Eloi Leclerq. La trasfigurazione

Alcuni giorni dopo il primo annuncio dellasua morte, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse in disparte, su di una montagna. Là apparve trasfigurato ai loro occhi. «E mentre pregava il suo volto cambiò d'aspetto...» (Lc 9,29). «Il suo volto brillò come il sole», dice Matteo (Mt 17, 2). Anche le sue vesti avevano il fulgore della luce; risplendevano come neve al sole. Tutto il suo essere non era altro che luce. Questa Trasfigurazione non va intesa comeuna semplice metamorfosi esteriore, come un fenomeno meraviglioso e magico. Gesù non è un illusionista; non dà spettacolo di sé. Ciò che gli evangelisti esprimono qui, adottando la grande simbologia del sole e della luce, è uno sguardo di fede sul mistero di Gesù e del Vangelo. Il racconto evangelico della Trasfigurazione ci rivela il suo segreto solo a partire dal momento in cui si rinuncia a sapere cosa è storicamente successo quel giorno e come sia avvenuto. Solo a questa condizione possiamo sperare di entrare nella luce interiore di quanto viene qui evocato. La Trasfigurazione cessa allora diessere un avvenimento a parte nella vita di Gesù, una sorta di intermezzo meraviglioso. Diviene un tutt'uno con l'annuncio del Regno; essa è questo annuncio che, improvvisamente, si chiarisce nella sua profondità, a partire da ciò che Gesù vive nel suo intimo, nella sua relazione con il Padre. In tutto il suo insegnamento, e in particolare nelle parabole, Gesù aveva presentato il regno di Dio mettendo l'accento sul suo carattere nascosto. Il Regno viene, si è avvicinato; ma dal di fuori non appare in modo eclatante; non è niente di spettacolare e di sensazionale. Non è nascosto solamente nel mistero dell'al di là, ma anche qui. Si presenta sotto il velo del quotidiano; si inserisce nello svolgimento della vita ordinaria, come il lievito nella pasta. È presente nel cuore di un mondo familiare che ognuno di noi conosce, quello delle attività di tutti i giorni, quello dei dolori e delle gioie di tutti. Ai farisei che lo interrogavano sulla venuta del Regno e sui segni che avrebbero permesso di riconoscerlo Gesù rispose: «Il Regno di Dio nonviene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: eccolo qui o eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi» (Lc 17,20-21). Così il Regno viene inosservato da coloro che si aspettano segni straordinari, fantastici. Ma se è nascosto in un presente tutto quotidiano e familiare, non è in alcun modo essostesso una realtà quotidiana e familiare. È una prossimità del tutto nuova di Dio al mondo,una presenza meravigliosa, insperata, insuperabile, una rivelazione di tenerezza che trasfiguratutto, in modo tale che colui che la accoglie può dire in verità: «Essere qui è splendido». Con la sua venuta l'esistenza più comune viene trasfigurata in tutte le sue relazioni; si vede penetrata, trasportata dall'afflato di misericordia e di tenerezza che viene dal Padre, attraverso questa relazione singolare, unica, fatta di intimità, che Gesù intrattiene con il Padre. Esteriormente nulla è cambiato. Tuttavia tutto viene vissuto diversamente: nella luce del Figlio diletto. L'annuncio del Vangelo, pertanto, è interamente trasfigurazione. Per penetrare pienamente il senso della trasfigurazione, così come ci viene presentata da-gli evangelisti, bisogna fare un ulteriore passo avanti. Questo potere trasfigurante del Regno si esercita con più forza, proprio dove apparepiù nascosto: nell'esperienza della umiliazione, della sofferenza e della morte. Nel cuore del fallimento e dell'abbandono. Gli evangelisti ci dicono che, nel momento della Trasfigurazione, Mosè e Elia, apparsi in gloria, si intrattenevano con Gesù. E, precisa Luca, «parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme» (Lc 30, 31). Siamo qui nel cuore del mistero. La salita di Gesù a Gerusalemme, la sua sofferenza e la sua morte, si trovano come avvolte in questa luce di gloria che circonda Mosè ed Elia. E, in questa luce, appaiono come il luogo privilegiato del Regno. Impegnandosi sulla via delle tenebre, Gesù porterà anche là la nuova prossimità di Dio,e, con essa, il Regno. Quest'ultimo vì sarà nascosto come in nessun altro luogo; ma il suo potere trasfigurante sarà presente come da nessun'altra parte. Con la sua sofferenza e la sua morte, Gesù instaurerà il Regno, non in un paese lontano, di sogno, ma nel cuore della condizio-ne umana più dura, più deturpata, più inumana. A tutti gli esclusi, gli emarginati, gli abbandonati, a tutti i crocefissi, egli porterà l'oggi del Regno. E la sua presenza al loro fianco ti mostrerà che Dio li ha raggiunti nel loro abisso e che il Regno di luce è venuto fino a loro. Nella storia del Cristianesimo occidentale si è pensato all'avvento della salvezza più spessoin termini di liberazione che non di trasfigurazione. Tuttavia la liberazione portata da Gesù si realizza veramente solo nella trasfigurazione. Gesù lascia l'uomo con le sue debolezze e le sue sofferenze, la sua solitudine e la sua morte, ma trasfigura tutto ciò prendendolo su di sé e facendo della condizione umana più povera il segno stesso della prossimità di Dio al mondo. Questo sguardo trasfigurato su Gesù, che fa vedere come le sorti del Regno si compiano con la sua morte, ha potuto attuarsi solo a partire dalla Risurrezione. Ciò sembra evidente. Ma il racconto evangelico della Trasfigurazione lascia intendere che l'insegnamento di Gesù ai suoi apostoli, nel momento in cui si preparava a morire, andava in questa direzione, Egli prevedeva la sua stessa «dipartita» proprio in tal modo e la accettava. Gli apostoli dovevano saperlo: le umiliazioni, la sofferenza e la morte del loro Maestro, ben lungi dall'essere il fallimento del Vangelo e del Regno, ne sarebbero state, al contrario, il pieno compimento. Alcuni giorni dopo, Gesù rinnovò ai suoi l'annuncio della sua morte imminente. Questa volta nessuno di loro protestò. Lo seguivano rattristati, e, tuttavia, fiduciosi come bambini.

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