Giovanni Paolo II, Omelia sulla Trasfigurazione







1. “Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti” (Mt 17, 9).

Nella liturgia della seconda domenica di Quaresima ascoltiamo le parole rivolte da Gesù ai tre apostoli, mentre discendevano dal monte della Trasfigurazione. I tre erano: Pietro, Giacomo e Giovanni. Gesù li aveva fatti testimoni della visione, cioè della “teofania” che ebbe luogo su questo monte conosciuto come il monte Tabor.

Il fatto che la Chiesa, ogni anno, ci ricorda la trasfigurazione del Signore nella liturgia quaresimale, proprio nella seconda domenica, ci indica che la Quaresima è una preparazione al mistero pasquale nella sua piena dimensione. Non soltanto alla passione, ma anche alla risurrezione di Cristo.

In sostanza la teofania della trasfigurazione del Signore sul monte Tabor prepara gli apostoli alla croce sul Golgota nella prospettiva della Risurrezione. Cristo chiede di conservare il segreto sul tema dell’avvenimento del monte Tabor, “finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti”.

2. La liturgia odierna ci consente non soltanto di rileggere quest’avvenimento straordinario nel suo svolgimento, ma ci fa risalire anche all’inizio della via per la quale il Dio dell’alleanza conduce il suo popolo al mistero pasquale di Cristo. Infatti questo mistero è, su tale via, l’apice e l’adempimento di tutti i preannunzi e promesse di Dio.

Quindi oggi meditiamo non soltanto sulla teofania della Trasfigurazione in cui appaiono agli occhi degli apostoli Mosè ed Elia che parlano con Cristo, ma anche sulla figura di Abramo, presentato nella prima lettura del Libro della Genesi.

Dio gli dice: “Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò” (Gen 12, 1). E Abramo si mette in cammino, dando così inizio al pellegrinaggio nella fede, al quale partecipa l’intero Popolo dì Dio. Infatti Dio dice: “Farò di te un grande popolo- e diventerai una benedizione”. Anzi: “In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra” (Gen 12, 2-3).

L’apice di questa benedizione è proprio Cristo: il suo mistero pasquale.

3. Egli, infatti, è “il Figlio prediletto” di Dio. Nella teofania, che ebbe luogo sul monte della Trasfigurazione, si ripetono le stesse parole che sono state pronunciate in occasione del battesimo di Gesù nel Giordano, all’inizio della sua attività messianica in Israele.

“Questo è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo” (Mt 17, 5).

La voce da una nube, le parole pronunciate dal Padre, sembrano, in questo momento, particolarmente necessarie. Poiché si avvicina l’ora decisiva in cui questo Figlio sarà schernito, flagellato e crocifisso. I più vicini, perfino gli apostoli, subiranno una pesante prova. Potranno perfino perdere la speranza in Cristo. La voce dalla nube, se da una parte riconferma la verità sul Figlio prediletto, dall’altra sembra mettere sull’avviso, come se preannunzi il momento, in cui questa “predilezione” del Padre sarà confermata dalla risurrezione.

Già ora - agli occhi dei tre apostoli - Gesù è trasfigurato. “Il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce” (Mt 17, 2). Similmente trasfigurato tornerà agli apostoli dopo la risurrezione.

Per questo la “visione” - la teofania del monte Tabor - soltanto allora diventerà pienamente comprensibile: “Non parlate a nessuno- finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti” (Mt 17, 9).

4. “Ascoltatelo”.

Un tale appello è contenuto nella “voce dalla nube”. Nella Seconda Lettera a Timoteo, san Paolo sembra fare riferimento a quest’appello.

Dio “infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa- secondo- la sua grazia: grazia che ci è stata data in Cristo Gesù” (2 Tm 1, 9).

La Trasfigurazione sul monte non è forse una rivelazione di tale grazia? Essa, scrive l’Apostolo, è stata data in Cristo “fin dalla eternità, ma è stata rivelata solo ora con l’apparizione del Salvatore nostro- Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’immortalità per mezzo del Vangelo” (2 Tm 1, 10).

Questa luce del Vangelo è in tutto ciò che Gesù “fece e insegnò” (cf. At 1, 1) - ma, in modo pieno e definitivo è negli avvenimenti pasquali della croce e della Risurrezione. Quando Cristo “ha vinto la morte” ha anche “fatto risplendere la vita e l’immortalità” in tutta la pienezza della sua missione. In tutta la pienezza della verità salvifica data da Dio all’umanità.

La Trasfigurazione costituisce come una tappa speciale sulla via che conduce a questa pienezza. Un suo particolare pregustamento.

Nessun commento: