De Laudibus S. Pauli, Hom. II, l-6.10, in PG 50, 477-484.
Più di tutti gli uomini Paolo ha mostrato che cosa è l’uomo, quanto grande è la nobiltà della nostra natura e quanta virtù questo essere vivente è capace di accogliere in sé.
Ogni giorno Paolo diventava più vigoroso. Nonostante i pericoli crescessero per lui, rinnovava il suo impegno; manifestava questo atteggiamento dicendo: Dimentico del passato e proteso verso il futuro (Fil 3,13). Se era in attesa della morte, esortava a condividere questa gioia, dicendo: Godetene e rallegratevi con me. Fil 2,18. Mentre incalzavano pericoli, oltraggi, ogni infamia, esultava di nuovo e scrivendo ai Corinzi arrivava a dire: Mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle persecuzioni (2 Cor 12,10).
Ha chiamato le medesime sofferenze armi della giustizia (2 Cor 6,7), facendo vedere che anche da esse traeva i frutti più rigogliosi ed era ovunque invincibile da parte dei nemici. Ovunque fustigato, insultato, oltraggiato, avanzando solennemente come in un corteo trionfale e innalzando continui trofei in ogni parte della terra, così se ne andava fiero e ringraziava Dio dicendo: Siano rese grazie a Dio, il quale ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo (2 Cor 2,14).
Andava dietro alla vergogna e all’oltraggio a causa dell’annuncio del vangelo più di quanto noi andiamo a caccia degli onori.
Aveva in se stesso la cosa più sublime di tutte, l’amore di Cristo; con questo si ritenne più beato di tutti, senza di questo non faceva voti di entrare nella categoria delle persone altolocate e potenti (Cf Ef 1, 21; Col 1,16). Con l’amore di Cristo voleva invece trovarsi fra gli ultimi, anzi fra coloro che ricevono supplizi (Cf 2 Cor 6,9), piuttosto che, senza di esso, fra i più insigni e onorati.
Il solo castigo per lui consisteva nel perdere questo amore. Tale eventualità rappresentava per lui la geenna, la punizione, innumerevoli mali, come d’altra parte la sua gioia stava nel raggiungerlo: ciò costituiva la vita, il mondo, gli angeli, il presente, il futuro, il Regno, la promessa, innumerevoli beni. Riteneva che nessun’altra cosa, che non conduceva a questo amore, non fosse né dolorosa né piacevole, mentre non teneva in alcun conto tutti i beni visibili così come l’erba imputridita.
Despoti e popoli spiranti alterigia gli sembravano zanzare; la morte, le pene, gli innumerevoli supplizi, quasi fossero giochi da bambini, quando si trattava di sopportarli a causa di Cristo.
Paolo viveva in prigione come se fosse il cielo stesso, accoglieva ferite e staffilate più volentieri di coloro che portano via i premi, amava le fatiche non meno delle ricompense, pensando che le fatiche fossero una ricompensa; perciò le chiamava anche una grazia (Cf Fil 1,29).
Fa’ attenzione: era un premio per lui essere sciolto dal corpo ed essere con Cristo, mentre rimanere nella carne costituiva il combattimento; tuttavia preferisce questo a quello e dice che gli è più necessario (Cf Fil 1,23-24). Essere anàtema, separato da Cristo (Cf Rm 9,3), era una lotta e una sofferenza, anzi anche al di là della lotta e della sofferenza, mentre essere con lui era la ricompensa bramata; preferisce però quelle a questa a causa di Cristo.
Ma forse qualcuno potrebbe dire che tutto ciò gli era piacevole a causa di Cristo. Lo sostengo anch’io: quanto è per noi motivo di angustia, a lui generava una grande gioia. A che parlare dei pericoli e delle altre tribolazioni? Era anche in un’ansia continua, per cui diceva: Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema? (2 Cor 11,29).
Vi prego di non ammirare soltanto, ma di imitare anche questo modello di virtù; così potremo condividere con lui le medesime corone. Se ti meravigli ascoltando che, se ti comporterai virtuosamente come lui, raggiungerai le medesime ricompense, ascoltalo mentre esprime questo concetto: Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione (2 Tm 4,7-8).
Vedi come chiama tutti a condividere i medesimi premi? Poiché dunque sono proposte a tutti le stesse ricompense, sforziamoci tutti di divenire degni dei beni promessi. Non guardiamo soltanto alla grandezza e allo splendore delle sue virtù, ma anche all’intensità del suo impegno, per mezzo del quale si è attirato una grazia così grande, e alla comunanza di natura, perché ha condiviso tutto con noi. Così ciò che è molto arduo da raggiungere ci apparirà facile e agevole e, dopo esserci affaticati per questo breve tempo, porteremo continuamente quella corona eterna e immortale, per la grazia e la bontà di nostro Signore Gesù Cristo, al quale è la gloria e la potenza ora e sempre nei secoli dei secoli.
