LA FESTIVITÀ DEL CORPUS DOMINI. Origini, significato, celebrazione e tradizioni locali

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Origini, significato, celebrazione e tradizioni locali (1)

di
Raffaele Tamiozzo

Premessa. - Per solennizzare l'istituzione della Santa Eucaristia la Chiesa all'origine scelse il primo giovedì dopo l'ottava di Pentecoste e chiamò detta festività «col dolcissimo nome di Corpo del Signore», come efficacemente si esprimeva nell'anno 1879 nella sua monografia sul Corpus Domini don Giacomo Scurati, sacerdote del Seminario di S. Calocero di Milano.
Attualmente la festa si celebra di domenica ma per molti secoli, a partire dalla sua istituzione, era una festività tipica del giovedì.
La festività deriva dalla antica messa in Coena Domini che si celebrava il giovedì santo ma che, nel tempo, aveva finito per perdere la sua originaria identità di rito religioso in ricordo dell'Ultima Cena in quanto vi erano confluiti altri momenti celebrativi, come la consacrazione dei santi olii e soprattutto la comprensibile, maggiore attenzione dei fedeli per la meditazione sulla Passione del Salvatore; insomma con il tempo si era venuto sempre più attenuando il significato connesso alla istituzione del sacramento dell'Eucarestia.

1. - Le origini. - La necessità di istituire detta festività era anche collegata alla esigenza, particolarmente avvertita nel secolo XII, di riaffermare, in chiave apologetica, il significato di fede e il valore religioso della transustanziazione contro gli errori di Berengario di Tours il quale nel 1088, seguendo una strada tutta personale nella dottrina dell'Eucarestia, giunse a negare la presenza reale del corpo di Cristo: vino e pane per Berengario erano solo dei simboli; essi non venivano trasformati nella consacrazione ma ricevevano esclusivamente una energia sovrannaturale; quando tuttavia la sua teoria venne condannata da Roma, Berengario si sottomise; il IV Concilio Lateranense nel 1215 decretò che la consacrazione nella Santa Messa causava una reale trasformazione delle sostanze del pane e del vino e coniò per ciò la già citata espressione di «Transustanziazione».
Nel cosiddetto Statuto sanguinoso dei «sei articoli della fede», emanato da Enrico VIII nel 1539 in Inghilterra (nella quale e come è noto - la conversione al protestantesimo ebbe inizio soltanto sotto Edoardo VI (1547-53)), la negazione della transustanziazione nella Santa Messa- come la negazione del celibato ecclesiastico, della messa dei defunti e délla validità dei voti ecclesiastici - era punita con la pena di morte.La presenza reale del Corpo di Cristo e la transustanziazione vennero definite chiaramente nel corso della XIII sessione del secondo periodo del Concilio di Trento, svoltasi negli anni 1551-1552, sessione nella quale si discusse espressamente proprio dell'Eucarestia.

2. - Le visioni mistiche di Santa Giuliana di Cornillon. - La prima a formulare una proposta di celebrazione specifica del Corpus Domini fu comunque una suora, Santa Giuliana di Cornillon o di Liegi (1191-1258).
La religione cristiana deve molto alle donne, sia che si tratti di giovinette semplici sia che si tratti di suore che si sacrificano per la fede e la cui personalità, spesso contenuta in strutture fisiche apparentemente fragili e delicate, si impone poi con una forza morale sorprendente, destinata a rimanere imperitura nei secoli: valgano, per tutti, gli esempi di Santa Caterina da Siena, Santa Chiara, e Suor Teresa di Calcutta.
Giuliana aveva dunque avuto ripetute e strane visioni: al momento della preghiera le appariva la luna, raggiante di candida luce, ma mancante sempre di un pezzetto, tagliata da una linea oscura che sembrava deformarla.
All'inizio la suora pensa ad un'illusione, un sogno e non vi presta molta attenzione, ma successivamente la luna torna spesso a mostrarsi, soprattutto nei momenti di più intensa fede e devozione, di estasi. La suora si confida con il suo padre spirituale, con le sorelle più anziane e con altre persone di fiducia, dotte e sante, che la invitano a non dare importanza alla cosa e a dedicarsi ad altro. Giuliana si sforza di agire come le era stato consigliato, ma invano; le visioni si ripetono.
Finalmente, due anni dopo la prima apparizione, un raggio di luce dissipa le sue ansie e Giuliana intuisce che la luna, tante volte veduta, è proprio la Chiesa Militante, per la quale Dio aveva stabilito che venisse istituita una festa da celebrarsi con somma religiosità da tutti i fedeli in onore della origine e della istituzione della Santa Eucarestia, considerato che il giorno in cui si celebrava l'Ultima Cena la Chiesa era intenta a celebrare anche altri misteri (la Passione e - come abbiamo visto - la
consacrazione dei sacri olii).
La competente commissione ecclesiastica, della quale faceva parte anche l'arcidiacono di Liegi, Jacques Pantaléon, valutò con molta attenzione le visioni e ritenne di condividerne l'interpretazione offerta dalla stessa Giuliana e di appoggiare la sua richiesta. Infatti, nel 1246 il vescovo di Liegi decretò la festività per l'intera sua diocesi e nel 1252 il nunzio apostolico délla Germania occidentale la estese a tutto il territorio di sua competenza.

