Le tradizione haggadiche
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I nostri maestri hanno detto: I pastori di Abhimelech litigarono con i pastori di Abramo; gli uni dicevano: il pozzo è nostro» e gli altri dicevano:
Qui la salita delle acque gioca il ruolo di un arbitraggio divino. per indicare illegittimo proprietario del pozzo. Essa annuncia anche il prodigio che si compirà in seguito. dopo l'uscita dall'Egitto. a favore di Israele. quando Dio darà miracolosamente l'acqua per dissetare Israele nel deserto. Collegando il racconto della Genesi e quelli dell’Esodo. il midrash vuole sottolineare la solidarietà che unisce Abramo alla sua discendenza: il miracolo compiuto a favore di Abramo si riprodurrà a favore dei suoi figli. L'avventura di Abramo costituisce un segno e un pegno per i suoi discendenti: Riguardo a questo testo, sottolineiamo infine la tendenza del midrash a fondere le varie tradizioni sul dono dell'acqua per permettere loro di arricchirsi vicendevolmente. Lo stesso prodigio si ripete per Rebecca. quando scende a riempire la sua brocca per dissetare rinviato di Abramo:
«Ella scese verso la sorgente e riempì...». Tutte le donne scendono e riempiono [la loro brocca) alla fonte e questa quando le acque la videro, salirono immediatamente. Il Santo benedetto egli sia le disse: «Tu hai dato un segno ai tuoi figli: come tu quando le acque li hanno vista sono subito salite. così i tuoi figli quando il pozzo li vedrai. salire subito. come è scritto: "Sali pozzo! Cantatelo"» (Nm 2 Ll7).
Nulla nel commento permette di comprendere su quale elemento del testo si basa questa haggadah, e ciò rende ancor più evidente la volontà di collegare con i racconti dell’Esodo un episodio riguardante un pozzo. Dobbiamo soffermarci più a lungo sulle versioni di questa tradizione relative al patriarca Giacobbe. Il numero e la varietà di queste versioni - mentre i testi appena citati non hanno paralleli nelle fonti - indicano l'importanza che vi accorda la tradizione ebraica antica e inducono a considerarle più antiche di quelle che riguardano Abramo e Rebecca. pur non potendolo affermare con certezza. Queste tradizioni haggadiche si riferiscono tutte al passo della Genesi nel quale Giacobbe rotola la pietra dalla bocca del pozzo per permettere a Rachele di attingere acqua (Gen 29.10):
Cinque prodigi sono stati compiuti per il nostro padre Giacobbe al tempo in cui lasciò Bersabea per andare a Carran: Il Ouarto prodigio: la pietra che tutti i pastori riuniti per l'aria rotolare dalla bocca del pozzo non erano riusciti a [smuovere], quando giunse il nostro padre Giacobbe, la sollevò con una sola mano e dissetò il gregge di Labano, fratello di sua madre. Quinto prodigio: quando nostro padre Giacobbe ebbe sollevata la pietra dalla bocca del pozzo. il pozzo cominciò a traboccare e san in sua presenza e continuò a traboccare per vent'anni, per tutto il tempo che rimase a Carran.
Questi vent'anni. come sottolinea esplicitamente il targum. corrispondono alla durata della permanenza di Giacobbe a Carran. I targum ci descrivono la delusione dei pastori di Labano al vedere che al termine di quei vent'anni il pozzo non dava più acqua traendone da loro stessi la conclusione che Giacobbe era fuggito.
Egli fuggì quindi con tutto ciò che aveva. Si alzò, passò il fiume e si diresse verso la montagna di Galaad. Ora avvenne che quando i pastori di Libano si recarono al pozzo per fare bere il loro bestiame minuto. non lo poterono. Attesero due, tre giorni. sperando che il pozzo sarebbe traboccato: ma non traboccò. Il terzo giorno si andò a riferire a Labano che Giacobbe era fuggito.
Da parte sua lo Pseudo-Gionata precisa che questo prodigioso traboccare delle acque del pozzo dipendeva direttamente dalla presenza di Giacobbe
[ ... ] lo si riferì a Labano, il terzo giorno. ed egli comprese che Giacobbe era fuggito, perché era per merito suo che [il pozzo] era traboccato per vent'anni.
