Sukkot. « E vi rallegrerete nelle vostre feste » (Lev. 23). La Torà istituisce la festa di Sukkot, come giorni di ringraziamento e di gioia, giorni dedicati alla manifestazione di gioia interiore ed esaltazione.
L'osservanza della festa di Sukkot e delle sue colorite Mitzvot (buone azioni), che segue così da vicino i grandiosi giorni di pentimento e di espiazione - le solenni festività di Rosh Hashanà e di Yom Kippur =, mostra che subito dopo che ci è stato accordato un buon anno e siamo stati iscritti da D-o nel libro della vita, ci occupiamo attivamente di adempiere ai Suoi comandamenti: entriamo così in un periodo di festa, veramente « un tempo di gioia », in cui manifestiamo il nostro ringraziamento e la nostra gioia.
Storicamente, Sukkot ricorda le capanne che i nostri antenati costruirono durante la loro permanenza nel deserto, come riferisce la Torà (Lev. 23): « Nelle capanne risiederete per sette giorni... perché le vostre generazioni sappiano che in capanne ho fatto stare i figli d'Israele, quando li ho trattati dalla terra d'Egitto ».
NUVOLE DI GLORIA. La Succà ci ricorda anche le « nuvole di gloria » protettrici che circondavano il popolo ebraico nel suo peregrinare per quaranta anni nel deserto, nel viaggio verso la Terra Promessa.
Anche se la liberazione dalla schiavitù e i miracoli relativi sono ricordati soprattutto nella festa di Pesar, tuttavia costruiamola Succà in autunno, per mostrare che non è solo per convenienza stagionale (in primavera) che ci trasferiamo in una capanna, ma piuttosto per ricordare e testimoniare il miracolo di D-o e la Sua provvidenza divina.
Le nuvole di gloria possono aver lasciato il popolo ebraico dopo il suo ingresso nella Terra d'Israele, ma la protezione dell'Onnipotente non ci lascia mai.
IL RACCOLTO DEL PRODOTTO. La festa di Sukkot viene anche dalla fine della stagione agricola, quando i significati agricoli sono molto evidenti e lo spirito di un ringraziamento profondamente sentito permea l'aria. D'altra parte, se il lavoro di qualcuno è stato vano, e la terra non gli ha dato i suoi frutti,
egli può ritrovare forza e speranza nella Succà, nel ricordo che D-o sostenne il popolo ebraico nel deserto per quaranta anni.
« ... Quando raccoglierai il prodotto dai tuoi granai e dai tuoi tini » (Deut. 16). II prodotto dei campi, dei frutteti, delle vigne è raccolto in granai, silos, magazzini. In questo periodo di raccolto, quando il sudore e il lavoro di molti mesi è ampiamente ricompensato dai generosi frutti della terra, l'uomo potrebbe ingrassare e dimenticare D-o « Fu la mia forza e la potenza della mia mano che mi procurò tutta questa ricchezza » (Deut. 8). Per non diventare arroganti a causa di tutto il bene che D-o ci ha accordato, lasciamo le nostre case e conduciamo un'esistenza semplice e vìcino alla terra, sfidando gli elementi e sentendoci vicini a D-o, poiché sappiamo che Egli è la fonte del bene, il dispensatore di doni, il motore della natura e l'autore della sua legge.
IN TUTTE LE VOSTRE AZIONI LO CONOSCERETE. Per sette giorni l'ebreo sposta tutte le sue attività dalla sua casa alla Succà, manifestando Bifachon (fede) nell'Onnipotente, che anche in questa fragile capanna D-o lo proteggerà e lo farà prosperare. In questo modo adempiamo una Mitzvà singolare, poiché mentre ogni Mitzvà richiede l'uso di un arto o organo del corpo (es. la bocca e lo stomaco mangiano il cibo casher, il braccio e la testa indossano i teffillin, la mente studia la Torà, il cuore sente l'amore per un compagno ebreo), la Mitzvà di Sukkot coinvolge la persona nella sua interezza: ogni arto e cellula della persona nella Succà sta adempiendo una Mitzvà, ed ogni arto e cellula è nella Mitzvà, completamente immerso, circondato, coinvolto. Ma non è santificato soltanto il corpo nella sua interezza, perché è nella Mitzvà, ma anche ogni azione che si compie nella Succà diventa parte dell'adempimento della Mitzvà. Pertanto, quando si mangia nella Succà, il mangiare diventa una Mitzvà, e quando si dorme, cammina, parla ecc., tutte queste semplici azioni umane diventano vere Mitzvot, perchè compiute nella Succà.