3.- Il Papa Urbano IV e il Miracolo di Bolsena. - Nel 1261 saliva al soglio pontificio, con il nome di Urbano IV, proprio Jacques Pantaléon l'arcivescovo di Liegi e due anni più tardi - nel 1263 - un sacerdote boemo, Pietro da Praga, che da tempo nutriva perplessità e scetticismo sulla transustanziazione; mentre stava celebrando la messa nella chiesa di Santa Cristina a Bolsena nuovamente assalito dal dubbio che lo perseguitava, vide dall'Ostia consacrata stillare copiosamente sangue, che bagnò il corporale, i lini liturgici e i marmi del pavimento.
Ecco come possiamo ricordare l'evento sintetizzando l'aulico linguaggio di antichi testi ottocenteschi. Il sacerdote celebrava il divino sacrifizio nella chiesa, all'altare chiamato, per la sua struttura, delle quattro colonne e, per la divozione che il luogo recava con sé, l'altare delle quattro pedate. L'edifizio infatti, già sacro agli idoli, sorgeva a mo' di spelonca nel cavo di una montagna: un piccolo tempio formato da quattro colonne isolate, conteneva e sormontava l'altare, il quale era un masso di durissimo porfido, le cui miracolose impronte ricordavano la fede suggellata con il sangue della vergine e martire Santa Cristina; era il macigno che il padre Urbano, ufficiale dell'imperatore in Bolsena, aveva fatto legare al collo della figlia, giovinetta di 12 anni, quando l'aveva gettata nel lago vicino. Il pesante marmo, per miracolo divino svincolatosi dalla innocente fedele e nuotando sopra le acque, riportò libera al lido la martire che vi era salita e lasciovvi impressa, come in molle cera, le proprie pedate. Quello ricordato è soltanto uno degli episodi che hanno caratterizzato la vita sofferta di Santa Cristina, imprigionata giovinetta in una torre per ordine del padre pagano, che voleva contrastare in tutti i modi la sua fede cristiana e che, prima di imprigionarla, la fece percuotere e flagellare: ma tre angeli vennero inviati dal Signore a consolarla della prigionia. La tradizione parla, infatti, di innumerevoli altri tormenti cui la santa venne sottoposta dai giudici ai quali il padre la aveva consegnata: oltre alla lastra di pietra legata al collo, essa subì la graticola arroventata, la fornace surriscaldata, il morso di serpi velenose, il taglio delle mammelle; ma ella sopravvisse a tutti questi supplizi finché non venne uccisa come una innocente cerbiatta, trafitta da una freccia scoccata dal Prefetto Giuliano
In tale luogo, dunque, la onnipotenza operatrice dei miracoli, come rese molle e galleggiante il porfido (o forse più propriamente la roccia basaltica, data la qualità del terreno tipica della zona di Bolsena), cosi ben poteva transustanziare il pane e il vino e celare sotto le loro apparenze la santa umanità di Cristo presente nel suo essere sacramentale.
Allo spezzare dell'Ostia da parte del prete boemo sopra il calice, questa, tranne un pezzetto (quello che si immerge nel calice stesso), gli si muta fra le mani, gli appare di carne e getta vivo sangue, che spruzza e bagna il corporale sottoposto; il sacerdote resta sbalordito e immobile, poi tremante e confuso adora il grande mistero di cui è stato protagonista e testimone e, piangendo per la pochezza e debolezza della sua fede, raccoglie quanto può di quel sangue e si affretta a terminare l'ufficio liturgico.
Contemporaneamente cerca di nascondere quanto è avvenuto piegando e ripiegando il corporale, ma senza successo: le macchie del sangue miracoloso vengono accresciute dalle pieghe moltiplicandosi con esse; anzi, nel ritornare in sagrestia, altre gocce del miracoloso sangue gli cadono su cinque diverse lastre di marmo bianco del pavimento. Le macchie di sangue presentano tutte una figura d’uomo, I'immagine del Salvatore flagellato e coronato di spine, come è stato possibile distintamente intravedere anche successivamente all'episodio; di queste cinque pietre una fu donata al parroco Porchiano nella diocesi di Amelia; le altre quattro furono collocate ab antiquo, due davanti all'altare delle quattro colonne e le altre due ai lati della lapide di marmo rosso posta dirimpetto a quell'altare poco tempo dopo il miracolo, a futura memoria per i posteri. Munite di un cristallo e serrate a chiave, rimasero nel posto indicato fino alla costruzione nel 1675 della chiesa di Orvieto contigua alla cripta di santa Cristina, dove vennero collocate tre nel muro dietro l'altare maggiore, detto perciò l'altare delle lapidi, sotto un quadro commemorativo del miracolo e la quarta dietro l'altare delle quattro colonne; questa veniva portata ogni anno nella processione del Corpus Domini munita di un particolare congegno per potervi inserire l'Ostia consacrata.
La fama del prodigio tosto si diffuse e il sacerdote testimone, Pietro da Praga, fortemente turbato, si recò a Orvieto, dove soggiornava temporaneamente il Santo Padre Urbano IV, allontanatosi da Roma per via di accesi tumulti popolari, anche a quei tempi piuttosto frequenti.
Urbano IV restò colpito grandemente dal racconto del sacerdote e inviò subito a Bolsena il vescovo di Orvieto, imponendogli di portagli ogni cosa relativa al miracolo. Lo stesso Papa con il suo seguito va poi incontro al Vescovo; i due si incontrano sul ponte di un torrente denominato Rivo chiaro dove il Papa Urbano IV, inginocchiatosi per terra, riceve nelle sue mani i pannilini intrisi del prodigioso sangue e con grande fervore di pietà li reca in processione fra la moltitudine dei fedeli orvietani, commossa e turbata in deposito nella cattedrale di Orvieto e con ogni cura li ripone nel sacrario. In memoria del miracolo gli abitanti di Orvieto edificarono in luogo eminente una superba basilica che sostituì l'antica cattedrale e che venne chiamata Duomo: a benedirla e a porre la prima pietra sarà nell'anno 1290 il Papa Nicolò IV. Attualmente in un gotico tabernacolo marmoreo è custodito il celebre reliquiario (opera del senese Ugolino di Vieri che lo eseguì nel 1338, autentico capolavoro dell'oreficeria italiana, in metalli preziosi e smalti con scene della vita di Cristo); il reliquiario, che viene esposto solo nelle festività della Pasqua e del Corpus Domini, racchiude il corporale macchiato di sangue stillato dall'Ostia durante la messa celebrata a Bolsena nel 1263 dal prete boemo Pietro da Praga.

