Meditazione di Don Divo Barsotti sulla Pasqua

Omelia
Dobbiamo rendere testimonianza della resurrezione del CristoL'unica cosa importante è credere
Le donne ritornano dagli Apostoli e annunciano che il sepolcro è vuoto: "Hanno portato via il Signore e non si sa più dove l'abbiano posto". Allora Pietro e Giovanni vanno a vedere. Giovanni più giovane corre, Pietro lo segue. Arrivano alla tomba e Giovanni non osa entrare; Pietro più impulsivo entra e vede. Dice il testo: "Vide e credette". Da che cosa nasce questa fede? Oggi possiamo capirlo; fino a poco tempo fa non si riusciva a capire la connessione di questi due verbi; vedere e credere. Che cosa vide? e perché Pietro e Giovanni credettero? Venerdì, quando si fece la Via Crucis, il Dottor Calza ci parlò della Sindone. È precisamente la Sindone che determinò il primo atto di fede nella resurrezione del Cristo, perché il Cristo è uscito dalle bende, dalla Sindone senza toccarla, come fosse divenuto - e lo era - un corpo spirituale. Era uscito dalle bende senza manometterle. Le bende si erano afflosciate, ma senza essere toccate da mano d'uomo. Evidentemente era un motivo di credibilità. Di per sé questo fatto non poteva dire che il Signore era risorto, ma bastava questo motivo di credibilità perché nascesse nel cuore dei discepoli la fede.Ed è una cosa molto importante questa, miei cari fratelli e cioè che il primo atto di fede nella resurrezione del Cristo ha un motivo di credibilità che sussiste anche oggi; anche oggi la Sindone, per chi è onesto, rappresenta un mistero: non ci si può rendere conto di come si sia impresso in questo lenzuolo il Volto, l'immagine di questo torturato crocifisso. Perché se voi prendete un lenzuolo e lo appiccicate al capo, il volto vi viene raddoppiato, mentre lì è come una negativa fotografica. È uscito senza che il lenzuolo si stendesse. Il volto doveva venire deformato, doveva venire almeno il doppio di quello che era per larghezza.Anche oggi dunque la Sindone rappresenta un motivo di credibilità. È stato questo motivo di credibilità che ha fatto sorgere la fede in Pietro. Secondo il Vangelo di Luca la prima apparizione è avvenuta proprio a Pietro, che doveva essere il suo vicario, una volta che Egli fosse asceso al cielo. "È apparso anche a Simone", dicono i discepoli quando i due, che erano andati a Emmaus, ritornano per annunciare che lo avevano visto. Prima ancora che i due discepoli di Emmaus possano dire agli undici che Gesù aveva fatto il viaggio con loro verso la loro casa, sono gli Undici che annunziano: "Il Signore è risorto, è apparso a Pietro". Anche altri testi del Cristianesimo primitivo, che non sono canonici, che non sono perciò ispirati, affermano che una delle prime apparizioni, prima che agli Undici nel cenacolo, è avvenuta a Pietro. Doveva essere lui, colui che avrebbe rappresentato Gesù a tutta l'umanità: Pietro. Era quindi giusto che Pietro per primo avesse l'incontro col Cristo risorto.Ed è questo che ci vuole insegnare anche il Vangelo di oggi: la fede, prima che in tutti gli altri Apostoli, sorge in Pietro. Gli altri Apostoli debbono aspettare la sera della domenica, quando Gesù entra a porte chiuse nel Cenacolo; ma Pietro invece prima ancora degli Undici l'ha veduto. E nella fede di Pietro anche tutti gli altri possono dire: "Il Signore è risorto". Nella fede di Pietro.Vedete dunque come già fin dall'inizio è la fede di Pietro che conferma la Chiesa. Poi ci saranno altre prove, ma gli Undici, prima ancora di vederlo, che cosa dicono ai due discepoli che ritornano da Emmaus? "Il Signore è risorto, perché Simone l'ha visto, è apparso a Simone". Allora, voi vedete come la fede di Pietro nella resurrezione del Cristo sia legata essenzialmente alla vita della Chiesa, al sorgere della Chiesa, e come Pietro sia la pietra su cui