La festa delle Capanne (delle Tende o dei Tabernacoli - Sukkôth) si celebra sei mesi dopo la Pasqua al tempo della vendemmia (settembre-ottobre, dopo la festa di capodanno). Originariamente si trattava della festa del raccolto d'autunno, poi è divenuta la commemorazione dei quarant'anni nel deserto. La festa si svolge in un clima molto gioioso: essa viene subito dopo il Kippur, e deve esprimere la gioia della misericordia di Dio sperimentata nel perdono e la rinnovata comunione con Lui. Allo stesso tempo esprime fattivamente la avvenuta conversione e la profonda adesione alla Legge, che è il modo giusto di vivere nella terra. Come è sempre stato per le feste di tipo agricolo, anche qui il far dono al Signore dei frutti della terra (insieme agli animali in olocausto) ha lo scopo di ringraziamento e dichiara la consapevolezza della propria dipendenza da Dio. In questa festa viene particolarmente esaltata la memoria del tempo del deserto. Il tempo del deserto è un tempochiave per l'identità di Israele come popolo di Dio: è nel deserto, lì dove Israele non aveva di che procurarsi da vivere, lì dove Israele era in costante pericolo di morte, che ha sperimentato la vera e tenera vicinanza di Dio. Tale vicinanza, simboleggiata nei racconti esodali, con la nube e la colonna di fuoco, si rendeva particolarmente efficace quando si trattava di nutrire e dissetare il popolo. È nel deserto che Israele sperimenta il prodigio dell'acqua che sgorga dalla roccia, o della manna e delle quaglie. Il popolo ha bisogno e mormora, e Dio, che vuol dargli la vita, fa miracoli per lui, dimostrandogli che, anche in un luogo in cui Israele non può fare niente per darsi la vita da solo, c'è Dio che gliela dà. Per Israele ricordarsi del deserto è fondamentale per poter vivere nella Terra, luogo dove invece scorrono latte e miele. Qui, infatti, Israele è sottoposto alla tentazione di credere che, siccome può procurarsi cibo e acqua da solo, lavorando la terra ed intervenendo sulla natura, la vita venga solo da lui e non abbia più bisogno di Dio.È un enorme illusione, perché di fatto conduce a perdere la terra. Infatti, condizione per possedere davvero la promessa di Dio è ricordarsi che viene solo da Lui. Nel momento in cui Israele dimentica il deserto, perverte il suo rapporto con la terra, diventa ingordo, dimentica la condivisione col povero e va in esilio. Deve sperimentare che è Dio che dà ogni bene. Questo ci dice quanto sia fondamentale questa festa delle capanne. Nel nostro testo è detto che ogni israelita per tutta la durata della festa deve abitare in capanne, come accadeva nel deserto. Ancora oggi, le capanne si costruiscono sui tetti o sui balconi, e vengono arredati con frutti e rami. In un periodo più tardivo, fino alla alla distruzione del Tempio, un rito particolare accompagnava questa festa: un sacerdote riempiva d'acqua un'anfora d'oro, risaliva verso il Tempio e ne cospargeva l'altare. Ciò richiamava non solo il ringraziamento per l'acqua, senza la quale niente può fiorire e maturare, ma anche il prodigio dell'acqua scaturita dalla roccia nel deserto e l'acqua vivificante che, secondo Ezechiele, sarebbe scaturita dal Tempio nuovo e definitivo. Ciò ci aiuta a capire cosa vuol dirci Giovanni nel suo Vangelo al c. 7, in cui Gesù, recatosi di nascosto a Gerusalemme proprio per la festa delle capanne, l'ultimo giorno della festa, quello più solenne, proclama, citando il profeta Isaia: Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me. Gesù, reinterpretando il rito festivo, si presenta egli stesso come colui da cui attingere l'acqua viva e vivificante: come quella che ridà la vita nel deserto (luogo di morte certa), come quella che sgorga dal Tempio Nuovo e fa fiorire il deserto e guarisce tutte le malattie.
David Gianfranco Di Segni
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