TOMMASO FEDERICI COMMENTO AL VANGELO DELLA II DOMENICA DI PASQUA ANNO A




(DA "Per conoscere Lui e la potenza della Resurrezione di Lui")

Giovanni senza contraddire altri dati evangelici, pone il dono dello Spirito Santo già sulla Croce: Gv. 19,30, riconsegnato al Padre perché lo effonda; v. 34: sotto forma di Sangue ed Acqua « subito », nella mirabile nuova Economia dei Misteri. E reitera questo Dono supremo ed inconsumabile la sera stessa della Resurrezione. Il « Primo Giorno » dunque si inizia con la Resurrezione gloriosa del Signore, e si completa con lo scopo di essa, l'effusione dello Spirito ricevuto dal Signore stesso nella sua Umanità. È il Centro di tutta la vita cristiana.
È la sera di « quel Giorno », il Primo della settimana, che inaugura dunque il tempo nuovo di Dio. I discepoli stanno ancora nell'inutile terrore ipotetico degli Ebrei, stanno ancora in fuga, chiusi dentro. Ma « Gesù viene », con libera irresistibile iniziativa, e « stette in piedi al centro » : viene sempre, sta sempre con i suoi, è risorto per sempre. E parla ad essi: « Pace a voi » (v. 19). Aveva promesso di non lasciarli orfani, un poco e poi lo avrebbero riveduto, avrebbe donato la « pace sua » (Gv 14,18; 14,19 e 16,16-23; 14,27). La condizione era di andare, tornare dal.Padre. Tutto ora è compiuto secondo il Disegno divino. Egli adesso mostra che è il medesimo: ecco le mani, ecco il costato, con i « segni » permanenti, indelebili della morte vinta, le sante Stigmate (v. 20a). Così narra anche Luca (24,39-40, nel cenacolo). E così e la scena grandiosa dell'Agnello « sgozzato ma risorto » (Ap 5,6 ). I « segni » della morte nella Resurrezione sono anamnesi permanente dell'Evento al Padre, oblazione perenne a lui, ed a noi, anamnesi ed oblazione perenne. Così lo contemplarono e « palparono » i discepoli (cf r 1 G v 1,1-4), così lo contempleremo nella sua Umanità divinizzata noi per sempre. I discepoli gioi-rono: hanno visto e riconosciuto « il Signore » nel Gesù fattosi ad essi presente e parlante (v. 20b). La scena adesso si riempie di azione conclusiva. Gesù parla di nuovo e conferma il « Pace a voi » (v. 2 la). Poi richiama il gesto iniziale del Padre, inviare come Unico Apostolo il Figlio, che si completa nel gesto finale del Figlio, inviare tanti Apostoli, i discepoli (v. 21b). E si sa che chi riceve i discepoli riceve il Signore che li invia, come chi riceve lui riceve il Padre, accettandone tutta la Economia divina. La Pace divina, la divina eiréné, lo shalóm messianico, la salvezza totale, il riposo in Dio, ha il Sigillo divino. Ed ecco il culmine della Manifestazione: il Signore « soffia » e dona il suo Spirito, e invita i discepoli ad «accettare lo Spirito Santo » (v. 22). I richiami biblici sono esemplari: anzitutto a Gen 2,7, all'antica creazione, quando il Signore soffia il suo Alito divino nelle narici di Adamo plasmato dalla terra e ne fa una creatura vivente. Il verbo greco è empbys , che traduce la radice ebraica nafah o l'affine ruah; esso nella Bibbia greca è usato 11 volte, e significamente in tutto il N.T. solo in Gv 20,22. Nell'A.T., il verbo in Tob 6,8 e 11,11 è usato per la guarigione di Sara e di Tobia; in Eccli 43,4 per la ventilazione della forgia; in Ez 21,36 per il soffio dell'ira divina su Ammon persecutore di. Israele, ed in 22,20 per Israele stesso, che ha prevaricato. Gli usi afferenti a Gv 20,22 sono, oltre Gen 2,7, i seguenti: Giob 4,1, il Soffio divino cessa per l'insipienza umana; Sa p 15,11, l'idolatra non riconosce il Soffio divino, e muore. Invece in 1 Re 17,21, Elia soffia e resuscita il figlio della vedova di Sarepta; in Nab 2,1 (2), il Signore stesso soffierà di nuovo la Vita su Israele dopo l'esilio in Assiria. Infine, nella visione grandiosa della valle delle ossa disseccate, il Signore ordina ad Ezechiele, sacerdote e profeta, di invocare lo Spirito affinché « soffi » da ogni parte sulle ossa e queste rivivano, resurrezione di tutto il popolo di Dio (Ez 37,9, ma vedi 1-14;). Nel Cenacolo il Risorto appare come il Signore Dio Creatore, che opera la creazione ultima, « soffiando » per l'ultima volta, quella efficace per sempre, il suo Alito divino, lo Spirito del Padre e suo, Spirito della Croce e della Resurrezione. I discepoli che « accettano » lo Spirito Santo sono la nuova creatura redenta, l'Adamo vecchio è rigenerato. Il. Disegno divino corre al suo compimento nel mondo.
