Appaiono Mosè ed Elia, cioè la Legge e il Profeta col Verbo: di fatto la Legge non può sussistere senza il Verbo, né può essere Profeta se non colui che abbia profetizzato a riguardo del Figlio di Dio. E, certamente, quei figli del tuono hanno ammirato nella gloria del corpo anche Mosè ed Elia, ma anche noi vediamo ogni giorno Mosè insieme col Figlio di Dio; vediamo infatti la Legge nel Vangelo, quando leggiamo: Amerai il Signore Dio tuo; vediamo Elia insieme col Verbo di Dio, quando leggiamo: Ecco la Vergine concepirà nel grembo.
Perciò Luca opportunamente aggiunse che parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme. Essi infatti t’insegnano i misteri della sua dipartita. Anche oggi Mosè insegna, anche oggi Elia parla, anche oggi possiamo vedere Mosè in una gloria più grande. E chi non lo può, quando perfino il popolo dei Giudei poté vederlo, anzi lo vide davvero? Vide infatti il volto di Mosè pieno di fulgore, ma ricevette un velo, e non salì sul monte e per questo errò. Colui che ha visto soltanto Mosè, non ha potuto vedere contemporaneamente il Verbo di Dio.
Togliamo allora il velo dalla nostra faccia, affinché a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine (2 Cor 3, 18). Saliamo sul monte, supplichiamo il Verbo di Dio, affinché si mostri a noi nel suo aspetto e nella sua bellezza, e si rafforzi e avanzi con successo e regni. Anche questi sono misteri e rimandano a realtà molto profonde; infatti, a seconda della tua disponibilità, per te il Verbo o diminuisce o cresce, e, se non ascendi la vetta di un più profondo discernimento, non ti si fa vedere la Sapienza, non ti si fa vedere la conoscenza dei misteri, non ti si fa vedere quant’è grande la gloria, quant’è stupenda la bellezza posta nel Verbo di Dio, ma il Verbo di Dio ti si mostra come in un corpo, come uno che non ha apparenza né bellezza, e ti si mostra come un uomo percosso, che può esser caricato delle nostre infermità, ti si mostra come una parola nata da uomo, ricoperta dall’involucro dei segni della lettera ma che non risplende della forza dello Spirito. Se invece, mentre lo consideri come uomo, tu credi ch’è stato generato da una Vergine, e a poco a poco ti asseconda la fede che è nato dallo Spirito di Dio, allora cominci a salire il monte. Se vedi ch’Egli, messo in croce, trionfa su la morte invece di essere annientato, se vedi che la terra tremò, il sole scomparì dallo sguardo, le tenebre avvolsero gli occhi degli increduli, le tombe si aprirono, i morti risorsero per dar prova che il popolo Gentile, il quale era morto per Dio, all’irrompere del fulgore della croce è risorto come se si fossero aperti i sepolcri del suo corpo; se vedi questo mistero, allora sei salito su un alto monte, e vedi una diversa gloria del Verbo.
Le sue vesti sono in un modo quando Egli sta in basso e in un altro quando sta in alto. E forse le vesti del Verbo sono le parole delle Scritture e direi quasi il rivestimento dell’intelletto divino: infatti, come Egli apparve in persona a Pietro e a Giovanni e a Giacomo in un aspetto mutato, e il suo bianco vestito rifulse, allo stesso modo anche agli occhi della tua mente già comincia a divenir chiaro il significato delle letture divine. Ecco allora che le divine parole diventano come la neve, e le vesti del Verbo bianchissime...
Pietro vide questa ricchezza, la videro anche quelli che erano con lui, benché fossero oppressi dal sonno. Infatti lo splendore senza confini della divinità soverchia i sensi del nostro corpo. Se già la potenza visiva corporea non riesce a sopportare un raggio di sole in faccia agli occhi di chi guarda, come potrebbero le nostre membra corrotte sostenere la gloria di Dio? Perciò nella risurrezione viene costituito uno stato corporeo tanto più puro e sottile, quanto ormai è stata annientata la materialità dei vizi. E proprio per questo, forse, essi erano oppressi dal sonno, per poter vedere, dopo il riposo, la bellezza della risurrezione. Perciò, allo svegliarsi, videro la sua maestà; nessuno, che non sia sveglio vede la gloria di Cristo. Pietro ne provò grande gioia, e mentre le seducenti realtà di questo mondo non avevano potuto impadronirsi di lui, lo sedusse lo splendore della risurrezione.