la Chiesa sarà edificata. Pietro, ma in quanto Pietro è confessore della fede. Per questo hanno ragione anche i Protestanti ad affermare che non è tanto Pietro come tale; è Pietro in quanto prima a Cesarea di Filippo dichiara Gesù Figlio di Dio, e dopo la morte di Gesù, è il primo che rende testimonianza della sua resurrezione. È Pietro in quanto conferma la fede.Una delle cose che più mi ha colpito in questi ultimi anni è stata l'elezione di Giovanni Paolo I e di Giovanni Paolo II. Tutte e due, nel primo discorso che hanno fatto, hanno affermato la divinità di Gesù con le parole stesse di Pietro. Dice uno dei più grandi Papi, San Leone Magno: "Quotidie Petrus dicit: Tu es Christus Filius Dei vivi". Il Papa non deve fare altro; è tutto qui il ministero del Papa: assicurare il mondo che Gesù Cristo è il Figlio di Dio, che in Gesù Cristo è la salvezza degli uomini. E Gesù Cristo Figlio di Dio è la salvezza degli uomini, perché il Padre ha confermato la sua testimonianza risuscitandolo dai morti, come dice oggi nel brano degli Atti degli Apostoli Pietro ai cittadini di Gerusalemme. Lo avete ascoltato nella prima Lettura: "E noi rendiamo testimonianza che Egli è stato risuscitato da Dio". Risuscitato da Dio per confermare quello che Egli aveva assicurato: la remissione dei peccati e la salvezza degli' uomini.Allora la festa della resurrezione è anche, in qualche modo, la celebrazione di questo grande mistero, di una presenza della confessione di Pietro sino alla fine dei tempi. Sino alla fine dei tempi dal Papa mi aspetto soltanto questo; il resto se c'è bene e se non c' è non mi importa, ma che lui mi assicuri questo: che Gesù Cristo è la mia salvezza, che veramente Dio si è fatto uomo, veramente Dio è morto per me, veramente Dio è risorto, e la sua resurrezione è per me la garanzia sicura di una salvezza del mondo. Perché tutto quello che noi facciamo varrà sempre poco. Fino alla fine del mondo ci sarà sempre una umanità che soffre e vive nell'attesa di una salvezza escatologica che potremo sperimentare e vivere solo nella seconda venuta del Cristo. Ma dall'ascensione del Cristo fino alla seconda venuta noi abbiamo la necessità di credere: di credere che Dio si è fatto uomo per noi! di credere che Dio è morto per noi sulla Croce! di credere che questo Dio, che è nato ed è morto per noi, è veramente Colui nel quale possiamo riporre tutta la nostra speranza, dal momento che quanto Egli ha fatto e detto ha avuto il sigillo della resurrezione gloriosa.Per questo non si può separare Gesù dalla Chiesa; per questo - mi dispiace per i Protestanti - ma non si può giungere a Cristo senza la mediazione degli Apostoli e in particolare di Pietro. Questo c'insegna oggi il Vangelo. E questo Pietro è sempre vivo fra noi, e questo Pietro rimarrà sino alla fine per assicurare il mondo di questa presenza del Figlio di Dio, di questa salvezza che il Figlio di Dio ha compiuto per tutti.Ecco l'insegnamento che ci dà il Vangelo di oggi; quale è questo insegnamento? Che nulla ci separa dall'avvenimento, perché rimane ferma, rimane viva, rimane attuale sempre la confessione di colui che per primo l'ha visto, di colui che per primo ha creduto, di colui che per primo è stato il testimone, per tutti, di questa resurrezione gloriosa. Egli rimane. Oggi si chiama Giovanni Paolo II, domani si chiamerà in un altro modo, ma e sempre Pietro, è sempre l'unica testimonianza, è sempre l'unico annuncio che passa di secolo in secolo e raggiunge gli estremi confini.Ed è questo tutto il contenuto della vita della Chiesa. Vi ho detto prima che a me non importa che il Papa faccia altre cose, ma questo deve farlo, perché è questa la sua missione. Se voi leggete gli Atti degli Apostoli, che cosa fanno gli Apostoli? Non danno altro che l'annuncio di questa resurrezione. Se togliete