Beata Anna K. Emmerick. ESPIAZIONI PER IL SANTISSIMO SACRAMENTO

Tiepidezza e indifferenza dei cristiani

Nelle occasioni delle celebrazioni festive, Anna Katharina Emmerich con il suo compito espiatorio, veniva guidata nei suoi viaggi spirituali dal suo Angelo in diverse chiese della sua patria e dappertutto fino ai confini del globo terrestre del cattolicesimo. Essa doveva espiare, con la sofferenza e la preghiera, le ingiustizie che venivano compiute a causa della tiepidezza e l’indifferenza dei cristiani di questi luoghi. Tale indifferenza arreca un grave e permanente danno ai “Sacramenti dell’amore”. Appena Anna Katharina iniziò a rendersi conto di quest’espiazione fu assalita senza interruzioni dalle più penose malattie e sofferenze corporali.
La prima comunicazione che il “pellegrino” ebbe da Anna Katharina, riguardava la festa del Corpus Domini del 1819. Questo il racconto della pia veggente: ‘Ho trascorso tutta la notte con persone afflitte e miserabili, alcune di queste erano di mia conoscenza, si muovevano in circolo, l’una dietro l’altra, e hanno pregato Dio. Erano tutti quelli che non possono avvicinarsi, con il cuore leggero e gioioso, al sacro Sacramento. Vidi solo le loro sofferenze, li ricevetti e li portai sulle mia spalla destra. Era un fardello così pesante, che la mia parte destra tendeva ad accasciarsi quasi tutta al suolo. Accettai, come potevo, l’intera sofferenza o una parte di tutti quanti. Vidi gli uomini con i cartelli sul petto e riconobbi, leggendo sui medesimi, le sofferenze di ognuno. Questi cartelli, dov’erano le immagini delle sofferenze, le potei estrarre dal petto come se fossero state impresse su un rotolo. Si ammucchiò moltissima carta. Presi anche le mie proprie sofferenze, le quali erano larghe quanto un palmo della mano, tutte simbolizzate come una lunga cintura con righe rosse: unii tutti i rotoli insieme, li piegai a metà e li legai, avvolgendo intorno a questo grosso e pesante pacco entrambi gli estremi della cintura delle mie sofferenze sulla croce. I rotoli avevano colori differenti secondo le sofferenze di ognuno. Riflettendoci potevo riconoscere i colori di alcuni conoscenti. Presi il pacco sulle mie spalle e visitai il Santissimo Sacramento per offrirGli le sofferenze della povera gente che non riconosce, nella propria cecità, il suo indicibile tesoro di sollievo salvifico. Dapprima giunsi in una cappella disadorna e incompleta, ma Dio era ben presente sull’altare e Gli offrii il fardello pregando il Santissimo Sacramento. Mi sembrò come se questa cappella fosse divenuta la fonte della mia energia, fino al punto che il peso del fardello si alleggerì e lo portai volentieri sulla mia spalla destra, pensando al peso enorme della Croce che ha premuto sulla spalla del nostro Signore e delle sue Piaghe. Ho visto spesso questa Piaga: è la più dolorosa di tutto il suo santo corpo. Giunsi in un posto dov’era una processione e vidi in altri luoghi anche altre processioni, alle quali mi unii. Potei notare che i partecipanti a queste processioni portavano anche sofferenze simili a quelle che io portavo nel mio pacco. Con mia meraviglia vidi fuoriuscire dalla loro bocca, durante il canto, gli stessi colori che avevano i rotoli che portavo in loro vece. Vidi il Santissimo Sacramento sollevato in aria e portato da Angeli e spiriti, avvolto da un grande splendore e maestà, che ora aveva assunto la figura di un fanciullino splendente. Io pregai e offrii il mio fardello. La processione principale alla quale io mi ero unita entrò in una chiesa cinta da un cimitero o un giardino. Ebbi la sensazione che questa chiesa fosse sospesa in aria. Intorno alla medesima si trovavano tutte le specie di fiori rari che sono solitamente sulle tombe, gigli, rose bianche e rosse e astranzie bianche. Dalla parte orientale di questa chiesa apparve in una luce maestosa una figura sacerdotale, sembrava il Signore. Presto fu circondato da dodici uomini dall’aureola luminosa e intorno a questi apparvero molti altri. lo potevo ben vedere tutto. Adesso usciva dalla bocca del Signore un piccolo corpo splendente, prima diveniva grande e poi di nuovo si rirnpiccioliva, era una figura di bambino piena di splendore, che andò prima nella bocca dei dodici e poi passò in quella degli altri.

Tale scena non era proprio l’immagine storica del giovedì santo, come già avevo visto quando il Signore sedeva al tavolo con gli Apostoli, ma nel complesso mi ricordò questa. Tutti erano raggianti e si teneva un Ufficio divino in occasione di una celebrazione religiosa. La chiesa era gremita di persone che sedevano oppure stavano in piedi o si libravano nell’aria. Alcuni per poter assistere alla funzione venivano innalzati l’uno sopra l’altro su sedie, in modo che tutti avrebbero potuto vedere. Poi vidi una forma apparire nelle mani del Signore; era illuminata da un piccolo corpo splendente che usciva dalla bocca di Gesù. Alla fine, tale forma, prese un preciso aspetto contornato di splendore spirituale: era il santo Sacramento dell’altare, messo in mostra come oggetto di devozione. Il Signore continuamente dice la sua parola di vita attraverso il medesimo, e il corpo di luce passa dalla sua bocca a tutti i presenti. Io posai a terra per un pò il mio pacco, per ricevere il sacro Sacramento, e quando lo ripresi vidi un gruppo di persone con altri pacchi sporcissimi, che non volli sapere di accogliere. Mi fu detto che questi dovevano essere puniti severamente e poi indirizzati alla penitenza. Non ebbi compassione e andai via. Vidi quella cappella in montagna, dove mi riposai con il mio pacco e dove avevo visto da bambina il primo altare e il tabernacolo dei cristiani. Compresi il significato che aveva il Sacramento nel tempo delle persecuzioni. Il cimitero che prima avevo visto stava a significare che gli altari dei sacrifici incruenti si trovavano sulle tombe dei Martiri e che in seguito anche le chiese vennero costruite dove si trovavano tali altari. Vidi la Chiesa nella natura celeste e spirituale e il culto di adorazione del Sacramento, come tesoro della medesima, direttamente celebrato da Gesù. Mi apparvero le celebrazioni delle ricorrenze dei cristiani primitivi, di quelli attuali e di quelli futuri e il loro risveglio con il rinnovamento nella Chiesa. Alla festa di sant’Isidoro “il contadino” (15 maggio), mi fu mostrato chiaramente l’effetto della lettura della Messa e del suo ascolto, e mi fu detto che per fortuna tante Messe, anche se lette da preti ignoranti e indegni, allontanano i pericoli, le punizioni, le tribolazioni e tutte le tendenze istintive degli uomini. Molti preti non hanno la giusta percezione e la conoscenza dell’azione liturgica del santissimo Sacrificio, perché se l’avessero, non potrebbero più celebrarla dallo sgomento. Mi apparve chiaro, allora, in tutta la sua dimensione, il significato della meravigliosa benedizione che si ottiene con l’ascolto della Messa e in qua! modo un fedele reca in casa tutto il bene ditale benedizione. Vidi quante benedizioni si ottengono tramite l’ascolto della Messa, e come gli errori che vengono commessi nella stessa sono rimediati grazie all’aiuto soprannaturale. L’anno successivo essa iniziò prima della festa di Pentecoste, nella novena, un sacrificio devozionale espiatorio per il Santissimo Sacramento. Questo compito espiatorio richiese alla martire terribili pene che durarono più settimane, portandola fino alle soglie della morte. Era accompagnata dai Santi del giorno e particolarmente da quelle anime benedette che nei tempi passati avevano assunto gli stessi compiti di sofferenze al pari di lei. ‘lo l’ho trovata informò il “pellegrino” oggi (17 maggio 1820), in lacrime. La Sòntgen’ voleva portarle alcune donne estranee che lei però non potette accogliere. Pianse profondamente, dicendo: “Io voglio morire in ogni momento per le miserie umane”, e si lamentò: “Eppure non mi si lascia in pace”. La sua malattia era divenuta insopportabile. La veggente aveva i dolori più forti e trafitture nel fianco; in aggiunta si stmggeva per il Santissimo Sacramento; era indescrjvibilmente afflitta e inondata dalle lacrime. La sofferenza aveva investito nella stessa misura sia il corpo che l’animo. Si trovava in condizioni pietose. Supplicò la bambina (sua nipote) di pregare per lei e dire tre Pater affinché Dio le donasse la forza di vivere, se così fosse giusto. La bambina pregò ed Anna Katharina insieme a lei, poi si tranquillizzò.

