Pubblichiamo gli orientamenti per celebrare il Triduo pasquale offerti dalla Santa Sede nel “Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti”, pubblicato dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (2002). CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI DIRETTORIO SU PIETÁ POPOLARE E LITURGIA - PRINCIPI E ORIENTAMENTI
Triduo pasquale140. Ogni anno, nel «sacratissimo triduo del crocifisso, del sepolto e del risorto» o Triduo pasquale, che va dalla Messa vespertina del Giovedì nella Cena del Signore fino ai Vespri della Domenica di Risurrezione, la Chiesa celebra, «in intima comunione con Cristo suo Sposo», i grandi misteri dell’umana redenzione. Giovedì Santo La visita al luogo della reposizione 141. La pietà popolare è particolarmente sensibile all’adorazione del santissimo Sacramento, che segue la celebrazione della Messa nella Cena del Signore. Per un processo storico, non ancora del tutto chiarito nelle sue varie fasi, il luogo della reposizione è stato considerato quale “santo sepolcro”; i fedeli vi accorrevano per venerare Gesù che dopo la deposizione dalla Croce fu collocato nella tomba, dove rimase per circa Quaranta ore. È necessario che i fedeli siano illuminati sul senso della reposizione: compiuta con austera solennità e ordinata essenzialmente alla conservazione del Corpo del Signore per la comunione dei fedeli nell’Azione liturgica del Venerdì Santo e per il Viatico degli infermi, è un invito all’adorazione, silenziosa e prolungata, del mirabile Sacramento istituito in questo giorno. Pertanto, in riferimento al luogo della reposizione, si eviti il termine di “sepolcro”, e nel suo allestimento, non venga conferito ad esso l’aspetto di un luogo di sepoltura; infatti il tabernacolo non deve avere la forma di un sepolcro o di un’urna funeraria: il Sacramento venga custodito in un tabernacolo chiuso, senza farne l’esposizione con l’ostensorio. Dopo la mezzanotte del Giovedì Santo, l’adorazione si compie senza solennità, essendo già iniziato il giorno della Passione del Signore. Venerdì Santo La processione del Venerdì Santo 142. Al Venerdì Santo la Chiesa celebra la Morte salvifica di Cristo. Nell’Azione liturgica pomeridiana essa medita la Passione del suo Signore, intercede per la salvezza del mondo, adora la Croce e commemora la propria origine dal costato aperto del Salvatore (cf. Gv 19, 34). Tra le manifestazioni di pietà popolare del Venerdì Santo, oltre la Via Crucis, spicca la processione del “Cristo morto”. Essa ripropone, nei moduli propri della pietà popolare, il piccolo corteo di amici e discepoli che, dopo aver deposto dalla Croce il corpo di Gesù, lo portarono al luogo in cui era la “tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto” (Lc 23, 53). La processione del “Cristo morto” si svolge generalmente in un clima di austerità, di silenzio e di preghiera e con la partecipazione di numerosi fedeli, i quali percepiscono non pochi significati del mistero della sepoltura di Gesù. 143. È necessario tuttavia che tale manifestazione di pietà popolare né per la scelta dell’ora, né per le modalità di convocazione dei fedeli, appaia agli occhi di questi come un surrogato delle celebrazioni liturgiche del Venerdì Santo. Pertanto nella progettazione pastorale del Venerdì Santo dovrà essere dato il primo posto e il massimo rilievo alla solenne Azione liturgica e si dovrà illustrare ai fedeli che nessun altro pio esercizio deve sostituire oggettivamente nel suo apprezzamento questa celebrazione. Infine è da evitare l’inserimento della processione del “Cristo morto” nell’ambito della solenne Azione liturgica del Venerdì Santo, perché ciò costituirebbe un distorto ibridismo celebrativo. Rappresentazione della Passione di Cristo 144. In molti paesi, durante la Settimana Santa, soprattutto il Venerdì, hanno luogo rappresentazioni della Passione di Cristo. Si tratta spesso di vere “sacre rappresentazioni”, che a buon diritto possono essere considerate un pio esercizio. Le sacre rappresentazioni, infatti, affondano le loro radici nella stessa Liturgia. Alcune di esse, nate per così dire nel coro dei monaci, attraverso un processo di progressiva drammatizzazione, sono passate al sagrato della chiesa. In molti luoghi la preparazione e l’esecuzione della rappresentazione della Passione di Cristo è affidata a confraternite, i cui membri hanno assunto particolari impegni di vita cristiana. In tali rappresentazioni attori e spettatori sono coinvolti in un movimento di fede e di pietà genuine. È vivamente auspicabile che le sacre rappresentazioni della Passione del Signore non si discostino da questa pura linea di espressione sincera e gratuita di pietà, per assumere i caratteri propri delle manifestazioni folcloristiche, che richiamano non tanto lo spirito religioso quanto l’interesse dei turisti. In riferimento alle sacre rappresentazioni va illustrata ai fedeli la profonda differenza che intercorre tra la “rappresentazione”, che è mimesi e “l’azione liturgica”, che è anamnesi, presenza misterica dell’evento salvifico della Passione. Sono da rigettare le pratiche penitenziali che portano a farsi crocifiggere con chiodi. Il ricordo della Vergine addolorata 145. Per la sua importanza dottrinale e pastorale, si raccomanda di non trascurare «la memoria dei dolori della beata Vergine Maria». La pietà popolare, seguendo il racconto evangelico, ha rilevato l’associazione della Madre alla Passione salvifica del Figlio (cf. Gv 19, 25-27; Lc 2, 34s) e ha dato