Mons. Caffarra. Testi sulla Pasqua

SABATO SANTO 2000
1. "O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore". Così il diacono ha proclamato il mistero incomparabile di questa notte che stiamo trascorrendo vegliando: il mistero del ricongiungimento della terra al cielo, dell’uomo al suo Creatore.

L’origine di questa santa veglia è assai antica. Essa è la memoria della liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù dell’Egitto, prefigurazione di ciò che sta ora accadendo fra noi, poiché quella liberazione è il "paradigma" di ogni liberazione che Iddio compie nei confronti della persona umana.

Ascoltando attentamente la terza lettura possiamo capire in che cosa è consistita la liberazione di Israele: anzi ogni vera liberazione dell’uomo. Il termine di partenza è la condizione di un popolo che vive in una società, quella egiziana, che adora idoli e non il vero Dio. E’ questa l’origine ultima della schiavitù dell’uomo: legare o condizionare la riuscita della propria vita, la "realizzazione di se stessi", ad una creatura, incaricandola di essere risposta intera ai bisogni dell’uomo e ai desideri del suo cuore. E’ inganno tragico, poiché questa creatura [denaro, prestigio, potere …] non può mantenere ciò che promette, non potendo porre chi li serve nella condizione di realizzarsi e di soddisfare più in fondo i veri desideri del cuore.

La meta del gesto liberatorio che compie il Signore è precisa, aveva un luogo ed un fatto cui mirava: l’incontro col Signore Iddio sul monte Sion. "Fai entrare" abbiamo cantato "il tuo popolo e lo pianti sul monte della tua eredità, luogo che per tua sede, Signore, hai preparato, santuario che le tue mani hanno fondato". Ed in quell’incontro il Signore dona la sua Legge, che è la strada della vera libertà. Attraverso la sua Legge, Iddio stesso ora istruisce l’uomo e lo guida alla vera realizzazione di se stesso. Se l’assenza di libertà è la pratica impossibilità dell’uomo di realizzare se stesso, questa notte è veramente l’inizio della liberazione di ogni uomo a partire da Israele. In questa notte per la prima volta si è acceso per Israele il primo albore, il primo baluginìo di conoscenza di ciò che una persona umana è, di ciò che una persona umana è chiamata a vivere: uno stupendo rapporto di intimità con Dio dentro alla sua Casa, da cui viene luce e forza – cioè la Legge – per vivere degnamente la vita umana in ogni suo aspetto. "Ascolta, Israele, i comandamenti della vita … cammina nello splendore della sua luce… perché ciò che piace a Dio ci è stato rivelato", ci ha appena detto il profeta Baruc. Ecco le dimensioni essenziali, potenti, della nostra vera liberazione: l’uomo è ricondotto nell’alleanza col Dio vero e vivo in una sconvolgente intimità; in essa l’uomo riscopre la verità di se stesso; la libertà come capacità di realizzarla. "O notte veramente gloriosa, che ricongiungi la terra la cielo e l’uomo al suo creatore".

2. Ma, carissimi fratelli e sorelle, abbiamo letto una pagina del profeta Ezechiele che sembra contraddire tragicamente quanto detto finora. Essa dice: "la casa di Israele, quando abitava il suo paese [dunque si parla di Israele già liberato!] lo rese impuro con la sua condotta e le sue azioni… Li ho dispersi fra le genti". La liberazione è fallita: il destino dell’uomo è la dispersione, la disgregazione della sua identità, la schiavitù? di che cosa ha veramente bisogno l’uomo per non perdere se stesso, cioè la sua libertà? Ascoltiamo ancora il profeta: "Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati…". Ecco, il punto è questo: è il cuore dell’uomo la sede della sua schiavitù. L’uomo è schiavo perché lo è nel suo cuore. "Vi darò un cuore nuovo" ha promesso Iddio. Questo è accaduto? Il Signore Iddio ha già mantenuto questa promessa? E’ questo compimento che questa notte celebra. Noi questa notte celebriamo il dono fatto all’uomo di un "cuore nuovo".

