Il servo che lava i piedi. Frederic Manns

da "Voi chi dite che io sia?" pgg. 177-181


Il vangelo di Giovanni conosce tre Pasque di Gesù: la Pasqua della purificazione del Tempio, la Pasqua della moltiplicazione dei pani e la Pasqua della Passione. I sinottici, che ne conoscevano solo una, fanno convergere i tre elementi sulla Pasqua della Passione. Per Giovanni il principio rabbinico dell'assenza di cronologia — non vi è un prima e un dopo nella Bibbia — resta valido. Il discorso eucari­stico è in tal modo anticipato e si trova al capitolo 6. Allo stesso modo la purificazione del Tempio è anti­cipata per provare che il vero Tempio è quello del corpo del Cristo risorto.

Nel vangelo di Giovanni Gesù, prima di soffrire la Passione, ha lavato i piedi dei suoi discepoli: Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli al­tri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi (Gv 13,14-15). Perché questa scena nel vangelo che è stato definito il van­gelo spirituale?

La scena della lavanda dei piedi da il senso della morte di Gesù. Gesù è il servo che si abbassa volon­tariamente e che guarisce le ferite dell'umanità. Il Padrone prende il posto dello schiavo e ribalta la dialettica del Padrone e dello schiavo. Chi vuole es­sere il primo deve prendere il posto dell'ultimo.

Con questo gesto s'instaura un nuovo ordine di va­lori. Come i profeti dell'Antico Testamento Gesù ri­corre al linguaggio simbolico che è più suggestivo e più eloquente del linguaggio razionale. La lavanda dei piedi era un gesto suggestivo per chi leggeva le Scritture. Evocava parecchie pagine bibliche. In­nanzitutto, per chi era abituato alla lettura sinago-gale della Scrittura, questa scena richiamava l'e­sempio di Abramo che offriva ospitalità a gente di passaggio. Mentre la Bibbia ebraica riferisce l'or­dine del Patriarca in questi termini: Si porti dell'ac­qua (Gn 18,4), la versione del Targum diceva: «Vado a prendere dell'acqua per lavarvi i piedi». La sinagoga vedeva nell'abbassamento di Abramo una fonte di grandi meriti per i suoi figli.

Avendo Abramo offerto dell'acqua ai suoi ospiti, Dio darà acqua da bere ai figli d'Israele quando sa­ranno nel deserto. Non solo, quando si saranno sta­biliti nella Terra promessa Dio darà loro un paese di ruscelli e di fiumi, secondo la descrizione del Deu­teronomio 8,57. Infine, nei tempi escatologici, Dio farà sgorgare un fiume da sotto il Tempio per purifi­care Gerusalemme (Zc 14,8). Ciò significa che la ri­compensa di Dio ai figli di Abramo è triplice: Dio li retribuisce nel deserto, nella terra e negli ultimi tempi. La ricompensa supera enormemente il gesto di ospitalità del Patriarca.

La ricchezza di un simbolo non si esaurisce in un unico significato. Ciò vale anche per la lavanda dei piedi. Per un lettore che ha familiarità con la Bibbia, la scena può richiamare anche l'incontro di Giu­seppe con i suoi fratelli in Gn 43,24. Sappiamo che la figura di Giuseppe è quella di un salvatore unico nel suo genere, avendo salvato dalla carestia tanto gli egiziani quanto i suoi fratelli ebrei. Gesù porterà la salvezza agli ebrei e ai pagani significati dai quattro soldati pagani che si dividono le sue vesti e dalle quattro donne ebree che sono sotto la croce.

La lavanda dei piedi può ancora evocare le pre­scrizioni di Es 30,19 quando Aronne ordina ai figli di lavarsi i piedi prima di entrare nel santuario. L'e­breo, abituato al midrash*, non vede alcuna con­traddizione in questa sovrapposizione di significati. Poiché il nuovo Tempio è stato definito già dal se­condo capitolo del vangelo, Giovanni ricorda che i credenti, se vogliono avere libero accesso a quel santuario, devono purificarsi. Non solo, la lavanda dei piedi poteva anche evocare il testo biblico di Lev 1,9 che esige che si lavino le zampe degli ani­mali offerti in olocausto. Significa che i discepoli dovranno offrire la loro vita come ha fatto il Mae­stro? Il discepolo non è più grande del suo Maestro, ricorda Gesù. Conoscerà la stessa sorte del Maestro. Giovanni aggiunge un dettaglio che potrebbe sembrare insignificante per un lettore frettoloso: prima di lavare i piedi dei suoi discepoli Gesù si cinge i fianchi con un asciugatorio (Gv 13,4). Che significa questo gesto? Il senso primo dell'abitudine di cingersi i fianchi è spiegato dal libro dell'Esodo (12,34): tutti i partecipanti al pranzo pasquale de­vono avere un bastone in mano e i fianchi cinti. Questa tenuta caratterizzava il viaggiatore e l'israe­lita pronto a lasciare l'Egitto.

