Sant'Agostino. Ascensione del Signore al Cielo

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Dai Trattati di sant'Agostino sul vangelo di Giovanni.
In Io. 104,2; 105,1-3. PL 35, 1902-1903. 1904.


Alzati gli occhi al cielo, Gesù disse: "Padre, è giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te". Il Signore, unigenito e coeterno al Padre, nella condizione di servo che aveva assunta, avrebbe potuto, se necessario, pregare in silenzio, proprio perché era servo. Ma egli volle manifestarsi in atteggiamento di preghiera al Padre non dimenticando di essere nostro maestro. Ha voluto perciò farci conoscere l'orazione che per noi rivolse al Padre: i discepoli dovevano infatti trovare motivo di insegnamento non soltanto nel discorso che un tale maestro ad essi rivolgeva, ma anche nell'orazione per essi rivolta al Padre. È stato un insegnamento per quelli che erano là ad ascoltare e lo è per noi che leggiamo.

Padre, è giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo. Queste parole ci dimostrano che i tempi e i momenti di tutte le azioni che Gesù compiva o lasciava compiere erano disposti da lui che non è soggetto al tempo. È lui a disporre gli eventi futuri, che hanno appunto la loro causa efficiente nella sapienza di Dio che non conosce tempo.

Il Padre ha glorificato il Figlio nella sua forma di servo, risuscitandolo da morte e collocandolo alla sua destra: è un fatto di cui nessun cristiano può dubitare. Ma Gesù non disse soltanto: Padre, glorifica il Figlio tuo, perché aggiunse: perché il Figlio glorifichi te. In che modo il Figlio ha glorificato il Padre? Infatti la gloria del Padre non si era abbassata fino ad assumere forma umana né poteva essere accresciuta nella sua perfezione divina.

Se però la gloria del Padre non può diminuire né aumentare in se stessa, tuttavia agli occhi degli uomini era in qualche modo minore quando Dio era conosciuto soltanto in Giudea e non ancora dall'oriente all'occidente i suoi servi lodavano il nome del Signore. Ma quando con l'annuncio del vangelo di Cristo, il Padre fu fatto conoscere anche fra le nazioni per mezzo del Figlio, allora avvenne che anche il Figlio glorificò il Padre. Se il Figlio fosse morto e non fosse anche risorto, certamente non sarebbe stato glorificato dal Padre né a sua volta egli avrebbe glorificato il Padre. Adesso invece, glorificato dal Padre mediante la risurrezione, il Figlio glorifica il Padre attraverso l'annuncio della sua risurrezione.

Glorifica il Figlio, perché il Figlio glorifichi te. Come a dire: Risuscitami, affinché per mio mezzo tu possa essere conosciuto in tutto il mondo.

Subito dopo Gesù più chiaramente mostra in che modo il Figlio glorificherà il Padre: Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Il Padre ha dato a Cristo potere sopra ogni uomo in quanto uomo, poiché, in quanto Dio, tutto è stato fatto per mezzo di lui, e sempre per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili.

Perciò come il Padre ha dato al Figlio potere su ogni essere umano, allo stesso modo il Figlio glorifica il Padre, cioè lo farà conoscere a ogni essere umano che gli ha dato. Il Padre gli ha donato questo potere perché egli dia la vita eterna a tutti quelli che a tutti coloro che36 gli sono stati dati.


Dai Discorsi di sant'Agostino.
Sermo Mai XCVIII, 1-2. PLS 2, 494-496.


Oggi nostro Signore Gesù Cristo è asceso al cielo. Con lui salga pure il nostro cuore.
Ascoltiamo l'apostolo Paolo che proclama: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio. Pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3, 1-2). Come egli è asceso e non si è allontanato da noi, così anche noi già siamo lassù con lui, benché nel nostro corpo non si sia ancora avverato ciò che ci è promesso.
Cristo è ormai esaltato al di sopra dei cieli, ma soffre qui in terra tutte le tribolazioni che noi sopportiamo come sue membra. Di questo diede assicurazione facendo sentire quel grido: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» (At 9, 4). E così pure: «Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare»(Mt 25, 35).
Perché allora anche noi non fatichiamo su questa terra, in maniera da riposare già con Cristo in cielo, noi che siamo uniti al nostro Salvatore attraverso la fede, la speranza e la carità? Cristo, infatti, pur trovandosi lassù, resta ancora con noi. E noi, similmente, pur dimorando quaggiù, siamo già con lui. E Cristo può assumere questo comportamento in forza della sua divinità e onnipotenza. A noi, invece, è possibile, non perché siamo esseri divini, ma per l'amore che nutriamo per lui. Egli non abbandonò il cielo, discendendo fino a noi; e nemmeno si è allontanato da noi, quando di nuovo è salito al cielo. Infatti egli stesso dà testimonianza di trovarsi lassù mentre era qui in terra: Nessuno è mai salito al cielo fuorché colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo, che è in cielo (cfr. Gv 3, 13).
Questa affermazione fu pronunciata per sottolineare l'unità tra lui nostro capo e noi suo corpo. Quindi nessuno può compiere un simile atto se non Cristo, perché anche noi siamo lui, per il fatto che egli è il Figlio dell'uomo per noi, e noi siamo figli di Dio per lui.
Così si esprime l'Apostolo parlando di questa realtà: «Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo» (1 Cor 12,12). L'Apostolo non dice: «Così Cristo», ma sottolinea: «Così anche Cristo». Cristo dunque ha molte membra, ma un solo corpo.
Perciò egli è disceso dal cielo per la sua misericordia e non è salito se non lui, mentre noi unicamente per grazia siamo saliti in lui. E così non discese se non Cristo e non è salito se non Cristo. Questo non perché la dignità del capo sia confusa nel corpo, ma perché l'unità del corpo non sia separata dal capo.
San Paolo scrive: È appunto ad Abramo e alla sua discendenza che furon fatte le promesse. Non dice la Scrittura: "E ai tuoi discendenti", come se si trattasse di molti, ma "e alla tua discendenza", come a uno solo, cioè Cristo. Chiama Cristo discendenza di Abramo; e tuttavia lo stesso Apostolo disse: Siete discendenza di Abramo. Se dunque si parla non delle discendenze di Abramo come se si trattasse di molte, ma come di una sola; se questa discendenza di Abramo è Cristo; se anche noi siamo discendenza di Abramo: quando Cristo ascende in cielo, noi non veniamo separati da lui.
Colui che è disceso dal cielo non ci rifiuta il cielo, ma in un certo qual senso grida: Siate mie membra se volete salire in cielo.
Nel frattempo dunque rafforziamoci in questa fede, bramiamo questo con ogni desiderio. Pensiamo, ora qui in terra, che siamo già contati in cielo. Allora deporremo la carne mortale, ora deponiamo la vecchiezza del cuore. Facilmente il corpo sarà elevato nell'alto dei cieli se il peso dei peccati non opprime lo spirito.

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