Ecco che il Signore insultato non si adira, non risponde con insolenze. Se avesse voluto dire: L'avete voi il demonio, avrebbe detto solo la verità. Perché se non fossero stati spinti da forze diaboliche, non avrebbero potuto parlare così male di Dio. Ma la Verità, ricevuta l'offesa, non volle neppure dire quello che era vero. Se no, poteva sembrare che parlasse non per dire la verità, ma per ricambiare l'ingiuria. Ecco quindi l'insegnamento per noi. Quando il prossimo ci calunnia, dobbiamo tacere le sue colpe palesi, per non far degenerare il servizio della giusta correzione in un'arma che scarica il nostro risentimento.
Ma chi agisce mosso da amore per Dio è disprezzato dai malvagi. Per questo il Signore ci offre l'esempio della pazienza dicendo: Onoro il Padre e voi mi disonorate. E caratterizza pure il comportamento evangelico quando afferma: Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca e giudica. Ora noi sappiamo che la Scrittura afferma come il Padre ha dato ogni giudizio al Figlio. Eppure, ecco che íl Figlio, ricevendo le ingiurie, non cerca la gloria sua.
Ma le menti degli ascoltatori non si sollevano più in su della carne, pensano solo all'età della carne di Cristo e fanno dire: Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo? . Richiamandoli allora, dalla sua umanità alla contemplazione della sua natura divina, il Redentore esclama: Prima che Abramo fosse, io sono. Prima significa il tempo passato; Sono indica il presente. E siccome la divinità non ha né futuro né passato, ma ha sempre l'essere, il Signore non dice: Prima di Abramo io fui; dice invece: Prima di Abramo io sono. Anche a Mosè Dio si autodefinì: Io sono colui che sono. E poi: Dirai agli Israeliti: Io-sono mi ha mandato a Voi (Es 3, 14). Il Signore dunque, fu prima e dopo di Abramo, il quale poté venire in questo mondo visibilmente e allontanarsene, dopo il corso della sua esistenza. Ma la Verità ha sempre l'essere. Non ha avuto mai principio e non deve avere fine. Gli infedeli, però, non potendo sopportare queste parole di eternità, corrono a prendere pietre, per lapidare colui che non riescono a capire.
Che cosa fece il Signore di fronte al furore di quei forsennati? Il testo dice: Gesù si nascose e uscì dal tempio. E' strano che Cristo sfugga ai persecutori nascondendosi. Strano, perché se avesse voluto esercitare la potenza della sua divinità, con il solo atto della volontà li avrebbe inchiodati, impedendo di colpire o li avrebbe fatti stramazzare a terra stecchiti. Ma venuto per patire, non volle esercitare nessun giudizio. Certo nel tempo della sua passione, dimostrò quanto era grande la sua potenza; eppure si assoggettò a patire. I persecutori lo cercavano ed egli disse: Sono io! (Gv 18, 5). Con quella sola parola frustò la loro superbia e li fece piombare al suolo.
Perché Cristo si nascose quando poteva sfuggire ai suoi persecutori anche senza scomparire? Per questo: il Redentore, fattosi uomo tra gli uomini, ci insegna ora con le parole, ora attraverso gli esempi. In questo caso, con il suo atteggiamento mansueto, ci segnala di ritirarci in umiltà davanti all'ira dei superbi, anche quando potremmo opporre resistenza.
Dice bene perciò san Paolo: Lasciate fare all'ira divina (cf. Sal 40, 10). Di fronte all'esempio dì Dio che si arrende al furore di uomini invasati dall'ira e se ne va, valuta il cuore umile che devi avere tu per non reagire contro l'aggressività del prossimo. Nessuno si levi contro le offese che può ricevere. Nessuno ricambi ingiuria per ingiuria. E' più glorioso, ad imitazione di Gesù, fuggire l'insulto col tacere che vincerlo ribattendo. Eppure la superbia si rivolta in fondo al cuore e ribatte: E' vergognoso ricevere un insulto e star zitto. Se ti vedono tacere quando sei oltraggiato non penseranno che stai praticando la pazienza ma piuttosto che ti riconoscì colpevole. Eppure da dove prende origine questa voce nel nostro cuore? Non forse dal fatto che concentriamo l'attenzione sulle realtà terrene? Cerchiamo la gloria di quaggiù "e non ci curiamo affatto di piacere a colui che ci guarda dall'alto".
Sicché quando uno ci offende, lasciamo che divenga in noi realtà vissuta questa parola di Dio: Io non cerco la mia gloria: vi è chi la cerca e giudica.
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