questo annuncio, il resto son tutti discorsi che lasciano il tempo che trovano; son tutte azioni, ma azioni che non risolvono mai nulla. Tutto quello che noi facciamo non risolve nulla; la soluzione ultima sarà compiuta soltanto nella seconda venuta del Cristo, ma fino alla seconda venuta del Cristo noi abbiamo la necessità. di sapere che questa risoluzione di tutto avverrà, perché come garanzia è già avvenuta la resurrezione di Gesù per confermarci che Egli è l'unico Salvatore di tutti.Di qui l'importanza dell'annuncio della resurrezione, di qui la necessità che questo annuncio anche oggi riempia il mondo di sé, perché è da questo annuncio che nasce all'uomo l'unica speranza di vita, l'unica speranza di salvezza, l'unica speranza di pace, di gioia, di amore. Ed è questo che noi tutti dobbiamo vivere in unione con Pietro. E tutto questo noi dobbiamo continuarlo, perché il ministero di Pietro, in modo diverso, è in fondo, il ministero e la missione di tutti i cristiani, in quanto tutti i cristiani partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo. Tutti i Vescovi legittimamente non vivono il loro ministero che in quanto vivono in comunione con Lui; tutti i cristiani non vivono la loro vita cristiana, la loro missione anche nel mondo, che in quanto vivono in dipendenza da Lui. È dunque questo medesimo annuncio che dà la vita ed è questo che noi dobbiamo fare. Quando noi usciremo di qui, che cosa dobbiamo andare a fare? Tu non devi mica fare l'insegnante e lui non deve mica fare il medico... L'unica cosa importante è dire al mondo: "Il Signore è risorto, Egli è con noi!". La testimonianza nostra non può essere che questa. Non importa dirlo con queste parole; si deve dire con la vita in modo che il mondo sappia non solo che Gesù è risorto, ma che vive in noi, che in noi, ora, Egli è vivente.La resurrezione continua, continua nella fede che nasce nei cristiani. La resurrezione del Cristo ha fatto nascere la fede della Chiesa, la resurrezione del Cristo deve continuare a dare questa fede al mondo, deve rendere testimonianza di Sé nella nostra medesima fede. Nell'Oriente, voi lo sapete, il saluto che si fa per Pasqua è questo: "Il Cristo è risorto! Egli è veramente risorto".Nei 1922 in un'assemblea di atei, a Mosca; si alzarono prima uno scienziato, poi un politico e tutti bestemmiando e negando qualsiasi dimensione religiosa della vita. Al termine ci fu un uomo sparuto, magro, che chiese la parola; gliela dettero. Egli andò sulla cattedra e disse semplicemente: "Fratelli, Cristo è risorto!" Tutta l'assemblea si alzò in piedi: "Cristo è veramente risorto". Bastarono queste parole a distruggere tutto quello che gli altri avevano detto. Tutta l'assemblea, davanti alla testimonianza di questo umile prete che non si conosceva nemmeno come tale, balza in piedi acclamando e confessando la fede. È questo che dobbiamo far noi. Se noi porteremo questo annuncio, il mondo risorgerà perché nascerà anche negli uomini la medesima fede che prima si è accesa nei nostri cuori. Ma dobbiamo saperlo dire con la medesima fermezza, con la medesima semplicità con cui questo umile uomo, andando sul palco, dopo tutte le bestemmie che erano state dette, pronunciò queste parole.Miei cari fratelli, questa è la ragione del vivere quaggiù sulla terra. Se il contenuto di tutta la vita della Chiesa è l'annuncio, è evidente che non c'è altra ragione del tempo, dopo la resurrezione del Cristo, che questo prolungarsi dell'annuncio nel tempo, questo dilatarsi nello spazio. E noi dobbiamo portare questo annuncio, dobbiamo essere testimoni della resurrezione. Se non siamo testimoni della resurrezione non siamo nulla, specialmente noi preti. Voi potete essere quelli che siete sul piano naturale: uno infermiere, l'altro medico, tu professore di lettere. I laici