Leon Doufour, La Trasfigurazione

Il presente Studio è stato abbozzato in Assemblées du Seigneur, n. 28 (1963) 27-44: « La Transfiguration de Jésus ». Esso deve essere sviluppato in un articolo tecnico che comparirà in una raccolta Vita Christi.


LA LITURGIA della Quaresima, con un istinto molto sicuro, propone il mistero della trasfigurazione di Gesú alla contemplazione del fedele che avanza lentamente verso la festa dì Pasqua, vale a dire verso il mistero, apparentemente dissociato ma profondamente uni-co, della Passione e della Risurrezione. Essa traspone cosí l'insegnamento dato dal Nuovo Testamento circa l'avvenimento del passato. L'analisi risalirà alle intenzioni degli autori situando l'episodio nel suo immediato contesto, definendo lo scopo dei tre racconti, e cercando di indagare il significato di ciascuno dei loro tratti simbolici. Infine, abbozzeremo la storia che è stato fissato nei differenti ambienti vitali della Chiesa nascente


IL CONTESTO DELL'EPISODIO

L'avvenimento appartiene al secondo periodo della vita di Gesú. Nei tre Sinottici la proclamazione messianica di Pietro a Cesarea segna una svolta nel ministero di Gesù è complèta la divisione che distingue i suoi contemporanei. Da una parte, questi hanno, in maggioranza, rifiutato di riconoscere in Gesú il Messia che attendevano dall'altra, alcuni discepoli seguono Gesú con la convinzione, espressa da Pietro, che egli sia il Cristo. Incompreso dalle folle che vorrebbero vedere in lui un Messia nazionalista, Gesú è disprezzato e respinto dalle autorità della nazione; egli dunque si ritira e si dedica all'istruzione dei discepoli che ha riunito attorno a sé.
A questo piccolo gruppo fedele, pieno di buona volontà, egli rivelerà progressivamente il mistero della sua persona attraverso il destino che deve accettare. Il Messia, proclamato dal loro portavoce è anche il Figlio dell'uomo che deve salire a Gerusalemme per morirvi e risorgervi.
Nella tradizione sinottica, tale salita è indicata da tre gruppi di pericopi, ognuna delle quali raggruppa per lo meno tre episodi apparentati.

