V Domenica del Tempo Ordinario. Anno A






Non c'è che una sola tristezza, quella di non essere dei santi

Léon Bloy



Mt 5,13-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa.
Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”.


COMMENTO


Il Vangelo di oggi è una Buona Notizia, come il primo Vangelo della storia, la prima Parola scaturita dalle labbra di Dio: "Sia la luce. E la luce fu". Nel caos del Principio la luce manifesta la misteriosa presenza di Dio, di Colui che "ex-nihilo", dal nulla porta all'esistenza le cose che non sono, il Creatore. La luce a ricacciare le tenebre alla periferia della Vita, la luce separata dal buio come il primo vagito di Vita nel nulla confuso e indistinto. La prima pagina della Bibbia illuminata da un raggio di luce partorito dalla voce di Dio. La Sua Parola fatta Luce. E poi, dopo una lunghissima Storia di Salvezza, la Sua Parola, sulla soglia del Nuovo Testamento, si è fatta carne. Luce e Carne, la Parola di Dio illumina e si fa vita. Così è stato all'origine della nostra vita, la stessa Parola che ha creato la luce separandola dalle tenebre, ha pronunciato il nostro nome, separandoci dal caos e dal non senso, facendoci santi, consacrati, proprietà di Dio. La Buona Notizia che giunge oggi alla nostra vita: "Sia la luce, sia Francesco, Giovanni, Teresa, Ilaria. Sii tu, e la luce fu, e venisti alla luce come riflesso della luce che brilla sul volto di Cristo. Luce eterna in un vaso di creta, il nostro DNA, la nostra identità, la sua Parola fatta carne risplendente del suo amore. All'origine del nostro albero genealogico vi è una Parola fatta luce, Cristo, nel quale e per il quale siamo stati creati e siamo venuti all'esistenza.

Senza la luce la natura muore. Per questo il Figlio è generato nella luce e nella luce di Pasqua ritorna, definitivamente alla vita. L'eterna, quella che non muore più. E noi, da Lui chiamati, amati ed eletti, partoriti alla vita in una fonte d'acqua vivificante, siamo figli nel Figlio. Luce nella Luce. Dal caos d'una vita immersa nei vizi e nei peccati, dalle catene della colpa antica e dai tentacoli dell'assassino menzognero, una Luce ci ha salvato. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una gran luce, la Stella del mattino, l'alba della Risurrezione capace di ricrearci, di farci creature nuove, Svegliati da un raggio di Sole che sorge da Oriente, ridestati dal sonno della morte, siamo anche noi, oggi, luce nel Signore.

Luce e Sale, ecco quel che siamo. Non è un programma di vita, una dieta, un impegno, un'opzione. Neanche un compito o una missione. E', semplicemente, la verità. Come quando si accende un interruttore e la stanza si illumina. Così è la nostra vita: candelabri sparsi tra le giornate che si aprono dinnanzi a noi, problemi, difficoltà, malattie, la vità è già lì, preparata. La lampada è collocata bene in vista. E Lui, attraverso la Sua Grazia, accende ogni giorno con le nostre giornate anche la Luce che le illumini, la Sua Luce in noi. La Sua Gloria a risplendere sulla Croce quotidiana che sigilla la nostra storia. La nostra vita come una stella cometa che verga di luce l'oscura notte del mondo, un dardo scoccato da Dio ad indicare il Bambino Dio incarnato in ogni stalla che è la vita di ciascun uomo. Un lampo, una fiamma, per il mondo, oggi, domani, sino all'alba eterna quando saremo rapiti definitivamente nella Sua Luce.

E siamo sale, il sapore di Cristo su questa terra grigia che ha smarrito il senso. Il sale è la Sapienza celeste, ineffabile, la Sapienza della Croce. Siamo venuti al mondo per recarvi questa Sapienza; come il Sale essa conserva, perchè è radice di immmortalità; come il sale essa brucia e sana le ferite, perchè svela la radice velenosa della menzogna; come il sale sigilla l'Alleanza eterna con Dio, perchè scaturisce dalla Croce, il letto d'amore dove ci ha sposato il Signore. La Sapienza che in ogni istante scopre ed annuncia lìopera di Dio, il suo amore in ogni evento. La Sapienza che discerne con il criterio della Croce per il quale ogni morte è racchiude la Vita.