4. - La Bolla «Transiturus» e San Tommaso d'Aquino. - Ma prima che si edificasse il Duomo di Orvieto e si pensasse così a questa magnifica custodia architettonica, il Pontefice Urbano IV aveva già eretto un monumento molto più solenne, di vastità pari al magistero della chiesa, emanando la Bolla Transiturus, con la quale per l'appunto istituì-la festa del Corpus Domini; prima di imporre la festa il Papa volle che fosse preparata una speciale officiatura ad essa destinata: divino uffizio e Santa Messa; I'incarico di comporla lo affidò a San Tommaso d'Aquino, che all'epoca, proprio per volere papale, era lettore di filosofia in Orvieto.
Dopo aver assolto il suo compito (fra l'altro, nel divino uffizio l'autore della Summa Teologica introdusse una seri di inni, ivi compreso il Pange lingua che comincia con il celebre verso «Tantum ergo sacramentum»), la tradizione vuole che San Tommaso si sia recato nella chiesa del suo convento a pregare davanti alla cappella del Santo Crocifisso, affinché il Signore si degnasse di fargli conoscere se, prima di presentarlo al Sommo Pontefice, ritenesse di suo gradimento quanto il Santo aveva scritto; il Crocifisso con la profonda semplicità che solo Dio sa usare (pensiamo per un momento ai memorabili colloqui tra Don Camillo e il Crocifisso) si limitò a dirgli: «Hai scritto bene di me. O Tommaso, e qual mercede desideri?»; e il Santo gli rispose: «Non altro fuorché Voi stesso, o Signore».
È inutile dire che il lavoro di San Tommaso piacque grandemente al Papa, il quale nell'arco dei giorni compresi fra 1'11 agosto e 1'8 settembre del 1264 scrisse ed emanò la Bolla predetta, con la quale estese la solennità del Corpus Domini a tutta la Chiesa latina.