18 maggio: ‘La sua fame per il Sacramento diveniva sempre più forte, ed era in preda ad uno struggimento. Ella si lamentava della perdita del gusto ingerendolo e cadendo in estasi chiamò, lamentandosi, il suo Sposo celeste: “Perché mi lasci così affamata dite? Senza dite muoio. Tu solo mi puoi aiutare. Se io devo vivere, dammi dunque la vita!” Quando ritornò in sé così aggiunse: “Il Signore Gesù Cristo mi ha detto che questo avrebbe servito per farmi comprendere cosa sarei senza di lui”.
Anna Katharina è oggetto di visioni così tristi che non vuole nemmeno raccontarle. In queste vede tante necessità e miserie incombere sugli uomini come tante opere delle tenebre, per mezzo delle quali “Dio, specialmente in questo tempo di feste sante, viene così tanto offeso.” Il secondo giorno di Pentecoste dello stesso anno (22 maggio 1820), essa ricevette l’annuncio del suo più difficile compito per il Santissimo Sacramento. Così narrò in merito:
“Mi trovavo in una grande chiesa, ero inginocchiata dinnanzi al Santissimo Sacramento, cinto da indescrivibile gloria. Mentre ero in profonda contemplazione scorsi nel Sacramento la figura del Bambino Gesù, avvolta da splendore. A questa vista il mio cuore sussultò e riversai innanzi ad esso i lamenti della mia gioventù. La risposta del Sacramento penetrò in me sotto forma di un raggio formato dall’insieme dei raggi che partivano da ogni lato della chiesa. Nell’accoglierlo, in questo modo unificato, ricevetti infinita consolazione; accettai anche un soave rimprovero per i miei errori. Ho trascorso quasi tutta la notte in devozione dinnanzi al Sacramento, al mio fianco c’era il mio Angelo”.

Di un’altra Visione, la pia suora non volle raccontarne i singoli dettagli, per umiltà, perché ricevette l’apparizione di Sant’Agostino e quella delle sorelle del suo Ordine, Rita da Cascia, e Chiara da Montefalco , dalle quali venne istruita per un simile lavoro di sofferenza; loro stesse avevano pregato per il Sacramento. Appena Anna Katharina ebbe terminato la sua breve spiegazione dell’immagine del Sacramento entrò in estasi, e mentre il “Pellegrino” si intratteneva nell’anticamera con il confessore in conversazione, essa improvvisamente si alzò dal suo letto emanando raggi di gioia sul volto. Rimaneva ferma sui suoi piedi, come nessuno l’aveva più vista così da quattro anni. Levate le braccia in aria, tranquillamente, recitò tutto il Te Deum in questa meravigliosa posizione; sebbene mostrasse uno stato di spossatezza con un colore giallognolo in volto e gli zigomi tratteggiati dall’apprensione. La sua voce era calda, leggera e piacevole, tutt’altro che la solita. In quella voce cera qualcosa di leggero e interiore come quella di un tenero bambino che recita a suo padre una poesia di lode. Nel pronunciare determinate parole congiunse le mani e chinò il capo pregando. Ella restava ancora in piedi stabile e sicura, la sua lunga veste che scendeva fino alla caviglia le dava un aspetto serissimo e di pieno rispetto. La sua preghiera ad alta voce era una commovente orazione di ringraziamento, recitata con il viso illuminato dallentusiasmo dellamore per Dio. “SantAgostino, raccontò il giorno seguente, stava presso di me, nei suoi ornamenti vescovili ed era molto gentile. Io ero così toccata e allietata della sua presenza e mi ritenni colpevole, dicendogli sinceramente che non lo avevo mai venerato particolarmente. Egli allora mi rispose: “Ma io ti conosco, sei una delle mie figlie”. Allora lo pregai di lenire le mie malattie ed egli mi mostrò un mazzetto di fiori dove ce n’era uno blu. A quella vista ricevetti nello stesso tempo un sapore interiore e fui pervasa da una forza e una sensazione di benessere in tutto il mio corpo. Sant’Agostino mi disse: “Tu non sarai mai aiutata del tutto poiché la tua via è quella del dolore; quando però supplichi per avere sollievo e aiuto ricordati che sono pronto a darteli. Adesso alzati e recita il Te Deum ringraziando la santissima Trinìt per la tua guarigione”. Allora mi alzai e pregai, poi mi sentii più rinforzata e la mia gioia fu molto grande.

