Paolo VI. Il Mistero Pasquale

UDIENZA GENERALE DI PAOLO VI

Mercoledì, 9 aprile 1969

Diletti Figli e Figlie!

Di che cosa possiamo Noi parlarvi in questi giorni successivi alla grande celebrazione della Risurrezione di Gesù Cristo se non del «mistero pasquale»? Oh! non intendiamo avventurarCi nella delicata ed erudita discussione, che in questi ultimi decenni ha impegnato lo studio dei dotti sul tema del mistero cristiano, sulle relazioni asserite, negate e precisate fra il mistero cristiano e i misteri pagani; Ci basta rimetterci alla conclusione, ormai acquisita dagli studiosi, esegeti, storici, filosofi, circa l’originalità biblica di questa parola e del suo significato cristiano, cultuale e teologico, anche se nella letteratura cristiana dei primi secoli, essa fu usata con riferimento puramente letterario e analogico al linguaggio ellenistico corrente (cfr. BOUYER, Le mystère pascale, p. 453 ss.; La vie de la liturgie, p. 115 ss.).

Vi parliamo del mistero pasquale nei termini elementari e familiari di questo Nostro consueto colloquio ai Nostri visitatori dell’udienza generale settimanale; innanzi tutto perché questa volta essa cade nell’ottava di Pasqua; e poi perché questa locuzione «mistero pasquale» è diventata di uso corrente; il Concilio l’ha messa in onore, e la ripete sovente nei suoi documenti, specialmente nella Costituzione sulla Sacra Liturgia (cfr. Sacrosanctum Concilium, nn. 5, 6, 61, 106).

Che cosa s’intende per mistero? Bisogna aver presente il duplice significato scritturale di questa parola. Il primo significato è quello del nostro linguaggio usuale; ed è quello di cosa occulta, di verità nascosta.

DISEGNO DIVINO IN AZIONE

«A voi è concesso, dice una volta il Maestro, conoscere il mistero del regno di Dio» (Marc. 4, 11); e San Paolo parlerà del «mistero di Cristo, il quale non era noto in altre età ai figli degli uomini» (Eph. 3, 5; e Col. 1, 26). Il mistero, in questo senso, è l’oggetto d’una rivelazione, la quale svela un segreto .di Dio ai «santi», cioè ai suoi fedeli, ai quali Egli ha voluto «far conoscere quale sia la gloria di questo mistero fra le genti, che è,Cristo fra voi, la speranza di gloria» (Col. 1, 27). Ed ecco che appare l’altro significato della parola mistero nel linguaggio scritturale e cristiano; ed è quello che più importa considerare. Mistero è il disegno divino in azione, è l’economia del Vangelo, nascosta in Dio da secoli e, a un dato momento, resa palese ed operante in Cristo (cfr. Eph. 1, 9; 3, 9). È l’opera nuova e divina che si compie, in questa terra, nel tempo, per i credenti; è la realtà prodigiosa del rapporto vitale ristabilito, in un ordine trascendente quello naturale, fra Dio e l’umanità, mediante Cristo, nell’Amore divino vivente, ch’è lo Spirito Santo.

SINTESI STORICA E SINTESI BIBLICA

Perché questa strabiliante novità, questo mistero, si associa abitualmente all’aggettivo di «pasquale»? Perché il mistero della salvezza si è realizzato mediante la morte e la risurrezione di Cristo, mediante la Croce, e si perpetua mediante il sacrificio eucaristico: eucaristia, passione, risurrezione sono la Pasqua salvatrice compiuta da Gesù: «Cristo immolato è la nostra Pasqua» (1 Cor. 5, 7), il nostro liberatore, il nostro salvatore. Il mistero pasquale altro non è che la redenzione: «temporalis dispensatio divinae providentiae pro salute generis humani» , la storia cioè della salvezza (cfr. S. AGOSTINO, De vera rel. VII, 13; PL 34, 128; cfr. VAGAGGINI, Il senso teologico della liturgia, p. 672 ss.), che ha il suo punto focale nella morte e nella glorificazione di Cristo. Il segreto di questo mistero è il Verbo di Dio fatto uomo e, per amore dell’uomo, morto e risorto.