5. - n sacrificio di Cristo nella Divina Commedia. - Nella primavera dell'anno seguente, e precisamente nel mese di maggio, nasceva Dante, il quale nel settimo canto del Paradiso così efficacemente e poeticamente sintetizza l'essenza del sacrificio del Cristo:

«....onde l'umana specie inferma giacque
giù per secoli molti in grande errore,
fin ch'al Verbo di Dio discender piacque
u'la natura, che dal suo fattore
s’era allungata, unì a sé in persona
con l'atto sol del suo eterno amore.
....
Questa natura al fattore unita,
qual fu creata, fu sincera e buona;
ma per se stessa fu ella sbandita
di paradiso, però che si torse
da via di verità e da sua vita.
La pena dunque che la croce porse
s'a la natura assunta si misura
nulla già mai sì giustamente morse;
e così nulla fu di tanta ingiura,
guardando alla persona che sofferse,
in che era contratta tal natura....»

(w. 28-45)

Dopo il peccato originale la specie umana rimase privata dei doni soprannaturali e vulnerata in naturalibus, cioè corrotta nelle stesse facoltà inerenti alla natura umana, fini al momento in cui piacque alla Seconda Persona della Trinità di scendere sulla terra per redimere l'uomo e sulla terra incarnandosi per la sola virtù dello Spirito Santo, congiunse a sé in unità di persona la natura umana che per il peccato si era allontanata (allungata) dal suo Creatore; la natura umana, che nella persona di Gesù si unì a Dio, fu sincera e buona, senza macchia di peccato, pura perfetta,quale fu creata da Dio nel primo uomo; ma, in quanto natura umana e per sua colpa (per se stessa) fu scacciata dal Paradiso per aver deviato dalla strada della verità e da Dio che era la sua vita. Cristo anche in quanto uomo, era innocente e mondo della colpa di Adamo; ma la natura umana da lui assunta, come tale, era pur quella che aveva suscitato lo sdegno di Dio e doveva essere punita per riscattarsi; se pertanto la pena della croce viene valutata, misurata, con riferimento alla natura umana assunta dal Verbo nella persona di Gesù, nessuna pena fu mai più giusta e proporzionata alla gravità della colpa; ma nessuna d'altra parte fu mai più ingiusta (di tanta ingiura ) se si considera la persona di Cristo che la patì, nella quale persona la natura umana si era intimamente congiunta, unita (contratta) a quella divina.

