Omelia dal Trattati di sant'Agostino sul vangelo di Giovanni.
In Io. tr. 82, 1‑3; 83,1.3. PL 35, 1843‑1845.1846.
Il Vangelo ci dice che Dio Padre è glorificato quando portiamo molto frutto e ci dimostriamo veri discepoli di Cristo; allora non facciamocene un titolo di gloria, quasi fosse da attribuire alla nostra capacita cio che abbiamo realizzato. Questa grazia viene da Dio; quindi non torna a gloria nostra, ma a gloria sua.
In un'altra circostanza il Signore dice: Cosi risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone, e subito dopo aggiunge: E rendano gloria al Padre vostro che e nei cieli (Mt 5,16). Non voleva infatti che i discepoli credessero di compiere da se tali opere.
La gloria del Padre è appunto che noi portiamo molto frutto e siamo veri discepoli di Cristo.
Ma chi ci fa cosi se non colui che ci ha prevenuti con la sua misericordia?
Noi infatti siamo opera sua. creati in Cristo Gesù per le opere buone (Ef 2, 10).
Come il Padre ha amato me. cosi anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Ecco il principio di tutte le nostre opere buone. Da dove potrebbero venire se non dalla fede che opera per mezzo della carità? E come potremmo noi amarlo, se egli non ci amasse per primo? Con estrema chiarezza sempre Giovanni ce lo insegna in una sua lettera: Noi amiamo, perché egli ci ha amato per primo (1 Gv 4,19).
Rimanete nel mio amore. In qual modo vi rimarremo? Ascolta ciò che segue: Se osserverete i miei comandamenti., rimarrete nel mio amore.
E' l'amore che ci mette in grado di osservare i comandamenti, oppure è la fedeltà ad osservarli che ci consente di amare? Ma chi dubita che l'amore non preceda l'osservanza? Chi non ama non ha un motivo per mettere in pratica i comandamenti. Quando Gesù ci dice: Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore., non indica ciò che fa nascere l'amore, ma quello che lo attesta. Come se dicesse: "Non crediate di rimanere nel mio amore se non osservate i miei comandamenti. Solo se li osservate, potrete rimanervi; cioè, apparirà chiaro che dimorate nel mio amore se osservate i miei comandamenti".
Questo perché nessuno s'inganni dicendo che ama Dio, mentre non fa quanto egli comanda. In altre parole, noi in tanto lo amiamo, in quanto osserviamo i suoi comandamenti; e quanto meno obbediamo ad essi, tanto meno lo amiamo.
Non è dunque per ottenere il suo amore che osserviamo quanto ci comanda: se egli non ci amasse per primo, non potremmo tradurre in atto i suoi precetti. Questa è la grazia rivelata agli umili, mentre ai superbi rimane nascosta.
Questo vi ho detto., perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Cos'è la gioia di Cristo in noi? La compiacenza ch'egli prova a rallegrarsi di noi. E cos'è la nostra gioia che egli vuole completa? Godere di stare insieme con lui. Tant'è che il Signore aveva detto a Pietro:Se non ti lavero, non avrai parte con me (Gv 13,8).
Insomma, la gioia di Cristo in noi è la grazia che ci dona, e questa grazia costituisce anche la nostra gioia.
Cristo ne fruiva fin dal principio, fin da quando in eterno ci ha eletto prima della costituzione del mondo.
Il gaudio della nostra salvezza, che da sempre lo rallegrò, perché da sempre egli lo ha conosciuto e da sempre ad esso ci ha predestinati, comincio ad abitare in noi quando egli ci ha chiamati.
Abbiamo ragione nel definire nostra questa gioia, perché un giorno ci rendera beati. Nel frattempo essa conosce una crescita e un avanzamento continuo, tesa com'è a perseverare verso il pieno compimento. Questa gioia comincia nella fede di chi rinasce nel battesimo e toccherà il vertice nel premio di chi risorgerà alla vita eterna.
Rimaniamo ancorati al precetto del Signore di amarci gli uni gli altri, e cosi osserveremo qualsiasi altro comandamento, perché questo li racchiude tutti.
Questo amore è diverso da quello che gli uomini, in quanto uomini, si portano l'un l'altro.
Per distinguere i due atteggiamenti, il Signore soggiunge: Come io vi ho amati.
Cristo ci ama per renderci capaci di regnare con lui. Sempre questo medesimo scopo deve guidare l'amore reciproco gli uni verso gli altri in modo che esso resti ben distinto dall'affetto che di solito gli uomini nutrono a vicenda e che in realtà non è vero amore.
Invece coloro che si amano per aderire a Dio, ci riescono davvero: essi prima amano Dio, per sapersi poi amare l'un l'altro. Una tale carità non brilla fra tutti gli uomini; anzi, sono pochi quelli che si amano affinché Dio sia tutto in tutti (1 Cor 15,28).