È bello per noi, egli disse, stare qui – per lo stesso motivo scrive anche quell’altro: Partire per essere con Cristo è molto meglio (Fil 1, 23) – e non contento di aver espresso la sua contentezza si distingue dagli altri non solo per il sentimento affettuoso ma per la generosità delle opere e, per costruire tre abitacoli, quel lavoratore infaticabile promette il servizio della comune dedizione. E sebbene non sapesse quello che diceva, tuttavia prometteva un atto di amore: non era una storditaggine irriflessiva, ma una generosità intempestiva, che accresce così i proventi delle sue premure. Infatti, il non sapere era proprio della sua condizione, ma il promettere della sua devozione. Però la condizione umana non ha la capacità di costruire un’abitazione a Dio in questo corpo corruttibile, destinato alla morte. ...
Mentre diceva questo venne una nube e li avvolse con la sua ombra. Siffatto avvolger d’ombra è proprio dello Spirito; esso non annebbia i sentimenti dell’uomo, ma mette in luce le realtà nascoste. Lo si trova anche in un altro punto, quando l’angelo dice: E la potenza dell’Altissimo ti adombrerà (Lc 9, 34). E si indica quale ne sia l’effetto quando si ode la voce di Dio che dice: Questi è il mio figlio diletto, ascoltatelo.
Cioè: non è Elia il figlio, non è Mosè il figlio, ma questi è il Figlio, che vedete solo. ...
E mentre risonava la voce, Gesù si trovò solo. Erano in tre, uno solo rimase. Tre si vedono in principio, uno solo alla fine; infatti sono una cosa sola per la perfezione della fede. Del resto il Signore chiede anche questo al Padre, che tutti siano una cosa sola. E non soltanto Mosè e Elia sono una cosa sola in Cristo, ma anche noi siamo l’unico corpo di Cristo. Dunque anch’essi sono accolti nel corpo di Cristo perché anche noi saremo una cosa sola in Cristo Gesù, o forse perché la Legge e i Profeti provengono dal Verbo, e ciò ch’è cominciato dal Verbo culmina nel Verbo; poiché il fine della Legge è Cristo, per la giustificazione di chiunque crede (Rm 10, 4).
(Dall’Esposizione del Vangelo secondo Luca, VII, 10-13. 17-21)
Perciò Luca opportunamente aggiunse che parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme. Essi infatti t’insegnano i misteri della sua dipartita. Anche oggi Mosè insegna, anche oggi Elia parla, anche oggi possiamo vedere Mosè in una gloria più grande. E chi non lo può, quando perfino il popolo dei Giudei poté vederlo, anzi lo vide davvero? Vide infatti il volto di Mosè pieno di fulgore, ma ricevette un velo, e non salì sul monte e per questo errò. Colui che ha visto soltanto Mosè, non ha potuto vedere contemporaneamente il Verbo di Dio.
Togliamo allora il velo dalla nostra faccia, affinché a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine (2 Cor 3, 18). Saliamo sul monte, supplichiamo il Verbo di Dio, affinché si mostri a noi nel suo aspetto e nella sua bellezza, e si rafforzi e avanzi con successo e regni. Anche questi sono misteri e rimandano a realtà molto profonde; infatti, a seconda della tua disponibilità, per te il Verbo o diminuisce o cresce, e, se non ascendi la vetta di un più profondo discernimento, non ti si fa vedere la Sapienza, non ti si fa vedere la conoscenza dei misteri, non ti si fa vedere quant’è grande la gloria, quant’è stupenda la bellezza posta nel Verbo di Dio, ma il Verbo di Dio ti si mostra come in un corpo, come uno che non ha apparenza né bellezza, e ti si mostra come un uomo percosso, che può esser caricato delle nostre infermità, ti si mostra come una parola nata da uomo, ricoperta dall’involucro dei segni della lettera ma che non risplende della forza dello Spirito. Se invece, mentre lo consideri come uomo, tu credi ch’è stato generato da una Vergine, e a poco a poco ti asseconda la fede che è nato dallo Spirito di Dio, allora cominci a salire il monte. Se vedi ch’Egli, messo in croce, trionfa su la morte invece di essere annientato, se vedi che la terra tremò, il sole scomparì dallo sguardo, le tenebre avvolsero gli occhi degli increduli, le tombe si aprirono, i morti risorsero per dar prova che il popolo Gentile, il quale era morto per Dio, all’irrompere del fulgore della croce è risorto come se si fossero aperti i sepolcri del suo corpo; se vedi questo mistero, allora sei salito su un alto monte, e vedi una diversa gloria del Verbo.
