Serm. I-II par. 29/6. Sermones para las principales fiestas de los Santos, Madrid, a cura di P.B. Lopez, 1792‑93, t. XII, 260‑297.
La fede in Gesù Cristo è il fondamento della nostra religione. Volendo stabilire saldamente questa virtù della fede nell'animo dei discepoli, nostro Signore procede con discrezione e prudenza, poiché conosce il fondo dei cuori e sa perfettamente ciò che vi è in quello degli apostoli.
Gesù vuole dunque che Pietro gli renda testimonianza; dopo aver confermato tale testimonianza, il Signore ricompensa Pietro, mettendolo a capo della sua Chiesa, perché gli altri imparino dal capo degli apostoli quello che devono credere a proposito del Messia.
Il metodo che Gesù ha per insegnare è molto più modesto che se avesse proclamato senza ambagi: "Io sono il Figlio del Dio vivente". Leggiamo qualcosa di analogo in san Giovanni; dopo la lavanda dei piedi, Gesù non dice agli apostoli: "Io sono Maestro e Signore ma usa parole più umili: Voi mi chiamate Maestro e Signore (Gv 13,13).
Gesù domanda inizialmente ai discepoli che cosa la gente pensi di lui. "Alcuni Giovanni il Battista ‑ essi rispondono ‑ altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti Disse loro: "Voi chi dite che io sia?".
Pietro, illuminato con una rivelazione del Padre ed elevandosi sopra il corpo e la materia, oltre la carne e il sangue, risponde a nome di tutti: Tu sei il Cristo , il Figlio del Dio vivente. Gesù gli risponde proclamandolo beato, perché non grazie a una sapienza puramente umana egli ha reso quella testimonianza, ma per ispirazione dell'alto. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa.
In questo passo Gesù da un nome nuovo al suo Apostolo, che inizialmente si chiamava Simone. Un tempo era successa la medesima cosa con il Patriarca degli Ebrei, quando era stato scelto come padre di una moltitudine di nazioni. Allora Dio aveva cambiato il suo nome in quello di Abramo, per indicare la sua numerosa posterità.
Qui Gesù, volendo fare del figlio di Giovanni il fondamento saldo e incrollabile della sua Chiesa, lo chiama "Pietro". Il nome vuole sottolineare la perenne stabilità e resistenza che balza chiara dal seguito del testo evangelico: Su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. Sono parole che offrono un sostegno stupendo alla fede cristiana.
Non passiamo sotto silenzio l'altra magnifica promessa che Gesù fa a Pietro, quella cioè di dargli le chiavi del regno dei cieli. Un simile potere non è conferito a Pietro solo per la sua gloria, ma in vista della nostra salvezza. Non per se Pietro riceve le chiavi, ma per noi.
La grazia delle chiavi non fa riferimento alla legge antica, ma all'evangelo. C'è una gran differenza tra la legge e il vangelo: la legge chiede, il vangelo da; la legge spaventa, il vangelo consola; quella comanda, questo conferisce la grazia per obbedire. La prima addita la via del cielo, mentre il vangelo da la forza adeguata a percorrere quell'itinerario.
La legge racchiude la lettera che uccide, il vangelo contiene lo Spirito che da la vita. L'Apostolo definisce la legge ministero di morte e il vangelo ministero di Spirito e vita (2 Cor 3,7.8).
L'annunzio a Pietro delle chiavi del Regno appartiene al vangelo, non,alla legge. E poi non soltanto al capo degli apostoli, ma a tutti quelli che tengono il suo posto nella Chiesa è concesso il potere meraviglioso di rimettere i peccati, di conferire la grazia dello Spirito Santo, di riconciliare gli uomini con Dio, d'aprire loro le porte del cielo e renderli compagni degli angeli.
Questo potere delle chiavi muta la contrizione da imperfetta in perfetta, lo stato di peccato in stato di grazia, facendo passare le anime dalla condanna eterna all'eterna salvezza.
La bontà e la misericordia di Dio sono ineguagliabili! Ci pensate che condiscendenza sia aver affidato le chiavi del cielo a un uomo della terra? E' concesso a un mortale quanto appartiene soltanto a Dio: il potere di rimettere i peccati.
Fratello, se le tue colpe ti hanno chiuso il cielo, non sarà necessario che tu travalichi i mari, che tu vada all'estremità della terra e che tu sparga sangue di animali secondo la legge antica. Basta che confessi i tuoi peccati a un ministro della Chiesa, unendo alla confessione il pentimento per il passato e il proposito di vivere bene in futuro. Col perdono delle tue colpe riceverai la grazia e l'amicizia di Dio.
Ecco il vangelo! Ecco la buona, la notizia bella per eccellenza! Ecco la grazia sopra tutte le grazie, conferita al mondo per i meriti del sangue di Gesù Cristo, lui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, come si esprime l'Apocalisse (Ap 1,5).
