La ’Aqedah
L’episodio del monte Moria rappresenta il punto centrale dell’esperienza religiosa di Abramo e dello stesso Isacco ed è significativo notare come a partire da questo punto ogni riferimento al nome ammutolisca (fatta eccezione di un accenno velato nell’episodio di Isacco e Rebecca del cap. 26).
La tradizione ebraica chiama il sacrificio di Isacco aqedah termine derivato dall’espressione "Abramo legò (wajj’aqod) Isacco" (Gen. 22, 9) Un termine che vuole indicare l’assoluta consegna che Isacco fece di sé a Dio, aderendo al gesto che su di lui il padre stava per compiere.
Isacco domandò al padre: «Dov’è l’agnello per l’olocausto?» Abramo rispose: «Il Signore provvederà». Isacco tremò perché comprese l’intenzione del padre. Tuttavia si fece forza e disse al padre suo: «Se è vero che il Santo, benedetto Egli sia, mi ha scelto, allora la mia anima è donata a lui». E Isacco stesso si legò volontariamente (Midrash ai Salmi 116,6).
Lasciandosi legare indissolubilmente a Dio dal padre Abramo, egli legò con sé ogni figlio di Abramo, erede secondo la promessa. In Israele dunque la forza della ’aqedah supera i secoli e giunge ad ogni membro del popolo in ogni tempo:
«Il mio cuore - dice Abramo - non è stato combattuto quando mi hai detto che dovevo sacrificare il mio figlio Isacco, che dovevo farlo polvere e cenere davanti a te… E ora quando i suoi figli si trovano nella tribolazione ricordati della ’aqedah del loro padre Isacco, ascolta la voce della loro preghiera e rispondi ad essi e salvali da ogni tribolazione» (Targum Neofiti a Gn. 22, 14). Ed è proprio in relazione a questi figli di Abramo che appare nella Scrittura, per l’ultima volta, l’allusione al significato del nome Isacco, anche se in modo molto velato, ed è sulle labbra di Gesù nel Vangelo di Giovanni: «Abramo vostro padre esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò» (Gv. 8,56).
Ma quando Abramo vide il giorno del figlio dell’uomo, il giorno del Messia e se ne rallegrò? Non alla nascita di Isacco, bensì nel momento del mancato sacrificio sul monte Moria. Dopo l’intervento dell’angelo infatti Abramo chiamò quel luogo: Qui il Signore fu visto. Sì qui fu vista la salvezza, qui Abramo vide che "Dio è favorevole" cioè vide il vero Isacco, il figlio generato non dalla carne ma dalla fede, da Dio stesso.
Nella Genesi, sulle labbra del figlio di Isacco, Giacobbe, appare un’espressione che ricorre soltanto due volte in tutta la scrittura e all’interno del medesimo capitolo: il titolo divino di "Terrore di Isacco", come traduce la CEI: [Giacobbe disse]: «Se non fosse stato con me il Dio di mio padre, il Dio di Abramo, e il Terrore di Isacco…» (Gn 31, 42). Il significato più corretto (derivato dall’arabo e dal palmireno) di questa espressione sembra essere: Genitore di Isacco. Padre di Isacco è Dio stesso, segno di un altro Figlio. Sul monte Moria Abramo visse il giorno del Figlio, preludio certo al giorno di Gesù.
E' in questo giorno che Abramo diviene padre di moltitudini, perché a partire da questo evento Isacco non è più figlio suo, ma è appunto, figlio della fede. E' un simbolo come scrive l’autore della lettera agli ebrei: Per fede Abramo, messo alla prova, offrì Isacco e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unico figlio, del quale era stato detto: In Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere dai morti: per questo lo riebbe e fu come un simbolo (Eb 11, 17-19).
L’unico figlio che Abramo offre è già il volto dell’Unigenito figlio di Dio, che come ebbe a dire Paolo (Rom 8,32), Dio non ha esitato a dare per amore nostro. Se da un lato Isacco è l’uomo che si lega, si consegna a Dio senza riserve, dall’altro è però anche il segno della consegna che Dio fa di se stesso all’uomo.
Racconta un midrash che mentre Isacco si legò volontariamente all’altare del sacrificio e Abramo si accingeva a compiere il sacrificio, il Signore vide come fosse uguale il cuore dei due: sgorgavano lacrime dagli occhi di Abramo e le lacrime cadevano su Isacco legato. Isacco piangeva e le sue lacrime cadevano sulla legna che era tutta bagnata. Tutta la creazione piangeva. Poi Abramo prese il coltello per immolare il figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò e disse: «Abramo, Abramo! ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato il tuo figlio, il tuo unico figlio!».
Il cuore del padre e il cuore del figlio che sono uniti nell’offerta del sacrificio sono l’immagine viva, sigillata nella storia, di un altro Padre che è unito al Figlio nel sacrificio supremo della croce.
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