Nel solenne annuncio della Pasqua, il diacono ha cantato: "egli [Gesù Cristo] ha pagato per noi all’eterno Padre il debito di Adamo e con il sangue sparso per la nostra salvezza ha cancellato la condanna della colpa antica". Si, proprio Cristo ha pienamente corrisposto all’eterno amore del Padre, a quella paternità che sin dal principio si è espressa nella creazione del mondo. Ha pienamente corrisposto a quella paternità e a quell’amore di Dio respinti dall’uomo con la rottura delle varie alleanze che molte volte il Signore gli aveva donato. La vera liberazione "è, nella sua più profonda radice, la pienezza della giustizia in un cuore umano: nel cuore del Figlio primogenito, perché essa possa diventare giustizia dei cuori di molti uomini, i quali proprio nel Figlio primogenito sono stati fin dall’eternità, predestinati a divenire figli di Dio (cfr. Rom 8,29ss; Ef 1,8) e chiamati alla grazia, chiamati all’amore" [Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Redemptor hominis 9,1; EE 8,25].

E’ questa giustizia che viene donata questa notte all’uomo attraverso il sacramento del battesimo e dell’Eucarestia. In questa stessa notte in cui celebriamo la grandezza dell’amore di Dio, no celebriamo la nascita dell’uomo nuovo: la ri-creazione della persona umana. "ciò che è distrutto si ricostruisce, ciò che è invecchiato si rinnova, e tutto ritorna alla sua integrità, per mezzo del Cristo, che è principio di tutte le cose" [Colletta dopo la VII lettura].



PASQUA DEL GIUBILEO 2000

1. "Voi cercate Gesù Nazareno, il crocefisso. E’ risorto, non è qui". Le parole rivolte alle donne, andate ad imbalsamare il cadavere di Gesù, esprimono tutto il mistero che oggi noi celebriamo: Gesù Nazareno, il crocefisso, è risorto. In questa semplice proposizione è riassunta in radice tutta la fede cristiana ed è posto il fondamento di ogni nostra speranza.

E’ fondamentale notare che ciò che si dice riguarda "il crocefisso": uno cioè che è stato ucciso sulla croce. Le donne lo cercano "entrando nel sepolcro" [era possibile, perché i sepolcri erano grotte scavate nella roccia]. E S. Pietro nella prima lettura ci ha appena detto: "essi lo uccisero appendendolo a una croce". Gesù sperimentò realmente la morte in tutta la sua vastità; fu deposto in un sepolcro come si fa con ogni cadavere; e le donne, "passato il sabato … comprarono oli aromatici per andare ad imbalsamare Gesù", come si faceva coi cadaveri.

Ed allora che significato hanno le parole: "è risorto"? Esse non significano che Gesù il crocefisso è stato rianimato, restituito cioè alla vita di prima, come per esempio era accaduto al giovane di Naim e a Lazzaro, richiamati dalla morte ad una vita che poi doveva concludersi con una morte definitiva. La risurrezione di Gesù non è un superamento della morte clinica, che conosciamo anche oggi: superamento provvisorio che ad un certo momento termina con un morte senza ritorno. Che le cose non stiano così lo suggerisce ancora S. Pietro nella prima lettura: "Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse". Gesù non rivive come un morto rianimato, ma in forza della potenza divina, al di sopra e al di fuori della zona di ciò che è fisicamente e chimicamente misurabile. La potenza di Dio fa sì che il corpo morto-crocefisso di Gesù sia reso partecipe della stessa vita divina: vita eterna. Qualitativamente diversa dalla vita vissuta prima. Più concretamente: il Verbo incarnato è introdotto, passando attraverso la morte, colla sua umanità in quella Gloria divina di cui nella sua divinità godeva da sempre. Nell’ultima sera della sua vita terrena, Gesù aveva pregato così: "e ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse" [Gv 17,5]. La mattina di pasqua questa preghiera è stata esaudita.

Ma vorrei che fermaste ancora per un poco la vostra attenzione su questo punto, perché è centrale per sapere la verità sulla risurrezione. Gesù è entrato colla sua umanità nella gloria divina non attraverso un semplice processo di "trasfigurazione della sua umanità", una trasformazione dalla condizione di "vita mortale-terrena" alla condizione di "vita eterna-celeste". Fra le due condizioni si è aperto l’abisso della morte vera e propria; è un cadavere, il cadavere di Gesù, che è introdotto nella vita divina, cioè risuscitato.

Perché questo non va mai dimenticato, quando celebriamo la risurrezione del Signore? perché solo così siamo in grado di cogliere il significato vero ed intero dell’avvenimento che ricordiamo.