La fede in Gesù Cristo è il fondamento della nostra religione. Volendo stabilire saldamente questa virtù della fede nell'animo dei discepoli, nostro Signore procede con discrezione e prudenza, poiché conosce il fondo dei cuori e sa perfettamente ciò che vi è in quello degli apostoli.
Gesù vuole dunque che Pietro gli renda testimonianza; dopo aver confermato tale testimonianza, il Signore ricompensa Pietro, mettendolo a capo della sua Chiesa, perché gli altri imparino dal capo degli apostoli quello che devono credere a proposito del Messia.
Il metodo che Gesù ha per insegnare è molto più modesto che se avesse proclamato senza ambagi: "Io sono il Figlio del Dio vivente". Leggiamo qualcosa di analogo in san Giovanni; dopo la lavanda dei piedi, Gesù non dice agli apostoli: "Io sono Maestro e Signore ma usa parole più umili: Voi mi chiamate Maestro e Signore (Gv 13,13).
Gesù domanda inizialmente ai discepoli che cosa la gente pensi di lui. "Alcuni Giovanni il Battista ‑ essi rispondono ‑ altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti Disse loro: "Voi chi dite che io sia?".
Pietro, illuminato con una rivelazione del Padre ed elevandosi sopra il corpo e la materia, oltre la carne e il sangue, risponde a nome di tutti: Tu sei il Cristo , il Figlio del Dio vivente. Gesù gli risponde proclamandolo beato, perché non grazie a una sapienza puramente umana egli ha reso quella testimonianza, ma per ispirazione dell'alto. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa.
In questo passo Gesù da un nome nuovo al suo Apostolo, che inizialmente si chiamava Simone. Un tempo era successa la medesima cosa con il Patriarca degli Ebrei, quando era stato scelto come padre di una moltitudine di nazioni. Allora Dio aveva cambiato il suo nome in quello di Abramo, per indicare la sua numerosa posterità.
Qui Gesù, volendo fare del figlio di Giovanni il fondamento saldo e incrollabile della sua Chiesa, lo chiama "Pietro". Il nome vuole sottolineare la perenne stabilità e resistenza che balza chiara dal seguito del testo evangelico: Su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. Sono parole che offrono un sostegno stupendo alla fede cristiana.
Non passiamo sotto silenzio l'altra magnifica promessa che Gesù fa a Pietro, quella cioè di dargli le chiavi del regno dei cieli. Un simile potere non è conferito a Pietro solo per la sua gloria, ma in vista della nostra salvezza. Non per se Pietro riceve le chiavi, ma per noi.
La grazia delle chiavi non fa riferimento alla legge antica, ma all'evangelo. C'è una gran differenza tra la legge e il vangelo: la legge chiede, il vangelo da; la legge spaventa, il vangelo consola; quella comanda, questo conferisce la grazia per obbedire. La prima addita la via del cielo, mentre il vangelo da la forza adeguata a percorrere quell'itinerario.
La legge racchiude la lettera che uccide, il vangelo contiene lo Spirito che da la vita. L'Apostolo definisce la legge ministero di morte e il vangelo ministero di Spirito e vita (2 Cor 3,7.8).
L'annunzio a Pietro delle chiavi del Regno appartiene al vangelo, non,alla legge. E poi non soltanto al capo degli apostoli, ma a tutti quelli che tengono il suo posto nella Chiesa è concesso il potere meraviglioso di rimettere i peccati, di conferire la grazia dello Spirito Santo, di riconciliare gli uomini con Dio, d'aprire loro le porte del cielo e renderli compagni degli angeli.
Questo potere delle chiavi muta la contrizione da imperfetta in perfetta, lo stato di peccato in stato di grazia, facendo passare le anime dalla condanna eterna all'eterna salvezza.
La bontà e la misericordia di Dio sono ineguagliabili! Ci pensate che condiscendenza sia aver affidato le chiavi del cielo a un uomo della terra? E' concesso a un mortale quanto appartiene soltanto a Dio: il potere di rimettere i peccati.
Fratello, se le tue colpe ti hanno chiuso il cielo, non sarà necessario che tu travalichi i mari, che tu vada all'estremità della terra e che tu sparga sangue di animali secondo la legge antica. Basta che confessi i tuoi peccati a un ministro della Chiesa, unendo alla confessione il pentimento per il passato e il proposito di vivere bene in futuro. Col perdono delle tue colpe riceverai la grazia e l'amicizia di Dio.
Ecco il vangelo! Ecco la buona, la notizia bella per eccellenza! Ecco la grazia sopra tutte le grazie, conferita al mondo per i meriti del sangue di Gesù Cristo, lui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, come si esprime l'Apocalisse (Ap 1,5).
Nessun commento:
Posta un commento