Sabato santo: per il cristiano, è il «buco nero» dell'anno. È il solo giorno in cui la Chiesa interrompe la celebrazione della sua liturgia. Oggi, dice l'antico breviario, «tutto il Cosmo è attonito e sospeso», il sepolcro è sigillato, la morte sembra trionfare. Se la tradizione legherà ogni sabato alla devozione mariana, è proprio perché solo la Madre non perse fiducia, oggi, nella vittoria del Figlio, mentre tutti i seguaci erano fuggiti o nascosti.In questo giorno di silenzi, ma anche di domande estreme, proviamo pure noi a porci davanti a quella tomba. Ieri, ci chiedevamo se -e che cosa- avesse ancora qualcosa da dire a noi, 1968 anni dopo. Proviamo allora a chiederci, una volta tanto, che cosa (secondo i cristiani, s'intende) l'uomo di ogni tempo avrebbe perduto se il lampo della Risurrezione non avesse rovesciato il masso; se il mistero della Vita rinnovata non avesse confermato la messianicità, la divinità di quel giovane predicatore che ieri, venerdì, non sembrava che un sognatore sconfitto. Ebbene: se quella tomba fosse restata sigillata, avremmo perso, tutti, il dono di chiamare «babbino» (abbà) quel Dio onnipotente e tremendo di cui sino ad allora nemmeno si osava scrivere il nome. Non avremmo conosciuto l'essenza profonda e misteriosa di quel Dio «paparino» che Giovanni, nella sua prima lettera, definisce per due volte, quasi incredulo: «Dio è amore». Avremmo perduto la sola immagine «al rovescio» dell'esperienza religiosa: non l'uomo alla ricerca di Dio ma, al contrario, Dio alla ricerca dell'uomo. Ma, soprattutto, se questa storia si fosse chiusa per sempre nel pomeriggio di ieri, con la discesa del cadavere dalla croce, avremmo perso la sola possibilità di non interpellare duramente il Creatore, di non giungere sino alla bestemmia o al rifiuto dell'ateismo. Proprio quel corpo martoriato che giace oggi nella grotta offerta dall'Arimateo è l'unica risposta, per quanto misteriosa, al dilemma drammatico di sempre di fronte al male, al dolore che è compagno inseparabile dell'uomo. Delle due l'una: o Dio non può impedirlo, e allora non è onnipotente; oppure, può impedirlo ma non lo fa, e allora non è buono. E proprio questo può autorizzarci a chiederGli ragione o negarne l'esistenza stessa. È il dramma che minaccia tutte le prospettive religiose. Tutte, tranne questa che adora un Dio che, fattosi simile alle Sue creature, non ha abolito la croce, ma ha lasciato che ve lo inchiodassero sopra; che non ha distrutto il male, ma ha voluto sperimentarne su di sé il morso terribile. Dentro a questo sepolcro che tra qualche ora si spalancherà, c'è un Figlio di Dio che, ritornando nella Sua eternità, avrà per sempre un corpo d'uomo con i segni del più doloroso dei supplizi. Solo qui, oggi, nel giardino presso Gerusalemme, il male del mondo da scandalo intollerabile si trasforma in mistero venerabile.
Corriere della Sera. 11 aprile 1998
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