Esso cambia alla radice la nostra condizione umana: oggi inizia una nuova creazione. La nostra destinazione finale non è più la morte: ciò che io sono destinato alla fine ad essere non è quel pugno di polvere che rimane nella cassa in cui avranno rinchiuso il mio cadavere. Dentro a questa creazione, che da oggi abbiamo il diritto di chiamare "vecchia", è accaduto un atto compiuto da Dio nei confronti di un cadavere, che dà inizio ad una creazione che diciamo "nuova" perché in questa la morte non ha più la parola definitiva.

Ciò che è accaduto in quel sepolcro non è quindi un semplice miracolo, sia pure il più grande di tutti. E’ un atto che rivela definitivamente il Mistero di Dio: Egli è il Dio dei viventi, non dei morti; Egli vuole la vita dell’uomo e non la sua morte; Egli risuscitando un cadavere, si mostra alleato dell’uomo, di ogni uomo in Cristo, volendolo riportare alla dignità della sua prima origine.

2. A ciò che è accaduto nel sepolcro, al fatto della risurrezione di Gesù è sempre congiunto un comando. L’angelo dice alle donne: "ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro …". E S. Pietro nella prima lettura: "E ci ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare che egli è il giudice dei vive e dei morti costituito da dio". Ciò che è accaduto nella tomba deve essere annunciato ad ogni uomo, poiché che quel fatto ci dona finalmente l’interpretazione interamente vera dell’esistenza dell’uomo e del mondo. Quest’interpretazione deriva dal fatto che il Signore risorto è "il giudice dei vive e dei morti". E’ cambiato il giudice supremo della storia.

In una visione della vita da cui sia assente la fede nella risurrezione, e quindi dominata dalla certezza che alla fine tutto finirà, ha dignità e verità solo ciò che ha (e fin quando lo ha) successo in questa vita e in questo mondo. Lo pseudo-profeta più inquietante di questa visione scrisse che il tribunale della storia è la storia stessa. Per la Chiesa, la comunità di coloro che ritengono vera la risurrezione di Gesù, il bilancio invece lo fa il Cristo, e il valore di ciascuno dipende dal rapporto che avrà stabilito con Lui.

Una monaca di clausura che dona se stessa per ogni uomo, per il bene dell’umanità conta più di tutti i Capi di Stato messi assieme. Un padre e una madre che vivono nell’umile nascondimento la loro dedizione alla vita e all’educazione dei figli, sono ben più benefici di ogni potente di questo mondo. I nostri sacerdoti che nell’eroismo quotidiano del loro ministero servono l’uomo, sono più importanti dei programmi e delle strategie del Fondo monetario internazionale. Si sta costruendo la "nuova creazione" là dove chiunque, credendo in Cristo, ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome, poiché è lì che viene rigenerato l’uomo.

L’atto compiuto da Dio nel sepolcro, risuscitando Cristo, ha in Cristo rigenerato la nostra umanità, l’umanità di ogni uomo: togliamo via dunque il lievito vecchio, per essere pasta nuova, dal momento che Cristo è veramente risuscitato.