Il sale può perdere il sapore se abbandonato in un luogo umido, e la luce può affievolirsi se non alimentata. Sarà calpestato chi per paura delle critiche o della persecuzione si butta a terra da se stesso, annacquando la dottrina. Non può essere calpestato chi è perseguitato ma tiene il pensiero e l’anima in alto” (S. Agostino). Per questo la nostra vita è un cammino per imparare a vivere nascosti con Cristo in Dio, e riconoscere, giorno dopo giorno, chi siamo, la nostra natura, il fondamento della nostra esistenza. Per questo l'unica preoccupazione è quella di Maria, ai piedi di Gesù ad ascoltare la Sua Parola, la Parola che accende in noi la Sua Luce. La Parola che, istante dopo istante, ci crea nella Sua Luce, ed ogni evento della nostra vita è "illuminato" dalla Sua Pasqua, ogni fatto di noi, anche i più dolorosi, sono così vissuti "naturalmente" quali candelabri della Sua luce per ogni uomo. Come Maria ascoltare la Parola di Verità, quella che ci annuncia la nostra autentica identità, quella di essere sale e luce, e non cadere nelle trappole sentimentali e nevrotiche che ci irretiscono nei dubbi sul nostro valore, sulla nostra vocazione, sul nostro destino.

La luce è il senso della nostra vita, le opere buone che mostrano il Padre sono gli istanti illuminati che si susseguono tra le pieghe delle nostre storie. Lavoro, casa, studio, amici, malattie, dolori, ansie, anche le nostre debolezze, i nostri peccati. Tutto di noi imbevuto di Lui e della Sua luce. La Sua misericordia, il Suo amore in ogni momento. La Luce, Lui in noi e noi in Lui, crocifissi con Lui, non siamo più noi a vivere ma Lui in noi. Abbandonati a Lui, luce per ogni uomo. La vita che ci è donata, la vita cristiana, è meravigliosa.
"Non c'è che una sola tristezza, quella di non essere dei santi" (Léon Bloy). La tristezza di non essere quel che siamo, di vivere la vita sganciati dall'appartenenza cui dobbiamo tutto. E non c'è allegria più grande che essere santi, suoi, sale nel sale, luce nella luce, un dono offerto ad ogni uomo.


Il nuovo modo, che da Lui ci viene, di guardare al mondo e alle persone ci fa penetrare più profondamente nel mistero della fede, che non è solo un insieme di enunciati teorici da accogliere e ratificare con l'intelligenza, ma un'esperienza da assimilare, una verità da vivere, il sale e la luce di tutta la realtà.Come il sale dà sapore al cibo e la luce illumina le tenebre, così la santità dà senso pieno alla vita, rendendola riflesso della gloria di Dio.

Giovanni Paolo, II Messaggio per la XVII Giornata mondiale della gioventù




UN ALTRO COMMENTO


Siamo fatti per essere visti. Guardati. Sembra strano ma è così. Se il Signore chiama si diventa spettacolo per il mondo e per gli angeli.

Sì, la nostra vita è come dentro la scena di un “grande fratello”, e tutti, ma proprio tutti, sono lì a guardare. Come duemila anni fa al Colosseo. Il mondo, questo sperduto mondo del Terzo Millennio cerca martiri. Testimoni. Ne ha fame, sono la sua unica speranza. Per questo il loro sangue scorre ininterrottamente da due millenni.

La Chiesa “è” solo se “è martire”, testimone e annunciatrice dell’amore di Dio, dell’infinita sua misericordia. La nostra vita non può essere altro che un martirio, ogni ora, ogni istante. Neanche un mal di denti, un sorriso, un’arrabbiatura. Tutto in onda. Tutto in diretta. Non stop. Sino al giorno in cui il Padre non staccherà la spina per farci suoi in eterno.

Che bella la nostra vita allora, meraviglioso perderla per amore, perchè il mondo creda. Ogni istante è prezioso, un fotogramma dell’amore di Dio donato al mondo intero. La nostra vita per il mondo. Tutto è santo, tutto di noi è suo, perchè lui divenga tutto per tutti. Per questo il Signore oggi ci mette in guardia dall'unico vero pericolo che corriamo: quello di perdere il sapore. Se è vero che da una parte è impossibile nascondere una città collocata su di un monte, dall'altra è vero che si può spegnere la luce.

Il solo fatto di essere al mondo è un segno. Non dobbiamo preoccuparci di fare chissà quali cose. E così anche i missionari, non si tratta di cose straordinarie. E' una questione di sale, di essere sale che sala. Il sale è la capacità di soffrire, il segno dell'Alleanza. Il sale mostra una fede adulta, che non fugge davanti alla croce, che ha pazienza nelle sofferenze, che ne intuisce il senso, che vede, trasfigurata nella morte, la risurrezione e la vita.