Sant’Agostino mi apparve nella sua gloria celeste. Dapprima vidi la santissima Trinità e la santa Vergine, poi mi comparve l’immagine di un vecchio su un trono. Dalla fronte, dal petto, e dalla zona dello stomaco gli fuoriuscivano raggi che andavano a formare dinnanzi a lui una croce che diffondeva in infinite direzioni un bagliore luminoso verso Cori e Ordini di Santi e Angeli. Ad una certa distanza vidi la gloria celeste di sant’Agostino. Lo vidi sedere su un trono mentre riceveva anch’egli, dalla Croce della Trinità, bagliori di splendore. Mi apparvero immagini di religiosi vestiti nei modi più diversi e una grande quantità di chiese, che erano su un monte; esse si sollevavano e restavano nell’aria, l’una dietro l’altra, come piccole nuvole. Tutte queste chiese erano state fondate da lui. Questa gloria era un’in1nagine della sua magnificenza celeste. La Luce che egli riceveva dalla Trinità era la sua personale realizzazione e la sua personale illuminazione I suoi cori erano le anime, i•”Vasi” di trasmissione di Dio, che ricevevano e riversavano sugli altri la luce di sant’Agostino. I cori intorno ad Agostino erano formati dai membri di tutte le organizzazioni religiose, i preti, gli insegnanti, e le comunità, nate per merito della sua opera. Vidi anche tutti quelli, che per merito proprio, erano divenuti veri vasi di Dio, fontane ridistributrici di acqua viva. Poi sant’Agostino mi comparve in un giardino celeste, un bel giardino pieno di alberi meravigliosi, piante e fiori; c’erano con lui tanti altri Santi, tra cui mi ricordo particolarmente di Francesco Saverio e Francesco di Sales. Essi si muovevano tra la frutta e gli alberi del giardino, che simboleggiavano tutte le grazie ed i meriti della loro vita. Vidi in questo giardino anche molte persone viventi che conosco essere accolte in modo diverso. Quest’apparizione dei viventi nel giardino dei Santi e dei Beati è la visione opposta dei Santi sulla terra, poiché io vedo i viventi simili a spiriti, nel giardino dei Santi e ricevere ogni specie di frutta saporosa. In questo luogo alcuni si elevano per mezzo della grazia attraverso la preghiera; altri sembrano riceverla direttamente come un vaso di trasmissione. La differenza tra questi due stati si evidenzia con l’esempio di alcune persone che sono occupate in un giardino a cogliere la frutta, mentre altri la ricevono direttamente per volontà di Dio da un Santo. Dopo questa visione la guida mi accompagnò sulla strada che porta alla Gerusalemme celeste. Qui dovetti arrampicarmi per una montagna, giunsi in un giardino dove Chiara da Montefalco era la giardiniera. Essa aveva nelle mani piaghe luccicanti, e intorno al capo una corona splendente di spine. Se Chiara non avesse ricevuto i dolori non avrebbe potuto ricevere le piaghe esterne corrispondenti. Mi disse che questo giardino era il suo, e poiché io pure mi dilettavo di giardinaggio, mi volle mostrare come si sarebbe dovuto coltivare. Il giardino era circondato da un muro invisibile, non un vero muro, nel senso materiale, poiché era trasparente e si poteva attraversarlo. Consisteva di pietre rotonde, colorate e luccicanti. Nel punto centrale il gidrdino si suddivideva regolarmente in otto graziosi campi con alcuni alberi grandi e belli nel pieno della fioritura. Una fontana rinfrescava tutto il giardino. Intorno al muro stavano delle viti, girai per quasi tutta la notte nel giardino con santa Chiara, che mi insegnò l’uso e mi spiegò il significato di ognuna di queste piante e il trattamento da farsi. Andava da un’aiuola all’altra e io non so più veramente dove avesse trovato quelle radici. Presso un albero di fichi mi spiegò molte cose che non ricordo più. Nelle aiuole erano presenti anche molte coclearie e cerfogli . Mi disse che se avevo gustato molte cose dolci dovevo riempirmi la bocca di coclearie e se all’inverso avevo gustato molte amarezze, riempirmi la bocca di cerfogli. Fin da bambina avevo già amato e masticato queste erbe, ed avevo ben potuto vivere con queste. La cosa più difficile per me era conoscere come veniva trattata la vite, come potevo legarla, potarla e separarne i rami; questa fu l’ultima spiegazione che mi venne data nel giardino. Durante il lavoro vedemmo volare in circolo, sopra di noi, molti uccelli che si posarono poi sulla mia spalla, sembravano avere molta fiducia in me come nel giardino del convento. Chiara mi mostrò anche che avrebbe impresso il marchio del martirio della Passione nel suo cuore e alla sua morte sarebbero state trovate tre pietre nella bile. Mi parlò delle grazie che avrebbe ricevute nella festa della santa Trinità, e mi preavvertì che io per questa festa avrei dovuto prepararmi per un nuovo lavoro. Santa Chiara mi apparve molto magra, bianca e sfinita. Vidi anche Rita da Cascia. Essa ha pregato davanti ad una croce con umiltà solo per avere una spina dalla corona delle sofferenze. Un giorno in seguito alle sue preghiere si sprigionò dalla corona delle sofferenze di Gesù un raggio luminoso che ferì la sua fronte. Per questa ferita soffrì per tutta la vita i dolori più indicibili. Permanentemente prese a scorrere da questa ferita del pus, le persone la rifuggivano. Io vidi la sua intensa devozione verso il Santissimo Sacramento. S. Rita ha parlato molto con me. La sera precedente la santa festa della Trinità iniziò il nuovo compito spirituale annunciato da Chiara da Montefalco. Così raccontò suor Emmerich: Quando mi resi conto della cattiva preparazione con la quale alcuni vanno alla santa confessione, rinnovai le mie suppliche a Dio; Egli mi volle lasciar soffrire un pò per il loro miglioramento. Ailora le sofferenze iniziarono a cadere su di me in modo continuato, acute trafitture dì dolori, come raggi o frecce. Nella notte scese una grave pena in me, che non avevo mai provato; iniziò intorno al mio cuore, come un gomitolo di dolore che rinchiudesse una fiamma. Da questo fuoco si espandevano dolori in tutto il mio corpo; attraverso il midollo e le gambe scendevano fino alle punte dei piedi, alle unghie ed ai capelli. Io sentii qualcosa diffondersi e ripercuotersi da questi dolori, la percepii dapprima come se uscisse dal cuore nelle mani, diffondersi nei piedi e intorno al capo, e da lì ripartire tornando nel cuore, così che le piaghe erano i centri principali di irradiazione.