6. - La celebrazione della festa del Corpus Domini. - La festa del Corpus Domini, che attualmente si celebra di domenica (nel 2001 cadrà il 17 del mese di giugno), è rimasta una delle più popolari, così come popolari sono le solenni processioni che l'hanno da sempre caratterizzata in tutte le città di fede cristiana: a Roma è il Papa che vi partecipa e la presiede, in antico si svolgeva nella piazza di San Pietro e attualmente essa percorre via Merulana da San Giovanni in Laterano a Santa Maria Maggiore.
L'usanza più caratteristica del rito religioso, che risale al secolo XIV, è quella di portare I'Eucarestia in forma visibile nell'ostensorio sotto il baldacchino o su portantine adornate e sorrette da sacerdoti. In passato durante la processione si svolgevano vari riti, come la quadruplice benedizione del Santissimo Sacramento, preceduta dalla lettura dei quattro Vangeli.
In Spagna il rito è ancor oggi particolarmente sentito e in alcune regioni sopravvivono usanze particolari, come la Danza de los palos nel Nord della Spagna o i quadri simbolici, specialmente sul tema della Passione,che ispirarono molte rappresentazioni sacre, elaborate anche da scrittori famosi come Calderòn de la Barca; in Catalogna alla processione partecipa no i cosiddetti Giganti, altissime statue sotto cui si nascondono i portatori; con loro sfilano draghi fiammeggianti, diavoli e serpenti. A Siviglia, nell'Andalusia, la messa è accompagnata da danze e canti di bambini nella cattedrale della Giralda.

7. - Le tradizioni celebrative del Corpus Domini in Italia. - Ma delle varie usanze che caratterizzano la festività del Corpus Domini ci piace ricordar ne alcune prettamente italiane.La processione del Corpos Domini che si svolge a Orvieto risale all'anno 1337 e si è arricchita nel corso dei secoli sino a diventare una spettacolosa sfilata di oltre trecento personaggi che rappresentano il potere civile, la forza militare e l'autorità religiosa del libero Comune; i quartieri costituiti dai vari rioni, in cui era allora divisa la città, offrono alla processione variopinti figuranti con tamburini, trombettieri, portatori di ceri, sbandieratori vessilli e vessilliferi. Quella di Orvieto è senz'altro una delle più ricche é sfarzose grazie alla sua grandiosità, ai costumi che vengono sfoggiati, veri e propri pezzi da museo, e alla musica delle bande che la accompagna. A1 centro della processione campeggia la protagonista, la sacra reliquia del corporale insanguinato.
A Brindisi al centro della processione viene posto un cavallo bianco parato, cioè ricoperto di splendide coperte, in ricordo di un episodio che risale al XIII secolo quando San Luigi, re di Francia, tornando dalla crociata su una nave che portava l'Eucarestia, venne sorpreso dalla tempesta; scampato alla furia degli elementi, il re riuscì ad approdare nei pressi della spiaggia di Torre cavallo, in un luogo che dista circa tre chilometri da Brindisi. Preoccupato per l'Eucarestia, mandò a chiamare il vescovo che arrivò in sella ad un cavallo bianco. Istituita dopo qualche anno la festa del Corpus Domini, i brindisini decisero di celebrarla ricordando l'evento con la processione del cavallo bianco, che percorre l'itinerario tradizionale recando il Santo Tabernacolo sulla groppa; per l'occasione si drappeggiano i balconi e la folla lancia sul corteo una pioggia di fiori.
Una delle più originali feste del Corpus Domini è quella di Campobasso. La processione che ivi si svolge risale al XIII secolo, quando cominciarono a sfilare quadri viventi che trasportati a braccia su barelle di legno dagli stessi fedeli, rappresentavano scene della vita di Cristo o dei santi più venerati nella città. Attualmente sfilano in processione le cosiddette Macchine dei Misteri, straordinarie per eleganza e leggerezza, nate in epoca più tarda, nel XVIII secolo, ad opera dell'ingegno dello scultore Paolo di Zinno di Campobasso che, su commissione delle confraternite locali, aveva avuto l'incarico di eliminare un inconveniente che spesso si verificava durante la processione: infatti la eccessiva instabilità delle barelle finiva per provocare incidenti incresciosi. Di Zinno realizzò una armatura verticale, destinata a reggere dei bambini su sapienti diramazioni, mentre alla base si sarebbero collocati gli adulti; questa armatura, costruita in una lega particolarmente leggera di metallo fuso, era camuffata abilmente con un cero o con pesanti armature, a volte con un altare o addirittura con un vulcano; i Misteri progettati all'origine erano ventiquattro, ma sei non ressero alla prova e sei andarono perduti durante il terremoto del 1805. I dodici rimasti sfilano tutt'oggi e rappresentano: Sant'Isidoro, patrono dei contadini (il santo è rappresentato sotto una enorme face sorretta da un angelo e contornata da altri due); San Crispino, patrono dei calzolai (assorto a contemplare tre angeli che gli mostrano una spada, una palma e una corona); San Gennaro (sulle nuvole, attorniato da tre angeli mentre ai suoi piedi sono rappresentati il Vesuvio e il fiume Sebeto, impersonato da un vecchio dalla lunga barba che tiene una pala nella destra e un vaso rovesciato); Abramo (al quale un angelo librato in cielo trattiene la spada che sta per vibrare su Isacco); Maria Maddalena (sorretta da angeli davanti all'altare dove officia
San Massimo); Antonio Abate (che dall'alto di una nuvola resiste alla tentazione di una fanciulla, mentre un demonio fischia e la lusinga o cerca di farla ridere); 1'Immacolata Concezione (che si libra nel cielo con un volo di cinque angeli a farle da corona); San Leonardo (patrono della diocesi e dei carcerati, che dall'alto di una nube viene in soccorso di due prigionieri); San Rocco (che, sovrastato da un angelo, guarisce un appestato); l'Arcangelo Michele (che caccia i diavoli con la spada sguainata e li precipita nell'Inferno, rappresentato dalla bocca spalancata di un drago); la Vergine Assunta(che,accompagnata da due angeli, vola in alto); infine San Nicola di Bari (che restituisce ad una famiglia il figlioletto rapito dai corsari: le incursioni dal mare sono state sempre un grosso problema per la bellissima terra di Puglia); ai dodici misteri si è aggiunto in epoca recente un tredicesimo,dedicato alla Sacra Famiglia, che chiude la processione, la quale parte alle dieci di mattina, è aperta da due faci o torce ed è ammirata per le vie e le piazze da migliaia di persone che convengono da ogni parte d'Italia; i Misteri di Campobasso sono opere d'arte viventi e le faci di Campobasso hanno come sapete tutti - onorato di recente il Papa, sfilando a piazza San Pietro.