Sale e luce non è allora altro che essere crocifissi con Cristo, laddove siamo. L'alternativa è lo scandalo dei piccoli, diventare inciampo a chi ancora non crede, ai deboli, a chi muove i primi passi sul cammino della fede. Le parole di Gesù sono una sintesi di ecclesiologia, di morale, di liturgia, di storia. E, prima di tutto, una sintesi di cristologia: ci indicano infatti la luce e il sale del mondo, Lui, Cristo.

E' Lui che si è sciolto nella morte di ogni uomo, anche nella nostra, che ne è divenuto partecipe, senza ribellarsi. E' Lui che, innalzato sul Golgota, ha attirato ogni uomo nella sua luce di misericordia. E' a Lui che dobbiamo guardare allora, ogni istante. E' a Lui che dobbiamo stringerci, sino a lasciarci trasformare in Lui. Sino a che sia Lui a vivere in noi. La storia di ogni giorno provvede a limare, potare, tagliare quanto in noi sia di ostacolo a Lui.

Per questo, proprio nelle debolezze, nelle difficoltà, nei fallimenti si adempie in noi la missione per la quale siamo nati. Proprio quando siamo nulla esplode in noi la potenza di Dio. Non disprezziamo allora nulla delle nostre sofferenze, delle angoscie, dei fallimenti. E' in quei momenti che siamo sale, e luce e lievito. Lo siamo perchè siamo quello che siamo. Nessun moralismo, nessun impegno, nessuno sforzo, solo un'instancabile abbandono all'amore di Dio. Camminando nella Chiesa per crescere e nutrire la fede. E che sia Lui ad operare in noi e accendere, tra le nostre ferite, la luce per il mondo.

E' questa la nostra vita, come la vita della Chiesa. Ogni istante, anche il più nascosto, è così un'opera buona, bella di Dio in noi, perchè gli uomini, guardandoci, possano rendere gloria a Dio, perchè le bestemmie contro il Nome di Dio pronunciate da tutti di fronte alla morte, siano trasformate in benedizione. Forse la maggior parte delle persone che ci guarderanno resteranno con un abbozzo di speranza nel cuore, un seme di Grazia che darà frutto a suo tempo. Non entreranno nella Chiesa, continueranno quasi come prima. Quasi. Quell'incontro con Cristo incarnato nella Chiesa, in una comunità adulta i cui membri si amano di un amore celeste ma visibile, cambia la vita, ad un livello molto profondo. Anche se apparentemente non cambia nulla. L'incontro con un malato in una corsia di ospedale, sereno, anche con un cancro terminale; l'incontro con una mamma che, senza dir parola, fa la spesa con tre, quattro, sette bambini; l'incontro con un collega che fa sempre il lavoro che nessuno vuol fare; l'incontro con un volto radioso, splendente dell'amore di Dio rompe, miseriosamente, la barriera che difende le proprie convinzioni.

L'incontro con la Chiesa, con i cristiani, è come un santo tarlo che si conficca nel cuore. E' una luce, è il sale sparso su una vita che perduto il senso. E vedere scricchiolare le proprie certezze è già rendere gloria a Dio, ad un Altro che forse potrebbe esistere, che potrebbe colmare il vuoto, e dare sapore al grigio dell'esistenza. Luce e sale del mondo. Non vi è missione più grande. E Dio ha eletto noi per portarla a compimento. Anche oggi. Anche ora.



APPROFONDIRE



San Tommaso d’Aquino

Catena Aurea

«“Il sale condisce e conserva, non lusinga di fiacca dolcezza il palato. Occorre condire con la sana parola e con l’esempio i popoli feriti dal peccato, mirando al sodo e alla salvezza eterna” (San G. Crisostomo); “Gli Apostoli, che debbono conservare come il sale le altre anime sane dalla corruzione dell’errore e del vizio, debbono porre cura a non corrompere se stessi” (S. Ilario); “Chi perde il sapore della verità e del bene spirituale non può infonderlo agli altri; perciò è diventato inutile e da gettar via” (S. Ilario); “Sarà calpestato chi per paura delle critiche o della persecuzione si butta a terra da se stesso, annacquando la dottrina. Non può essere calpestato chi è perseguitato ma tiene il pensiero e l’anima in alto (S. Agostino); “L’esempio condisce, l’insegnamento illumina. Ma siccome occorre prima ben vivere e poi si può bene insegnare, prima Gesù parla del sale e poi della luce” (San G. Crisostomo); “Come il sale conserva i cibi, perché non si trasformino in vermi, così i discepoli di Cristo devono opporsi al fetore della corruzione dei peccati che viene dall’idolatria e dall’impudicizia” (Origene)».



