Lunedì 7 di maggio 2001
Il nome Betania è utilizzato solo dai pellegrini cristiani. Il villaggio arabo si chiama 'Azariya o El-'Azariya, cioè paese di Lazzaro. Già Egeria chiamava questo luogo Lazarium (ELS 575,1; TCG 103), senza indicare il villaggio ma il solo santuario cristiano dove c'era la tomba. Della Betania antica non è rimasto più nulla. Forse è scomparsa durante le guerre giudaiche. Nel medioevo è rispuntata la memoria della casa di Lazzaro e di Simone il lebbroso. Le tradizioni fondono insieme la casa di Marta e la tomba di Lazzaro. C'è quindi una differenza fra le tradizioni antiche e le tradizioni più recenti: le prime si riferiscono solo alla tomba e al relativo santuario; le altre invece parlano pure del villaggio.
Il racconto evangelico (Giovanni 11,1-47) è molto complesso e ambienta scene diverse in luoghi differenti. La tradizione più recente pone la casa di Marta dove oggi c'è il santuario francescano; la tomba di Lazzaro sulla strada, appena dopo la moschea; il luogo dell'incontro fra Gesù e Marta sulla strada per Gerico, a circa mezzo chilometro dal santuario, dove c'è la pietra del colloquio (oggi ci sono due chiese, una greco-ortodossa e l'altra russo-ortodossa). Tuttavia è impossibile che nello stesso luogo ci fossero tomba e villaggio. La scoperta di elementi domestici (cisterne, bagni, etc.) è sufficiente per stabilire la presenza di abitazioni. Nella zona sono state scoperte molte tombe; alcune sono cristiane, altre invece sono più antiche.
Padre S. Saller ha scavato e ritrovato molti resti di abitazioni: resti di bagni, cisterne, etc. dall'epoca persiana (V secolo a.C.) sino all'epoca bizantina. Il villaggio si estendeva dunque a occidente della tomba di Lazzaro e non verso Gerusalemme.
La tomba di Lazzaro è molto strana. C'è una lunga entrata a gradini, scavata circa nel 1590 e sul fondo una grotta con una muratura. La stranezza si spiega con le vicende storiche successive. Anzitutto questa è l'unica tomba di Lazzaro esistente: c'è una continuità della tradizione. Già Eusebio nell'Onomasticon parla di Betania, situata a due miglia da Gerusalemme (ELS 571; TCG 103). Girolamo, traducendo l'opera in latino, aggiunge: "adesso vi è stata costruita una chiesa" (ibidem). Il passaggio è tipico: un luogo all'aperto, onorato a motivo di una memoria biblica, nel IV secolo vede la costruzione di un santuario. Egeria descrive una processione con grande concorso di popolo: si leggeva l'episodio evangelico qui ambientato e si dava l'annuncio della Pasqua (ELS 575; TCG 103). La descrizione della pellegrina suppone un luogo all'aperto. In seguito le menzioni si fanno più rare e tuttavia non spariscono (Teodosio, ELS 576,1; Anonimo piacentino, ELS 577). Qualcuno parla di una chiesa e di un monastero (Arculfo, ELS 580; Bernardo monaco, ELS 582, TCG 103); altri parlano della casa di Simone il lebbroso (Anonimo del VII secolo, ELS 589).
Tutte le fonti menzionano una chiesa. All'inizio dell'epoca crociata fu pure costruito un monastero femminile. Essendo Betania al limite del deserto, il monastero era fortificato (si vedono ancora i resti di due torri) e le monache in tempo di guerra si ritiravano a Gerusalemme (Guglielmo di Tiro, ELS 585). Nella proprietà dei greci, al di sopra della loro chiesa, ci sono i resti della torre di Melisenda, la moglie armena di Baldovino I, re latino di Gerusalemme.
Gli scavi archeologici hanno mostrato la successione di una serie di edifici ecclesiastici. Ci sono almeno tre chiese nello stesso luogo e una quarta sopra la tomba di Lazzaro. Forse c'era una chiesa per la celebrazione eucaristica e un altro luogo per la memoria di Lazzaro.