8. - Le «infiorate». - Ed ecco, in rapida sintesi, alcune delle feste del Corpus Domini caratterizzate dalle cosiddette infiorate.
L'lnfiorata di Genzano:
una via del paese viene interamente coperta da grandi quadri formati da petali di fiori e di polvere colorata, ottenuta anch'essa triturando fiori per delineare meglio i contorni e le riquadrature.Anche a Cetona (in provincia d Siena) c'è la festa della Fiorita.
A Spello, la splendidissima Colonia Julia, come è scritto sulla porta Romana di entrata alla città che si trova nella provincia di Perugia, ogni riunione sceglie segretamente il tema da rappresentare nel tappeto di poi.I1 tappeto di fiori di Spello costituisce indubbiamente il più impegnativo esempio di infiorata: infatti, rispetto ad altre analoghe iniziative, che hanno modalità esecutive relativamente più agevoli, la manifestazione di Spello si caratterizza anzitutto perché viene realizzata in una via in forte pendenza.
Chi conosce Spello sa bene come sia suggestiva, ma ardua, la salita verso la città antica, di autentico sapore francescano e purtroppo martoriata dal terremoto; inoltre i disegni relativi ai temi da rappresentare, rigorosamente tenuti segreti fino all'inizio della loro esecuzione, vengono realizzati diretta mente sul suolo stradale, tratteggiati con il gesso e non prefabbricati, per così dire, su cartoni poi distesi sulla strada; il diretto contatto del disegno e dei fiori con il suolo crea evidenti, maggiori difficoltà esecutive: l'opera quindi inizia verso l'imbrunire del giorno che precede la festività e vi partecipa sostanzialmente tutta la città, soprattutto la parte giovane; il lavoro, che consiste nel collocare i petali dei fiori, colti in precedenza nelle campagne vicine,su disegni tracciati direttamente sul selciato, indovinando i colori, le sfumature e le nuances più appropriate (molto utilizzate sono soprattutto le sfumature delle rose e dei fiordalisi, questi ultimi per l'intensità tutta particolare delle tonalità di azzurro) va avanti così per tutta la notte, fra la curiosità e l'ammirazione di connazionali e stranieri, che numerosi si affollano per ammirare l'opera degli esecutori. In un recente passato anche alcuni giapponesi tentarono di imitare l'abilità esecutiva dei cittadini di Spello, ma i risultati furono del tutto deludenti Alla fine deI lavoro in genere è già giorno ed è prossima la processione, dopo l'esame dei riquadri, compiuto da una apposita e qualificata giuria che dovrà scegliere il più bel disegno fiorito e premiare il rione al quale lo stesso disegno si riferisce, sarà il vescovo che porta l’Ostensorio con il suo seguito di prelati, l'unico a poter mettere piede sul tappeto fiorito, così sostanzialmente distruggendolo in proGressione e confondendo i petali dei fiori con l'alone di religiosità che emana dai paramenti e soprattutto dall'Eucarestia che l'alto prelato reca con sé, il popolo, commosso dalla suggestione e dal profondo significato di una cerimonia che si ripete unica nei secoli, seguirà un altro itinerario. Qualche settimana fa i giovani di Spello hanno riprodotto con grande successo l'infiorata della festa del Corpus Domini di Spello a Betlemme, fortunatamente prima dell'inizio della attuale,dolorosa fase di guerra: guerreggiata che speriamo tutti abbia presto fine.Raramente si riflette sul significato religioso delle infiorate: esse simboleggiano proprio la trasformazione del sangue di Cristo nella salvezza del l'umanità di cui la primavera è l'emblema; il Cristo Crocifisso rigenera gli uomini e la rosa è il simbolo più rappresentativo, insieme a tutti gli altri fiori che sbocciano in primavera, della fioritura spirituale del cosmo e degli uomini, di ciascun uomo fecondato dal sacrificio e dalla divina benedizione: nel che si risolve il significato, vero e profondo, della transustanziazione: la trasformazione del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo che, a differenza del cibo materiale, presto assorbito e confuso nel corpo che lo riceve, produce l'effetto inverso e consente così all'uomo che lo assume attraverso la Grazia - di avvicinarsi e confondersi nella luce divina; la manna del deserto fu cibo temporale, I'Eucarestia è pane perenne.