Queste pene aumentarono divenendo sempre più lancinanti e piene di significato, fino alla mezzanotte. Restai sveglia e fui inondata di sudore senza potermi muovere. Avevo solo una consolazione, portata dalla convinzione che dov’erano i punti principali dei dolori ci fosse la forma della croce. A mezzanotte non potevo più sopportarli e poiché nello sfinimento avevo perduto coscienza della provenienza di questi dolori, mi rivolsi come un bambino al santo padre Agostino e lo supplicai Con queste semplici parole: “Caro padre Agostino tu mi hai promesso il sollievo, perciò io ti chiamo; guarda come è grande la mia sofferenza e la mia miseria!” Il Santo non mi lasciò inascoltata ed accoe subito pieno d’amore ricordandomi e spiegando meglio il motivo delle mie sofferenze che non poteva togliermi, perché hanno la radice nella sofferenza di Gesù, ma avrei dovuto averne anche consolazione. Mi disse ancora che io avrei dovuto patire fino alle tre. Le pene continuavano ininterrotte ma con la grande consolazione di percepirle radicate nella sofferenza di Gesù per la giustizia divina verso tutti gli altri. Io sentii il sollievo di essere d’aiuto, e in questa sensazione racchiudevo tutte le sofferenze che mi stavano nel cuore, affidandomi alla misericordia del Padre celeste, e al padre sant’Agostino. Egli mi ricordò che tre anni fa, la mattina della festa di tutti i Santi, la morte mi era vicina e mi era apparso il mio Sposo celeste che mi aveva posto la scelta se avessi voluto morire e soffrire ancora nel Purgatorio oppure se volevo ancora soffrire a lungo sulla terra, ed io gli avevo detto: “Nel Purgatorio non posso più aiutare nessuno, se la tua volontà non è contraria lasciami soffrire più volte tutte le sofferenze nella vita se con queste posso aiutare anche solo un’anima”. Mi ricordai chiaramente di quel voto dietro l’esortazione del mio santo padre dell’Ordine, e così potei soffrire fino alle tre le pene più disperate con tranquillità e gratitudine. I dolori così pressanti mi provocavano sudore di paura e le più amare lacrime. Più tardi ebbi ancora una visione della santissima Trinità. Vidi una figura irradiata di splendore, era il vecchio di prima, seduto sul trono. Dalla sua fronte si diffondeva una luce incolore dal chiarore indescrivibile; dalla sua bocca fuorisciva un fascio di luce di un certo colore giallo e fuoco, dal centro del suo petto, dall’epicardio, si diramava una luce colorata. Tutti questi raggi luminosi formavano, tagliando l’aria, una croce di luce davanti al petto dell’anziano, come il bagliore di un arcobaleno. Dalla croce si diffondevano innumerevoli raggi verso tutti i Cori celesti e verso la terra rigenerando tutto quello che toccavano. Sulla destra si trovava il trono con la santissima Vergine Maria e vidi fuoriuscire, dal vecchio, un raggio che la investiva, Da Maria, a sua volta, si levava un raggio che toccava la croce sulla sua sinistra, irrorandola di uno splendore diamantino mentre il cielo dietro di lei si era fatto di un celeste limpido indescrivibile. Questa visione fu una delle più impressionanti che io ebbi, non saprei come esprimerla anche se volessi rivelarla per intera. Proprio la bellezza del cielo celeste e il raggio diamantino furono esperienze di luce e di colori inesistenti nel nostro mondo. Vidi l’Angelo sotto il trono in una luce incolore. Più in alto si trovavano i ventiquattro Padri dell’antichità con i capelli bianchi argeritati che circondavano la Santissima TrinitÌ. Tutto l’altro spazio infinito era riempito da differenti Santi, ognuno circondato dai suoi Cori. Vidi Agostino a destra della Trinità con tutti i suoi santi Cori, molto più in basso di Maria; poi tanti giardini e immagini di luoghi luminosi e dovunque immagini di chiese, Dovunque vigeva la medesima legge, lo stesso modo di vivere sotto diverse forme, ma attraverso ognuno si manifestava la volontà della luce del Padre attraverso la croce del Figlio. Davanti alla Madre di Dio vidi sedere una lunga fila di figure femminili. Erano vergini e avevano corone e scettri, ma non sembravano essere regine terrene, ma piuttosto spiriti o anime, che attratte da Lei la servivano come servivano i ventiquattro vecchi della Trinità. Come in una festa tutto iniziò a muoversi meravigliosamente ed io percepivo l’insieme come l’armonia di una bella musica. Vidi in questo movimento festoso una processione, oppure molte di queste, passare sotto il seggio della Santissima Trinità, simili a stelle che giravano intorno al sole nel cielo. Poi vidi giù sulla terra le innumerevoli feste e processioni di questo giorno accordarsi con le feste celesti. Purtroppo le processioni sulla terra avevano qualcosa di miserabile, oscuro e disarmonico e pieno di manchevolezze, nonostante si conservasse ancora qualcosa di buono. Vidi, tra queste, anche la processione a Dulmen e notai un bambino miserabilmente vestito e la sua casa. Allora pensai: voglio vestirlo».

Alla festa del Corpus Domini del 1819, tra le perduranti condizioni di sofferenze, Anna Katharina ebbe molte visioni di come ebbe inizio la festività del Santissimo Sacramento e di tutta la storia della sua adorazione fino al tempo attuale. Ma ella a causa della spossatezza comunicò solo quanto segue.• Vidi un’immagine che spiegava l’introduzione della festività del Santissimo Sacramento. Il Signore Gesù Cristo sedeva al centro, parte laterale del tavolo, alla sua sinistra sedeva Pietro e alla sua destra un Apostolo esile e slanciato che rassomigliava molto a Giovanni 6 Prima vidi il Signore seduto che impartiva insegnamenti spirituali, poi si alzò come gli altri. In quel momento tutti restarono in silenzio presi dal desiderio di vedere cosa avrebbe fatto: Egli sollevò il pane, e volgendo gli occhi in alto, lo spezzò, poi lo benedisse. Nel far questo emanò una luce viva che infuse sul pane. Egli stesso apparve assorbito da quella luce che si diffuse su tutti i presenti. Tutti divennero silenziosi, illuminati, e pieni di devozione, solo Giuda si allontanò da questa luce, portandosi nell’ombra. Gesù sollevò gli occhi al cielo e contemporaneamente anche il calice, poi lo benedì. Io non posso trovare le parole adatte per descrivere adeguatamente quello che vidi. Percepii la transustanziazione e Lui che si trasformava, il pane e il calice erano colmi di splendore e vidi che egli aveva posato i pezzetti di pane sopra un piatto piano, che doveva essere una patena primitiva, e li porgeva, con la sua mano destra, direttamente ai singoli nella bocca. La prima a riceverlo fu la Madre di Dio la quale, frattanto, si era avvicinata al tavolo degli Apostoli. Vidi con il pane anche la luce entrare nella bocca della Madre di Dio; poi, come la forma di un COrpo, nella bocca degli Apostoli. Tutti furono attraversati dalla luce, solo Giuda rimaneva sinistro nell’oscurità, Il Signore prese il calice nella mano per il gambo e lasciò bere gli Apostoli. Ancora una volta vidi gli Apostoli ricolmi