OMELIA DELLA NOTTE DI PASQUA
6 aprile 1996

1. “O notte beata, tu sola hai meritato di conoscere il tempo e l’ora in cui Cristo è risorto dai morti”. Il Signore ci ha chiamati in questa “notte beata” per celebrare il mistero supremo in essa accaduto. Quale mistero? Saremo aiutati ad averne una qualche comprensione, meditando su altre due notti che la precedettero e la prefigurarono.
La prima notte è descritta così dalla parola di Dio: “La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque”. E’ la notte che segna il passaggio dal deserto informe di una creazione ancora caotica alla creazione abitata dalla vita e piena di luce. Questo passaggio è operato dalla volontà, dalla decisione di Dio espressa mediante la sua parola. “Dio disse: sia la luce. E la luce fu”. Notte piena di mistero poiché in essa risuonò per la prima volta la parola di Dio: Dio esce dal silenzio e si rivela nella sua creazione. Essa costruisce la creazione secondo l’ordine e misura, come casa in cui porre la persona umana. “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio li creò; maschio e femmina li creò”. All’uomo è affidata questa casa che è tutta la creazione: “riempite la terra: soggiogatela”.
La seconda notte è completamente diversa. E’ descritta nella terza lettura. E’ notte in cui vediamo che un popolo sta fuggendo dalla schiavitù verso la libertà, inseguito da un tiranno. La condizione umana è mutata. L’uomo si trova nella schiavitù; si trova sotto il potere di Satana. E tutta la creazione stessa ne è stata sconvolta. Situazione drammatica perché l’uomo è come nel pericolo di essere distrutto da quel caos che egli stesso ha prodotto col suo peccato.
La terza notte è quella di cui oggi facciamo memoria, la notte che ha meritato, come ha cantato il diacono, di conoscere il tempo e l’ora in cui Cristo è risuscitato dai morti. Questo è il mistero della terza notte: Cristo è stato risuscitato dai morti! E nella sua risurrezione, Egli ha portato a compimento ciò che nelle altre due notti era iniziato, ha donato ciò che nelle altre due notti era atteso. “Questa è la notte in cui” - come ha cantato il diacono - “hanno vinto le tenebre con lo splendore della colonna di fuoco”. Infatti, come ci insegna S. Paolo, “Dio che disse: rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo”. La luce della santa umanità risorta di Cristo ci ri-crea. Il Padre in questa notte ha ricostituito la sua creazione, liberandola definitivamente dalla corruzione. L’uomo è riposto nella sua originaria dignità, poiché nel suo volto è ancora una volta inspirato il soffio della vita. Quel soffio dico che la risvegliato il crocefisso dai morti. “E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi” (Rm. 8,10-11). Ciò che la notte egiziana, “la notte in cui ha liberato i figli di Israele ... dalla schiavitù dell’Egitto”, prefigurava profeticamente si è ora compiuto. Cristo ha “ridotto all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita” (Ebr. 2,14-15).

E così le tre notti hanno condotto ciascuno di noi in questa notte nella quale si compiono nella nostra persona i più grandi misteri: la remissione dei nostri peccati, la partecipazione ai santi misteri, il dono dello Spirito.



OMELIA S. PASQUA
7 aprile 1996

1. “Essi lo hanno ucciso appendendolo ad una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno”.
Fratelli, sorelle: ascoltate bene questo annuncio, aprite bene le vostre orecchie e i vostri cuori. Dio lo ha risuscitato: tutto il cristianesimo si riassume completamente in queste parole. Che cosa esse significano in realtà?
Esse in primo luogo descrivono, cercano di descrivere un fatto assolutamente unico e dunque straordinario. Gesù crocifisso, morto di una morte che lo ha distrutto completamente, è sepolto è come sigillato nella sua tomba. Che cosa è accaduto dentro quella tomba? L’evangelista Matteo lo descrive servendosi di un vocabolario usato per descrivere un intervento straordinario di Dio: “Ed ecco vi fu un gran terremoto ...” Ed il risultato di questo intervento: “Non è qui. E’ risorto, come aveva detto, venite a vedere il luogo dove era deposto”. Possiamo allora balbettare qualcosa su ciò che è accaduto dentro quella tomba. Il Padre, mediante la potenza dello Spirito Santo vivificante, investe quel cadavere e lo riempie della sua stessa vita divina: lo genera nella sua umanità glorificata ed ormai incorruttibile. “Non è qui”: dice l’Angelo. Il suo luogo, la sua dimora definitiva non può più essere una tomba. Gesù ora è vivo: vivo in carne ed ossa, con un cuore che pulsa come il mio e come il tuo. Ed infatti le donne vissero per prime quell’esperienza che cambiò tutta la storia della umanità, tutta la condizione dell’universo intero: esse incontrarono Gesù. Sentite quale commozione e stupore traspira il racconto di questo incontro: “Ed ecco Gesù venne loro incontro ...”. Perché questo fatto accaduto in quella tomba ha cambiato completamente la nostra condizione? Perché l’aver mangiato e bevuto con Lui dopo la sua risurrezione dai morti, fa scoppiare di gioia il cuore umano? Ascoltate bene fratelli e sorelle.
Il Figlio unigenito non aveva considerato la sua condizione divina come un tesoro da custodire gelosamente: si era svuotato di se stesso. L’impeccabile si era “fatto peccato per noi” (2Cor. 5,21). Colui che era il Benedetto del Padre, si era fatto “maledizione per noi” (Gal. 3,13). Aveva accettato di essere del tutti simile a noi, eccetto il peccato (Ebr. 4,15). Solo così, assumendosi interamente, veramente la nostra condizione dal di dentro, poteva cambiarla. Egli è condotto alla morte: la morte che era il destino della persona umana. E la nostra condizione umana doveva essere mutata proprio in questo: nel suo essere mortale. Il Salvatore doveva vincere proprio in questo. Poiché solo se il Figlio fattosi uomo avesse vinto dove l’uomo mostrava interamente di essere uno sconfitto, cioè nella morte, si sarebbe riaperto all’uomo la Vita. E come, il primo Adamo aveva travolto con sé tutti gli uomini (Rom. 5,12-21), con un fatto uguale ma contrario, il secondo e vero Adamo avrebbe investito della sua stessa condizione vittoriosa tutti gli uomini. Che cosa grande è accaduta in quel sepolcro! “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa”. Noi non siamo più “i comuni mortali”, siamo “i grandi immortali”.

