don Romeo Maggioni. Si staccò da loro e fu portato verso il cielo

Un giorno Gesù ebbe a dire: "Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre" (Gv 16,28). Questo è il senso del fatto descrittoci da Luca in termini spaziali: Gesù con la sua risurrezione entra in un modo pieno nella sfera di Dio; e, proprio da lì, con la sua umanità entra in nuovi rapporti di presenza e di azione con noi e la nostra storia.
L'ascensione segna il punto conclusivo della missione terrena di Gesù e quello iniziale della Chiesa.
Vediamo più specificamente cosa avviene per Lui e, di riflesso, che cosa rappresenta per noi questo passaggio importante di Gesù al Padre.

1) PER LUI

"Salì al cielo, siede alla destra del Padre", professiamo nel Credo. Quell'atto - attuato dal Padre che lo assume al cielo - costituisce la glorificazione di Gesù nell'istante stesso della sua risurrezione; la sua umanità è come rapita dentro la divinità e congiunta ad essa strettamente. Il Cristo risorto come uomo gode in modo infinito di tutta la capacità di relazioni che ormai come Dio può avere con tutti e ovunque. Esiste allora oggi un uomo, uno di noi, che per primo dispone, a nostro favore, della sua umanità secondo misure e possibilità totalmente "spirituali", cioè divine, così che ormai c'è coincidenza perfetta tra la signoria del Padre e quella di Cristo. Anzi, più propriamente, ora il Padre esercita la sua signoria sul mondo mediante Gesù Cristo; per questo è proclamato: Signore!
Entrato nel cielo, che cosa fa Gesù per noi? Ce ne parla oggi la seconda lettura: là Gesù esercita la sua funzione di Sacerdote in nostro favore.

Anzitutto col presentare al Padre il sacrificio di riconciliazione offerto sulla croce "una volta per tutte allo scopo di togliere i peccati di molti". E' per questa strada che noi abbiamo accesso al Padre ora: "per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso la sua carne", anche noi "abbiamo fiducia di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù". E poi, davanti a Dio intercede in nostro favore come sommo sacerdote ascoltato: "avendo noi un sacerdote grande sopra la casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero in pienezza di fede". Siamo così sicuri della nostra salvezza: "Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso".
Ed è da lì, dal cielo, che ora Gesù manda il suo Spirito, come il suo modo nuovo di operare in mezzo a noi."Ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre, di essere cioè battezzati in Spirito santo, fra non molti giorni". "Avrete così forza dallo Spirito santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni". E' il tempo della Chiesa, della testimonianza "fino agli estremi confini della terra" di quel Gesù che un giorno "tornerà allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo". La Chiesa è nata appunto come comunità di Gesù raccolta a far memoria di lui salito al cielo, rafforzata dalla discesa del Spirito santo, e che vive nella speranza del ritorno glorioso di Lui come giudice.

2) PER NOI

Per noi oggi è giorno di grande speranza: un uomo, con il suo corpo, non solo è ritornato in vita, ma ha raggiunto quella pienezza di vita divina ed eterna che Dio aveva promesso fin dalla creazione del mondo per ogni uomo, di farlo cioè "simile a Lui". Così ci fa dire oggi il prefazio: "Mediatore tra Dio e gli uomini, giudice del mondo e Signore dell'universo, non ci ha abbandonato nella povertà della nostra condizione umana, ma ci ha preceduto nella dimora eterna per darci la sicura speranza che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria". La promessa di Gesù è esplicita: "Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono" (Ap 3,21).

Dobbiamo tenere viva questa certezza dell'aldilà: è il tesoro più prezioso che abbiamo. Diceva san Paolo:"Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini" (1Cor 15,19). Non si tratta di una idea generica di sopravvivenza qualunque, o solo dell'anima, ma di uno stato ben preciso di glorificazione, anche col corpo. Questo è il nostro paradiso. All'anelito dell'uomo alla sopravvivenza - oggi ricercato persino nell'idea di reincarnazione - Dio risponde con un fatto preciso, con un uomo che ha già raggiunto un traguardo preciso, primizia e immagine di quel che Dio attuerà per noi; di quello che, per secondo, ha già attuato in Maria con l'assunzione al cielo anche col suo corpo.

Il mandato di Gesù è: "mi sarete testimoni!". Ecco il nostro compito di oggi. Se siamo cristiani prima degli altri, se abbiamo avuto la fortuna di conoscere con chiarezza e certezza il nostro destino ultimo, non è perché siamo più belli degli altri o più bravi; il privilegio è per una missione. Il mondo aspetta questo annuncio, e noi credenti dobbiamo gridarlo con la vita. Come fa pena incontrare gente che viene in chiesa e che al momento d'una morte in casa si dispera "come coloro che non hanno speranza"! (1Tess 4,13). Il futuro, il domani non è più ignoto, non incute più paura; Cristo ci ha detto: "Io vado a preparavi un posto" (Gv 14,2).

Questo sguardo al cielo, non ci aliena dal mondo, ma ce ne dà il criterio giusto di valutazione. Quel bene che faccio, lo so iscritto per l'eternità; quello stesso mondo materiale che ordino al bene, è già parte di quel mondo definitivo cui il corpo stesso del Signore Gesù risorto appartiene. Guardare al cielo significa prendere ragione e forza per amare il mondo e gli uomini, destinati a divenire "cieli nuovi e terra nuova".
Anche le sofferenze sono riscattate, sapendo che "le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi" (Rm 8,18).
Raccogliamoci allora nel cenacolo anche noi questa settimana, con Maria, ad attendere il Dono dello Spirito perché sia lui a rendere viva la speranza di raggiungere quel posto che il Signore Gesù è andato a prepararci in cielo.

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