Senza Maria non si è veri discepoli del Signore



Ci si "affida e consacra a Maria" per "affidarsi e consacrarsi" più perfettamente a Gesù; per entrare cioè, secondo una disposizione ‘materna’ di Dio, più profondamente nella consacrazione stessa di Gesù al Padre.


È in quella che viene chiamata "la preghiera sacerdotale" del Signore (Gv 17), in quel momento di sofferenza e insieme di gloria, in quel sopraggiungere dell’ora, che il Gesù di Giovanni parla diconsacrazione. Pregando per i credenti, per i suoi discepoli, egli esclama: "Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; per loro ioconsacro [= rendo santo] me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità" (Gv 17, 17-19).
Dio solo è Santo. Santificare, consacrare, è rendere simile a Dio, a quel Dio di cui l’essere stesso, per San Giovanni, non può esprimersi che in termini di amore. "Io ho fatto conoscere loro il tuo nome (= il tuo nome di Padre!) e glielo farò conoscere ancora, affinché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro" (Gv 17, 26).
Tutta la missione di Gesù consiste nel far passare in noi l’amore del Padre per il Figlio. Quando Gesù, nella sua umanità, nella sua carne (Gv 1, 14)si consacra a Dio, è a questo amore che si affida. Egli dice "sì" al primo amore che solo può spiegare l’avventura umana: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Gv 3, 16).
Consacrarsi a Dio è dunque, per Gesù, acconsentire all’amore di Dio per l’umanità. È in un atto personale di estremo amore che Gesù aderisce all’amore del Padre e si offre a lui: "Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre [= passaggio che è propriamente l’atto di consacrazione], dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv 13, 1).
Non bisognerebbe dimenticare che è anche in quell’ora dell’amore estremo che Gesù, secondo San Giovanni, rende lo Spirito (cfr. Gv 19, 30), la cui funzione sarà di assicurare la presenza dell’amore nei nostri confronti (cfr. Gv 14, 15).
Gesù, nella sua umanità, consacra se stesso, quando il suo amore di Figlio risponde totalmente all’amore del Padre; totalmente, cioè fino all’assimilazione nella gloria, fino alla glorificazione pasquale: "Padre, glorifica tuo Figlio..." (cfr. Gv 17, 1.5). Consegnarsi all’amore, abbandonarsi totalmente all’amore, non essere, per l’umanità e per il mondo, che servo di questo amore: in ciò consiste, per San Giovanni, la consacrazione di Gesù. È, per usare un’espressione della Lettera agli Ebrei, a questo "parossismo dell’amore" che siamo, a nostra volta, invitati ad "accostarci a Dio con cuore sincero, in pienezza di fede" (cfr. Eb 10, 22).


Nozze di Cana: Maria ottiene il miracolo da Gesù e i suoi discepoli credono in lui. – Icona di Cristina Busiri Vici Jatta, Pontificio Collegio Russo (1992).Nozze di Cana: Maria ottiene il miracolo da Gesù e i suoi discepoli credono in lui.
– Icona di Cristina Busiri Vici Jatta, Pontificio Collegio Russo (1992).



