La Passione secondo Matteo di J.S.Bach


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Il necrologio del figlio Carl Philipp Emanuel riferisce che Bach aveva scritto cinque passioni. Di queste, soltanto due sono pervenute intere a noi: la Johannes-Passion, la cui prima esecuzione accertata risale al 1724, e la Matthaus-Passion del 1729; una Markus-Passion, su testo di Picander, è pervenuta ma se ne conosce parte della musica, che venne creata utilizzando anche la cantata BWV 198. Spuria una Lukas-Passion, pervenuta autografa ma sicuramente copiata da un manoscritto di altro autore, forse intorno al 1712. Della quinta passione, nulla si conosce, se non un presunto libretto di Picander. Poiché è logico pensare che Bach, per comporre le cinque passioni, abbia messo in musica i testi della Passione secondo tutti e quattro gli evangelisti, è evidente che uno di quei testi dovette essere preso in considerazione due volte. Friedrich Smend, fondandosi sulla specificazione del Necrologio nella quale è rilevata la presenza di una Passione a due cori, ha supposto che Bach avesse scritto due Matthaus-Passionen, una delle quali - a un coro - scritta durante gli anni di Weimar.

A Lipsia vi era l'abitudine di comporre ed eseguire vari tipi di passione in stile polifonico, ed è grazie all'intensa attività musicale di questa città, specialmente nel campo della musica sacra, che tale forma trova la sua fortuna e il più alto grado di sperimentazione. Abbiamo così la Passione-responsorio con semplici interventi del coro in risposta alla lettura intonata del o dei celebranti; la Passione-mottetto con la realizzazione polifonica dell'intero testo evangelico; la Passione drammatica in cui il recitativo non è quello liturgico tradizionale, bensì risulta liberamente inventato; la Passione-oratorio, cioè come oratorio sul tema della Passione.

Le due passioni a noi giunte, capolavori forse assoluti della musica di Bach, sono concepite, invece, nella forma della cosiddetta passione oratoriale.
Nella passione oratoriale, che veniva presentata all'interno di una celebrazione liturgica non diversamente da una cantata sacra in due parti (prima e dopo la predica), il testo evangelico viene interpolato con testi madrigalistici (arie o cori) e Kirchenlieder (corali).

Strutturalmente la passione si articola nel modo seguente:

  1. Testo evangelico: intonato per la parte narrativa da un evangelista, tenore, in stile recitativo, e per le parti dialogiche da voci - soliste o corali - cui è affidata di volta in volta la rappresentazione di personaggi singoli o collettivi.
  2. Arie e ariosi madrigalistici affidati a solisti, con la funzione di suggerire ai fedeli motivi di meditazione e di riflessione.
  3. Imponenti brani in stile mottettistico, in apertura o chiusura delle singole opere o di parti di essa.
  4. Corali liturgici, intonati dal coro.

Nell'affrontare il tema della passione, che in tutti e quattro i Vangeli è contenuto in due capitoli, ma con differenze notevoli nel numero dei versetti, Bach non poteva non tenere conto degli elementi formali che guidano il testo-base, della diversa distribuzione della materia e della stessa “temperatura” del racconto evangelico, particolari questi che erano ben presenti anche al poeta e ne condizionavano gli interventi (tropi). Quindi abbiamo: 82 vv. per Giovanni (da 18,1-40 a 19,1-42), 141 vv. per Matteo (da 26,1-75 a 27,1-66), 119 vv. per Marco (da 14,1-72 a 15,1-47).
Elemento portante e determinante del servizio liturgico è la predica, che trova collocazione in un momento particolarmente significante della narrazione evangelica ma non centrale rispetto ad essa, sicchè la distribuzione dei versetti nelle parti in cui si articolano le passioni bachiane avviene in maniera asimmetrica: parte I Gv. 27, Mt. 56 Mc. 52 ; parte II Gv. 55, Mt. 85 Mc. 67.