LA SEQUENZA DEGLI ANNUNCI PASSIONE-RISURREZIONE

(A) ANNUNCIO (B) REAZIONE (C) INSEGNAMENTO EPISODI DIVERSI

Ciascun gruppo (A) inizia con un annuncio del destino di Gesú (Mt 16, 21; 17, 22-23a; 20, 17-19). A tale profezia, ogni volta fa eco (B), l'incomprensione dei discepoli: cosí, in Matteo, vi è prima la reazione scandalizzata di Pietro (16, 22-23), poi la costernazione dei discepoli (17, 23b), infine l'iniziativa intempestiva di Giacomo e Giovanni (20, 20-23).
Questo tema dell'inintelligenza dei discepoli, posti in anticipo davanti alla Croce, è un dato della comune tradizione che ciascun evangelista sottolinea alla propria maniera. Marco, per esempio, descrive il gruppo in cammino, Gesú in testa che precede i discepoli che lo seguono,10, 32); il secondo di solito attenua la durezza dei rimproveri del Mastro, Gesú insiste sul secondo annuncio: « Tenete bene a mente queste parole! » (Lc 9, 44), ed il terzo, benché introdotto da una prova scritturale, non è meglio compreso (Lc 18, 31.34). Poteva Gesú lasciare l'ultima parola ai suoi ottusi discepoli? Segue dunque un terzo episodio (C) che, ogni volta, applica ai discepoli l'annuncio della sorte riserbata al Figlio dell'uomo. Nella prima sequenza, ecco l'insegnamento sulla necessità di portare la croce sei si vuole seguire Gesú ed entrare nella gloria (Mt 16,24-28); la seconda riferisce sotto forma di metodo attivo una lezione che, a discepoli ancora preoccupati di grandezza umana, propone paradossalmente l'imitazione del fanciullo (Mt 18, 1-4). Infine, nella terza, Gesú ricorda la legge del servizio e del sacrificio per la salvezza della moltitudine (Mt 20, 24-28). Tale è la trama sulla quale la tradizione sinottica ha disegnato la salita a Gerusalemme.
Ora, in ciascuna di queste tre sequenze, che si tratti del destino esemplare del Maestro o della sorte dei discepoli, il mistero è presentato nei suoi due aspetti, oscuro e glorioso. Ogni volta, i discepoli urtano contro l'aspetto oscuro della rivelazione; i discepoli non arrivano a comprendere ciò che Gesù ha fatto e detto in loro presenza, essi rimangono chiusi al piano di Dio, urtano contro il muro della sofferenza e della morte, incapaci di accettare la necessità di oltrepassarlo per incontrare Dio: tale esigenza non turba soltanto i loro istinti di uomini attaccati alla vita, ma contraddice i sistemi di Dio, quali sono stati rivelati nella storia dal modo con cui guida il suo popolo.
Come eliminare lo scandalo? Mostrando come superarlo: è la sola via che Gesú apre davanti ai discepoli; nello stesso momento egli proclama e l'umiliazione e la gloria che la seguirà. Ogni volta, l'annuncio della morte ignominiosa è seguita dall’annuncio della Risurrezione nel terzo giorno (Mt 16, 21; 17, 23; 20, 19).Nella prima sequenza, il dovere di rinnegare se stesso e di portare la propria croce sfocia nella prospettiva della salvezza personale (Mt 16, 24-26) e dell'ingresso nella gloria: « Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni » (Mt 16, 27). Il discepolo sarà cosí ricompensato da quel Figlio dell'uomo di cui Gesú ha appena annunciato lo sconcertante destino, ma che, nell'ultimo giorno, ristabilirà ogni cosa. Morte e risurrezione, umiliazione e gloria: Gesú non separa idue aspetti del mistero della salvezza; le sue profezie non dividono i due avvenimenti futuri, per sé come peri discepoli. Ma, prima di Pasqua e della Pentecoste, finché Gesú non avrà subito lo scandalo, vivendolo in maniera tipica, finché lo Spirito Santo non sarà dato, questo insegnamento rimarrà inefficace;__prima del giorno che lo vedrà attraversare le tenebre della morte e sorgere nella luce della Risurrezione, Gesú non può realmente eliminare lo scandali.
Ma il Padre può far intravedere la risposta e, prima dell'avvenimento pasquale, concedere a tre discepoli privilegiati di contemplare, in un istante fuggitivo, la gloria del suo Figlio. Tale esperienza non è forse misteriosamente annunciata nel versetto che serve da transizione tra l'insegnamento sulla necessaria compassione con Gesú e l'episodio della Trasfigurazione? « In verità vi dico; vi sono alcuni tra i presenti che non gusteranno la morte prima di vedere il Figlio dell'uomo venire con il suo Regno » (Mt 16, 28; cfr. Mc 9, 1). Mediante la visione anticipata della gloria del Figlio dell'uomo, Gesù promette un assaggio della ricompensa riservata all'ultimo giorno (escatologia tradizionale). Tutti i Sinottici hanno visto in questa frase enigmatica l'annuncio immediato della Trasfigurazione; cosí pure, sulla loro scia, molti Padri della Chiesa. Anche se, originariamente, la sentenza poteva riguardare la Parusia, essa è legata al nostro episodio per alcuni elementi letterari. In particolare, gli « alcuni » possono essere i tre discepoli privilegiati; la venuta futura del Figlio dell'uomo che « sarà visto » venire dal suo Regno, si realizza già simbolicamente nella « visione » sulla montagna (Mt 17, 9), in « ciò che avevano veduto » (Mc 9,9; Lc 9, 36); la sutura cronologica « sei giorni dopo » (Mt Mc; otto giorni: Lc), rara nel racconto della vita pubblica, sembra intenzionale per sottolineare e il legame tra l'annuncio e la sua realizzazione. A motivo del contesti in cui è inserita, la Trasfigurazione ha per scopo di anticipare agli occhi dei discepoli privilegiati la gloria dell'ultimo giorno, racchiusa già in quel Gesú che vive quotidianamente con loro. Ai discepoli timorosi, Dio parla: essi possono, debbono ascoltare ed obbedire, aver fiducia e seguire Gesú sulla via che sale a Gerusalemme, verso la gloria attraverso la croce.