Consacrazione del discepolo all’Amore

Infatti, se Gesù si consacra, è perché noi pure siamo consacrati: "Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; e per essi io consacro me stesso, perché siano anch’essiconsacrati nella verità" (Gv 17, 18-19). Consacrati all’amore, inviati per il servizio dell’amore. È la vocazione del discepolo San Giovanni. Il Vangelo giovanneo è in effetti il Vangelo della fede, del dramma della fede.
Ma curiosamente, questo Vangelo drammatico - ed esso solo - è incorniciato fra due scene che presentano la madre di Gesù.
In principio, a Cana, all’inizio del libro dei ‘segni’, tutti orientati alla fede. Alla fine, sul Calvario, nell’ora del grande ‘segno’ della Croce, al vertice dell’amore. Ma tanto nell’uno come nell’altro caso, la madre di Gesù appare in questo Vangelo unicamente al servizio dell’opera del Figlio. Come Gesù era consacrato all’opera amorosa del Padre, Maria è completamente consacrata all’opera del Figlio, che è di fare dei discepoli.
A Cana la "madre di Gesù" non viene per sé. Tutto il racconto è orientato verso la conclusione dell’evangelista: "Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui" (Gv 2, 11).
Ciò che è in gioco in questo brano è la fede dei discepoli, la loro verità stessa di discepoli. Per iniziativa della "madre di Gesù"!
Ma il Vangelo di Giovanni non racconta ‘storie’, non si accontenta di aneddoti. Ciò di cui l’autore si preoccupa è la vita di tutti i lettori che verranno, ed è per questo che scrive il suo libro (cfr. Gv 20, 31). Ciò che narra assume il valore di simbolo, di paradigma per tutti i credenti. Ponendo la "madre di Gesù" nel momento della nascita della fede dei discepoli, egli disegna un’immagine teologica. È un modo per dire che questa presenza materna presiede alla nascita di tutti i credenti.
Ciò che l’evangelista abbozza a Cana, lo completa sul Calvario, con una grande inclusione, procedimento letterario che lascia intendere discretamente come questa presenza materna investa tutta l’avventura di amore del Vangelo.
Al vertice dell’amore, infatti (cfr. Gv 13, 1), "l’ultimo atto di Gesù (totalmente consacrato alla missione ricevuta dal Padre, al compimento, alla realizzazione dell’amore) consiste nell’aprire, in un modo nuovo, il cuore di sua Madre" (Giovanni Paolo II, Omelia a Fatima, 13 maggio 1982).
L’Amore stesso, che muore perché l’uomo possa credere e diventare discepolo - e che è tutto teso a far nascere questo discepolo - dichiara, nell’atto stesso che completa la sua opera: "Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta […], disse alla madre: ‘Donna, ecco il tuo figlio!’ " (cfr. Gv 19, 26.28). In questo ultimo atto col quale il Figlio si consacra al Padre, Gesù affida l’umanità a Maria, non perché ella sia più importante di Dio suo Padre, ma perché ella è, nell’economia, cioè secondo le leggi della "casa di Dio", il cammino della fede, dell’adesione all’Amore.



Pietro Cavallini, Albero di Jesse: Maria Regina dei Profeti, degli Apostoli e dei Santi. – Napoli, Duomo, Cappella Minutolo.
Pietro Cavallini, Albero di Jesse: Maria Regina dei Profeti,
degli Apostoli e dei Santi
. – Napoli, Duomo, Cappella Minutolo.


Non c’è discepolato senza Maria

Per questo, riassumendo la scena con un linguaggio simbolico che risuona attraverso tutto il tempo della Chiesa, l’evangelista aggiunge: "E a partire da quell’ora [= il telos dell’agape!, cfr. Gv 13, 1], il discepolo – simbolo di tutti i credenti – la prese nella sua casa" (Gv 19, 27). ‘Nella sua casa’: locuzione che non designa tanto i suoi beni materiali, la sua casa di pietra, quanto i beni che gli sono propri come discepolo. Il discepolo riceve la "madre di Gesù" nello spazio interiore che costituisce la sua relazione di fede con Gesù.
La "madre di Gesù" diviene, per così dire, l’atmosfera propria del discepolo o, per usare le parole di San Luigi Maria da Montfort, l’ambiente misterioso necessario alla sua vita (cfr. Vera Devozione 265).
Detto in altre parole: non si può essere discepoli di Gesù senza accogliere sua Madre. Se, lo ripetiamo, nell’atto ultimo con il quale il Figlio si consacra al Padre, Gesù affida il discepolo a sua Madre, questo discepolo, a sua volta, assicura la propria qualità di discepolo, entra pienamente nellaconsacrazione del Figlio solo prendendo Maria "in casa sua", solo affidandosi totalmente a Lei.
È così che occorre intendere – crediamo – quello che dice con estrema esattezza, anche se con un linguaggio teologico e non biblico, un autore spirituale come San Luigi Maria di Montfort: "Ne consegue che ci si consacra insieme sia alla Vergine Santissima che a Gesù Cristo; alla Vergine Santissima come al mezzo perfetto che Gesù ha scelto per unirsi a noi e unire noi a sé; e a Nostro Signore come al nostro fine ultimo, al quale noi dobbiamo tutto ciò che siamo, come al nostro Redentore e al nostro Dio" (Vera Devozione 125). Contemporaneamente, con uno stesso movimento.
Non ci si "affida e consacra a Maria", come propone Giovanni Paolo II [= il testo usa sempre le due parole, quasi a precisare la parola consacrazione che, a rigor di termini, si riferirebbe solo a Dio], che per "affidarsi e consacrarsi" più perfettamente a Gesù, per entrare cioè, secondo una disposizione ‘materna’ di Dio, più profondamente nella consacrazione stessa di Gesù al Padre. Non si tratta, dunque di un gesto stravagante, al di fuori della strada cristiana; è un atto col quale ci si mette semplicemente al passo col Vangelo.

Giuseppe Daminelli


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