Giovanni Paolo II. Omelia nella III domenica di Quaresima anno A

VISITA PASTORALE ALLA PARROCCHIA ROMANA DI
SAN GIUSEPPE DA COPERTINO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 22 marzo 1987

All’umanità in cammino Gesù porta lo Spirito di Verità sorgente di vita eterna Durante la S. Messa il Santo Padre rivolge ai partecipanti la seguente omelia. 1. “Da dove hai . . . quest’acqua viva?” (Gv 4, 11). La Quaresima della Chiesa fa riferimento anche al cammino di quarant’anni di Israele verso la terra promessa dopo la liberazione dalla schiavitù d’Egitto. Questo fu il cammino attraverso il deserto. Quando venne a mancare l’acqua, i figli di Israele mormorarono contro Mosè: “Perché ci hai fatti uscire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?” (Es 17, 3).

Leggiamo nel Libro dell’Esodo che allora, per ordine del Signore, Mosè fece uscire l’acqua dalla roccia, battendola con lo stesso bastone con cui, una volta, in Egitto aveva percosso il Nilo (cf. Es 17, 5-6).

A motivo di tutto ciò quel luogo rimase nella memoria di Mosè come il luogo, in cui Israele aveva mancato di fedeltà al suo Dio. “Misero alla prova il Signore, dicendo: “Il Signore è in mezzo a noi, si o no?”” (Es 17, 7). “Si chiamò quel luogo Massa e Meriba” (Es 17, 7).

Anche il salmo dell’odierna liturgia fa riferimento a questo avvenimento.

2. Il Vangelo secondo san Giovanni ci conduce in un altro luogo. Gesù “giunse . . . ad una città della Samaria chiamata Sicàr . . . qui c’era il pozzo di Giacobbe” (Gv 4, 5-6).

Gesù ha sete, così come una volta ebbe sete Israele durante il cammino nel deserto, e si rivolge a una donna venuta da Samaria per attingere acqua. Dice ad essa: “Dammi da bere”.

La Samaritana si stupisce che egli chieda a lei l’acqua, dato che “i Giudei . . . non mantengono buone relazioni con i Samaritani” (cf. Gv 4, 5-9).

3. Da quel momento, in un certo senso, si invertono i ruoli.

Gesù, che aveva chiesto l’acqua del pozzo di Giacobbe per togliersi la sete, incomincia a palare alla Samaritana, come colui che possiede l’acqua viva, capace di togliere la sete più profonda dell’uomo.

La Samaritana si meraviglia. Non capisce. Continua a pensare a quest’acqua, che è venuta ad attingere al pozzo. Questo pozzo risale ai tempi del patriarca Giacobbe, “ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge” (cf. Gv 4, 10-12). Ritorniamo quindi a tempi ancora più lontani di quelli di cui parla il Libro dell’Esodo. Durante tutte le generazioni l’acqua è servita a togliere la sete del corpo. Di quale acqua parla l’Interlocutore sconosciuto? Dell’acqua viva!

Gesù dunque spiega alla Samaritana: “Chiunque beve di questa acqua (l’acqua di questo pozzo) avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4, 13-14).

4. Così ci troviamo in un punto fondamentale ed essenziale per il nostro pellegrinaggio sulla via della Quaresima. Infatti questo periodo deve indirizzarci in modo particolare verso la vita eterna. Questa è la definitiva terra promessa all’uomo da Dio.

Perciò ascoltiamo con la massima attenzione le parole di Gesù sulla “sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”.

Sappiamo già che si tratta di una metafora, di un grande simbolo. Sappiamo che l’acqua serve a togliere la sete fisica dell’uomo, particolarmente durante il caldo.

E l’acqua della vita eterna? Che cosa è quest’acqua?

5. Dall’ulteriore corso degli avvenimenti di cui parla l’odierno Vangelo ricaviamo la conclusione che quest’“acqua” significa la verità. In primo luogo la verità della coscienza. E nello stesso tempo la verità dell’essere in intimità con Dio.

Ecco, infatti, Gesù parlando con la Samaritana ridesta la sua coscienza. Come è significativo questo scambio di parole: “Va’ a chiamare tuo marito”. “Non ho marito”. “Hai detto bene “non ho marito”; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero” (Gv 4, 16-18).

Quindi - la verità della coscienza. La coscienza è nell’uomo la “sorgente dell’acqua”, e indica la via verso la vita eterna. Indica infatti Dio, al cui sguardo sono palesi tutte le vicende dell’uomo, nascoste nella sua coscienza.

6. Egli è infatti il Dio che deve essere adorato “in spirito e verità”. “Il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità” (Gv 4, 23-24).

Così, ecco - sulla via lungo la quale da molte generazioni, attraverso Giacobbe e Mosè, pellegrina il Popolo di Dio, ha messo piede il Messia.

La Samaritana replica: “So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà ci annunzierà ogni cosa”. Le dice Gesù: “Sono io, che ti parlo” (Gv 4, 25-26).