possono avere un contenuto di vita sul piano naturale indipendentemente dal cristiano, ma non i sacerdoti e i religiosi: l'unico contenuto della nostra vita è questa testimonianza. Ma anche per voi laici, se volete che la vostra vita abbia un senso definitivo attraverso tutto quello che fate dovete essere testimoni della resurrezione di Gesù.Testimoni del Cristo, ecco la ragione del nostro vivere quaggiù sulla terrà. E non possiamo essere testimoni se non abbiamo veduto. Non si tratta di vedere Gesù risorto; San Pietro non vide Gesù risorto; vide le bende stese per terra. Anche noi abbiamo motivi di credibilità sufficienti perché la nostra fede divenga sempre più ferma, e noi possiamo rendere testimonianza di questa fede al mondo. Che vedano gli altri, in noi stessi, i testimoni della resurrezione del Signore; sicché nessuno fra gli uomini possa dire di non avere ascoltato l'annuncio.Vedete come tutto nel Cristianesimo sia di una semplicità estrema, ma insieme di una ricchezza infinita perché rendere testimonianza del Cristo vuol dire rendere testimonianza dell'Incarnazione, della morte di Croce, della resurrezione del Cristo; e vuol dire rendere testimonianza di un amore infinito che ci salva.Si diceva il primo giorno del Triduo che l'unica cosa importante nella vita è credere; le altre cose nel Cristianesimo sono quasi una sciocchezza ma la fede è la cosa più difficile ed urgente. Vi ripetevo quello che mi aveva detto tanti anni fa Mons. Bartoletti e che anche io andando avanti negli anni sento come vero: "L'unica cosa importante è credere". Non avendo fede, si cerca di rimpiazzare la pochezza della nostra fede (o la mancanza della nostra fede) con delle opere, con dei discorsi e non ci rendiamo conto che così facendo non diamo agli uomini altro che delle frasche, altro che delle foglie morte. Gli uomini non sanno di che farsene di tutto quello che noi diamo loro, se non diamo questa testimonianza di fede. Si cerca di giustificare la Chiesa attraverso le opere che fa, e le opere che fa, molto spesso, non risolvono nulla. Dopo aver compiuto tutto, siamo al punto di partenza. È la fede, soltanto quella che il mondo attende da noi, e la fede non può essere sostituita da cosa alcuna. È evidente che tutto quello che facciamo indipendentemente dalla fede ha sempre una dimensione naturale ed umana, storica se volete, ma sempre conclusa in questo mondo; la fede invece spezza i confini di questa creazione, i confini del nostro vivere quaggiù; spezza questi confini e ci apre all'immensità stessa di Dio. La fede è la forza dirompente che spezza tutte le misure dell'essere e del vivere umano e ci mette in comunione con l'Infinito.Ma bisogna avere veramente questa fede. E credere non è cosa facile. Credere che quest'uomo che è morto sopra una Croce è Figlio di Dio, credere che la sua resurrezione abbia un peso così grande da essere per noi la speranza di una resurrezione futura, di una trasfigurazione di tutto l'universo; di una vita immortale per tutti gli uomini, questa è una cosa veramente grande. E noi, attraverso l'annunzio della resurrezione, dobbiamo dare questo al mondo perché l'annuncio della resurrezione non è di per sé soltanto la resurrezione di un morto, ma è la conferma di Dio su tutto quello che il Cristo è. E il Cristo si è presentato come Salvatore del mondo; e il Cristo si è presentato come Colui che riannodava l'umanità a Dio; e il Cristo si è presentato come Colui che era la comunione e l'immensità dell'amore divino all'uomo che vive nel tempo.Non possiamo fermarci soltanto alla resurrezione come avvenimento perché anche se fosse vero che Lui è risorto, ma questa resurrezione non avesse un rapporto con me, beato Lui! ma a me cosa me ne viene? Ma la resurrezione del Cristo è il sigillo di Dio sull'opera del Cristo, è il sigillo