Giovanni Paolo II. Omelie sull'Ascensione

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VISITA PASTORALE A CORTONA ED AREZZO

MESSA DELL’ASCENSIONE DI GESÙ IN CIELO
NELLO STADIO COMUNALE CITTADINO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Arezzo - Domenica, 23 maggio 1993

“Il Padre della gloria... possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente” (Ef 1, 17. 18).

1. Così scrive l’Apostolo Paolo agli Efesini. La Chiesa rilegge queste parole nell’odierna liturgia domenicale del tempo pasquale, in cui celebra il glorioso evento del 40° giorno dopo la risurrezione: l’Ascensione del Signore.

Cosa significa l’espressione paolina: “illuminare gli occhi della mente”? Gli “occhi”, di cui parla l’Apostolo, sono un dono del Padre, che suscita nell’uomo lo spirito di sapienza. Questi occhi, cioè quest’interiore capacità di vedere, ci permette di penetrare dentro il mistero di Dio, che rivela se stesso all’uomo. La pienezza di questa autorivelazione di Dio è Cristo. Dio, che si manifesta a tutti gli uomini mediante la testimonianza delle creature, Egli che nell’Antica Alleanza ha parlato per mezzo dei profeti, “ultimamente... ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1, 1-2).

Cristo – Parola eterna, Verbo Incarnato – parla a noi con il linguaggio proprio della Buona Novella. L’ultima parola del suo messaggio di salvezza è la risurrezione del Crocifisso. La Croce e la Risurrezione: ecco l’ultima parola che dà compimento alla Rivelazione divina; una parola che istituisce la nuova ed eterna Alleanza di Dio con l’umanità.

2. “Davvero il Signore è risorto”... (Lc 24, 34). I racconti pasquali testimoniano che la risurrezione è entrata nella coscienza dei discepoli innanzitutto come esperienza del “sepolcro vuoto”, di quel sepolcro situato appena fuori delle mura di Gerusalemme, dove, nell’imminenza della Pasqua giudaica, Cristo crocifisso era stato sepolto. “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone...” (Lc 24, 34). Non solo a Pietro apparve, ma anche agli altri apostoli, ai discepoli, alle donne: si aprirono così gli occhi del loro cuore, lo riconobbero e divennero testimoni della Risurrezione.

La straordinaria esperienza dei discepoli si protrasse per quaranta giorni. Dopo questo tempo Cristo “fu elevato in alto sotto i loro occhi, e una nube lo sottrasse al loro sguardo” (At 1, 9). Oggi ricordiamo e riviviamo nella liturgia precisamente questo evento chiamato “Ascensione”. La “nube”, nel racconto degli Atti degli Apostoli, così come in tutta la Sacra Scrittura, è il segno della misteriosa presenza di Dio.

Fino a quel momento, Gesù era stato fisicamente presente in mezzo agli uomini, ed anche dopo la sua risurrezione si era incontrato con loro, ma, da quel giorno, Egli comincia a sedere alla destra del Padre, cioè nella profondità di Dio. Quando era nel mondo diceva: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10, 30) e “Io sono nel Padre e il Padre è in me” (Gv 14, 11). Ciò che nel mondo si era realizzato nella persona del Figlio dell’Uomo, da quel momento trova il suo posto nell’eternità divina: Dio da Dio, Luce da Luce.

3. Dopo la sua Ascensione, Cristo non ha cessato di essere Figlio dell’Uomo. Dio da Dio, Egli è adesso una cosa sola con il Padre anche come Redentore del mondo: è una cosa sola con il Padre in quanto Crocifisso e Risorto.

L’Ascensione è perciò il “tempo”, il “momento” favorevole che il Padre ha riservato alla sua scelta; “il tempo e il momento” in cui – mediante la potenza salvifica della Croce e della Risurrezione – tutto è maturato per giungere alla ormai imminente Pentecoste: “Ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8). Perciò gli Apostoli, fissando la nube che aveva sottratto il Maestro divino ai loro sguardi, sentono le parole: “Perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo” (At 1, 11).

L’Ascensione costituisce perciò il termine della missione che il Figlio ha ricevuto dal Padre: in Lui il Padre ha rivelato l’immenso amore con cui ha amato il mondo. Si tratta di un termine che è al tempo stesso per noi un nuovo inizio, poiché la venuta di Cristo tra di noi nello Spirito Santo continua fino al presente e continuerà sino alla fine dei secoli, fino alla “Parusia”, giorno in cui Gesù tornerà “allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (At 1, 11)

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