V Domenica del Tempo di Quaresima (Anno C). Commenti patristici

S. Beda il Venerabile

Con tanto maggiore impegno dobbiamo considerare questa lettura del Vangelo, fratelli carissimi, e tenerla sempre a mente, quanto più grande ci presenta la grazia del nostro Creatore. Ecco infatti che quando gli empi accusatori gli portarono innanzi la donna peccatrice, egli non comandò di lapidarla secondo la Legge, ma disse che gli stessi accusatori prima esaminassero se stessi e poi esprimessero il giudizio sulla peccatrice, perché dalla considerazione della propria fragilità comprendessero di quanta misericordia dovessero avere degli altri. ... Ben a ragione dunque il testo dice che quando Gesù sedutosi insegnava, tutto il popolo venne a lui, perché dopo che con l’umiltà della sua incarnazione egli si avvicinò agli uomini, furono molti che accolsero volentieri le sue parole, ma furono di più a disprezzarle con empia superbia. Ascoltarono infatti i mansueti e si rallegrarono magnificando il Signore col salmista ed esaltando a gara il suo nome (cfr. Sal 33, 3-4). Ascoltarono gli invidiosi e furono confutati, ma non si pentirono, lo tentarono, lo derisero, stridettero contro di lui con i loro denti (cfr. Sal 34, 16). Infatti proprio per tentarlo portarono a lui la donna sorpresa in adulterio e gli chiesero che cosa comandasse di fare di lei, dato che Mosè aveva comandato di lapidare una tale: se anch’egli avesse detto di lapidarla, lo avrebbero deriso in quanto si dimenticava della misericordia che aveva sempre insegnato; se invece avesse vietato di lapidarla, si sarebbero scagliati contro di lui e lo avrebbero condannato giustamente, secondo loro, in quanto promotore di scelleratezza e avverso alla Legge. Ma non sia mai che la stoltezza terrena trovi che dire e la sapienza divina non abbia come rispondere; non sia mai che la cieca empietà impedisca al sole di giustizia di risplendere al mondo.
Gesù allora inchinatosi scriveva a terra col dito. L’inchinarsi di Gesù esprime l’umiltà; il dito, che è flessibile per le articolazioni, la sottigliezza del discernimento; la terra indica il cuore degli uomini che rende frutti sia di buone che di cattive azioni. Il Signore, richiesto di giudicare la peccatrice, non dà subito il giudizio, ma prima chinatosi scrive a terra col dito; finalmente, richiesto con insistenza, giudica proprio noi in quanto ci ammonisce simbolicamente che, quando vediamo qualcosa di sbagliato nel prossimo, non dobbiamo giudicarlo sfavorevolmente, se prima non abbiamo esaminato con umiltà e discolpato con accurata valutazione la nostra coscienza, se prima non abbiamo attentamente esaminato ciò che in essa piace o non piace al nostro Creatore, secondo le parole dell’apostolo: Fratelli, se l’uno viene sorpreso in qualche fallo, voi che siete spirituali, correggetelo con spirito di dolcezza, e bada bene a te stesso perché anche tu puoi essere tentato (Gal 6, 1).
... Vuoi apprendere la misura della pietà? Chi di voi è senza peccato. Vuoi apprendere la giustizia del giudizio? Scagli la prima pietra. Se Mosè vi ha ordinato di lapidare una donna di tal genere, lo ha comandato ai giusti e non ai peccatori. Perciò realizzate prima voi la giustizia della Legge e poi con mani innocenti e cuore puro correte a lapidare la colpevole. Realizzate prima le opere spirituali della Legge, fede, misericordia e carità, e poi volgetevi a giudicare le cose della carne.
Espresso il suo giudizio, il Signore chinatosi di nuovo scriveva sulla terra. ... Nel chinarsi a scrivere in terra prima e dopo la sentenza, egli ci fa capire che sia prima di punire uno che incorre nel peccato sia dopo averlo meritatamente punito, dobbiamo esaminare umilmente noi stessi se per avventura non fossimo incorsi nelle stesse malefatte che riprendiamo in quello o in altri. Accade più volte, per esempio, che quelli che giudicano un omicida colto in flagrante non hanno coscienza di essere essi stessi interiormente devastati dall’odio in modo ancora peggiore; quelli che accusano l’adultero non si accorgono della peste della superbia, per cui inorgogliscono della loro castità; quelli che condannano l’ubriaco non scorgono il veleno dell’invidia dal quale sono consunti. Ma allora per sfuggire a questi pericoli, che ci resta da fare se non, a vedere un altro che pecca, volgere lo sguardo in basso, cioè considerare umilmente quanto in basso siamo gettati dalla condizione della nostra fragilità, se non ci sorregge la divina pietà? ... Possiamo anche interpretare rettamente che il Signore, sul punto di concedere il perdono alla peccatrice, volle scrivere a terra, per far vedere che egli era colui che aveva scritto sulla pietra il decalogo della Legge col suo dito, cioè con l’opera dello Spirito Santo. E se a ragione era stata scritta sulla pietra la Legge, che era data per domare il cuore di un popolo duro e contumace, a ragione scrive in terra il Signore, sul punto di dare la grazia del perdono ai contriti e agli umili di cuore in modo che potessero portare frutto di salvezza. Ben a ragione chinatosi scrive a terra col dito egli che, apparso una volta in alto sul monte, aveva scritto sulla pietra, perché in virtù dell’umiliazione dell’umanità assunta infonde nel fertile cuore dei fedeli lo spirito della grazia egli che, apparendo in alto in figura di angelo, aveva dato duri precetti a quel popolo che allora era duro di cuore. Ben a ragione, dopo essersi chinato a scrivere in terra, pronuncia eretto parole di misericordia, egli che, per la partecipazione all’umana debolezza, ha promesso il dono della pietà agli uomini e lo ha elargito con l’efficacia della divina potenza.
Alzatosi Gesù le chiese: "Dove sono donna quelli che ti accusavano? Nessuno ti ha condannata?". Ella rispose: "Nessuno, Signore". Nessuno osò condannare la peccatrice, poiché ognuno cominciò a riconoscere in sé ciò che meritava condanna anche maggiore. Ma colui che aveva messo in fuga la folla degli accusatori presentando il peso della giustizia, vediamo con quanta misericordia conforti l’accusata.
Segue: Gesù le disse: "Neppure io ti condannerò; va’ e d’ora in poi non peccare più". Si adempì così la parola del salmista, che a lode del Signore aveva cantato: Procedi con prosperità e regna con virtù, mansuetudine e giustizia e la tua destra ti guiderà mirabilmente (Sal 44, 5). Il Signore regna con verità perché, predicando alle folle dei credenti la gloria del suo regno, apre al mondo la via della verità. Regna con mansuetudine e giustizia perché molti si sottomettono al suo regno, conoscendolo mansueto nel liberare dai peccati quelli che si pentono e giusto nel condannare i contumaci nel peccato, mansueto nell’elargire la grazia della fede e delle virtù celesti, giusto nel rendere ricompensa perpetua per la lotta della fede e delle virtù celesti. Lo ha condotto mirabilmente la sua destra, perché Dio, abitando nell’uomo, lo ha fatto apparire mirabile in tutto quello che faceva e insegnava, tale che eludeva sempre le insidie che gli astuti nemici potevano escogitare.
Neppure io, disse, ti condannerò; va’ e d’ora in poi non peccare più. Poiché pio e misericordioso rimette i peccati passati, poiché è giusto e ha amato la giustizia, le vieta di peccare ancora.