Il Vangelo ci dice che Dio Padre è glorificato quando portiamo molto frutto e ci dimostriamo veri discepoli di Cristo; allora non facciamocene un titolo di gloria, quasi fosse da attribuire alla nostra capacita cio che abbiamo realizzato. Questa grazia viene da Dio; quindi non torna a gloria nostra, ma a gloria sua.
In un'altra circostanza il Signore dice: Cosi risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone, e subito dopo aggiunge: E rendano gloria al Padre vostro che e nei cieli (Mt 5,16). Non voleva infatti che i discepoli credessero di compiere da se tali opere.
La gloria del Padre è appunto che noi portiamo molto frutto e siamo veri discepoli di Cristo.
Ma chi ci fa cosi se non colui che ci ha prevenuti con la sua misericordia?
Noi infatti siamo opera sua. creati in Cristo Gesù per le opere buone (Ef 2, 10).
Come il Padre ha amato me. cosi anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Ecco il principio di tutte le nostre opere buone. Da dove potrebbero venire se non dalla fede che opera per mezzo della carità? E come potremmo noi amarlo, se egli non ci amasse per primo? Con estrema chiarezza sempre Giovanni ce lo insegna in una sua lettera: Noi amiamo, perché egli ci ha amato per primo (1 Gv 4,19).
Rimanete nel mio amore. In qual modo vi rimarremo? Ascolta ciò che segue: Se osserverete i miei comandamenti., rimarrete nel mio amore.
E' l'amore che ci mette in grado di osservare i comandamenti, oppure è la fedeltà ad osservarli che ci consente di amare? Ma chi dubita che l'amore non preceda l'osservanza? Chi non ama non ha un motivo per mettere in pratica i comandamenti. Quando Gesù ci dice: Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore., non indica ciò che fa nascere l'amore, ma quello che lo attesta. Come se dicesse: "Non crediate di rimanere nel mio amore se non osservate i miei comandamenti. Solo se li osservate, potrete rimanervi; cioè, apparirà chiaro che dimorate nel mio amore se osservate i miei comandamenti".
Questo perché nessuno s'inganni dicendo che ama Dio, mentre non fa quanto egli comanda. In altre parole, noi in tanto lo amiamo, in quanto osserviamo i suoi comandamenti; e quanto meno obbediamo ad essi, tanto meno lo amiamo.
Non è dunque per ottenere il suo amore che osserviamo quanto ci comanda: se egli non ci amasse per primo, non potremmo tradurre in atto i suoi precetti. Questa è la grazia rivelata agli umili, mentre ai superbi rimane nascosta.
Questo vi ho detto., perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Cos'è la gioia di Cristo in noi? La compiacenza ch'egli prova a rallegrarsi di noi. E cos'è la nostra gioia che egli vuole completa? Godere di stare insieme con lui. Tant'è che il Signore aveva detto a Pietro:Se non ti lavero, non avrai parte con me (Gv 13,8).
Insomma, la gioia di Cristo in noi è la grazia che ci dona, e questa grazia costituisce anche la nostra gioia.
Cristo ne fruiva fin dal principio, fin da quando in eterno ci ha eletto prima della costituzione del mondo.
Il gaudio della nostra salvezza, che da sempre lo rallegrò, perché da sempre egli lo ha conosciuto e da sempre ad esso ci ha predestinati, comincio ad abitare in noi quando egli ci ha chiamati.
Abbiamo ragione nel definire nostra questa gioia, perché un giorno ci rendera beati. Nel frattempo essa conosce una crescita e un avanzamento continuo, tesa com'è a perseverare verso il pieno compimento. Questa gioia comincia nella fede di chi rinasce nel battesimo e toccherà il vertice nel premio di chi risorgerà alla vita eterna.
Rimaniamo ancorati al precetto del Signore di amarci gli uni gli altri, e cosi osserveremo qualsiasi altro comandamento, perché questo li racchiude tutti.
Questo amore è diverso da quello che gli uomini, in quanto uomini, si portano l'un l'altro.
Per distinguere i due atteggiamenti, il Signore soggiunge: Come io vi ho amati.
Cristo ci ama per renderci capaci di regnare con lui. Sempre questo medesimo scopo deve guidare l'amore reciproco gli uni verso gli altri in modo che esso resti ben distinto dall'affetto che di solito gli uomini nutrono a vicenda e che in realtà non è vero amore.
Invece coloro che si amano per aderire a Dio, ci riescono davvero: essi prima amano Dio, per sapersi poi amare l'un l'altro. Una tale carità non brilla fra tutti gli uomini; anzi, sono pochi quelli che si amano affinché Dio sia tutto in tutti (1 Cor 15,28).
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