di splendore luminoso; poi tutta l’immagine svanì». Dopodiché Anna Katharina Emmerich ebbe una lunga serie di immagini mutevoli, dalle diverse figure, all’offerta e alla devozione del Sacramento. Purtroppo era sfinita per la stanchezza e i dolori della notte, ma nonostante ciò riuscì a raccontare qualcosa, anche se in modo non chiaro: 4o vidi come con il passare degli anni, nel corso della storia, che il pane eucaristico assumeva un aspetto sempre più bianco e fine. Già con gli Apostoli in Gerusalemme aveva una forma più piccola, come piccoli bocconi, che Pietro distribuiva; poi lo vidi in forma quadrata e alla fine divenire rotondo. Vidi che gli Apostoli avevano già diffuso l’ostia nei luoghi lontani e i cristiani si riunivano in sale o case, perché non avevano ancora le chiése. Gli Apostoli portavano dalle proprie abitazioni l’ostia nel luogo di riunione, per esporla al culto dell’adorazione pubblica. La gente la contemplava reverentemente. Durante l’epoca del cristianesimo primitivo vidi le chiese come semplicissimi luoghi di raduno, in locali o case, più tardi i cristiani ricevettero, anche dai pagani, grandi templi che venivano consacrati, da allora il Sacramento rimase fisso nel luogo di devozione. Vidi anche che i cristiani ricevevano nelle mani e poi mangiavano il pane eucaristico e le donne che dovevano prenderlo con un fazzolettino, e che i cristiani in un certo tempo avevano il permesso di portare il Sacramento a casa in un vasetto o una scatoletta chiusa, appesa al collo. Quando quest’usanza fu abolita, venne permessa ecceziorialmente a singoli fedeli. Ebbi, l’uno dopo l’altra, moltissime visioni sul santo Sacramento, come venne accolto e la sua devozione. Vidi al principio del cristianesimo, e in alcune epoche della storia, i cristiani nella più grande fede, innocenza e illuminazione, e in altri tempi, in condizioni umilianti di confusione e persecuzione. Vidi la Chiesa effettuare, nel fervore dello Spirito Santo, alcuni cambiamenti sul modo di esprimere la devozione al Santissimo Sacramento. Nei periodi di decadenza della Chiesa vidi l’interruzione della celebrazione del Sacramento, ed ebbi pure una Visione sull’origine dell’istituzione della festa del Corpus Domini e la pubblica devozione, al tempo della grande decadenza, per ottenere grazie sia per le comunità singole che per tutta la Chiesa. Vidi una solenne celebrazione in una città a me conosciuta, credo Liegi, poi vidi un paese caldo e lontano, dove crescevano frutta e datteri, e qualcosa accadere in una città. I cristiani si radunavano nella Chiesa e il prete era sull’altare, davanti alla chiesa c’era un trambusto. Un uomo, un tiranno crudele, montava un cavallo bianco inselvaggito e lanciato a gran Carriera. Molta gente si tirava di qua e di là preso dalla più indicibile paura. Era come se il tiranno volesse spingere la bestia nella Chiesa per dileggio. Credo che egli dicesse che ora i cristiani dovevano rendersi conto se il loro Dio di pane fosse veramiente Dio. La gente nella Chiesa era terrorizzata.
Appena il tiranno entrò a cavallo nella chiesa e si avvicinò all’altare vidi il prete dargli la benedizione con il Sacramento. Nello stesso momento la bestia furente si fermò e il prete, facendosi incontro al cavallo, si avvicinò alle porte con il Sacramento. A questa vista la bestia si avvicinò umilmente e cadde sulle ginocchia. Il barbaro tiranno e tutto il suo seguito, di fronte all’avvenimento, apparivano trasformati: si inginocchiarono, entrarono nella chiesa e si convertirono.
Anche questa notte fui presa da indescrivibili pene interiori. Queste pene erano forti e lancinanti e tutte le membra ne erano investite, più volte ebbi la tentazione di gridare.
Suor Emmerich non poteva più voltarsi e non sapeva più delle visioni della notte e quanto tempo era rimasta nelle pene, con trafitture di dolori che giungevano fino alle punte dei piedi. Tali dolori avevano un significato particolare ed erano in rapporto ai peccati, o deviazioni, di qualcuno. Essa conosceva il motivo delle sue sofferenze. All’inizio della notte di nuovo ebbe la visione del giardino di santa Chiara da Montefalco. Costei le mostrò il significato degli otto campi del giardino: questi simbolizzavano gli otto giorni della celebrazione del Santissimo Sacramento, ed Anna Katharina, donando le sue sofferenze, ne avrebbe già coltivati tre. La pia suora ricevé nuovamente spiegazioni mistiche sul significato delle piante in rapporto al dolore.

Il 3 giugno il “Pellegrino” così scrisse: t’La trovai indescrivibilmente martirizzata. Stanotte ella ha sofferto indescrivibili miserie, perché ha visto anche molti bisogni individuali di persone le quali si raccomandano alla sua preghiera. Nelle condizioni in cui si trova può parlare solo poco e mi prega di rivolgere le orazioni a due casi urgenti di grande bisogno: il primo riguarda una famiglia in campagna per la quale ha preoccupazioni e paura a causa di una disgrazia incombente. L’altra riguarderebbe l’indigenza e le preoccupazioni incombenti su una famiglia in città a causa dei peccati. Queste cose le sarebbero state raccomandate in modo particolare”. La domenica dell’ottava di Pentecoste, il “Pellegrino” la trovò, come la sera della vigilia della festa, in uno stato di spossatezza ancora più grande a causa dei singoli peccatori e per le mancanze ed i bisogni della Chiesa. Disse: “Trascorro le notti in indescrivibili pene, poiché prendo sempre più coscienza dei mali e delle sofferenze dell’umanità. I miei dolori si interrompono solo quando posso avere contatto con le immagini dei singoli sofferenti e indigenti; essi si raccomandano alle mie preghiere e vogliono mostrarmi il loro bisogno avvicinandosi, con visite quotidiane, al mio 1etto. Appariva molto affaticata da queste pene, e più tardi così raccontò:
‘Mi trovai in una grande chiesa, vidi il banco della comunione che era indescrivibilmente grande; fuori c’erano molte case e palazzi; preti e laici uscivano dalle case chiamando la gente a raccolta per la distribuzione del Sacramento; dappertutto vidi scene di vita mondana: in una casa dei giovani scherzavano e amoreggiavano; altre persone discorrevano molto e animosamente, senza enso, ecc. Poi vidi servi uscire nella strada per invitare tutti gli storpi, poveri, paralitici e ciechi a rientrare. Molti di tali storpi entrarono nelle case, i ciechi venivano guidati ed i paralitici portati da quelli che pregavano per loro. Riconobbi alcuni miei conoscenti tra questi storpi e ciechi, ma li conosco, nelle condizioni di veglia, in buona salute. Infatti domandai ad un cieco che conoscevo come gli era accaduta quella disgrazia, poiché lo sapevo sano. Ma egli non volle credere alla sua cecità. Incontrai anche una donna, che avevo conosciuto quand’era giovane e da allora non l’avevo più vista, adesso la vedevo storpia e le domandai se avesse ricevuto quell’infermità negli ultimi tempi, ma anch’essa era convinta di stare bene.