(Dall’Omelia I, 25)

S. Agostino

Il Signore ha detto: Amate i vostri nemici. Vuoi essere saziato dei beni divini? Deve essere in te stesso saziata la misericordia. La misericordia veramente completa è la misericordia perfetta, quella che ama e vuol bene anche a chi nutre odio per essa. Che farò allora, tu dici? Se comincio ad amare il mio nemico, dovrò riceverne e sopportarne le ingiurie e rinuncerò a reclamare il mio diritto, anche ci sono le leggi? È giusto che tu abbia a reclamare, concedo che è giusto, ma bada che non ci sia qualcosa in te stesso che meriti di essere colpito, e poi reclama il tuo diritto. Tu infatti, nel chiederti: dovrò forse rinunciare al mio diritto? parli come se Dio condanni la giustizia del reclamo e non voglia piuttosto distruggere la superbia di chi lo promuove.
O forse la famosa adultera non meritava di essere lapidata? E se veniva lapidata sarebbe stata questa un’azione ingiusta? In questo caso sarebbe stato ingiusto il relativo comando. Ma era la legge, era Dio che aveva dato tale comando. Voi invece che volete vendicarvi, chiedetevi se non siate voi stessi peccatori! Fu condotta al Signore una donna adultera che secondo la legge doveva essere lapidata, fu condotta all’autore stesso della legge. E tu che l’hai condotta, infierisci contro di lei. Chiediti piuttosto chi sei tu che e contro chi infierisci; se peccatore ti avventi contro una peccatrice smetti di infierire e confessa prima il tuo peccato; se peccatore ti avventi contro una peccatrice, lasciala stare. Solo il Signore sa che pensare di lei, quale giudizio farne, come perdonarla, come risanarla! Tu infierisci appellandoti alla legge? Sa meglio di te cosa di lei debba fare l’autore di quella legge, alla quale ti appelli!
Il Signore, fin dal momento in cui gli fu presentata la donna, piegò il capo e si mise a scrivere per terra. Scrisse appunto per terra quando si piegò verso terra; ma prima di piegarsi verso terra, non scrisse sulla terra, bensì sulla pietra. E certo la terra avrebbe prodotto qualcosa di fruttuoso per le lettere in essa scritte dal Signore. Egli, come aveva scritto la legge sulla pietra per significare la durezza dei Giudei, così si mise a scrivere per terra per significare il buon frutto dei Cristiani. Vennero dunque gli accusatori da lui, portando l’adultera come flutti che si abbattono tempestosi contro la roccia, ma furono schiacciati dalla sua risposta. Egli infatti disse loro: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei. Poi di nuovo piegò il capo e riprese a scrivere per terra. E pian piano ognuno interrogando la propria coscienza, cominciò a sparire. Ad allontanare quegli uomini non fu la povera donna adultera, ma la loro adulterata coscienza. Essi volevano farne vendetta, ambivano di giudicarla: vennero alla Roccia e furono inghiottiti presso la roccia i loro giudizi.

(Dall’Esposizione sul Salmo 102, 10)

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