Il ricordo evangelico. Gesù si fermò al tradizionale Pozzo di Giacobbe e, mentre i discepoli andavano a cercare da mangiare, una donna samaritana andò ad attingere l’acqua al pozzo. Qualunque intenzione avesse la donna nell’andare al pozzo, ella non si aspettava, certo, una conversazione come quella di Gesù e ne rimase convinta (Gv 4,5-42). Andò a esprimere la sua gioia agli abitanti del villaggio vicino che accorsero anch’essi a parlare con Gesù rimanendone parimenti entusiasti. Invitarono il Maestro ed i discepoli a trattenersi nel villaggio che da quel momento si poté considerare come cristiano e come una fondazione dello stesso Signore. |
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Il villaggio in questione nel Vangelo è chiamato Sichar e non si sa esattamente a che cosa corrisponda. Alcuni pensano a Sichem, la vecchia città ormai in rovina posta sul fianco nord, altri al villaggio di Ascar situato a nord est il quale conserva resti archeologici dei periodo. Comunque sia, la questione ha poca importanza perché si tratta di un villaggio posto non lontano dal pozzo. Appunto per la conversione della gente il pozzo cominciò ad essere denominato della Samaritana. Pochi anni dopo la morte del Signore, Filippo il Diacono evangelizzò la città di Samaria Sebaste e gli apostoli Pietro e Giovanni furono inviati dalla chiesa madre di Gerusalemme a organizzare i nuovi fedeli. In questa occasione i due apostoli, che avevano accompagnato Gesù quando si fermò al pozzo, “evangelizzarono molte borgate dei Samaritani” come afferma san Luca (At 8,25). Si può credere che i detti apostoli, già ospiti graditi degli abitanti di Sichar, fossero ritornati alle vecchie conoscenze. San Giustino, nativo della vicina Flavia Neapoli, l’odierno Nablus, situata a qualche chilometro dal pozzo, parlando dei cristiani ricordò anche le comunità samaritano cristiane sorte in mezzo ai samaritani e gli ebrei (PG 6,407 8), sebbene le creda meno organizzate e meno numerose di quelle di schiatta gentile. È logico pensare che Sichar rimanesse sempre cristiana perché il pozzo divenne presto un luogo dove si conferiva il battesimo. Lo menziona espressamente l’anonimo pellegrino venuto da Bordeaux nell’anno 333: “balneus qui de eo puteo lavantur”. |
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Prima chiesa. In questo tempo troviamo a Flavia Neapolis un vescovo di schiatta gentile, chiamato Germano, che viene lodato dal poeta samaritano Marqah perché, a quanto si argomenta, nonostante le leggi proibitive romane, permetteva l’uso della circoncisione. Da questo si può arguire che Germano si occupasse delle comunità samaritano-cristiane poste nei dintorni. Lui, od i suoi successori, eressero sul pozzo una chiesa a croce. Viene menzionata per la prima volta negli scritti di sant’Efrem (CSO 224, pp. 58 9), ricordata poi da san Girolamo il quale nel tradurre l’Onomasticon di Eusebio che parlava solo del pozzo, vi aggiunse: “Oggi vi è una chiesa”. Avendo già parlato a lungo di questa chiesa, che del resto non era la chiesa del villaggio, rimando allo studio in questione per ulteriori dettagli (LA 16 (1966), pp. 127-164). |
All’ingresso della proprietà greca, che custodisce il tradizionale pozzo, vi è un sarcofago assai singolare. Nel lato lungo, esso è ornato da festoni che racchiudono lo scudo delle Amazzoni e nel lato corto da una croce in rilievo. Siccome la fattura dello scudo ci riporta verso il II-III secolo, così a questa data si può riportare l’intero sarcofago e conseguentemente il rilievo della croce. Si può credere un’attestazione della presenza samaritano cristiana nel periodo precostantiniano. Tra i materiali riadoperati dai crociati nell’erigere una grande chiesa, nel posto di quella a croce, vi è un’iscrizione samaritana che reca il decalogo. Essa è conservata oggi nel piccolo museo del luogo e potrebbe fornirci un’altra testimonianza della detta comunità. Per formulare l’ipotesi teniamo presenti le iscrizioni samaritane rinvenute al Monte Nebo (LA 17 (1967), pp. 162 221) nelle quali si ritrovano frasi di sapore cristiano ed un amuleto con diciture samaritane e l’emblema della croce, in cui si parla della dottrina della rigenerazione (LA 23 (1973), pp. 286 317). Sotto l’imperatore Giustiniano alcuni samaritani si convertirono al cristianesimo per opportunità, continuando a praticare le cerimonie religiose samaritane. Accenna ad essi Procopio nella Storia Arcana (XI, trad. Astuti, Roma 1944, p. 118). |
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Il santuario. Nel Medio Evo il pozzo fu occupato da una comunità latina, dipendente dall’abbazia benedettina di Betania, che ricostruì la chiesa primitiva ormai rovinata, ma, caduto il Regno Latino, anche questa seconda chiesa andò in rovina. Il francescano p. Niccolò da Poggibonsi, che la vide nel 1347, la disse “guasta” ed il pozzo “quasi ripieno”. Il p. Quaresmi, che visitò il luogo quasi tre secoli dopo, scrisse che i greci venivano alla rovina della chiesa ogni tanto per celebrarvi delle funzioni religiose e che chiudevano la porta del recinto. Nel 1860 essi riuscirono a divenire proprietari tenendo il posto fino ai nostri giorni. Nel 1893, riuscirono a pulire il pozzo. Una chiesa iniziata avanti della guerra mondiale dei 1914 è rimasta ancora da finire. |
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I villaggi intorno al pozzo da secoli sono musulmani. Il p. Mariano Morone, Custode di Terra Santa dal 1652 al 1657, nel suo volume racconta come i terreni vicini al pozzo erano ottimi e come al tempo suo i contadini avevano l’abitudine di portare il grano a Gerusalemme e venderlo ai religiosi, “ma cresciuta poi la tirannide dei turchi egli dice li Basà di Gerusalemme sforzarono i poveri religiosi a comprare da essi il formento ben caro e lordo di quello che esigano dai villani” (Terra S., I, p. 332). |
Nella Carta di Madaba
Dove è la fonte di Giacobbe
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