Nel pomeriggio la suora Emmerich esortò, con un ammonimento interiore, un cittadino ad usare dolcezza nei confronti di sua moglie che aveva maltrattato. Egli pianse molto pentito e vicino a lui c’era la moglie e anche i bambini che mantenendosi attaccati alla gonna della madre, la ringraziarono. Poi la veggente cadde di nuovo nei suoi dolori spirituali e tutto il corpo fu investito da un forte tremore. Il suo dito medio si curvò di nuovo e le sue piaghe si arrossirono, mentre il suo viso era rimasto ancora chiaro e amichevole, pieno di gioia di soffrire con Gesù. Si notava però che il suo dolore era veramente forte e crescente. Nel profondo dell’estasi disse che il momento era molto difficile e sarebbe andata verso oriente, nel giardino di prima, e all’albero dei fichi avrebbe goduto il sapore di uno di questi. Poi aggiunse che essa aveva ancora quattro aiole da coltivare (quattro giorni dell’ottava), prima di finire il suo lavoro, notò bene che presso la fontana del giardino si sarebbe trovato anche un rosaio pieno di grosse spine. Chiara da Montefalco, che aveva sofferto come lei, le sarebbe stata inviata dal suo Ordine per aiutarla a preparare il giardino in modo da terminare il suo lavoro. La veggente non possedeva le reliquie di questa Santa. Mentre la sofferenza cresceva il “Pellegrino” le sussurrò: I quattro giorni sono passati.
Queste sofferenze continuarono senza pausa fino alla sera del 7 giugno. Le medesime non consistevano in dolori localizzati bensì di un martirio che passava per tutte le ossa e i nervi. Le conseguenti e profonde essudorazioni provocavano raffreddandosi, abbondanti emottisi. La lingua si era da lungo tempo incurvata e contratta, ritirandosi nella faringe. Chiara da Montefalco accompagnò la mistica suora costantemente durante il lavoro nel giardino spirituale.
All’alba la pia suora richiamava alla mente con nostalgia le esperienze interiori trascorse nella notte, nonostante le pene che come fulmini, grandine, tempeste di neve e incendi fossero precipitate e precipitassero sul suo corpo e le sue ossa. Questi dolori ponevano la sua pazienza alla più dura prova. Il 5 luglio ebbe una visione di san Bonifacio: Ero in una chiesa in adorazione davanti al Santissimo Sacramento, al centro si trovavano scalini, sul più alto c’era il santo vescovo Bonifacio mentre gli altri erano occupati da persone di ogni età e sesso. Tutti erano vestiti con indumenti antichi e pelli. Ascoltavano il vescovo innocentemente e con la più grande attenzione; in quel momento vidi scendere la luce dello Spirito Santo su Bonifacio, e piovere sulla gente raggi di differenti dimensioni.
Bonifacio era un uomo forte e ripieno del più grande entusiasmo.
Egli spiegò come il Signore, nei primi tempi, scelse i suoi e profuse in loro la sua grazia e lo Spirito Santo; così, animati e irradiati, avrebbero dovuto rendere partecipi gli altri uomini ad accogliere le grazie cristiane, in quanto queste sarebbero date ad ognuno affinché si trasformassero in uno strumento della comunità di Dio. Ad ognuno di questi membri viene data la forza e la capacità di agire non solo per sé ma per tutto il Corpo mistico della Chiesa. Il Signore dà a tutti i figli la sua grazia e chi non contribuisce a farla fruttificare, sia nei propri confronti che negli altri, cadrà in perdizione e sarà considerato ladro della comunità. Perciò il compito di ogni cristiano dovrebbe essere quello di vedere in ognuno l’amore, o di stimolare in ognuno questa ricerca, e sentirsi membro di un Corpo solo, uno strumento dello Spirito Santo scelto dal Signore. I genitori dovrebbero particolarmente contemplare e favorire questa ricerca nei bambini ed osservare in quale direzione siano stati destinati dal Signore per il suo Corpo e per la Chiesa, quali oggetti di Dio. Questa contemplazione che dovrebbero fare i genitori serve per lo sviluppo del mondo; il contrario è solo un danno e una rapina alla comunità.
Ricevetti ancora la consapevolezza che, nonostante la cattiveria degli uomini e il decadimento della religione, in nessun tempo la Chiesa sia venuta meno del fervore di membri attivi che hanno pregato lo Spirito Santo per le mancanze di tutta la comunità, e abbiano saputo soffrire per l’amore. In alcuni tempi tali membri operarono in segreto ed anche oggi ne sarebbe il caso. Vidi in molte direzioni singole figure di devoti, mistici, oranti, studiosi e sofferenti, i quali lavoravano per la Chiesa in silenzio e in segreto. Queste immagini mi davano gioia e mi incoraggiavano a sopportare meglio i miei dolori. Vidi anche in una grande città sul mare, verso meridione, un monaca ammalata nella casa di un’attiva vedova religiosa. Questa mi venne mostrata come una persona scelta da Dio per soffrire per la Chiesa e tutte le necessità della medesima, vidi che aveva le stimmate e nessuno lo sapeva. Aveva un aspetto sfinito e dimagrito ed era giunta presso la vedova da un altro luogo. La vedova divideva tutto con lei e altri preti. Il modo in cui la gente comune della città praticava la devozione non mi piaceva; le persone praticavano molte devozioni esteriori e dietro celavano tutte le dissolutezze. Lontano da questo luogo, più verso occidente, in un convento antico vidi un debole frate laico che poteva solo muoversi un pò nel salotto. Mi venne mostrato come un oggetto espiatono, per mezzo della preghiera e della sofferenza, per gli altri e la Chiesa. Vidi tanta gente, sopratutto malati e poveri, trovare in costui sollievo e aiuto. Mi venne detto che tali oggetti della Chiesa di Dio, non mancano e non sono mai mancati alla medesima, e che questi sarebbero posti dalla divina Provvidenza sempre accanto alla corruzione, per una legge di equilibrio’.
Mercoledì, 7 giugno alle ore 21 le sofferenze della pia suora, Anna Katharina Emmerich, avevano raggiunto il culmine; la pelle in tutti i punti le dolorava con inesprimibile pena. Con lo scemare dei dolori fu investita da una stanchezza mortale. Adesso sembrava paralizzata non poteva muovere più nessun membro, dare nessun segno, nessuna parola e nessun movimento. Il confessore era per questo fatto molto preoccupato e le faceva molte domande. Suor Emmerich lo capiva bene, ma, solo dopo alcune ore, potette replicare tra le lacrime, con voce sottile. Era stata nelle condizioni di una moribonda, ma adesso le pene erano passate. Il giorno seguente, il giovedì mattina presto, “il pellegrino” la trovo pallidissima, ma senza pene. Secondo le sue stesse parole essa stava quasi per finire dopo la penitenza e l’opera di suffragio. Lo scopo era stato ormai raggiunto. Dio solo avrebbe potuto aiutarla. Gesù, il suo Sposo celeste, l’avrebbe aiutata, ella godeva la sua vicinanza e il suo ristoro, indescrivibilmente dolce e benevolo. La suora disse che anche Chiara da Montefalco le era stata vicino e le aveva detto che il lavoro sarebbe terminato. Il giardino rappresentava i martiri, la vite il sangue di Gesù Cristo, e la fontana il Sacramento; vino e acqua si sarebbero dovuti miscelare. Il rosaio presso la fontana, con molte spine, non sarebbe stato ancora raggiunto, questo sarebbe avvenuto in ultimo. Essa era troppo debole per proseguire, eppure disse che con l’inizio del nuovo giorno avrebbe recitato il Te Deum, i salmi penitenziali e le litanie per ringraziamento. Per ristabilirsi dovrebbe avere quattro giorni di tranquillità., tener lontano tutto e abbandonarsi solo alla volontà di Dio.

