La solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo torna a ricordare a ogni comunità cristiana che fa parte della Chiesa cattolica, non è completa da sola. Essa è una porzione della grande vigna del Signore e, come nella parabola (cfr Marco, 12, 1-12), rischia di esserne spossessata e consegnata ad altri. La parabola della vigna, con la sua minaccia-promessa - scrive il Papa (Gesù di Nazaret, pagina 300) citando l'Apocalisse (2, 5) - "vale anche nel nuovo popolo di Dio; non riguarda - è vero - la Chiesa nel suo complesso, ma riguarda certamente e sempre di nuovo le Chiese locali, come dimostra la parola del Risorto alla Chiesa di Efeso: "Ravvediti e compi le opere di prima. Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il candelabro dal suo posto"", se i suoi servi-pastori non seguono Cristo. Ma la Chiesa una rimane, perché "Dio non fallisce; se noi siamo infedeli, Egli invece è fedele (cfr 2 Timoteo 2, 13)" (pagina 301). Ancora "Questa vite non può mai più essere sradicata, non può mai più essere abbandonata al saccheggio: è definitivamente di Dio, attraverso il Figlio è Dio stesso che vive in essa. La promessa è irrevocabile, l'unità è diventata indistruttibile" (pagina 302). La Chiesa dunque è il corpo di Cristo e unita a lui che è la vera vite (cfr Giovanni 15, 1). Egli resta una sola cosa con i suoi, che è venuto a raccogliere (cfr Giovanni 11, 52). Questo aiuta a capire che la cristologia "contiene in sé anche un'intera ecclesiologia. Indica l'unione inscindibile di Gesù con i suoi" (ivi). La parabola della vite esprime l'inseparabilità di Gesù dai suoi, l'essere una sola cosa con Lui e in Lui. La Chiesa non può essere sradicata, ma abbisogna continuamente di purificazione evitando l'auto-esaltazione dell'uomo e delle istituzioni umane (cfr pagina 303).
La Chiesa in quanto mistero di unità, è sempre indivisa, la divisione invece si ripropone in varie epoche tra i suoi figli come conseguenza del peccato, ma non viene intaccata l'unità della Chiesa cattolica. Certo, il tempo in cui la Chiesa "respirava a due polmoni" ha conosciuto la crisi ma non è cessato mai del tutto, grazie a quelle comunità in oriente e in occidente che hanno conservato il vincolo di comunione con la Chiesa di Roma.
Lo sguardo alto alla Chiesa che il Concilio Vaticano ii ha promosso, trova nella Prima Lettera di Pietro un punto fondamentale, dove egli dice ai cristiani, perseguitati e tentati di rimanere prigionieri dell'apparente sconfitta: "Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di Lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia" (2, 9-10). Chiunque ha ascoltato questo brano, osserva il cardinal Giacomo Biffi, mai di primo acchito avrà dubitato che riguardi la Chiesa. Eppure, quando si passa a parlare della Chiesa, subito si dimentica questa realtà di popolo che appartiene a Dio perché egli vi è presente in mezzo e quindi lo determina nel suo essere. Altrettanto dicasi dell'immagine della Chiesa nell'Apocalisse, "rivelazione delle cose come stanno già adesso, al di là della tragica vicenda nella quale i discepoli di Gesù sono immersi" (Le cose di lassù, Siena 2007, pagina 131). La "gloria" della Chiesa è quindi prima della sua sofferenza, ma si manifesterà pienamente alla fine. Si può dire che la Chiesa della fine (escatologica) è già presente dal principio senza principio di Dio (en archè) nella Chiesa dell'inizio (protologica, dicono gli orientali) (cfr Lumen gentium, 2) - anche per questo la Chiesa si rispecchia in Maria - essa dunque "Sposa dell'Agnello" (cfr Apocalisse 19, 7) vive gemendo sulla terra e gioendo nel cielo: una duplice dimensione di perseguitata e di vittoriosa. Proprio come la Donna gloriosa e nel travaglio.
Tale impostazione è essenziale per capire la verità sulla Chiesa una e indivisa. Se san Paolo non esita a descrivere le divisioni nelle comunità fino a ritenerle necessarie (cfr 1 Corinzi 11, 19), lo fa nella consapevolezza decisiva - che non verrà mai meno alla Chiesa - che i cristiani sono il corpo di Cristo e sue membra ciascuno per la sua parte (cfr 1 Corinzi 12, 27), anzi, ribadito questo, s'accorgano d'essere membra gli uni degli altri (cfr Romani 12, 5).