9. - Sintesi del pensiero di San Tommaso suil'Eucarestia. - L'Eucarestia, nel pensiero di San Tommaso, che è poi il pensiero stesso della Chiesa, oltre che pane perenne è sacrificio (commemora infatti il sacrificio della passione e morte di Gesù); è comunione o sinassi (perché realizza l'unione dei fedeli con Cristo e fra di loro); è viatico (dal latino via, perché accompagna il cristiano nel suo viaggio su questa terra verso il Cielo); infine è Buona Grazia, nel suo più pregnante significato etimologico, perché contiene Gesù che è pieno di Grazia e che la istituì nell'Ultima Cena, come memoriale di sestesso: e tale infatti essa è rimasta fino ad oggi ed è destinata a rimanere anche nei secoli a venire, la principale testimonianza del Salvatore del Mondo, Albero della vita in contrapposizione all'albero della perdizione, che dall'Eden causò la cacciata del primo uomo. Riferimento e accostamento quest'ultimo che, se riveste forse oggi un sapore vagamente ambientalista ed ecologico (come del resto la stessa, ricordata tradizione delle infiorate), rappresenta comunque - e prima di tutto - per il cristiano il dogma più significativo della sua fede religiosa.


(1)Relazione svolta dall'autore il 26 ottobre 2000, in occasione della esposizione, in coincidenza con la ricorrenza giubilare, nella Biblioteca Casanatense di Roma, della preziosa stampa ottocentesca, incisa da Salvatore Busuttil (1798 - 1854), composta da 35 acqueforti acquarellate e ritoccate a mano, per una lunghezza di ben 14 metri, raffigurante la Solenne processione vaticana del Corpus Domini diretta da uno de' Cerimonieri di Sua Santità Gregorio XVI, importante acquisizione statale perfezionata nel 1999 presso la libreria Antiquaria Panini di Modena, destinata alle collezioni della predetta Biblioteca.


BIBLIOGRAFIA

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12. - Suarez F., Il Sacrificio dell'Altare, ed. Ares, Milano, 1990.



http://www.provincia.terni.it/cultura/bus/dossier/tamiozzo.htm

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