Un'ultima considerazione prima di affrontare il discorso sulla Matthaus-Passion. All'esecuzione di tali opere erano chiamati complessi vocali e strumentali di dimensioni maggiori in rapporto a quanto si verificava nelle ordinarie festività liturgiche. Per la parte corale se ne occupavano la prima e seconda cantoria (da un minimo di 24 a un massimo di 34 cantori); quanto agli strumentisti, si può calcolare che essi non superassero la cifra di 34.
Problema assai dibattuto, infine, è quello della prassi esecutiva relativamente alla parte del basso continuo, campo minato di certa esegesi non sempre attenta a sottrarsi ad un'interpretazione troppo letterale dei documenti e spesso dimentica che in quell'età l'adozione di uno strumento in luogo o a fianco di un altro poteva essere governata dal caso, da una primaria libertà di azione oppure da necessità contingenti oggi superate con la maggiore preparazione professionale degli esecutori. La questione principale riguarda il corretto impiego del cembalo, uno strumento che ebbe corso nelle chiese principali di Lipsia, unitamente o in alternativa all'organo. Una soluzione radicale e definitiva del problema è impossibile, ma il buon senso dovrebbe suggerire che, anche quando la presenza del cembalo è indicata in partitura o addirittura confermata da una specifica parte separata conglobata nel materiale esecutivo originario, non è detto che l'impiego ne diventi indispensabile e ad esso non si possa rinunciare. E' possibile, ad esempio, che il cembalo costituisse un semplice sostegno, un ausilio per guidare le voci, le quali dovevano agire in spazi acusticamente difettosi o angusti, in condizioni ambientali, dunque, ben diverse da quelle in cui si trova ad operare l'odierna pratica concertistica.

La Matthaus-Passion

La Passione secondo S.Matteo, differentemente dalla Passione secondo S.Giovanni, appare più vistosa e spettacolare, meno intima, ma più impressionante, non tanto nelle dimensioni e nell'aspetto formale, quanto piuttosto nella vertiginosa corsa verso atteggiamenti teatrali (un vero e proprio dramma liturgico) di resa immediata. La partitura appare non-uniforme, ma commista di stili disparatissimi difficilmente afferrabili da chi non conosca a fondo i segreti del linguaggio bachiano.

Composta tra l'autunno del 1728 e la Quaresima del 1729, fu eseguita nella chiesa di S. Tommaso di Lipsia il giovedì santo dello stesso anno (altre esecuzioni 1736, 1739, 1745).

Per quanto riguarda la sezione testuale, il testo è tratto dal vangelo di S.Matteo e intercalato da 28 brani ad opera di Picander, più 14 corali. L'elemento primario della realizzazione drammatica è il recitativo che ha importanza capitale ed è strettamente legato al significato del testo. A parte l'arditezza armonica e l'estrema libertà della linea melodica, c'è da rivelare la sua prodigiosa natura lirica e religiosa, anzi luterana.
All'Evangelista è affidata l'esecuzione di un recitativo secco, differentemente da quello che accompagna il personaggio di Cristo, sostenuto da un lieve disegno melodico degli archi. Unica eccezione al costante uso del recitativo obbligato (strumentale) è il momento in cui Cristo pronuncia, prima della morte, le parole Eli, Eli, lamma Sabachtani, espressione che anche musicalmente è appello di agghiacciante efficacia.
Rivestito di figure musicali cariche di significati simbolici e che perciò propongono un'immediata corrispondenza fra il contenuto del testo e il veicolo della parola, il recitativo è spesso un messaggio lanciato al fedele e destinato a scavalcare il senso letterale della narrazione per assumere invece una forma musicale autonoma (es. n. 63a che alle parole dell'Evangelista, nel momento del terremoto, sottopone il tumultuoso clangore di una parte di continuo - organo - con effetti sonori che vanno ben oltre i limiti di un puro sostegno armonico per farsi invece pittura d'ambiente, poesia dell'imitazione della natura).

Altro pilastro fondamentale della passione è il corale, la tradizionale voce spirituale del popolo tedesco, il cui impiego è determinato da esigenze espressive (e non solo liturgiche): la formazione di zone di meditazione, la necessità di realizzare momenti di tensione e di sospensione del dramma, l'esigenza d'un elemento dialettico che introduca alla purificazione.
Si devono aggiungere, poi, i grandiosi cori di apertura e di chiusura della passione e un terzo ruolo affidato alla massa corale, quello del popolo, la turba come personaggio dei Vangeli; per quest'ultimo si tratta di interventi previsti dalla narrazione e concepiti nei più diversi stili, dal semplice recitativo corale all'ampia struttura polifonica, dal brevissimo motto alla fuga.

Il momento statico della passione, il monumento alla meditazione e alla contrizione è rappresentato dagli ariosi e dalle arie; in queste pagine la coscienza del credente si risveglia mentre l'azione si ferma. I due elementi stilistici, ariosi e arie, si fondono praticamente in un unico organismo in cui la cantabilità si sposa ad una rigorosa tessitura contrappuntistica realizzata da strumenti obbligati, flauto diritto o traverso, oboe d'amore e da caccia, viola da gamba, liuto (S.Giovanni), violino…, con scelte timbriche di straordinaria puntualità, sottolineando ulteriormente quello che è il risultato finale delle passioni bachiane: commistione di stili e condotta parallela di forme diverse per spirito, destinazione e struttura, per la cui non-uniformità fuoriesce, razionalmente e sentimentalmente coordinata, l'unitarietà dell'opera, poiché è con la purità degli atteggiamenti che Bach conquista il dominio della materia.