Infine. prima di passare al Nuovo Testamento, segnaliamo che la stessa tradizione viene associata anche a Mosè. quando si trova presso il pozzo a Madian e difende le figlie di Ietro molestate dai pastori:
finché Mosè restò vicino alla bocca del pozzo, l'acqua continuò a salire e a scorrere: quando si ritrasse. l'acqua scese sul fondo.
Anche se la fonte che riferisce questo racconto è molto probabilmente antica, è evidente che l'applicazione di questa tradizione a Mosè è dovuta alla somiglianza fra la sua situazione e quella di Giacobbe: presenza presso un pozzo: aiuto dato dall'eroe a donne in presenza di pastori. Essa è dovuta anche alla tendenza dei racconti haggadici a fondere o riunire i vari passi relativi al dono dell'acqua, per vedervi le espressioni multiformi di uno stesso prodigio. Il fatto che l'acqua salga in presenza di Mosè annuncia già il suo sgorgare prodigioso nel deserto per dissetare il popolo di Israele. D'altra parte. certe tradizioni affermano che il pozzo che accompagnava Israele durante l'Esodo era quello che avevano scavato i patriarchi o anche quello che era stato creato all'origine del mondo.
Gesù e il pozzo di Giacobbe
L'accostamento fra queste tradizioni. soprattutto quella che riguarda il patriarca Giacobhe, e l'incontro di Gesù con la samaritana descritto nel Vangelo di Giovanni (Gv 4.1 1-12) si impone da sé, come hanno, del resto, sottolineato vari commentatori. A Gesù che le propone l'acqua viva la samaritana risponde, non senza una certa ironia:
Signore, tu non hai neppure un secchio e il pozzo è profondo: da dove hai quindi quest'acqua viva?
Saresti più grande del nostro padre Giacobbe che ci ha dato il pozzo e che vi ha bevuto lui stesso come i suoi figli e il suo bestiame?
In realtà, il fatto che Gesù possa attingere l'acqua al pozzo senza alcuno strumento induce spontaneamente a pensare a Giacobbe, davanti al quale le acque erano miracolosamente salite. Aggiungiamo che la scena presenta un punto comune non privo di importanza con quelle che abbiamo appena analizzato: l'incontro di un uomo e di una donna presso un pozzo.
Ma, osservando più attentamente, le cose sono meno semplici di quanto possa sembrare a prima vista: il miracolo dell'acqua raccontato dal targum riguarda il pozzo di Carran e non quello di Sicari e, nel racconto di Gen 29, non si dice che lo stesso Giacobbe bevve l'acqua del pozzo, «come i suoi figli e le sue bestie», ma che permise a Rachele di abbeverare le greggi di Labano. Comunque si può ragionevolmente ritenere o che la presenza dei due interlocutori presso un pozzo scavato da Giacobbe abbia condotto naturalmente all'evocazione della scena di Carran o anche che le haggador abbiano associato le tradizioni relative al pozzo di Carran con quello di Sicar, secondo il classico procedimento della fusione delle tradizioni, di cui abbiamo già parlato.
In questo contesto, la domanda della samaritana assume tutto il suo significato: per attingere acqua senza corda e senza secchio bisognerebbe essere Giacobbe.
A rigor di termini. per farlo basterebbe essere come Giacobbe - o come Abramo, Rebecca o Mosè - se le tradizioni relative a questi personaggi esistevano già al tempo della redazione del quarto Vangelo. La domanda che l'evangelista mette in bocca alla donna (“saresti più grande del nostro padre Giacobbe?”) prepara già la risposta di Gesù, il quale afferma, indirettamente, la sua superiorità su Giacobbe: l'acqua che egli darà diventerà «una sorgente zampillante in vita eterna» (4.14). Si puù vedere qui un'allusione alla durata limitata del prodigio compiuto a causa di Giacobbe: allora le acque erano traboccate solo per vent'anni e il miracolo era cessato quando il patriarca aveva lasciato Carran. L'acqua promessa al credente - il seguito del Vangelo ci dirà che si tratta dello Spirito Santo - invece di smettere di scorrere alla partenza di Gesù, verrà data in abbondanza, e in modo irreversibile, quando sarà glorificato.
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