LO SCOPO DEL RACCONTO

I racconti sinottici sono di una tale ricchezza che, se fanno la gioia del contemplativo, spesso mettono in imbarazzo l'esegeta e lo storico. I temi biblici che affiorano hanno una significazione cosí ampia che è necessario subordinarli allo scopo dei tre racconti attuali, vale a dire, secondo l'opinione comune, alla parola divina.

Mt 17
ed ecco una voce(uscente) dalla nube,che disse: Questi è il mio Figlio diletto in cui mi sono compiaciuto. Ascoltatelo!

Mc 9
ed una voce si fece sentire(uscente) dalla nube: Questi è il mio Figlio diletto. Ascoltatelo!

Lc 9
E una voce si fece sentire(uscente) dalla nube,che disse:Questi è mio Figlio, l'eletto. Ascoltatelo!

Questa parola divina che viene dal cielo, rinnova la manifestazione della voce del Padre all'occasione del battesimo di Gesti (Mt 3, 17**). Ma alla proclamazione della filiazione divina di Gesú, la voce celeste aggiunge qui un ordine che si rivolge ai discepoli: «Ascoltatelo! ». Essa rivela tre aspetti di Gesti: egli è il Figlio di Dio, il Servo in cui Dio ha posto le sue compiacenze,« il » Profeta per eccellenza. Prima di ritornare, nella III parte, sugli accostamenti tra le due manifestazioni,esaminiamo brevemente il senso e la portata di questa triplice proclamazione.
Gesú è il Figlio di Dio. L'espressione « figlio diletto » (agapètos) significa « figlio unico ». Per i redattori essa indica non soltanto il Messia, l'Eletto, ma il Figlio preesistente; senza avere la precisione concettuale delle definizioni conciliari, tale titolo proviene dall'interpretazione che la comunità apostolica dà al salmo 2,7; Marco e Luca lo citano nel racconto del battesimo: « Il Signore mi ha detto: Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato » (secondo i Settanta). Quale che fosse la comprensione dei discepoli riguardo a questa parola al momento della Trasfigurazione, sembra certo che, per gli evangelisti, essa proclamava la preesistenza di Gesú. È Dio che risponde all'annuncio della Passione che Gesú ha appena dato. Al momento del Battesimo, a Gesú che si era recato da Giovanni Battista nelle vesti di peccatore, come un israelita del suo tempo, Dio aveva affermato che egli era autenticamente il suo Figlio diletto. Al momento della Trasfigurazione, ai discepoli che hanno udito Gesú attribuirsi il destino del Servo sofferente, Dio attesta che egli è realmente suo Figlio.
Gesú è il Servo di Dio. In questo Figlio diletto, Dio si compiace. Attraverso questa seconda indicazione, Matteo ricorda la teofania del Battesimo; un accostamento simile è fatto da Luca, che aggiunge un altro titolo: «l'eletto». Tutti e due mostrano che Dio presenta in Gesú il Servo annunciato da Isaia: Ecco il mio servo, Giacobbe, io mi prenderò cura di lui; Israele, il mio eletto: il mio spirito ha fatto alleanza con lui (Is 42, 1).
Nel primo canto del Servo di Jahvé, è evocata non la passione, ma la missione del Servo. Matteo ne cita, con delle varianti, i primi quattro versetti, per spiegare la maniera in cui Gesú compi il suo ministero messianico,specialmente nei confronti dei suoi avversari: « La canna già rotta non spezzerà, né il lucignolo fumigante spegnerà » (Mt 12, 18-21). Designando Gesú come «l'eletto», colui che gode di tutte le sud compiacenze, la voce celeste appone il sigillo divino sul comportamento di questo Messia « dolce , ed umile di cuore » (11, 29), alla cui scuola ci si può mettere senza timore.
Gesú è « il » Profeta. Il comando: « Ascoltatelo! » caratterizza l'episodio in confronto a quello del Battesimo.
Esso applica a Gesú l'annuncio profetico del Deuteronomio citato in Atti 3, 22: « Il Signore nostro Dio vi farà sorgere un profeta come me tra i vostri fratelli; ascoltatelo in tutto quello che vi dirà » (Dt 18, 15). In quel discorso al popolo di Gerusalemme, Pietro mostra che risuscitando Gesú, Dio ha manifestato in quest'ultimo il nuovo Mosè, il profeta atteso per la fine dei tempi (cfr. At 7, 37; Gv 6, 14; 7, 40). Tale garanzia divina, Dio la dà a Gesú al momento della Trasfigurazione per mostrare ai discepoli che egli è oggi « il » Profeta e che bisogna ascoltarlo « sotto pena di essere sterminato di tra il popolo » (cfr. At 3, 23; Lv 23, 29): da lui dipende la salvezza, quella vita eterna che egli ha promesso a chiunqueporti la propria croce al seguito di Cristo. I discepoli debbono dunque aver fiducia in questo Gesú di Nazaret che vive con loro e di cui ogni giorno ascoltano gli insegnamenti. Lo scopo del racconto riassume e fonda su una manifestazione divina il senso che abbiamo visto scaturire dal contesto. Dio stesso proclama ai tre rappresentanti dei discepoli che Gesú, il suo Figlio diletto, l'Eletto, il Servitore in cui si compiace, è il Profeta che debbono ascoltare e di cui debbono mettere in praticale parole. Occorre aprirsi alle prospettive sconcertanti dell'insegnamento che egli ha « cominciato » (Mt 16,21; Mc 8, 31); occorre impegnarsi seguendolo sulla via della gloria attraverso la croce. Questa rivelazione, dato comune della tradizione sinottica, è messa in rilievo da ciascun redattore alla sua maniera: E sentendo [la voce dalla nube]i discepoli caddero bocconi con la faccia a terra e furono presi da grande paura. E Gesú si avvicinò, e, toccandoli, disse: Alzatevi, e non temete!. E levando gli occhi,non videro nessun altro se non il solo Gesú.

