Ratzinger - Benedetto XVI Sia fatta la tua volontà (da Gesù di Nazaret)

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Ratzinger - Benedetto XVI Sia fatta la tua volontà (da Gesù di Nazaret)



Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra

Dalle parole di questa domanda si rendono immediatamente evidenti due cose: c'è una volontà di Dio con noi e per noi che deve diventare il criterio del nostro volere e del nostro essere. E ancora: la caratteristica del «cielo» è che lì immancabilmente vien fatta la volontà di Dio, o con altre parole: dove si fa la volontà di Dio, è cielo. L'essenza del cielo è l'essere una cosa sola con la volontà di Dio, l'unione tra volontà e verità. La terra diventa «cielo», se e in quanto in essa vien fatta la volontà di Dio, mentre è solo «terra», polo opposto del cielo, se e in quanto essa si sottrae alla volontà di Dio. Perciò noi chiediamo che le cose in terra vadano come in cielo, che la terra diventi «cielo».

Ma che cosa significa «volontà di Dio»? Come la riconosciamo? Come possiamo adempierla? Le Sacre Scritture partono dal presupposto che l'uomo nel suo intimo sappia della volontà di Dio, che esista una comunione di sapere con Dio, profondamente inscritta in noi, che chiamiamo coscienza (cfr., per es., Rm 2,15). Ma esse sanno anche che questa comunione di sapere con il Creatore, che Egli stesso ci ha dato creandoci «a sua somiglianza», è stata sepolta nel corso della storia mai estinguibile totalmente, essa tuttavia è stata ricoperta in molti modi; una fiamma debolmente guizzante, che troppo spesso rischia di essere soffocata sotto la cenere di tutti i pregiudizi immessi in noi. E per questo Dio ci ha parlato nuovamente, con parole nella storia che si rivolgono a noi dall' esterno e danno un aiuto al nostro sapere interiore ormai troppo velato.

Il nucleo di queste «lezioni sussidiarie» della storia, nella rivelazione biblica, è il Decalogo del monte Sin ai che - come abbiamo visto - dal Discorso della montagna non viene per nulla abolito o reso una «legge vecchia» ma, sviluppato ulteriormente, risplende ancora più chiaramente in tutta la sua profondità e grandezza. Questa Parola - l'abbiamo visto - non è una cosa che all'uomo viene imposta dall'esterno. Essa è - nella misura in cui siamo capaci di riceverla - rivelazione della natura di Dio stesso e con ciò spiegazione della verità del nostro essere: ci viene svelato lo spartito della nostra esistenza, di modo che possiamo leggerlo e tradurlo nella vita. La volontà di Dio deriva dall' essere di Dio e ci introduce quindi nella verità del nostro essere, ci libera dall' autodistruzione mediante la menzogna.

Poiché il nostro essere proviene da Dio, possiamo, nonostante tutte le sozzure che ci ostacolano, metter ci in cammino verso la volontà di Dio. Il concetto veterotestamentario di «giusto» significava proprio questo: vivere della parola di Dio e così della volontà di Dio ed entrare progressivamente in sintonia con questa volontà.

Ma quando Gesù ci parla della volontà di Dio e del cielo, in cui si compie la volontà di Dio, questo ha di nuovo a che fare in modo centrale con la sua missione personale. Presso il pozzo di Giacobbe Egli dice ai discepoli che gli portano da mangiare: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 4,34). Ciò significa: essere una cosa sola con la volontà del Padre è la fonte della vita di Gesù. L'unità di volontà col Padre è il nocciolo del suo essere in assoluto. Nella domanda del Padre nostro avvertiamo, però, sullo sfondo soprattutto l'appassionata lotta interiore di Gesù durante il suo dialogo nell'Orto degli ulivi: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!» - «Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà» (Mt 26,39.42). Di questa preghiera di Gesù, nella quale Egli ci permette di guardare nella sua anima umana e nel suo diventare «una»con la volontà di Dio, dovremo occuparci ancora in modo particolare quando rifletteremo sulla passione di Gesù.

L'autore della Lettera agli Ebrei ha individuato nella lotta interiore dell'Orto degli ulivi lo svelamento del centro del mistero di Gesù (cfr. 5,7) e - partendo da questo sguardo nell' anima di Gesù - ha interpretato questo mistero con il Salmo 40. Egli legge il Salmo così: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. L..] Allora ho detto: ecco io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb 10,5ss; cfr. Sal 40,7 -9). L'intera esistenza di Gesù è riassunta nella parola: «Ecco io vengo, per fare la tua volontà». Solo così comprendiamo pienamente la parola: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato». E a partire di là comprendiamo ora che Gesù stesso è «il cielo» nel senso più profondo e più autentico Egli, nel quale e mediante il quale la volontà di Dio vien fatta pienamente.

Guardando a Lui impariamo che, di nostro, noi non possiamo mai essere pienamente «giusti»: la forza di gravità della nostra volontà ci trascina sempre di nuovo lontano dalla volontà di Dio, ci fa diventare semplice «terra». Egli invece ci accoglie, ci attrae in alto verso di sé, dentro di sé, e nella comunione con Lui apprendiamo anche la volontà di Dio. Così, in questa terza domanda del Padre nostro, chiediamo ultimamente di avvicinarci sempre di più a Lui affinché la volontà di Dio vinca la forza di gravità del nostro egoismo e ci faccia capaci dell' altezza alla quale siamo chiamati.

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