vita a vari pii esercizi, tra cui sono da ricordare: - il Planctus Mariæ, intensa espressione di dolore, talora avvalorata da alti pregi letterari e musicali, in cui la Vergine piange non solo la morte del Figlio, innocente e santo, il sommo suo bene, ma anche lo smarrimento del suo popolo e il peccato dell’umanità; - l’Ora della Desolata, nella quale i fedeli, con espressioni di commossa devozione, “fanno compagnia” alla Madre del Signore, rimasta sola, immersa in un profondo dolore, dopo la morte del suo unico Figlio; essi, contemplando la Vergine con il Figlio sul grembo, – la Pietà –, comprendono che in Maria si concentra il dolore dell’universo per la morte di Cristo; in lei essi vedono la personificazione di tutte le madri che, lungo la storia, hanno pianto la morte di un figlio. Tale pio esercizio, che in alcuni luoghi dell’America Latina è chiamato El pésame, non dovrà limitarsi tuttavia ad esprimere il sentimento umano davanti a una madre desolata, ma nella fede della risurrezione, saprà aiutare a comprendere la grandezza dell’amore redentore di Cristo e la partecipazione ad esso della sua Madre. Sabato Santo 146. «Il Sabato Santo la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua Passione e Morte, la discesa agli inferi ed aspettando nella preghiera e nel digiuno la sua Risurrezione». La pietà popolare non deve rimanere estranea al carattere peculiare del Sabato Santo; pertanto le consuetudini e le tradizioni festive collegate con questo giorno, in cui un tempo veniva anticipata la celebrazione pasquale, si devono riservare per la notte e il giorno di Pasqua. L’«Ora della Madre» 147. In Maria, secondo l’insegnamento della tradizione, è come radunato tutto il corpo della Chiesa: ella è la «credentium collectio universa». Perciò la Vergine Maria che sosta presso il sepolcro del Figlio, come la rappresenta la tradizione ecclesiale, è icona della Vergine Chiesa che veglia presso la tomba del suo Sposo, in attesa di celebrarne la Risurrezione. A questa intuizione del rapporto tra Maria e la Chiesa si ispira il pio esercizio dell’Ora della Madre: mentre il corpo del Figlio riposa nel sepolcro e la sua anima è scesa negli inferi per annunciare ai suoi antenati l’imminente liberazione dalla regione dell’ombra, la Vergine, anticipando e impersonando la Chiesa, attende piena di fede la vittoria del Figlio sulla morte. Domenica di Pasqua 148. Anche nella Domenica di Pasqua, massima solennità dell’anno liturgico, hanno luogo non poche manifestazioni di pietà popolare: esse sono tutte espressioni cultuali che esaltano la condizione nuova e la gloria del Cristo risorto, nonché le energie divine che scaturiscono dalla sua vittoria sul peccato e sulla morte. L’incontro del Risorto con la Madre 149. La pietà popolare ha intuito che l’associazione del Figlio alla Madre è costante: nell’ora del dolore e della morte, nell’ora del gaudio e della risurrezione. L’affermazione liturgica, secondo cui Dio ha riempito di gioia la Vergine nella risurrezione del Figlio, è stata, per così dire, tradotta e quasi rappresentata dalla pietà popolare nel pio esercizio dell’Incontro della Madre con il Figlio risorto: la mattina di Pasqua due cortei, l’uno recante l’immagine della Madre addolorata, l’altro quella del Cristo risorto, si incontrano per significare che la Vergine fu la prima e piena partecipe del mistero della risurrezione del Figlio. Per questo pio esercizio vale l’osservazione fatta per la processione del “Cristo morto”: il suo svolgimento non deve assumere aspetti di maggiore rilevanza delle stesse celebrazioni liturgiche della domenica di Pasqua né dare luogo ad inappropriate commistioni. La benedizione della mensa familiare 150. Un senso di novità percorre l’intera Liturgia pasquale: nuova è la natura, poiché nell’emisfero boreale la Pasqua coincide con il risveglio primaverile; nuovi il fuoco e l’acqua; nuovi i cuori dei cristiani, rinnovati dal sacramento della Penitenza e, come è auspicabile dagli stessi sacramenti dell’Iniziazione cristiana; nuova, per così dire, l’Eucaristia: sono segni e realtà-segno della nuova condizione di vita inaugurata da Cristo con la sua risurrezione. Tra i pii esercizi che si collegano all’evento della Pasqua vi sono la tradizionale benedizione delle uova, simbolo della vita, e la benedizione del desco familiare; quest’ultima, che in molte famiglie cristiane è quotidiana consuetudine da incoraggiare, acquista particolare significato nel giorno di Pasqua: con l’acqua benedetta nella Veglia pasquale, che lodevolmente i fedeli recano nelle loro abitazioni, il capofamiglia o un altro membro della comunità domestica benedice la mensa festiva. Il saluto pasquale alla Madre del Risorto 151. In alcuni luoghi, al termine della Veglia pasquale o dopo i II Vespri della Domenica di Pasqua, si compie un breve pio esercizio: si benedicono dei fiori, che saranno distribuiti ai fedeli in segno di gioia pasquale, e si rende un omaggio all’immagine dell’Addolorata, che talora viene incoronata, mentre si canta il Regina caeli. I fedeli, che si erano associati al dolore della Vergine per la Passione del Figlio, vogliono così rallegrarsi con lei per l’evento della risurrezione. Tale pio esercizio, che non deve essere frammisto all’azione liturgica, è consono ai contenuti del Mistero pasquale e costituisce una ulteriore prova di come la pietà popolare percepisca l’associazione della Madre all’opera salvifica del Figlio.
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