P.R. CANTALAMESSA: MI SARETE TESTIMONI

Se non vogliamo che l'Ascensione somigli più a un mesto "addio", che a una vera festa, è necessario comprendere la differenza radicale che c'è fra una scomparsa e una partenza. Con l'Ascensione Gesù non è partito, non si è "assentato", è solo scomparso dalla vista. Chi parte non c'è più; chi scompare può essere ancora lì, a due passi, solo che qualcosa impedisce di vederlo. Al momento dell'ascensione Gesù scompare, sì, dalla vista degli apostoli, ma per essere presente in altro modo, più intimo, non fuori, ma dentro di loro. Avviene come nell'Eucaristia; finché l'ostia è fuori di noi la vediamo, la adoriamo; quando la riceviamo non la vediamo più, è scomparsa, ma per essere ormai dentro di noi. Si è inaugurata una presenza nuova e più forte.
Ma sorge un'obiezione. Se Gesù non è più visibile, come faranno gli uomini a sapere di questa sua presenza? La risposta è: egli vuole rendersi visibile attraverso i suoi discepoli! Sia nel Vangelo che negli Atti, l'evangelista Luca associa strettamente all'Ascensione il tema della testimonianza: "Di questo voi siete testimoni" (Lc 24, 8). Quel "voi" indica in primo luogo gli apostoli che sono stati con Gesù. Dopo gli apostoli, questa testimonianza per così dire "ufficiale", cioè legata all'ufficio, passa ai loro successori, i vescovi e i sacerdoti. Ma quel "voi" riguarda anche tutti i battezzati e i credenti in Cristo. "Ogni laico - dice un documento del concilio- deve essere davanti al mondo un testimone della risurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo" (Lumen gentium 38).
È diventata celebre l'affermazione di Paolo VI: "Il mondo ha bisogno di testimoni, più che di maestri". È relativamente facile essere maestro, assai meno essere testimone. Infatti il mondo brulica di maestri, veri o falsi, ma scarseggia di testimoni. Tra i due ruoli, c'è la stessa differenza che esiste, secondo il proverbio, tra il dire e il fare... I fatti, dice un proverbio inglese, parlano più forte delle parole.
Il testimone è uno che parla con la vita. Un papà e una mamma credenti devono essere, per i figli, "i primi testimoni della fede". (Questo chiede per loro la Chiesa a Dio, nella benedizione che segue il rito delle nozze). Facciamo un esempio concreto. In questo periodo dell'anno molti bambini si accostano alla prima comunione e alla cresima. Una mamma o un papà credenti possono aiutare il bambino a ripassare il catechismo, spiegargli il senso delle parole, aiutarlo a memorizzare le risposte. Fanno una cosa bellissima e magari fossero in tanti a farlo! Ma che cosa deve pensare il bambino, se dopo tutto quello che i genitori hanno detto e fatto in occasione della sua prima comunione, essi tralasciano poi sistematicamente di andare a Messa la domenica, non fanno mai neppure il segno della croce e non dicono mai una preghiera? Sono stati maestri, ma non testimoni.
La testimonianza dei genitori non deve, naturalmente, limitarsi al tempo della prima comunione o della cresima dei figli. Con il loro modo di correggere e perdonare il bambino e di perdonarsi tra di loro, di parlare con rispetto degli assenti, di comportarsi di fronte a un povero che chiede l'elemosina, coi commenti che fanno in presenza dei figli nell'ascoltare le notizie del giorno, i genitori hanno ogni giorno la possibilità di rendere testimonianza della loro fede. L'anima dei bambini è una lastra fotografica: tutto quello che vedono e ascoltano negli anni dell'infanzia si incide in essa e un giorno "si svilupperà" e porterà i suoi frutti, buoni o cattivi.

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