Veniamo all'ascolto di alcuni brani dell'opera. Ne ascolteremo l'esecuzione del 1965, diretta da Karl Richter con la Munchener Bach-orchester ed il Munchener Bach-chor (voci soliste: Irmgard Seefried, Antonia Fahberg, Hertha Topper, Ernst Haefliger, Kieth Engen, Dietrich Fischer-Dieskau, Max Proebstl), edizioni Archiv.

Traccia 1: 9'52

Questo brano è in stile mottetistico concertato, eseguito da doppio coro e corale affidato ad un coro di voci bianche. Il testo è stato probabilmente scritto da Henrici e una sezione da Decius.
Da questo brano iniziale si comprende la particolare natura del messaggio dell'intera opera, il simbolismo dell'Agnello.
Richiamandoci all'Apocalisse (14,1; 21,10) “E vidi, ed ecco l'Agnello ritto in piedi sul Monte Sion. Insieme con lui 144mila che hanno scritto sulle loro fronti il suo nome e il nome del Padre”. Su quel monte l'Agnello è stato immolato, ma su quello stesso monte saranno celebrate le sue nozze con la sposa, Gerusalemme. In altre parole, il sacrificio della croce è inteso come premessa alla redenzione.
La morte di Cristo indica da un lato la vittoria sul male, dall'altro la fondazione della nuova Gerusalemme. Si apre così la via crucis, il glorioso cammino della croce, come sottolinea la scelta musicale del Kommt, processionale e solenne, in forma dialogica tra due cori.
Strutturalmente uno dei due cori interroga l'altro con domande cariche di apprensione, in un tumulto di passi concitati, mentre il coro di voci bianche si libera in un cantus firmus sull'Agnello.

Il brano si apre con una solenne introduzione strumentale, che riprende simbolicamente il carattere processionale. Il procedere delle voci è tortuoso, le sonorità cupe iniziali vengono rischiarate dall'esecuzione dei violini, e l'atmosfera si fa più concitata ed intensa con il raddoppio della figurazione ritmica del BC.
L'ingresso del coro è introdotto da una frase melodica dominata dai flauti che termina con un trillo.
Anche qui, come in alcune parti della Messa in si minore, troviamo un accattivante discorso di politestualità, che in modo complesso si articola in due momenti.
Il primo è evidenziabile mettendo a confronto i due cori: le voci femminili procedono per valori larghi, in contrapposizione alle voci maschili che eseguono la frase raddoppiando il ritmo.
Il secondo momento, quando entra il coro di voci bianche con il corale O Lamm Gottes, unschulding. Le due parti si incontrano sulle coppie di parole: colpe e peccati, croce e pietà; sposo e agnello, a voler sottolineare, con forza, la centralità del messaggio evangelico.

Traccia 17-18: 4'24
Tradimento di Giuda e istituzione dell'Eucaristica.

Si prende ora in considerazione questa sezione della passione per mettere in risalto le differenze tra i vari tipi di recitativo adottati da Bach, il quale si impegna a sottolineare la forza del messaggio, che rimanga a noi non con la fredda determinazione di una sentenza, ma come un sermone ultimo, un testamento spirituale.
Ci troviamo nel momento in cui si consuma l'ultima cena, dove si preannuncia il tradimento di Giuda e si istituisce il sacramento dell'eucaristia.
Nella narrazione della vicenda abbiamo l'Evangelista che scolpisce il disegno narrativo del Vangelo di S.Matteo con un recitativo scavato, che mira a sottolineare la veridicità dei fatti e il loro inquadramento storico-anneddotico.
La figura di Cristo, invece, dovendosi innalzare, trovando collocazione su un piano di distinzione e di onore rispetto a quello degli altri interlocutori, abbandona il recitativo secco per quello obbligato.
Così, le parole di Cristo sono sempre pronunciate secondo uno stile declamato, ricco di mistica fierezza e di profetica verità, accompagnato dagli archi, quasi sempre per accordi ma talvolta con fregi indipendenti dalla linea di canto, in atmosfere che stanno tra il triste, il tenero, il celestiale, vagando verso atteggiamenti propri dell'arioso.
è interessante notare che l'evangelista quando introduce gli interventi di Gesù usa un tono più dolce, di complicità, contrariamente a Giuda.