Le sue vesti sono in un modo quando Egli sta in basso e in un altro quando sta in alto. E forse le vesti del Verbo sono le parole delle Scritture e direi quasi il rivestimento dell’intelletto divino: infatti, come Egli apparve in persona a Pietro e a Giovanni e a Giacomo in un aspetto mutato, e il suo bianco vestito rifulse, allo stesso modo anche agli occhi della tua mente già comincia a divenir chiaro il significato delle letture divine. Ecco allora che le divine parole diventano come la neve, e le vesti del Verbo bianchissime...
Pietro vide questa ricchezza, la videro anche quelli che erano con lui, benché fossero oppressi dal sonno. Infatti lo splendore senza confini della divinità soverchia i sensi del nostro corpo. Se già la potenza visiva corporea non riesce a sopportare un raggio di sole in faccia agli occhi di chi guarda, come potrebbero le nostre membra corrotte sostenere la gloria di Dio? Perciò nella risurrezione viene costituito uno stato corporeo tanto più puro e sottile, quanto ormai è stata annientata la materialità dei vizi. E proprio per questo, forse, essi erano oppressi dal sonno, per poter vedere, dopo il riposo, la bellezza della risurrezione. Perciò, allo svegliarsi, videro la sua maestà; nessuno, che non sia sveglio vede la gloria di Cristo. Pietro ne provò grande gioia, e mentre le seducenti realtà di questo mondo non avevano potuto impadronirsi di lui, lo sedusse lo splendore della risurrezione.
È bello per noi, egli disse, stare qui – per lo stesso motivo scrive anche quell’altro: Partire per essere con Cristo è molto meglio (Fil 1, 23) – e non contento di aver espresso la sua contentezza si distingue dagli altri non solo per il sentimento affettuoso ma per la generosità delle opere e, per costruire tre abitacoli, quel lavoratore infaticabile promette il servizio della comune dedizione. E sebbene non sapesse quello che diceva, tuttavia prometteva un atto di amore: non era una storditaggine irriflessiva, ma una generosità intempestiva, che accresce così i proventi delle sue premure. Infatti, il non sapere era proprio della sua condizione, ma il promettere della sua devozione. Però la condizione umana non ha la capacità di costruire un’abitazione a Dio in questo corpo corruttibile, destinato alla morte. ...
Mentre diceva questo venne una nube e li avvolse con la sua ombra. Siffatto avvolger d’ombra è proprio dello Spirito; esso non annebbia i sentimenti dell’uomo, ma mette in luce le realtà nascoste. Lo si trova anche in un altro punto, quando l’angelo dice: E la potenza dell’Altissimo ti adombrerà (Lc 9, 34). E si indica quale ne sia l’effetto quando si ode la voce di Dio che dice: Questi è il mio figlio diletto, ascoltatelo.
Cioè: non è Elia il figlio, non è Mosè il figlio, ma questi è il Figlio, che vedete solo. ...
E mentre risonava la voce, Gesù si trovò solo. Erano in tre, uno solo rimase. Tre si vedono in principio, uno solo alla fine; infatti sono una cosa sola per la perfezione della fede. Del resto il Signore chiede anche questo al Padre, che tutti siano una cosa sola. E non soltanto Mosè e Elia sono una cosa sola in Cristo, ma anche noi siamo l’unico corpo di Cristo. Dunque anch’essi sono accolti nel corpo di Cristo perché anche noi saremo una cosa sola in Cristo Gesù, o forse perché la Legge e i Profeti provengono dal Verbo, e ciò ch’è cominciato dal Verbo culmina nel Verbo; poiché il fine della Legge è Cristo, per la giustificazione di chiunque crede (Rm 10, 4).
(Dall’Esposizione del Vangelo secondo Luca, VII, 10-13. 17-21)
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