Il 9 giugno “il Pellegrino” così informava: “Sebbene la trovassi in un pallore mortale e non potesse trovare tranquillità per i disturbi, non respingeva nessuno. Mi disse che i suoi patimenti erano legati a quelli di Gesù, e perciò essa doveva darsi tre giorni di riposo con il suo corpo, come Gesù nel sepolcro. Non sa se è giunta al termine dei suoi giorni. Il medico voleva frizionarla con lo spirito; il padre confessore, nonostante si aspettasse la sua morte, protestò e non se ne fece niente. Il confessore vedendo che la malata riceveva ancora molte visioni considerò che la fine non fosse così prossima. Alla fine il confessore avrebbe voluto darle forza per mezzo del suo dito consacrato; a questo pensiero, quasi come se lo avesse recepito, la pia suora alzò il capo e lo girò verso di lui.
In quest’abbandono le vennero in soccorso santa Chiara da Montefalco, Giuliana di Liegi e Antonio da Padova. La prima le apparve e le disse; «Tu hai ben coltivato il giardino del Santissimo Sacramento, e il tuo lavoro è adesso adempiuto. Adesso però sei molto strapazzata e ti devo portare un ristoro.» «Poi vidi la Santa, avvolta di luce, scendere e venire da me con un boccone triangolare, poi sparì, io mangiai quel boccone con grande sollievo, eppure sono certa che più volte l’avevo gi fatto ordinariamente, aveva un sapore molto dolce e mi fu di grande ristoro. La vita mi fu di nuovo regalata; sono certa che ho ricevuto questo solo per grazia di Dio. Adesso vivo ancora e posso continuare ad amare il mio Salvatore e con Lui soffrire, ringraziarlo e glorificarlo! Vidi anche le otto aiuole che avevo coltivato nel giardino di santa Chiara in questi otto giorni, cosa che senza la grazia di Dio sarebbe stata del tutto impossibile. L’albero dei fichi significava la ricerca del conforto e la debole arrendevolezza.
Spesso avevo da fare con la vite del giardino, mi ero legata alla stessa con le braccia aperte come in croce. Scorsi anche il motivo per cui avevo lavorato negli otto giorni e quali colpe dovevo suffragare. Vidi questo simbolicamente ed in relazione ad una processione del Santissimo Sacramento, in occasione di una festa ecclesiastica, nella quale i beati celebravano i tesori delle grazie che erano stati guadagnati dalla Chiesa in quest’anno, per mezzo della devozione al Santissimo Sacramento.
Queste grazie erano esposte nella forma di preziosi vasi della Chiesa, pietre preziose, perle, fiori, uva, frutta. La processione veniva guidata da bambini orfani, a questi seguivano suore degli ordini religiosi particolarmente devoti al Santissimo Sacramento. Tutti portavano sul loro abito il simbolo del Santissimo Sacramento. Giuliana di Liegi guidava tutti; vidi anche Norberto, con i religiosi del suo Ordine ‘, e in modo numeroso anche altri ordini religiosi e sacerdoti. Il tutto era avvolto in un’indescrivibile delizia e dolcezza; l’avvenimento era racchiuso in un insieme armonioso.
Si presentò poi una chiara immagine sulla carenza e la trascuratezza dell’Ufficio divino e il modo di celebrarlo sulla terra. Mi è difficile e impossibile dire come tante visioni in questo senso si intreccino tra di loro. Vedo pure, tra l’altro, la dissipazione dei preti nei confronti delle azioni sante, e innanzitutto il loro atteggiamento nella celebrazione della santa Messa. In questo contesto mi venne data la visione di un prete che nella veste sacerdotale della Messa usciva dalla sacrestia ma non per recarsi sull’altare, bensì per correre fuori dalla chiesa e andare in un’osteria. Altre volte in un giardino, da un cacciatore, da una signorina, in compagnia. Lo vedo poi nei suoi pensieri, si trova in uno stato pietoso e dannoso per sé e gli altri.
Quando tra questi preti ci è data la possibilità di riconoscere un uomo consacrato a Dio sull’altare, allora veramente c’è da commuoversi. Io vidi, in molte comunità, molta polvere e fango essere spazzate via dai sacri oggetti di Cristo, e tutto ritornare lucente e nuovo». Nella notte tra il 12 e il 13 giugno la pia veggente ricevette immagini confortanti dalla vita di sant’Antonio: ‘Vidi questo caro Santo - raccontò - dall’aspetto molto fine e nobile, vestito bene e mi ricordava Saverio. Aveva capelli neri, un naso fine e appuntito, occhi dolci e una piccola barbetta divisa. Il suo colore era molto bianco e smorto e il suo vestito color marrone, indossava anche un mantellino, non del tutto come i francescani di adesso. Aveva un temperamento istintivo, molto rapido, pieno di fuoco ma anche pieno di dolcezza. Vidi sant’Antonio del tutto fervido, si trovava sulla riva del mare, dirigersi verso la boscaglia; inoltratosi in questa salì su un albero i cui rami si espande- vano sotto di lui. Salì da ramo a ramo fino alla cima dell’albero, poi mi apparvero un’indescrivibile quantità di grandi e piccoli pesci dalle più differenti forme e tutte le specie di animali marini che erano saliti alla superficie e venuti a galla. Essi guardavano dall’acqua tranquillamente in alto verso il Santo e ascoltavano le sue parole. Dopo un certo tempo li segnò con la sua mano e il mare si ritirò con loro. Restarono molti pesci sulla terra asciutta e allora il Santo scese dall’albero e li spinse avanti riportandoli nelle onde. Tutto quello che succedeva nel boschetto era come avvolto nella notte, tutto era oscuro; solo dove andava Antonio appariva luminoso. Vidi sant’Antonio uscire nuovamente dal boschetto e andare verso il mare. Si inginocchiò e si rivolse con la sua anima ad una chiesa lontana, verso il Santissimo Sacramento. Allora mi apparve questa chiesa in lontananza dove il Santissimo Sacramento era posto in una piccola custodia sull’altare. Poi fui presa dall’immagine di un uomo piccolo, vecchio e incurvato, con un viso odioso, che correva dietro sant’Antonio. Aveva un cesto intrecciato bianco, grazioso e rotondo, e ai margini intrecciato di vimini, dal colore marrone. Il cesto era pieno di fiori ben ordinati. L’ometto voleva darli al Santo e lo urtò, ma questi lo sentì e non lo guardò, continuò a restare sempre immobile in ginocchio, assorto nella preghiera e nella contemplazione dinnanzi al Santissimo Sacramento. A questo punto il vecchio pose il cesto a terra e andò via. Vidi uscire dal Santissimo Sacramento un ostensono più piccolo, avvolto da un fascio luminoso, poi vidi formarsi da quest’ostensorio un piccolo, luminoso e amorevole Gesù Bambino, il quale andò a sedersi sulle spalle del Santo e prese ad accarezzarlo. Dopo un certo tempo il Bambino rientrò nell’ostensorio, e quest’ultimo di nuovo nel Sacramento sull’altare della chiesa lontana, che adesso appariva vicina. Vidi il Santo andar via e restare i fiori a terra; mi parve che egli fosse stato soltanto una volta nella città dove si trovava quella chiesa. Poi vidi sant’Antonio trovarsi nei pressi di una città in riva al mare, in disputa con molte persone. Tra queste c’era un uomo particolare forte e rabbioso che si rivolgeva contro il Santo con parole colorite. Allora vidi Antonio calorosamente entrare in un santo fervore e muovere entrambe le braccia sotto il suo mantelletto, come per assicurare qualcosa, e poi passando attraverso la piazza dove ferveva la riunione, andarsene via.
