifuggendo il fango che ci facciamo Spirito, non in questo modo rendiamo la Chiesa spirituale, nuova e libera, ma solo sopportando il fango che è in noi e negli altri; sottoponendolo alla nuova forza vitale, al respiro di Gesù Cristo, nello Spirito Santo che ancora oggi trasforma il mondo.
Lo Spirito Santo, di alcuni uomini fecondi fece degli apostoli. Preghiamo dunque il Signore, che ci doni anche oggi la Grazia dello Spirito. Che tocchi il fango che è in noi e che la Chiesa si faccia vivente e venga la Pentecoste nel nostro tempo.
Amen.
Omelia del Card. J. Ratzinger nel Duomo di Regensbrurg, 14 Maggio 1989
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