Sulla via lungo la quale attraverso i secoli pellegrina l’umanità, ha messo piede Cristo. Egli rivela nella sua persona la “sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”. Egli dà quest’acqua. Lui stesso è questa sorgente. Poiché porta all’umanità lo Spirito di verità, che il Padre “manderà nel suo nome” (cf. Gv 14, 26). Lui stesso lo “dà” ai suoi apostoli nel giorno della risurrezione e poi nel giorno della Pentecoste.

7. Siamo una comunità della Chiesa che è a Roma. Oggi, in occasione della visita del suo Vescovo, questa comunità - così come tutta la Chiesa - si riunisce attorno a Cristo. Questo avviene nell’attuale fase del pellegrinaggio del Popolo di Dio. La liturgia ricorda le fasi anteriori, in cui Dio dissetava Israele durante il suo cammino nel deserto. E questa è una figura e un pregustamento di quanto è contenuto nel colloquio di Gesù con la Samaritana.

Dio, che il Figlio ci ha fatto conoscere come Padre, vuole trovare in noi tali adoratori, che lo adorino in spirito e verità.

Lo siamo?

Viviamo in conformità con la verità interiore delle nostre coscienze?

Cooperiamo con il pensiero, il cuore e la volontà con lo Spirito di verità, che ci è stato dato come sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna?

Viviamo e operiamo nella prospettiva della vita eterna, mostrataci da Cristo?

8. Quando rispondiamo affermativamente a tali domande diveniamo testimoni che l’esistenza redenta va verso la felicità piena, la quale sgorga dalla sorgente senza principio della vita, in un pellegrinaggio di carità e di obbedienza.

L’esistenza del Popolo di Dio è, in effetti, una risposta di amore, di carità, alla verità del Vangelo; ed è un cammino di obbedienza, seguendo Gesù sulla via della povertà e dell’offerta di sé, perché l’umanità intera sia salvata e tutto il mondo venga rinnovato.

Nella consapevole realtà di questo comune percorso, saluto il signor Cardinale Vicario e Monsignor Clemente Riva, Vescovo Ausiliare del Settore, nonché il parroco, padre Lorenzo Gottardello, OFM Conv. Mi è gradito rivolgere la mia parola anche ai vice parroci ed alle religiose dei due istituti, presenti nell’ambito del territorio di questa comunità ecclesiale di san Giuseppe da Copertino: le Figlie della Divina Provvidenza e le Suore Gerardine. Ringrazio ciascuno e ciascuna di voi per la condivisione delle gioie e delle fatiche, delle ansie e delle aspirazioni di quanti vi sono affidati.

Desidero salutare pure voi, laici impegnati nel consiglio pastorale e nei molteplici gruppi, nei quali partecipate in modo responsabile alla vita della parrocchia. Sono a conoscenza che molti fra voi si dedicano a varie forme di volontariato tra i malati, i disabili, gli anziani ed i poveri, oppure prestate la vostra collaborazione nella catechesi, svolta secondo le diverse età: dai piccoli agli adulti. Carissimi, perseverate nella disponibilità a contribuire all’edificazione della parrocchia come comunità di amore e di servizio: segno di Cristo nel quartiere.

So che in questa parrocchia abitano ben seicento famiglie di ufficiali, sottufficiali e soldati che lavorano nella vicina città militare. Le saluto molto cordialmente. In questo momento desidero anche ricordare la terribile uccisione del compianto Generale Licio Giorgieri. Preghiamo per il suo suffragio. Benedico i suoi familiari immersi nel dolore.

9. Siano, infine, le mie parole di saluto per tutti voi, fratelli e sorelle, qui convenuti per l’odierna celebrazione eucaristica. Mi è caro assicurare che prego il Signore per voi e per le vostre famiglie, perché siano comunità sempre aperte e scuole di autentica umanità. Raccomando all’Onnipotente le vostre intenzioni e, in particolare, le sofferenze, affinché cambi l’afflizione attuale nella gioia che nessuno può togliere.

Attingete dalla familiarità con Cristo la certezza che il Padre benedice i suoi figli, ai quali manda lo Spirito per guidarli al destino eterno, da sempre scelto per loro. Trattenete in voi la sua parola di verità, che libera da ogni menzogna e fa giungere alla sapienza del cuore.

Questo tempo quaresimale sia, poi, un’energica ripresa della conversione a Cristo, fondata sulla riflessione e la preghiera, per conoscere la volontà divina, sulle opere di penitenza e sui sacramenti, per purificarsi ed incorporarsi sempre più al Redentore. Uniti a lui, formerete un’ostia gradita da presentare al Padre quale offerta di lode, di intercessione e di riconciliazione, che unisce tutte le creature nell’inno in cui il Figlio manifesta la gloria del Padre.

10. Scrive san Paolo, e la Chiesa, nella terza domenica di Quaresima, indirizza le sue parole a noi tutti: “Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5, 8).

Questa è la sorgente della nostra speranza.

L’Apostolo scrive:

“La speranza . . . non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5, 5).

Il nostro odierno incontro quaresimale vivifichi questa speranza.

Non permettiamo che nei nostri cuori venga meno la sorgente dell’acqua viva - la sorgente che zampilla per la vita eterna.

Non rattristiamo lo Spirito Santo (cf. Ef 4, 30).

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