La prima chiesa era nel classico stile basilicale: un atrio, un'aula con tre navate divise da colonne. La seconda chiesa (sovrapposta alla prima) aveva pilastri quadrati e volte. Padre Saller datò la prima intorno al IV secolo e la seconda al V secolo. Tuttavia quest'ultima datazione non è più ritenuta esatta (oggi si preferisce datarla dal VI all'VIII secolo). Infatti col periodo arabo venne meno il commercio con l'occidente e vennero meno gli alberi per coprire il tetto a capriata. Da qui lo sviluppo delle cupole che esigono notevoli pilastri. Anche i mosaici della prima chiesa sono molto fini ed eleganti; quelli della seconda sono più rozzi. La terza chiesa (crociata) fu un restauro della seconda. La quarta chiesa era costruita sopra la tomba di Lazzaro. Nel periodo crociato c'era forse un'abside.
Il monastero femminile al tempo dei crociati è oggi occupato dalla casa francescana, dalle case arabe e dalla proprietà greco-ortodossa. È stata ritrovata la torre (ben visibile nel giardino dei greci): le bozze sporgenti dell'architettura militare crociata sono un segno evidente dell'origine della costruzione. Sono state trovate pure alcune sculture.
Osservando la parte absidale dell'attuale chiesa (progettata dall'architetto Barluzzi e consacrata nel 1954) si nota un muro antico e ben costruito. Si tratta del muro della seconda chiesa (di epoca bizantina, intorno al VI-VIII secolo). Nel cortile sono raccolti reperti archeologici appartenenti alla prima chiesa: basi e rocchi di colonna, capitelli, etc; si nota la tipica pietra rosa di Betlemme.
Di fronte alla facciata della chiesa attuale sono ben visibili i tre ingressi della seconda e della terza chiesa. Inoltre si vedono i grossi muri laterali con gli enormi contrafforti che reggevano la spinta della volta in muratura. A fronte dell'ingresso ci sono due pilastri: in alto c'è la partenza della volta. In base ad una cornice ancora ben visibile si deduce che la chiesa fosse abbastanza piccola: un portico, la cupola e il presbiterio. Sui pilastri è rimasto il segno dell'intonaco e qualche pittura (una corona con una croce). Anche il pavimento della seconda basilica è ancora visibile in qualche raro lacerto nei pressi dei pilastri: si tratta di un mosaico molto rozzo.
Al di sotto dell'attuale pavimento di pietra c'è, totalmente conservato, il pavimento della prima chiesa, un mosaico molto fine, visibile in alcuni punti. La striscia centrale è davvero un piccolo capolavoro. In alcuni punti si notano croci nere sullo sfondo bianco. Questo stile è tipico del IV secolo; ci sono esempi nella basilica di Betlemme e al campo dei Pastori dei greci. Nel 417 un editto di Teodosio II proibiva di rappresentare croci sul pavimento. Tuttavia si trovano esempi di croci; in altri luoghi si evitava la rappresentazione della croce nei luoghi di passaggio. Questa chiesa era sicuramente già costruita nel 386 (ne parla infatti Girolamo nella sua traduzione latina dell'Onomasticon di Eusebio) e quindi precedente all'editto di Teodosio II.
La prima chiesa era più corta della seconda chiesa. Sotto il pavimento dell'attuale edificio, praticamente appena dopo l'ingresso, si vede il muro dell'abside. Tuttavia si estendeva di più in lunghezza al di là delle porte della seconda chiesa.
Dopo la seconda guerra mondiale la Custodia riscattò gran parte delle costruzioni adiacenti alla chiesa e un grande appezzamento di terreno (in aggiunta a quello comprato nell'800 con l'aiuto della venerabile marchesa Pauline de Nicolay). Sono ancora visibili parti dell'atrio della seconda chiesa: ci sono cornici, archi, stilobati.