Più di tutti gli uomini Paolo ha mostrato che cosa è l’uomo, quanto grande è la nobiltà della nostra natura e quanta virtù questo essere vivente è capace di accogliere in sé.
Ogni giorno Paolo diventava più vigoroso. Nonostante i pericoli crescessero per lui, rinnovava il suo impegno; manifestava questo atteggiamento dicendo: Dimentico del passato e proteso verso il futuro (Fil 3,13). Se era in attesa della morte, esortava a condividere questa gioia, dicendo: Godetene e rallegratevi con me. Fil 2,18. Mentre incalzavano pericoli, oltraggi, ogni infamia, esultava di nuovo e scrivendo ai Corinzi arrivava a dire: Mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle persecuzioni (2 Cor 12,10).
Ha chiamato le medesime sofferenze armi della giustizia (2 Cor 6,7), facendo vedere che anche da esse traeva i frutti più rigogliosi ed era ovunque invincibile da parte dei nemici. Ovunque fustigato, insultato, oltraggiato, avanzando solennemente come in un corteo trionfale e innalzando continui trofei in ogni parte della terra, così se ne andava fiero e ringraziava Dio dicendo: Siano rese grazie a Dio, il quale ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo (2 Cor 2,14).
Andava dietro alla vergogna e all’oltraggio a causa dell’annuncio del vangelo più di quanto noi andiamo a caccia degli onori.
Aveva in se stesso la cosa più sublime di tutte, l’amore di Cristo; con questo si ritenne più beato di tutti, senza di questo non faceva voti di entrare nella categoria delle persone altolocate e potenti (Cf Ef 1, 21; Col 1,16). Con l’amore di Cristo voleva invece trovarsi fra gli ultimi, anzi fra coloro che ricevono supplizi (Cf 2 Cor 6,9), piuttosto che, senza di esso, fra i più insigni e onorati.
Il solo castigo per lui consisteva nel perdere questo amore. Tale eventualità rappresentava per lui la geenna, la punizione, innumerevoli mali, come d’altra parte la sua gioia stava nel raggiungerlo: ciò costituiva la vita, il mondo, gli angeli, il presente, il futuro, il Regno, la promessa, innumerevoli beni. Riteneva che nessun’altra cosa, che non conduceva a questo amore, non fosse né dolorosa né piacevole, mentre non teneva in alcun conto tutti i beni visibili così come l’erba imputridita.
Despoti e popoli spiranti alterigia gli sembravano zanzare; la morte, le pene, gli innumerevoli supplizi, quasi fossero giochi da bambini, quando si trattava di sopportarli a causa di Cristo.
Paolo viveva in prigione come se fosse il cielo stesso, accoglieva ferite e staffilate più volentieri di coloro che portano via i premi, amava le fatiche non meno delle ricompense, pensando che le fatiche fossero una ricompensa; perciò le chiamava anche una grazia (Cf Fil 1,29).
Fa’ attenzione: era un premio per lui essere sciolto dal corpo ed essere con Cristo, mentre rimanere nella carne costituiva il combattimento; tuttavia preferisce questo a quello e dice che gli è più necessario (Cf Fil 1,23-24). Essere anàtema, separato da Cristo (Cf Rm 9,3), era una lotta e una sofferenza, anzi anche al di là della lotta e della sofferenza, mentre essere con lui era la ricompensa bramata; preferisce però quelle a questa a causa di Cristo.
Ma forse qualcuno potrebbe dire che tutto ciò gli era piacevole a causa di Cristo. Lo sostengo anch’io: quanto è per noi motivo di angustia, a lui generava una grande gioia. A che parlare dei pericoli e delle altre tribolazioni? Era anche in un’ansia continua, per cui diceva: Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema? (2 Cor 11,29).
Vi prego di non ammirare soltanto, ma di imitare anche questo modello di virtù; così potremo condividere con lui le medesime corone. Se ti meravigli ascoltando che, se ti comporterai virtuosamente come lui, raggiungerai le medesime ricompense, ascoltalo mentre esprime questo concetto: Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione (2 Tm 4,7-8).
Vedi come chiama tutti a condividere i medesimi premi? Poiché dunque sono proposte a tutti le stesse ricompense, sforziamoci tutti di divenire degni dei beni promessi. Non guardiamo soltanto alla grandezza e allo splendore delle sue virtù, ma anche all’intensità del suo impegno, per mezzo del quale si è attirato una grazia così grande, e alla comunanza di natura, perché ha condiviso tutto con noi. Così ciò che è molto arduo da raggiungere ci apparirà facile e agevole e, dopo esserci affaticati per questo breve tempo, porteremo continuamente quella corona eterna e immortale, per la grazia e la bontà di nostro Signore Gesù Cristo, al quale è la gloria e la potenza ora e sempre nei secoli dei secoli.
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