Mc 9
5 E Pietro: ...Faremo tre tende
6 perché non sapeva che dire, tanto erano spaventati.

Lc 9
... venne una nube,e li avvolse nella sua ombraE subito,volgendo attorno lo sguardo, non videro piú nessuno, se non il solo Gesú con loro.
e furono presi da paura quando entrarono nella nube.
E dopo che la voce si fece sentire Gesú rimase solo.

Due elementi sono comuni alle recensioni: la paura dei discepoli, la presenza del solo Gesú quando la visione ebbe fine. Davanti a Dio che lo visita, l'uomo è preso dal timore. Questo terrore sacro è introdotto nei i racconti in modi diversi. Luca associa il timore al momento in cui la nube ricopre i discepoli. Marco sembra voler spiegare, con la sua riflessione, il carattere incongruo della frase di Pietro. Matteo esplicita il senso di tale timore: riflesso religioso dell'uomo in presenza del sacro, esso s'impadronisce dei discepoli nel momento in cui odono la voce celeste, la quale dà il suo vero significato all'avvenimento e li obbliga all'obbedienza. Ma se Dio parla, non è per annientarli a terra nella prostrazione dell'uomo che, avendo visto Dio, si sente colpito a morte (Is. 6, 5). Nel racconto della teofania al fiume Kebar, è la voce stessa di Dio che strappa Ezechiele alla posizione dell'uomo folgorato dal divino: « ...tale era la visione dell'immagine della gloria di Jahvè,vidi e caddi prostrato a terra; quindi udii una voce che parlava. Mi disse: Figlio dell'uomo, in 28-2, 1). Nel racconto di Matteo, è Gesú stesso che opera la risurrezione simbolica dei tre discepoli prostrati, come morti. Sovrano della morte, egli si avvicina li tocca ed è la sua che ordina di alzarsi. Gesto ieratico di cui Matteo ama sottolineare il valore simbolico: col semplice tocco della mano, Gesú strappa l'uomo all'impero del demonio ed alla potenza della morte, per consacrarlo al servizio del Signore. Se non bisogna temere non è perché ci si deve abituare alla Parola di Dio e considerarla alla stregua degli avvenimenti di questo mondo; essa rimane sempre folgorante per colui che la ode; ma è perché Gesú è qui, solo vicino e familiare malgrado la sua gloria. L’ intero racconto converge su questa sua presenza.



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