L'interno dell'attuale edificio imita un monumento funerario romano. Sono rappresentati i quattro episodi evangelici ambientati a Betania (il colloquio fra Gesù e Marta e la resurrezione di Lazzaro [Giovanni 11,1-47], la cena a casa di Simone il lebbroso [Marco 14,3-9 e par.], Marta e Maria [Luca 10,38-42]). Sotto il pavimento, appena varcata la soglia, si nota il muro absidale della prima chiesa e i mosaici della seconda chiesa.
Lasciando la chiesa e salendo la strada (assai in salita) si entra nella tomba di Lazzaro. L'attuale scala fu scavata nel 1590. I pellegrini cristiani, infatti, avevano difficoltà ad entrare nel luogo attraverso la moschea. Attualmente l'apertura dalla moschea è murata; il possesso delle chiavi e quindi del luogo è degli abitanti del villaggio. Penetrando nella tomba da uno stretto cunicolo si vede la volta a botte (forse di periodo bizantino). La sala antistante ha nicchie approntate per celebrare l'Eucaristia (ogni comunità religiosa celebra in qualche occasione dell'anno). Dal punto di vista archeologico questo luogo non ha proprio nessun elemento che rimandi ad una tomba; c'è tuttavia un'incessante catena di testimoni.
Risalendo ancora l'erta si oltrepassa la chiesa greco-ortodossa (costruita solo nel 1965) e, in un campo appartenente agli stessi greci, spuntano rovine del tempo crociato: è la torre di Melisenda, parte dell'antico convento benedettino.
Di fronte alla proprietà greca c'è un muro di contenimento e, al di là, abitazioni di proprietà francescana. Al di sotto sono stati fatti scavi e sono stati scoperti i resti del villaggio. Non molto lontano, sulla strada che conduce presso le suore Comboniane, sono state scoperte tre tombe del II secolo.
Nella proprietà delle suore Comboniane ci sono tombe molto interessanti. Un primo complesso è formato da un pozzo e da nove kokim. Un secondo complesso custodisce un banco di pietra sul quale c'erano tre morti interi e molte ossa intorno. Dentro la tomba c'erano molti vasi (forse per offerte o cibo). Si tratta forse di una tomba di famiglia. Il morto era posto sul banco; alla morte di un altro parente si rimuovevano le ossa del primo defunto e il nuovo cadavere prendeva così il suo posto; alla fine l'intera famiglia riposava nello stesso luogo. Infine un terzo complesso è formato da tombe bizantine. Ci sono due arcosoli a letto scavati e un pozzo anch'esso utilizzato come sepoltura. Forse a motivo della diffusione della fede cristiana, si assiste ad una maggiore cura per la sepoltura personale.
Infine ci si reca presso le suore di Carità di san Vincenzo de' Paoli. Nel loro appezzamento di terreno c'è un bellissimo bagno rituale, una mikwé. Si osserva la scala divisa in due: si entra impuri e si esce puri. I gradini raggiungono il fondo: non c'era infatti bisogno di molta acqua per questa purificazione. Si nota pure un piccolo canale che unisce la vasca con un serbatoio, detto tesoro per l'acqua. Era infatti necessario avere acqua viva per il bagno rituale. La famiglia che possedeva una simile mikwé doveva essere molto ricca. Tuttavia non è rimasta traccia della casa.
All'interno della vasca ci sono più di ottanta iscrizioni cristiane in greco e siriaco, con preghiere; ci sono poi tre disegni rappresentanti la croce. In nessun altro monumento c'è tanta ricchezza di iscrizioni.
Padre E. Testa ipotizzò che questa fosse una casa dove Gesù si recava a cena. Taylor, invece, riconobbe in questo edificio la ecclesia in strata di cui parla Egeria (ELS 575,2; TCG 103). Ancora nel 1500-1600 i pellegrini ricordavano in questo luogo la chiesa di santa Maria Maddalena. Oggi questa chiesa non esiste più. La grotta è stata certamente venerata dai cristiani ma non sappiamo perché.
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