Traccia 4 del II cd: 5'00
Arresto di Gesù

Aria con coro: eseguita sotto forma di duetto, soprano e contralto.
La concitazione estrema si espleta in corrispondenza di un passo di alta drammaticità e che stimola la rappresentazione della pietà e della sofferenza. È il momento dell'arresto di Gesù.
Un tema grave e penoso serpeggia in orchestra, prima dell'entrata delle voci soliste, in cui risaltano fiati e archi acuti che si muovono per appoggiature. Evidente il basso continuo realizzato con l'ausilio dei violoncelli.
Le implorazioni del coro sono chiare, imponenti e forti.
Dalle parole pronunciate del coro si capisce che la natura si ribella, il cielo si oscura e le potenze degli abissi si levano; in questo preciso momento dell'esecuzione il coro si spezza in due tronconi, che procedono all'unisono, ora in modo antifonale, su un fugato di mirabile compattezza. La tensione drammatica è al culmine e come uno schianto il discorso s'interrompe improvvisamente per riprendere, dopo una lunga pausa, sulla immagine (“Spalanca i tuoi abissi di fuoco, o inferno”) che propone con efficacissimo realismo il tragico verificarsi di un cataclisma tellurico.
Evidenti sono poi i violoncelli, che con il loro timbro pieno, caldo e corposo procedono ostinatamente per tutta l'esecuzione.

Traccia 6 del II cd: 6'44
Dopo la cattura

A chiusura della prima parte troviamo il corale “O Mensch, bewein dein Sunde gros”, brano precedentemente utilizzato per la passione composta a Weimar nel 1725.
Ovviamente eseguito dai due cori, quest'ultima pagina unisce i due cori vocali-strumentali e dispiega tutto il potenziale bachiano nella tecnica del mottetto su cantus firmus.
Vi è una lunga introduzione orchestrale, dove troviamo i violoncelli ad imitare la linea melodica in progressione per appoggiature esposta dai fiati. L'appoggiatura, che crea uno spostamento di accentazione, è l'elemento strutturale di questo brano, e fa procedere la linea melodica a singhiozzi, come le lacrime che l'uomo versa per i suoi peccati e per l'umiltà di Dio a noi dimostrata facendosi uomo. La tonalità oscilla tra modo maggiore e minore. I soprani aggiunti svolgono il compito di ripieno.
Il testo, così come la musica, può essere diviso in due sezioni, la prima anch' essa bipartita, la seconda caratterizzata da un inizio luminoso, che corrisponde all'atmosfera e il finale in un accentuato rallentando, sulle parole “morendo sulla croce”.

Traccia 20-21-22 del III cd: 9'17
Wir setzen uns mit Tranen nieder (sepoltura)

Chiudiamo con l'ultima parte della passione con il più ampio esempio di coro della turba, 24 battute, a cui è affidata la richiesta di vegliare il sepolcro del Signore.
L'esecuzione corale è in forma mottettistica, polifonia a quattro parti più o meno contrappuntate.
L'entrata del coro è preceduta da un breve passo di BC che raddoppiando la propria figurazione ritmica, prepara l'atmosfera concitata che anima il popolo. Il coro che procede inizialmente vede evidenziata la parte dei soprani, per lasciare poi il campo alle voci tenorili che conducono una intensa sezione imitativa.

A seguire, prima del corale di chiusura, abbiamo un recitativo che ci presenta la sepoltura del Cristo. Alle spoglie di Gesù è rivolta l'attenzione delle affermazioni e delle considerazioni affidate al coro.
Il brano corale è introdotto da un interludio orchestrale dominato dagli archi, nei quali è possibile ascoltare i registri bassi dei violoncelli e dei contrabbassi, scelti non casualmente, poiché rendono ancora più intensa l'emozione rappresentata. Sostanzialmente è strutturato come un'aria col “da capo”, liberamente inteso, recante alcuni passaggi in cori spezzati (influenza dell'Italia settentrionale sul corale luterano). Accorato è il tono, perché dolorosa è la circostanza della sepoltura, ma l'invocazione del riposo e l'augurio, anzi, la certezza di poter chiudere gli occhi nel sonno celeste, costituiscono un affabile messaggio di fede sublimato da una scrittura mottettistica essenziale e calda, ariosa e benedetta dalla notte apportatrice di quiete, quella “buona notte” che nel corso del precedente recitativo obbligato a quattro il coro aveva dolcemente invocato con quattro brevi cullanti motti diversamente articolati.
Si possono distinguere dinamicamente due momenti, uno più intenso in cui l'orchestra d'archi avvolge e sostiene il coro, l'altro più intimo, dove si evidenzia l'oboe d'amore.
Il motto “riposa in pace” si ripete due volte, dinamicamente e simbolicamente diverse, la prima pp a rappresentare un dolce augurio, la seconda f che porta in se il dolore della morte, avvenuta cruentamente del Salvatore, ma anche la solennità e la conferma che solo la notte può quietare questo momento.
Il coro procede per imitazioni.

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