2. “Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù”.
Chi ha nel cuore l’intima certezza che Cristo è risorto perché Egli lo ha incontrato, egli non vive più come prima. Non lavora più come prima, non ama più sua moglie/suo marito come prima, non educa più i suoi figli come prima. E’ cambiato dentro: è risorto con Cristo.
Ma ora penso a te che forse dici nel tuo cuore: “Ma io non ho ancora vissuto questo incontro con Cristo vivo”, però mi interesso alla sua “causa”. No, fratello: è Lui che devi incontrare “fisicamente” se vuoi che la tua vita risorga. E come? Vieni nella sua Chiesa, credi veramente in Lui, ricevi profondamente i suoi sacramenti.
Ma ora penso a te che rimani indifferente di fronte a questo annuncio perché alla fine ti ritieni degno di morire e credi che la morte sia alleata dell’uomo. Rifletti. Non scartare in via di principio la possibilità che questo annuncio sia vero e quindi che tu possa vivere cento volte di più in termini di gioia, di libertà di come vivi oggi. Sii semplicemente “ragionevole”: verifica se ciò che la Chiesa ti dice oggi non sia vero.
Ma ora penso a questa nostra città: è ancora radicata in essa la certezza che Cristo è risorto? Dimora ancora nel cuore suo la convinzione che la Vita ha vinto la morte? Oh, mio Dio! Vedo che la vita non è più donata; si sente quasi nell’aria una disperata o annoiata rassegnazione ad un vivere che sente alleata la morte; non si percepisce più la passione di creare tutto ciò che è bello, che è grande, che è nuovo: si conserva.
La Chiesa oggi ti dice: o stupenda città di Ferrara, ritrova la certezza che Cristo è risorto perché in te rifiorisca la vira, il lavoro, la sapienza, la bellezza. Amen: Così sia.


VESPRI DI PASQUA 1996

In questi Vespri di Pasqua, la parola di Dio mette in primo luogo in risalto il fatto che l’avvenimento accaduto a Pasqua, è un avvenimento unico e irreversibile: una volta per sempre. La Pasqua cioè libera l’uomo dall’eterno ritorno delle stesse cose: dalla noia di vivere. Una volta per sempre: colla Pasqua è venuta ormai la fine dei tempi. Se i nostri giorni continuano a scorrere ancora è perché, come ci insegna la Scrittura, Dio “usa pazienza verso di noi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi” (2Pt. 3,9), “aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti sotto i piedi”. Ciò che è accaduto dunque a Pasqua ha introdotto un cambiamento radicale nell’esistenza umana.
Ma che cosa è accaduto? Ecco come viene descritto l’avvenimento pasquale: “Cristo, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, una volta per sempre, si è assiso alla destra di Dio”. Cioè: l’obbedienza del Figlio unigenito ha trasformato la sua passione e la sua morte in un sacrificio della sua vita, è entrato in possesso della stessa gloria divina: si è cioè assiso alla destra del Padre. Evento unico e straordinario: nessuna creatura si era seduta sullo stesso trono di Dio.
Ma questo fatto veramente unico non riguarda solo Gesù crocefisso, Figlio unigenito del Padre. Esso ha conseguenze decisive sulla vita di ciascuno di noi. Due sono quelle che sono messe in risalto: i suoi nemici vengono posti sotto i suoi piedi; ci santifica fino alla perfezione poiché costituisce una nuova Alleanza nel dono dello Spirito.
Sia nel nostro cuore una antica preghiera dei vespri di Pasqua della Chiesa Orientale: avendo visto la Risurrezione del Signore, adoriamo Gesù nostro Signore, il solo che sia senza peccato. Noi veneriamo la tua Croce, o Signore e cantiamo la tua Risurrezione.