II grande aforisma idealistico di Re Salomone (Prov. 3:6) « Bechol Derachecha Daehu »: « Lo riconoscerai in tutte le tue vie » diventa all'improvviso reale ed immediato, perché in ogni singola azione fisica ci facciamo più vicini a D-o e alla Divinità.
LE QUATTRO SPECIE. In questo suggestivo insieme di abbondanza e di umiltà, di generosità e di ringraziamento, D-o ci dice di portare le quattro specie (Lev. 23): « E porterete nel primo giorno un frutto dell'albero Hadar e rami di palma e un ramo dell'albero di mirto e salici del ruscello e vi rallegrerete davanti al Signore vostro D-o per sette giorni ».
Noi mettiamo insieme queste piante, che rappresentano il mondo della flora, per dimostrare il nostro attaccamento a D-o e alle Sue leggi. L'« Etrog » o cedro, frutto dell'albero « Hadar » ha un buon gusto e fragrante odore. II « Lulav » è un ramo di palma da dattero, il cui frutto è delizioso, ma non ha odore, ma non un gusto particolare; i salici sono privi di gusto e profumo. Ciascuna delle quattro specie deve essere perfetta e completa in tutti gli aspetti: colore, misura, struttura forma. Nel compiere la Mitzvà noi leghiamo insieme il Lulav (palma), I'Hadas (mirto) e I'Aravà (salice) e li teniamo stretti insieme con I'Etrog. Dicendo la benedizione, scuotiamo questo mazzo in tutte le direzioni, per significare l'onnipresenza di Do e per assolvere i Suoi desideri.
Siccome la festa viene subito dopo i giorni del Giudizio, noi portiamo trionfanti il nostro mazzo di frutta e piante, per mostrare che siamo riusciti vincitori nel Giudizio davanti a D-o.
Discutendo questo aspetto di Sukkot, il Midrash riferisce: « Questo è paragonabile a due uomini che vengono davanti ad un giudice e noi non sappiamo chi ha ragione. Quando uno si allontana portando in mano uno « scettro », sappiamo che egli è stato giudicato retto. Allo stesso modo anche Israele e le nazioni affrontano il giudizio di D-o a Rosh Hashanà; quando gli ebrei escono a Sukkot portando lo « scettro » - Lulav e Etrog - sappiamo che Israele ha vinto » (Vaiykrà Raba 30).
Se cerchiamo una ragione specifica per questa Mitzvà, troviamo che la Torà non ne dà nessuna per le quattro specie. Eppure, simbolicamente, essa ci insegna un'importante lezione di unità e fratellanza, perché il Midrash spiega il significato delle quattro specie in questo modo:
« Come I'Etrog presenta sia gusto delizioso sia aroma fragrante, così allo stesso modo ci sono ebrei istruiti nella Torà e osservanti delle Mitzvot. Così come il Lulav (dattero) è di buon gusto, ma non ha fragranza, così ci sono in mezzo a Israele persone immerse nella Torà, ma incapaci di dare rilevanza alle buone azioni. Come il mirto non ha gusto, ma produce una meravigliosa fragranza, così ci sono ebrei che anche se sono ignoranti sono occupati in buone azioni. E come il salice non ha né gusto né odore, così ci sono Ebrei ignoranti della Torà e privi di Mitzvot.
Solo quando tutti questi ebrei stanno insieme e sono legati strettamente come uno solo, possiamo rallegrarci davanti a D-o.
Quando l'ebreo dotto e osservante troverà il suo posto vicino all'ignorante e al non osservante, allora potremo veramente servire D-o con armonia e purezza di cuore.
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