Festa di tutti i Santi, festa degli uomini riusciti secondo il progetto di Dio. Oggi ci viene detto che l'esperienza cristiana è realtà possibile: molti, moltissimi ce l'hanno fatta. Sant'Agostino andava ripetendosi spesso: "Se questi e queste, .. perché non anch'io?".
Contempliamo con soddisfazione l'opera riuscita di Dio e interessiamoci alle condizioni per poter appartenere anche noi a questa schiera di uomini "beati", fortunati e felici ormai del possesso pieno della VITA.
1) L'OPERA DI DIO, IL SUO REGNO
Un giorno il Signore chiamò Abramo fuori della tenda e gli disse: "Guarda il cielo e conta le stelle se riesci a contarle, e soggiunse: Tale sarà la tua discendenza" (Gen 15,5); "Sarai padre di una moltitudine di popoli" (17,4); "E si diranno benedette in te tutte le famiglie della terra" (12,13). E' l'inizio della Bibbia: Dio sogna di fare di tutti gli uomini un solo popolo, la sua famiglia. E Dio non fallisce. Ecco oggi la contemplazione di Giovanni nell'Apocalisse, l'ultimo libro della Bibbia, di ciò che è l'esito finale dell'opera di Dio, la realizzazione piena di quel suo sogno: "Poi udii il numero di coloro che furono segnati con il suo sigillo: 144 mila.
E dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolte in vesti candide, e portavano palme nelle mani. E gridavano a gran voce: La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello" (I lett.).
E' il risultato di una volontà precisa di Dio, "che vuole che tutti gli uomini siano salvati e che giungano alla conoscenza della verità" (1Tim 2,4). In questo consiste il progetto di Dio sul mondo, "che tutti gli uomini abbiano accesso al Padre e divengano partecipi della natura divina" (DV. 2). "Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!" (II lett.). San Paolo descrive le tappe di quest'opera di Dio in noi: "Quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati" (Rm 8,29-30).
Sono cinque verbi come cinque momenti: conosciuti, predestinati, chiamati, giustificati, glorificati. "Voglio, Padre, - prega Gesù - che quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria" (Gv 17,24).
E' dal giorno del Battesimo che ci è dato di essere partecipi della vita divina, come anticipo, caparra e garanzia di una pienezza che ora appena intravediamo nella fede: "Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato.
Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è" (II lett.). La nostra di oggi è la situazione di un parto difficile, in attesa della nascita alla vita definitiva: "Sappiamo bene infatti - scrive san Paolo - che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Poiché nella speranza noi siamo stati salvati" (Rm 8,22-24). Viviamo la situazione del "già" e "non ancora": abbiamo già la serenità della promessa e dell'anticipo, non ancora la pienezza del possesso.
2) LO STILE PER APPARTENERVI: LE BEATITUDINI
In questa situazione d'attesa e d'appropriazione del dono di Dio, sta a noi conoscere le condizioni per appartenere al Regno di Dio: sono le Beatitudini. Studiamole un po' perché rappresentano lo stile che qualifica la vita del discepolo di Gesù.
Le Beatitudini proclamano anzitutto un fatto: il Messia-re promesso che avrebbe difeso i deboli e fatto giustizia, ora è qui nella persona di Gesù che pone i segni del riscatto: Gesù sta in mezzo ai sofferenti per guarirli; mangia coi pubblicani e peccatori come medico per salvarli; ama i poveri per liberarli dal loro giogo. E' l'inizio di un capovolgimento: "Beati i poveri..., guai a voi ricchi" (cfr. Lc 6,20ss): Dio s'è stancato di questa ingiustizia, ha deciso di intervenire e cambiare le sorti stabilendo il suo Regno.
"Andate a dire a Giovanni ciò che sentite e vedete: i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati e i sordi sentono, i morti risuscitano e la buona novella è annunciata ai poveri" (Mt 11,5). E' la sovranità definitiva di Dio sul male, si volta pagina nella storia: "Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi" (Lc 1,51-53).
Proprio nell'uomo Gesù si attua per primo il Regno, questo capovolgimento di situazione. Lui, Gesù, è il povero che tutto s'aspetta da Dio, il "mite e umile di cuore" perché non usa violenza, misericordioso persino sulla croce a perdonare i suoi nemici, coerente e puro di cuore, affamato e assetato di giustizia e per questo schiacciato e deriso dai prepotenti e perseguitato a causa del suo Dio; è colui cioè che vive secondo criteri che sembrerebbero perdenti stando allo stile del mondo, che è ricco e prepotente, violento e arrivista, gaudente ed egoista, irreligioso e straffotente con Dio...! Ma ciononostante in realtà è lui il VINCENTE, lui Dio riabilita con la risurrezione e la esaltazione: i suoi criteri allora sono quelli giusti che portano alla fine all'autentica riuscita, perché ormai è il Regno di Dio che domina e rende definitivi i suoi giudizi.
E' da qui che derivano i criteri e lo stile del discepolo di Gesù se vuol essere vincente come lui. Beati i poveri in ispirito..., beati i miti, quelli che sono capaci di perdonare, i costruttori di pace; gli afflitti che non si ribellano ma attendono consolazione da Dio; quelli "che cercano prima il regno di Dio e la sua giustizia perché il resto è un sovrappiù" (Mt 6,33); beati quelli che per la fedeltà al vangelo sono emarginati, derisi e perseguitati: "Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi" (Gv 15,20). Di tutti questi è il regno dei cieli: "Ti benedico Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11,25).
I piccoli e i poveri sono quelli che non vantano pretese davanti a Dio: la povertà in ispirito è la FEDE evangelica che si apre - come un bambino verso la madre ("A chi è come loro appartiene il regno dei cieli", Mc 10,14) - ad accogliere con fiducia il dono di Dio. Come la fede di Maria, che s'è sentita grande da che il Signore ha guardato alla sua povertà.
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Il vangelo di Gesù è sintetizzato in una parola: Beati, felici! "Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia anche la vostra, e la vostra gioia sia piena" (Gv 15,11). Il Cristianesimo è religione di vita e di felicità, è il coronamento e il superamento d'ogni nostro sogno e aspirazione di bene. Anche nel corpo.
Guardando e invidiando i Santi in cielo oggi chiediamo anche il loro aiuto, principalmente per tener viva in noi la speranza di un destino così alto, in noi così bombardati da proposte di felicità più immediate, che poi ci deludono. Alimentiamo la visione di questo alto destino, imparando anche dalla vita dei santi a quali alti traguardi il Signore chiami anche noi. L'abbandonare quella mira, è causa di frustrazioni e noia. "Chiamati a guardare in alto - si lamenta il Signore in Osea - nessuno sa sollevare lo sguardo" (Os 11,7). Daremo così più alti orizzonti, più ampie motivazioni, più respiro e soddisfazione anche alla nostra quotidianità che a volte ci soffoca e delude!
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