Questo è detto nel v. 23: la « remissione dei peccati » è il Giubileo dello Spirito Santo, quello promesso (cfr, ancora Lc 4,18-18 e Is 61,1). Lo Spirito Santo « è la Redenzione nostra », pregava l'antica liturgia romana. È l'abbono totale di ogni colpa. È l'ingresso nella via regale che conduce al Padre che attende. Ma è anche il mandato regale per il bene di tutti gli uomini che accetteranno il Dono e l'Abbono divino. E il Cielo sanzionerà l'opera della Resurrezione portata dai discepoli: positivamente, perdonando; negativamente, giudicando; la materia è il peccato antico e nuovo. La speranza è aperta adesso del tutto. Il cenacolo è il luogo privilegiato della Manifestazione, della Pace, dello Spirito, del Giubileo. Gli uomini saranno chiamati a formare il Cenacolo dove il Signore possa venire e stare in mezzo, lui, il Risorto con lo Spirito. Di fronte all'Evento centrale, occorre leggere subito i vv. 30-31; si tratta della finale dell'evangelo, a cui si aggiunse poi il cap. 21, dalla stessa mano del testo che precedeva. I vv. 30-31 parlano di molti «segni » operati dal Signore, non tramandati. Sono invece tramandati solo quelli necessari alla fede: credere che Gesù Cristo è il Figlio di Dio. Qui Gv 20,31, ultimo versetto dell'ultimo evangelo, raggiunge Mc 1,1, il primo versetto del primo evangelo. Giovanni, che scrive per ultimo, ha mirabilmente configurato « un'inclusione letteraria» : tutto l'Evangelo di Dio, nelle sue 4 forme, porta alla fede che rigenera alla vita: avere la vita nel Nome di lui. Ed averla con abbondanza (cfr Gv 10,10b). I « segni quindi vanno accettati nella fede, nell'adesione di amare al Signore che li ha operati e li tramanda mediante i suoi discepoli testimoni. « Segni » non veduti, dunque. Tanto più allora sono beati i credenti sulla Parola divina apostolica. Così risalta l'episodio di Tommaso, vv. 24-29. Assente e poi venuto, Tommaso non accetta il.,«Vedemmo il Signore » proclamato dai confratelli (vv. 24,25a). Sempre « il Signore » è visto in Gesù Risorto. Tommaso, per timore e diffidenza, dopo lo scandalo della Croce, ha il pregiudizio di certo positivismo scientifico moderno, « cre-dere solo in quanto si vede ». Ma arte, simbolismo, sent-menti, amore, eroismo, poesia, fantasia... si «vedono »? Eppure esistono. Sono testimoniatili e di fatto testimoniati. I discepoli però testimoniano a Tommaso il Fatto, e questi ricusa la veridicità della testimonianza, dunque la storicità del Fatto testimoniato (v. 25b). Ma 8 giorni dopo, quindi di Domenica, stanno tutti i discepoli insieme. Viene il Signore, e per la terza volta porta la Pace per tutti. Per Tommaso porta l'invito: il dito nelle sante Mani, la mano nel santo Costato squarciato, “affinchè tu non sia incredulo, bensì credente » (v. 27). La fede di Tommaso, sorta come un lampo che squarcia le tenebre erompe, nel grido del Salmista: “ Il Signore mio e il mio Dio! », oppure: « Signore mio e mio Dio!”. Vedi qui ad es. Sal 5,3; 34,23; e formule simili. È la fede dello Spirito. Essa accetta orma l'alleanza, nel duplice « mio”, che implica da parte del Signore l’offerta dell’alleanza stessa: “Fratelli miei!” (20,17). Da adesso alla medesima alleanza sono ammessi I “credenti non vedenti” di ogni generazione (v. 29). Anzitutto I battezzati di quella Notte beata, celebrata 8 giorni prima.

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