di Dio su quello che la morte del Cristo è, secondo le parole stesse di Gesù: "Questo è il sangue versato per voi e per tutti per la remissione dei peccati". È la comunione con Dio che si apre per tutti noi, è la vita immortale per tutti noi. La resurrezione è la conferma di tutto questo.Miei cari fratelli, fra tanti anni come celebreremo questa Pasqua del Signore? Come vivremo quello che oggi viviamo? perché non vivremo mica altra cosa, vivremo quello che viviamo oggi, soltanto nella manifestazione ultima di quello che oggi crediamo nel mistero.E che è questo vivere nella verità ultima quello che viviamo oggi nel mistero? È il vivere questa comunione immensa di amore con Dio e fra di noi, è vivere questa vita immortale, è vivere questa beatitudine stessa di Dio, è vivere la gloria stessa di Colui che è risorto. Questo noi vivremo.Ci crediamo davvero? Diciamo di sì, ma non lo so mica se ci crediamo davvero. Parliamoci schietti, non giochiamo: abbiamo paura della morte? oppure possiamo dire, come Santa Teresa: "Muoio perché non muoio"?Le parole di Santa Teresa non sono qualcosa di straordinario se noi crediamo. La vita è tutta di là; noi viviamo qui la morte. Questo vivere quaggiù è morire, perché è rimandare soltanto la pienezza della vita, certo il passaggio da questa vita all'aldilà è angoscioso, perché l'uomo non può volere di per sé la rottura dell'anima dal corpo, ma io posso benissimo fare questo salto e non pensare tanto a questa distruzione del mio corpo, quanto pensare a quello che attraverso di questo mi si spalancherà.Se io penso a questo, allora tutta l'anima mia non diviene più che un'attesa: "ha sete l'anima mia del Dio vivente".E di che cosa possiamo aver sete, e di che cosa possiamo aver fame se non abbiamo fame e sete di Dio? Di che cosa possiamo aver fame, di che cosa possiamo aver sete se non di questa gloria che ci è promessa e che certamente verrà?Noi si crede, ma si vorrebbe rimandare sempre, non è vero? Ma siccome per andare di là bisogna passare attraverso la morte... che venga! tanto deve venire, che venga, perché la vita vera è tutta al di là. Ci può essere, sì, l'angoscia per questo passaggio, ma si fanno tanti salti, perché non si deve fare il salto di non pensare troppo questo passaggio per vedere quello che al di là del passaggio si apre per noi? La bellezza, la magnificenza della vita divina, l'irrompere di tutto l'amore di Dio nel cuore dell'uomo.Miei cari fratelli, fra poco, fra poco perché non è rimandato per nessuno, fra poco, noi vivremo veramente la vita. È questo che noi crediamo quando crediamo nella risurrezione perché la risurrezione del Cristo è soltanto l'inizio di una gloria che investirà tutta la creazione, di una gloria che irromperà e sommergerà ogni cosa nella gloria stessa di Dio che assumerà tutto l'universo per consumarlo nella sua luce infinita.Rendiamo testimonianza della Resurrezione, dunque, perché in questa testimonianza noi siamo coloro che daranno l'unica speranza agli uomini che vivono quaggiù nel buio e non sanno dove terminerà, il loro cammino. Per chi non crede, questo cammino è davvero come dice il Leopardi nel "Canto di un pastore errante", il vecchio che incespica e poi cade in un burrone e tutto finisce.Non è così per noi che annunciamo la risurrezione, il mondo ha veramente una speranza.Noi dobbiamo dare questa speranza al mondo, perché.... perché non tema. Il nostro cammino ha per meta la luce, il nostro cammino ha come meta la vita; il nostro cammino ha come meta l'amore. Il Cristo risorto ci ha aperto tutte le strade, non possiamo temere più.Ecco, mi sembra, quello che ci dice oggi l'annuncio della resurrezione, che per primo ha portato agli uomini Pietro Simone figlio di Giona.
U.S.F.P.V.
© Divo Barsotti

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