XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C). Lettera di Santa Caterina

Al priore de' frati di Monte Oliveto presso a Siena.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo padre - per riverenzia di quel santissimo sagramento - e fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi quello pastore buono e virile che pasciate e governiate con solecitudine perfetta le pecorelle a voi comesse, imparando dal dolce maestro della verità, che à posto la vita per noi pecorelle che eravamo fuori della via della grazia.

è vero, dolcissimo fratello in Cristo Gesù, che questo non potete fare senza Dio, e Idio non potiamo avere nella terra; ma uno dolce rimedio ci vego: che, essendo col cuore basso e piccolo, voglio che facciate come Zaccheo che, essendo piccolo, salì in sull'albore per vedere Dio. Per la quale solecitudine meritò d'udire quella dolce parola, dicendo: «Zaccheo, vattene alla tua casa, ché oggi è di bisogno ch'io mangi con teco» (
Lc 19,5). Così dobiamo fare noi: che essendo noi bassi con estretto cuore e poca carità, noi saliamo in sull'albore della santissima croce. Ine vedaremo e toccaremo Dio: ine trovaremo el fuoco della sua inestimabile carità e amore, el quale l'à fatto corrare infino a li obrobii della croce, levato in alto, affamato e assetato di sete de l'onore del Padre e della salute nostra. Ecco dunque il nostro dolce e buono pastore, che à posto la vita con tanto affamato desiderio e affocato amore, non riguardando alle pene sue, né alla nostra ignoranza e ingratitudine di tanto benifizio, non a rimproveri de' Giudei, ma come inamorato, ubidiente al Padre con grandissima riverenzia.

Ben si può dunque, se noi vorremo, adempire in noi quella parola - se la nostra negligenzia non ci ritraie - salendo in sull'albore, sì come disse la dolce bocca della Verità: «Se io sarò levato in alto, ogni cosa trarrò a me» (Jn 12,32). E veramente così è, che l'anima che ci è salita vede versare la bontà e potenzia del Padre, per la quale potenzia à data virtù al sangue del Figliuolo di Dio di lavare le nostre iniquità. Ine vediamo l'obedienzia di Cristo crocifisso, che, per obedire, muore; e falla questa obedienzia con tanto desiderio che maggiore gli è la pena del desiderio che la pena del corpo. Vedesi la clemenzia e l'abondanzia dello Spirito santo, cioè quello amore ineffabile che 'l tenne confitto in sul legno della santissima croce: ché né chiovi né fune l'arebe potuto tenere legato se 'l legame della carità non fusse.

Ben sarebe cuore di diamante che non disolvesse la sua durizia a tanto smisurato amore; e veramente el cuore vulnerato di questa saetta si leva su con tutta sua forza, e non tanto è l'uomo in sé mondo, ma è monda l'anima, per la quale Dio à fatto ogni cosa. E se mi diceste: «Io non posso salire, però che esso è molto in alto», dicovi ch'egli à fatto li scaloni nel corpo suo: levate l'affetto a' piedi del Figliuolo di Dio, e salite al cuore che è aperto e consumato per noi, e giognarete a la pace della bocca sua, e diventarete gustatore e mangiatore dell'anime; e così sarete vero pastore che porrete la vita per le pecorelle vostre.

Fate che sempre abiate l'occhio sopra di loro, acciò che 'l vizio sia stirpato e piantatavi la virtù.

E io vi mando due altre pecorelle: date a loro l'agio della cella e dello studio, però che sonno due pecorelle le quali nutricarete senza fadiga, e aretene grande alegrezza e consolazione. Altro non vi dico.

Confortatevi insieme legandovi col vincolo della carità, salendo in su quello albore santissimo dove si riposano e' frutti delle virtù, maturi sopra 'l corpo del Figliuolo di Dio. Corrite con solecitudine. Gesù dolce, Gesù amore.

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