Cattedrale Ferrara, 8 marzo 1998
La volta scorsa abbiamo detto due cose, fondamentalmente.
La prima: la quaresima è il tempo nel quale Cristo vuole rivivere in noi il mistero della sua tentazione e della sua vittoria. La seconda: rivivere il mistero significa convertirci, cioè compiere come una sorta di “viaggio di ritorno” dalla condizione di errore e male in cui ci siamo cacciati alla verità e bontà del nostro essere in Cristo.
Iniziamo la seconda tappa del nostro cammino penitenziale. La parola di Dio oggi ci introduce in una nuova dimensione della nostra partecipazione al mistero di Cristo, rivivere il mistero di Cristo, negativamente significa (come abbiamo già detto) rinnegare il nostro “se stessi” falsificato, positivamente significa essere trasfigurati in Cristo e come Cristo. Oggi la parola di Dio ci rivela il mistero della trasfigurazione di Cristo e della nostra trasfigurazione.
1. La trasfigurazione di Cristo. Accade qualcosa di straordinario in Gesù stesso. Ancora molti anni dopo, Pietro, uno dei tre testimoni, ne parlerà con commozione, scrivendo ai suoi fedeli (cfr. 2Pt 1,17). La gloria dell’Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità, era stata come velata, nascosta nel mistero della sua incarnazione. Egli infatti non considerò come un tesoro da custodire gelosamente la sua condizione di uguaglianza al Padre, ma umiliò se stesso.
Nella trasfigurazione, quella gloria investe con tutta la sua forza l’umile umanità di Cristo e la rende piena dello splendore della sua divinità. In particolare Luca, unico fra gli evangelisti, dice che questa pienezza di splendore avviene nel volto di Cristo. Il volto è la persona: nel volto ed attraverso il volto la persona dice, esprime se stessa. Il volto trasfigurato di Cristo è la sua divina persona che si manifesta splendidamente in un volto umano. Questo è il mistero della trasfigurazione. Vorrei ora richiamare la vostra attenzione su alcuni particolari.
Luca, come sempre, sottolinea che la trasfigurazione di Gesù avviene “mentre pregava”. E’ nell’incontro col Padre, quale si ha nella preghiera, che il suo volto di trasfigura: viene illuminato. La preghiera trasfigura il volto di Cristo, poiché lo introduce nella gloria del Padre.
Ed infatti, questo ingresso nella gloria del Padre viene manifestato attraverso un simbolo: “venne una nube e li avvolse”. La nube nella S. Scrittura era il segno visibile che la gloria di Dio era scesa in mezzo al suo popolo e così ora può essere svelata interamente l’identità di Cristo: “questi è il Figlio mio l’eletto”.
Ecco questo è il mistero della trasfigurazione del Signore. Essa in realtà anticipa per un istante il mistero della sua Risurrezione. Ciò che Gesù trasfigurato è stato per qualche momento, Gesù Risorto ora è per sempre: è il definitivo ingresso della sua umanità umile e distrutta dalla sofferenza e dalla morte nella stessa gloriosa vita eterna della S. Trinità. Luca ci svela il contenuto della conversazione che Mosè ed Elia tennero con Gesù: essi “parlavano del suo esodo che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme”. Non è detto la sua morte semplicemente. E’ il suo esodo, cioè il suo passaggio da questo mondo al Padre, non in senso locale, ma di condizione di vita: passa dalla nostra condizione alla condizione in cui la sua umanità è pienamente divinizzata.
Come è possibile questo? L’apostolo Paolo ci insegna nella seconda lettura che la nostra trasfigurazione in Cristo è possibile “in virtù del potere che ha di sottomettere a sé tutte le cose”. Il Cristo esercita in ciascuno di noi il potere che Egli possiede, di configurarci a Sé inviando in noi il suo Santo Spirito. E’ Questi la forza intima che abitando in noi ci vuole trasfigurare in Cristo.
E’ necessaria la nostra corrispondenza, il consenso della nostra libertà all’azione trasfigurante. L’apostolo parla di sottomissione di tutto, suggerendo così che il nostro consenso all’azione dello Spirito implica anche una violenza fatta contro quel falso io che abbiamo acquisito col nostro peccato.
E’ questo il cammino quaresimale: lasciamoci guidare dallo Spirito Santo, allontanandoci da tutto ciò che ci impedisce di essere pienamente trasfigurati in Cristo.
