Non maledirmi come il fico,
Anche se sono uguale all'albero sterile,
Per timore che il fogliame della fede
Venga essiccato con il frutto delle mie opere.
Ma fissami nel bene,
Come il tralcio sulla santa Vite,
Di cui si prende cura il tuo Padre celeste
E che, con la crescita, fa fruttificare lo Spirito.
E l'albero che io sono, sterile di frutti gustosi,
Ma fecondo di frutti amari,
Non sradicarlo dalla tua vigna,
Ma cambialo, scavando nel letame.
San Nersès Snorhali, patriarca armeno 1102-1173
Anche se sono uguale all'albero sterile,
Per timore che il fogliame della fede
Venga essiccato con il frutto delle mie opere.
Ma fissami nel bene,
Come il tralcio sulla santa Vite,
Di cui si prende cura il tuo Padre celeste
E che, con la crescita, fa fruttificare lo Spirito.
E l'albero che io sono, sterile di frutti gustosi,
Ma fecondo di frutti amari,
Non sradicarlo dalla tua vigna,
Ma cambialo, scavando nel letame.
San Nersès Snorhali, patriarca armeno 1102-1173
Dal Vangelo secondo Luca 13,1-9.
Il commento
La sapienza consiste nel saper contare i propri giorni, ciascuno come un «kairos», un momento favorevole per «convertirsi». Come «questo preciso momento» in cui le notizie dal fronte della storia ci annunciano terremoti e crisi finanziarie nel mondo, gelosie, invidie e divisioni nei cuori. È vero, la «creazione geme e soffre» a causa del peccato, ma non è impazzita. La cronaca registra il dolore, ma è quello delle «doglie» che annunciano la vita per la quale Dio ha plasmato ogni cosa. Essa risplende come una primizia nei Figli di Dio «piantati» nella vigna del Signore. Nel seno della Chiesa, come pazienti «vignaioli», pastori e catechisti li hanno curati con «zappa» e «concime», la Parola che dissoda con la Verità, e i sacramenti che nutrono del Mistero Pasquale di Gesù. Una storia d’amore che ha accolto anche noi nel seno di una terra di misericordia e tenerezza, grazie e segni, correzioni e consolazioni. Il «terreno» fecondato dal seme benedetto del corpo del Signore, nel quale siamo stati chiamati a crescere e risuscitare con Lui, per presentare al mondo i «frutti» maturi della fede adulta, le opere che annunciano in noi la sua vittoria sulla morte.
Il mondo ha bisogno dei nostri «frutti», é questione di vita o di morte. Accanto a noi qualcuno sta per abortire, divorziare, gettare al vento la propria dignità. Le persone più care «soffrono e gemono» brancolando nel buio; troveranno oggi in noi il discernimento, la Parola di Verità, l’amore di cui hanno diritto? Forse no. Forse, come quei giudei, «abbiamo mangiato e ci siamo saziati» dei segni con i quali il Signore ha «moltiplicato» la nostra povera vita e abbiamo cominciato a «sfruttare» per noi stessi «il terreno» del Padrone. Forse ci stiamo approfittando del matrimonio, del ministero, dell’amicizia, di Dio stesso. E l’amore? Che ne abbiamo fatto di tutto l'amore seminato nella nostra vita? «Taglialo» dice il Signore. E’ una scure questa parola, ed è rivolta a noi. Come mai ancora non è giunta sulla nostra vita per portarsela via? Forse siamo migliori del collega morto all’improvviso o della ragazza rapita, violentata e uccisa? O forse Dio è un mostro e fa preferenze e vibra la scure scegliendo chi colpire come in una lotteria? «No, vi dico, ma se non vi convertite», la morte sarà per voi un’ingiustizia senza senso come lo è per il mondo. «No, vi dico, ma se non vi convertite», il mondo resterà senza speranza e ne chiederò conto a voi. «Convertirci» allora è ricordare che c’è un «taglialo» che ci aspetta e meritiamo; è fermo a mezz’aria per la pazienza magnanime di Dio che desidera che tutti si salvino. Per questo ci concede ancora quest’«anno» di misericordia, la vita che abbiamo davanti come un giubileo, per lasciare il peccato e abbandonarci all’opera del «vignaiolo».
APPROFONDIRE
Nessun commento:
Posta un commento