VEGLIA PASQUALE
15 aprile 2006



1. "O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore". È questo il grande mistero che stiamo celebrando in questa veglia: il ricongiungimento della terra al cielo e dell’uomo al suo Creatore.

L’origine di questa veglia è antica. Essa venne celebrata la prima volta nella notte in cui il popolo ebreo fu liberato dalla schiavitù egiziana, e quella liberazione fu la prefigurazione profetica della nostra liberazione.

Meditando attentamente la terza lettura, possiamo ben capire in che cosa consiste ogni vera liberazione. Il punto di partenza è la condizione di un popolo che vive in una società, quella egiziana, che adora idoli e non il vero Dio. È questa la radice di ogni schiavitù umana: l’idolatria. Legare cioè la riuscita della propria vita ad una creatura, incaricandola di essere risposta adeguata ai desideri del cuore umano. Inganno tragico! Nessuna creatura è in grado di offrirci una tale risposta.

Il punto di arrivo, la meta cui tende il gesto redentivo del Signore è pertanto di condurre l’uomo verso l’intimità divina, dentro all’alleanza con il suo Creatore: "fai entrare" abbiamo cantato "il tuo popolo e lo pianti sul monte della tua eredità". Dentro a questo rapporto di alleanza col Signore, Israele riceve il dono della Legge, che indica all’uomo la via sicura della beatitudine e della vita. "Ascolta, Israele, i comandamenti della vita" ci ha appena detto il profeta Baruc "cammina nello splendore della sua luce … poiché ciò che piace a Dio ci è stato rivelato". Ecco la vera liberazione dell’uomo: ricongiunto al suo Signore, egli non brancola più nel buio; egli conosce la via della vita.

2. Ma, carissimi fedeli, abbiamo letto una pagina del profeta Ezechiele che sembra contraddire tutto questo: "la casa di Israele, quando abitava il suo paese lo rese impuro con la sua condotta e le sue azioni … li ho dispersi fra le genti". La liberazione è fallita; il destino dell’uomo sembra essere implacabilmente la dispersione e l’esilio lontano dalla patria della propria identità, in una insuperabile schiavitù. Di quale liberazione allora l’uomo ha veramente bisogno, se il dono della Legge non è bastato?

Ascoltiamo ancora il profeta: "vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati … vi darò un cuore nuovo". Ecco, questo è il punto centrale. È il cuore dell’uomo la vera sede della sua schiavitù, l’uomo è schiavo perché e fino a quando è schiavo nel suo cuore. Questa notte l’uomo è stato veramente liberato perché gli viene donato un cuore nuovo, perché il suo io è rigenerato. In che modo? Mediante i santi sacramenti pasquali del Battesimo e dell’Eucarestia.

Mediante essi noi diventiamo partecipi di quanto è accaduto in Cristo che muore e risorge. Ho parlato di "rigenerazione del proprio io". Ora "la rigenerazione … come emerge dalla parola stessa, è l’inizio di una seconda vita. Perciò prima di iniziare una seconda vita, bisogna porre fine alla prima" [S. Basilio M., Lo Spirito Santo 16,35]. In che modo? Voi catecumeni, mediante il santo battesimo che fra poco riceverete, nel quale ponete fine alla vita di prima e sarete rigenerati; voi fedeli, facendo memoria del vostro battesimo e rinnovando le sue promesse. Tutti soprattutto partecipando alla santa Eucarestia.

O notte veramente unica! la gloria del Signore risorto pone fine in ciascuno di noi alla vecchia creatura ed in Lui siamo nuove creature. O notte veramente unica! "ciò che è distrutto si ricostruisce ciò che è invecchiato si rinnova, e tutto ritorna alla sua integrità, per mezzo del Cristo, che è principio di tutte le cose".

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