Il gesto di cingersi è anche quello del servo. Il vangelo di Luca 12,37 vi allude: Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti; li farà met­tere a tavola e passerà a servirli. Gesù si identifica con il servo che da la sua vita, ma è anche il Figlio dell'uomo esaltato.

Il gesto di cingersi la veste è anche quello del lot­tatore. Il Messia è descritto in numerosi testi del Targum come un lottatore che spezzerà i gioghi che tengono prigioniera l'umanità. L'immagine del Messia pacifico che viene a dorso d'asino deve es­sere completata con quella del Messia guerriero co­nosciuta nel Targum di Gn 49,10.

Resta un ultimo significato del gesto. Per Gio­vanni 21,18 cingersi la veste è simbolo dell'esodo definitivo, della morte. Gesù dice a Pietro: Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi. Gesù, la vigìlia della sua Passione, si presenta come un lottatore che si accinge ad af­frontare Satana nel giardino. Il Principe di questo mondo che è entrato in Giuda sarà gettato a terra senza poter entrare nel giardino, dove sono entrati solo Gesù e i suoi discepoli. Il nuovo Adamo è stato tentato come il primo Adamo in un giardino. Gesù, cingendosi la veste, deponendo il suo vestito e ri­prendendolo, simboleggia la sua morte e la sua Ri­surrezione. La Passione è anche la rivelazione del­l'amore di Dio. Avendo amato i suoi che erano nel mondo, egli li amò fino all'ultimo, fino all'amore estremo.

I Padri della Chiesa hanno aggiunto un signifi­cato sacramentale alla scena che evoca a volte il battesimo, a volte la penitenza, senza per questo ne­gare il significato cristologico di questa pagina im­portante. Sant'Agostino in particolare torna spesso nei suoi commentari sull'episodio della lavanda dei piedi. Curiosamente si riferisce al Cantico dei Can­tici. Lo sposo, con la testa bagnata, bussa alla porta della sposa. Questa si rifiuta di aprirgli perché si è lavata i piedi e non vuole sporcarli. Agostino ap­plica il testo alla sua esperienza. Dopo la sua con­versione fu tentato dalla vita contemplativa. Ma il Signore bussava alla sua porta: «Predicami!». A ri­schio di sporcarsi i piedi l'apostolo deve annunciare Gesù, che è pronto a lavargli i piedi nel sacramento della penitenza. Così la scena della lavanda dei piedi si arricchisce di un nuovo aspetto.

La dialettica del padrone e dello schiavo ha reifi­cato l'uomo, affermano alcuni. La coscienza di classe ha appannato in molti l'immagine di Dio. Ma ecco che nella scena della lavanda dei piedi questa dialettica viene ribaltata. Il Padrone si fa servo. Non solo, concede all'uomo ricreato di morire all'amore sadico, alla relazione padrone-schiavo, per rinascere nello spazio infinito del Corpo di Cristo in cui soffia lo Spirito, in cui noi siamo membri gli uni degli altri e in cui ogni volto s'illumina dall'interno.

«Il comandamento dell'amore è un comandamento nuovo perché ci spoglia del vecchio uomo per far­cene rivestire uno nuovo. Questo comandamento rinnova chi lo intende, o meglio chi gli obbedisce. Non si tratta però di un amore qualunque, ma di quell'amore che il Signore distingue dall'amore na­turale dell'uomo aggiungendo: Come io vi ho amati...(Gv 15,12). Questo amore ci rinnova così to­talmente che diventiamo uomini nuovi, gli eredi della nuova alleanza, i cantori di un cantico nuovo. Questo amore ha rinnovato anche i giusti dei tempi antichi, i patriarchi e i profeti, come ha rinnovato più tardi gli apostoli. È sempre questo amore che rinnova oggi le nazioni e tutto il genere umano sparso sulla terra: ne fa un popolo nuovo che esso riunisce; è il corpo di questa nuova sposa del Figlio unico di Dio — la Chiesa — di cui è detto nel Can­tico: Chi è costei che sorge come l'aurora, bella come la luna? (Ct 6,10). E bella come la luna perché è rinnovata, e come è rinnovata se non da questo nuovo comandamento?» (S. agostino, Sermoni su san Giovanni 65,1).

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