Questo luogo era un grande prato pieno di fiori e circondato da un muro che si stagliava lungo la riva del mare davanti alla città, dove erano molte persone che camminavano oppure ascoltavano il Santo. Ebbi ancora un’altra immagine di Antonio: era in una chiesa e leggeva la Messa e vidi innanzi alla chiesa una lunga via che conduce alla porta della città tutta piena di popolo in attesa. Vidi quell’uomo, che aveva litigato così calorosamente con Antonio, guidare un bue grande e con lunghe corna per la città. Il Santo appena finita la santa Messa si recò festosamente con un Ostia consacrata alle porte della città. A questa vista, il bue si imbetialì e fuggì via improvvisamente, e correndo frettolosamente si diresse verso la chiesa. L’uomo gli corse appresso seguito a sua volta da molto popolo e in questa frenetica corsa donne e bambini si urtavano l’uno con l’altro, ma non poterono riprendere il bue. Infine il bue si accasciò a terra, del tutto inginocchiato, e allungò la sua gola umilmente, prostrandosi davanti al Santissimo Sacramento, portato e mostrato da Antonio fuori della chiesa. Il padrone voleva dargli la biada ma il bue non si girava e non abbandonava la sua posizione. Allora l’uomo e tutto il popolo si inginocchiarono umilmente dinnanzi al santo Sacramento, e restarono così in adorazione. Antonio ritornò con il Santissimo Sacramento verso la chiesa e la moltitudine con lui, e solo adesso vidi il bue alzarsi ed essere guidato alla porta dove gli venne offerta la biada. In un’altra visione vidi un uomo che si lamentava con Antonio, perché aveva preso a calci sua madre e per questo fatto voleva amputarsi la gamba. Dopo di ciò vidi quest’uomo, con fare compunto, venire ammonito da sant’Antonio. Il Santo gli era comparso nello stesso momento in cui voleva eseguire il suo intento fermandogli il braccio».
15 giugno: Mi rivolsi con la mia preghiera al santo Sacramento e mi sentii rapita nello spirito, nella chiesa dove veniva celebrata la festa del Corpus Domini. Nonostante la chiesa fosse costruita nel modo antico, con le più antiche immagini, non sembrava ancora vecchia e non era affatto logora. Mi inginocchiai davanti all’altare maggiore. Il Sacramento non era nell’ostensorio, bensì nel tabernacolo in un alto bossolo con sopra una croce. In questo bossolo rotondo c’era un supporto estraibile diviso in tre scansie: nella prima, c’erano piccoli vasetti che contenevano l’Olio sacro, in quella di mezzo, una pisside con ostie consacrate, nella terza una bottiglia, come di madreperla, forse conteneva vino. Nella chiesa si trovava una specie di chiostro nel quale abitavano alcune donne. Da un lato, adiacente alla chiesa, c’era una casettina, dove abitava una vergine molto devota che si chiamava Eva. Quando apriva la finestrella della sua camera, di solito chiusa con un paletto, Eva poteva guardare il Santissimo Sacramento sull’altare maggiore. Questa donna coltivava una grande devozione per il Santissimo Sacramento, ed io ho potuto vederla personalmente. Aveva un bell’aspetto e non era del tutto abbigliata come una monaca, piuttosto come pellegrina. Eva certamente non era di questo luogo, di famiglia benestante, venuta da altrove per vivere sola in devozione presso la chiesa. Vidi anche vicino a questa città un convento sopra una montagna; non era costruito come gli altri conventi, perché consisteva di più case in fila, l’una dopo l’altra. Vidi in questo luogo anche la beata suora Giuliana che ha istituito la festa del Corpus Domini. Mi apparve, nell’abito grigio dell’Ordine, e la vidi camminare, in grande innocenza e contemplazione in un giardino. La vidi poi, passando innanzi ai fiori, inchinarsi accanto ad un giglio, e immergersi nella contemplazione spirituale della purificazione; come anche in preghiera per l’introduzione della celebrazione del Corpus Domini. La beata era molto preoccupata e triste perché aveva avuto una visione nella quale recatasi da un religioso non fu accolta positivamente. Adesso in questo giardino, durante la contemplazione, le fu mostrato un altro religioso con il quale avrebbe potuto parlare ed essere ben accolta.
Mentre pregava vidi in lontananza un immagine del Papa in preghiera accanto al quale stava il numero IV. Egli prendeva risoluzioni per istituire la festa del Santissimo Sacramento nella Chiesa. Lo faceva in seguito ad una visione e una grazia che un altro aveva ricevuto dal Sacramento. Durante queste immagini mi vidi di nuovo nella chiesa, davanti all’altare e al Sacramento, e vidi da quest’ultimo spuntare un dito in un campo di splendore e poi tutta una mano, coperta di perle, da questa mano uscì la figura luminosa di un fanciullo. Tale apparizione si trovava adesso di fronte a me e così mi disse: “Vedi queste perle sono tutte qua, nessuna è andata perduta e tutte possono essere raccolte!” I raggi di questo fanciullo illuminavano il mondo. Allora mi inchinai per ringraziarlo e compresi, da queste immagini, come il Santissimo Sacramento con tutte le sue grazie sia entrato nella devozione dei fedeli». Nello stesso giorno raccontò ancora Anna K. Eerich.• Alle ore dodici vidi formarsi, sopra un paesaggio meraviglioso, una cupola all’orizzonte: cinque larghi fasci di luce solare salivano da cinque grandi città lontane attraverso il cielo stellato e formavano, in alto, al centro del meraviglioso paesaggio, una cupola, color arcobaleno sulla quale in uno splendore indescrivibile, appariva il Santissimo Sacramento. Il medesimo stava su un trono ed era circondato da un meraviglioso ostensorio decorato.
Vidi intorno ai cinque archi di luce, sopra e sotto, librarsi innumerevoli Angeli, come se tornassero da quelle città, si incamminassero verso il Sacramento e da questo tornassero di nuovo indietro. Mi è impossibile descrivere con parole umane la meravigliosa celebrazione celeste e il sollievo e la devozione provate in questa visione.

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