Il mistero pasquale ha perciò valore di sintesi: sintesi storica, perché in esso si concentra tutto lo svolgimento degli avvenimenti umani e delle sorti dell’umanità; sintesi biblica, la chiave di tutta la Bibbia (ORIGENE); sintesi cristologica e soteriologica, dove tutto il Vangelo si concentra nell’«ora» attesa da Gesù (cfr. Io. 12, 23; 13, 1; 17, 1; Luc. 22, 15; ecc.); sintesi religiosa, perché è per il sacrificio di Cristo e per la sua risurrezione che siamo stati riconciliati con Dio e giustificati (Rom. 5, 10; 4, 25); sintesi cultuale e liturgica, perché, nella celebrazione del mistero pasquale, sopravvive nella nuova realtà ciò ch’era simbolo e profezia della Pasqua ebraica (cfr. DUCHESNE, Origines . . . , 248), e si attualizza il dramma redentore di Cristo, ancorato alla celebrazione della cena pasquale trasformata in sacramento sacrificale, espressamente destinato a perpetuare la memoria di Gesù, per suo esplicito mandato (Luc. 22, 19; 1 Cor. 11, 24-25) e con esplicito riferimento alla sua morte redentrice.

COMUNIONE CON CRISTO

Deriviamo da questi rapidissimi accenni una prima conclusione, che la nuova formazione liturgica ci rende ovvia: il primato cioè della Pasqua nel nostro calendario cultuale e spirituale. Dobbiamo rimettere la Pasqua, i suoi sacramenti ed i suoi riti, più chiaramente al primo posto della nostra valutazione religiosa, come quella che è al centro del disegno divino della nostra salvezza: i due principali sacramenti, dai quali la riceviamo, il Battesimo e l’Eucaristia, sono con più chiara evidenza derivati dal mistero pasquale: «Il Battesimo, scrive S. Tommaso, riferendosi a San Paolo (Rom. 6, 3), è il sacramento della morte e della passione di Cristo, in quanto l’uomo è rigenerato in Cristo per virtù della sua passione;... l’Eucaristia è il sacramento della passione di Cristo, in quanto l’uomo è integrato nell’unione a Cristo sofferente . . . Come il Battesimo si chiama il sacramento della fede, su la quale si fonda la vita spirituale, così l’Eucaristia si chiama il sacramento della carità, ch’è il vincolo della perfezione» (Col. 3, 14; S. Th. III, 73 ad 3). «Fino al secolo IV, scrive lo Jungmann (Trad. lit., 342), la Pasqua era la festa per eccellenza, l’unica festa, che fosse celebrata da tutta la cristianità. Ogni domenica era considerata come una replica della festa pasquale».

E qui si offre un’altra conclusione, più profonda, che ci fa penetrare nell’intima realtà teologica e ontologica del mistero pasquale: la celebrazione di questo mistero non è una semplice commemorazione; per i cristiani credenti, purificati dai loro falli e viventi nella grazia dello Spirito Santo, è una reviviscenza della morte e della risurrezione del Signore, è una attualizzazione, sempre nuova, dell’unico dramma redentore, è una realtà permanente, estemporanea, alla quale ci è dato effettivamente, sebbene sacramentalmente, partecipare; perché partecipare al mistero pasquale altro non è che mettersi in comunione reale con Lui, con Lui morire, con Lui risorgere. Vi è chi ha parlato di «contemporaneità di Cristo» (KIERKEGAARD; cfr. FABRO, Diario, III, 499). È ciò che il Concilio ci ha raccomandato di ricordare, con la celebrazione della Sacra Liturgia: «I misteri della Redenzione . . . in modo tale da renderli come presenti a tutti i tempi» (Sacrosancturn Concilium n. 102). Ed è ciò che Noi raccomanderemo a voi: d’aver presente, d’avere in onore, d’avere vivente nella vostra autenticità cristiana il mistero della nostra salvezza, il mistero pasquale. Con la Nostra Benedizione Apostolica.

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