SECONDA DOMENICA DI QUARESIMA
Assemblea ACI
Seminario, 20 febbraio 2005
La Chiesa ci conduce con sapiente pedagogia verso la celebrazione del mistero pasquale. Domenica scorsa ci ha mostrato Cristo tentato per noi nel deserto, perché con Lui ed in Lui, iniziando il cammino quaresimale, affrontiamo vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male. Oggi la Chiesa nella celebrazione del mistero della Trasfigurazione del Signore, ci mostra la meta a cui è orientato il nostro cammino penitenziale. Colla Trasfigurazione infatti "veniva dato fondamento alla speranza della santa Chiesa, in modo che l’intero corpo di Cristo potesse conoscere quale trasformazione gli sarebbe stata donata, e le membra potessero rendersi sicure di aver parte a quella bellezza che aveva rifulso nel capo" [S. Leone M., Sermone 38,3.4].
1. "Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte".
È l’azione di Cristo all’origine della decisiva esperienza che i discepoli stanno facendo. Un’azione che consiste nel "prendere con sé" l’uomo e nel "condurlo in disparte su un alto monte". Si istituisce su iniziativa del Cristo un rapporto colla sua persona mediante la fede; essa rende l’uomo obbediente alla guida di Cristo che lo conduce in disparte, poiché l’obbedienza della fede pone il discepolo contro il mondo; viene condotto su un alto monte: verso un’esperienza di incontro col Mistero che leva l’uomo sopra tutto ciò che è caduco e corruttibile. "Se dunque" scrive Origene "uno di noi vuole che Gesù lo prenda con sé, lo porti su un alto monte e lo renda degno di contemplare in disparte la sua trasfigurazione … che non ami più il mondo e ciò che è in esso [cfr. 1Gv 2,15], non concepisca più alcuna brama mondana … e abbandoni tutto quello che per natura circuisce e attira l’anima lontano dalle realtà più nobili e divine. La fa decadere e aderire all’inganno di questo mondo" [Commento al Vangelo di Matteo/1, CN ed., Roma 1998, pag. 351].
2. "E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la neve". Sono queste parole che descrivono il mistero che oggi celebriamo: che è dato di celebrare in verità e non solo nel rito, e a cui è dato di partecipare solo a coloro che Gesù prende con sé, li conduce in disparte su un alto monte. Che cosa è accaduto a Gesù? Che cosa accade a noi?
La Trasfigurazione rende visibile non la divinità del Verbo in se stessa: è impossibile all’uomo. Rende visibile quello splendore regale che è proprio della natura umana assunta dal Verbo. Di questo splendore essa prenderà possesso definitivo nella Risurrezione; nella Trasfigurazione viene momentaneamente anticipato. Ai tre discepoli è dato di contemplare il "grande sacramento", Gesù Cristo Signore. Egli è il "grande sacramento" non solo nel senso che opera la salvezza, ma perché in primo luogo è lo splendore del Padre nella nostra umanità.
Che cosa accade al discepolo che contempla questo mistero? Lo dice l’apostolo nella seconda lettura: la grazia che ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, viene ora rivelata e conferita con l’apparizione del salvatore nostro Gesù Cristo. È la grazia della nostra vittoria sulla morte, perché essa consiste nella partecipazione alla stessa vita di Dio. "E noi tutti" ci insegna l’Apostolo "a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore" [2Cor 3,18]. La nostra trasfigurazione, cioè la nostra divinizzazione, è il riflesso e la partecipazione della trasfigurazione del Signore: tutta l’umanità di ogni persona umana è ora assoggettata alla gloria del corpo di Cristo.
Giosuè ha pregato che il sole non tramontasse per poter sconfiggere tutti i nemici di Israele. Il sole di giustizia, Cristo trasfigurato-risorto, non si affretta a tramontare: è nella sua Chiesa fino alla fine del mondo, perché possiamo trionfare su tutti i nemici che insidiano la nostra destinazione a Cristo. Dobbiamo lasciarci illuminare: "ascoltatelo". Ascoltare significa fare spazio alla sua presenza nella nostra vita, senza residui; significa seguire, obbedire, fare come Lui dice, vuole ed opera.
3. Carissimi, non pensate che l’atto che siete chiamati oggi a compiere sia estraneo del tutto al grande mistero che celebriamo. Sono le guide del vostro cammino che voi eleggerete. Il vostro cammino di AC è indicazione di come vivere in Cristo, di come trasfigurare voi e il mondo in cui vivete, nella gloria del Signore, nel suo Regno.
A voi questo è possibile perché siete nella Chiesa. La Chiesa è il mondo trasfigurato in Cristo e nello stesso tempo lo strumento di questa trasfigurazione. Sarete tanto più efficaci quanto più sarete viventi in essa.
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