Pertanto, quando si parla di Chiesa indivisa fino al primo millennio, prendendo quale spartiacque il 1054, si dice parzialmente il vero se ci si riferisce alla dimensione geografica della Chiesa, in quanto le Chiese locali situate in oriente e in occidente hanno in modo diversificato seguito lo scisma; ma, se si guarda alla dimensione storica, ci si accorge dell'inconsistenza della teoria, perché si sa che già al tempo degli apostoli e poi di Calcedonia s'erano prodotte separazioni. Ora, con tale criterio, la Chiesa indivisa sarebbe finita già al tempo apostolico, sarebbe stata già annullata dalle divisioni dei Corinzi, ancor prima dal tradimento di Giuda o dal diniego di Pietro. No, nulla possono i peccati e le divisioni umane sull'unità divino-umana della Chiesa. Anzi si deve far riferimento alla dimensione oggettiva, dommatica, quindi mistica della Chiesa come continuamente si professa nel Credo apostolico: la santa Chiesa cattolica, o dettagliatamente nel Simbolo niceno-costantinopolitano: la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica.
L'unità cattolica è un dono divino in mezzo alla non-unità umana. La Chiesa degli apostoli, da Pietro fino a Benedetto XVI, non è una Chiesa che apparirà negli ultimi tempi, ma è il popolo di Dio in cammino nella storia, la Chiesa cattolica nella quale "sussiste", cioè continua a esistere al di là delle divisioni che si produssero, si producono e si produrranno tra i cristiani, la Chiesa di Gesù Cristo: "Come la comunione dell'amore esiste sin dall'inizio e vi sarà fino alla fine (cfr 1 Giovanni 1, 1 s), così purtroppo fin dall'inizio subentra anche la divisione. Non dobbiamo meravigliarci che essa esista anche oggi" (Benedetto XVI, Udienza generale 5 aprile 2006; anche: Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica cinese, 30 giugno 2007, numero 6).
Giustamente il Concilio non usa mai l'espressione "riunificazione delle Chiese" ma "reintegrazione dell'unità dei cristiani", delle loro separazioni dalla Chiesa una che sussiste nella cattolica, perché essa è già ora una come Gesù Cristo è uno. L'unità è inamissibilis, non può essere perduta (Unitatis redintegratio, 4). Ma taluni ecclesiologi tradiscono spesso un certo strabismo: sono così escatologici da volare romanticamente verso il "Gesù della fede" e la "Chiesa degli ultimi giorni", e tanto impazienti dell'unità ecumenica da perdere lo sguardo umile e alto a quella reale. San Paolo, pieno di entusiastico zelo, ma non al punto da perdere il contatto con la realtà, parla negli stessi termini di Cristo e della Chiesa, perché in essa sono presenti come capo e corpo: "A colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare e pensare, secondo la potenza che già opera in noi, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù, per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen" (Efesini 3, 20-21).
Il problema di certa ecclesiologia ecumenica è l'aver abbassato lo sguardo dalla relazione intrinseca della Chiesa con Gesù Cristo, alla relazione "politica" col mondo - è qui che si produce il peccato della separazione tra i cristiani e di una comunità ecclesiale dall'unità cattolica: la separazione pone fine alla sua stessa ecclesialità, perché è un atto avulso e difforme da Cristo, quindi "extraecclesiale". Le separazioni storiche sono state atti extraecclesiali, peccati che hanno prodotto la multitudo al contrario dell'unità. Tuttavia nessuno può pensare con un atto scismatico umano di poter addirittura recidere la comunione della Chiesa il cui vincolo invisibile, tenace e stretto è lo stesso Spirito Santo che la muove come un unico solo organismo interagendo col principio visibile del primato del vescovo di Roma.
È dunque essenziale la consapevolezza di essere "uni-versali", rivolti all'unità cattolica, ciascuno per la sua parte, parte del tutto, Chiesa particolare nella Chiesa universale. Come Cristo non è diviso nei frammenti del suo corpo eucaristico, tale è la Chiesa indivisa: anche se alla fine dei tempi, come profetizzava Solov'ev, fosse costituita da un piccolo resto, essa sarà sempre indivisa.
(©L'Osservatore Romano - 29 giugno 2008)
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