Beata Teresa di Calcutta (1910-1997), fondatrice delle Suore Missionarie della Carità
A Gift for God

« Risplenda la vostra luce davanti agli uomini »


I cristiani sono come una luce per gli altri, per tutti gli uomini del mondo. Se siamo cristiani, dobbiamo assomigliare a Cristo.

Se vorrete impararla, l'arte della premura vi farà assomigliare sempre di più a Cristo, perché il suo cuore era umile e era sempre attento ai bisogni degli uomini. Una grande santità comincia con tale premura per gli altri ; per essere bella, la nostra vocazione deve essere piena di tale premura. Dovunque sia andato Gesù, ha fatto il bene. E la Vergine Maria a Cana non pensava a nulla se non ai bisogni altrui, ed a comunicarli a Gesù.

Un cristiano è un tabernacolo del Dio vivente. Mi ha creata, mi ha scelta, è venuto ad abitare in mezzo a me, perché aveva bisogno di me. Ora che avete imparato quanto Dio vi ama, cosa di più naturale per voi che passare il resto della vostra vita a risplendere di questo amore ? Essere cristiano, è accogliere veramente Cristo e diventare un altro Cristo. È amare così come siamo amati, come Cristo ci ha amati sulla croce.


San Giovanni Crisostomo (verso il 345-407), vescovo di Antiochia poi di Costantinopoli, dottore della Chiesa
Commento al vangelo di Matteo, n° 15

Il sale della terra


«Voi siete il sale della terra» dice il Salvatore; mostra loro così quanto siano necessari tutti i precetti che ha appena enunciato: «La mia parola, dice loro, non sarà solo per la vostra vita; vi è affidata proprio per il mondo intero. Non vi mando a due città, in dieci o in venti, né a un solo popolo, come un tempo ho mandato i profeti. Vi mando alla terra intera, al mare, a tutta la creazione (Mc 16,15), dovunque abbonda il male.

Infatti, dicendo «siete il sale della terra», indica loro che tutta la natura umana corrotta dal peccato è diventata insipida; per mezzo del loro ministero, la grazia dello Spirito Santo rigenererà e conserverà il mondo. Per questo insegna loro le virtù delle Beatitudini, quelle che sono le più necessarie, le più efficaci per coloro che hanno la responsabilità della moltitudine. Chi è mite, umile, misericordioso, giusto, non rinchiude in se stesso le buone opere che ha compiute. Ha cura invece che queste belle sorgenti zampillino anche per il bene degli altri. Chi ha il cuore puro, chi è operatore di pace, chi soffre la persecuzione per la verità, ecco la persona che consacra la vita al bene di tutti.


J. Ratzinger, “Dio e il mondo”

Non possiamo accettare tranquillamente che il resto dell'umanità precipiti nel paganesimo di ritorno, dobbiamo trovare la strada per portare il Vangelo anche ai non credenti. Esistono già dei modelli. Il neocatecumenato possiede un proprio modello, altre comunità intraprendono altri tentativi. La Chiesa deve ricorrere a tutta la sua creatività per far sì che non si spenga la forza viva del Vangelo. Per plasmare le masse, pervaderle del suo messaggio e agire in loro come il lievito. Proprio come disse Gesù allora a una comunità molto piccola, quella degli Apostoli: siate lievito e sale della terra. La definizione di «lievito» presuppone la dimensione molto piccola da un lato, ma anche l'universalità della responsabilità.Chiesa di massa o Chiesa minoritaria?
Domanda. Eminenza, molti anni fa Lei si espresse in termini profetici sulla Chiesa del futuro: la Chiesa, diceva allora, «si ridurrà di dimensioni, bisognerà ricominciare da capo. Ma da questa prova uscirà una Chiesa che avrà tratto una grande forza dal processo di semplificazione che avrà attraversato, dalla rinnovata capacità di guardare dentro di sè. Perchè gli abitanti di un mondo rigorosamente pianificato si sentiranno indicibilmente soli... E riscopriranno la piccola comunità dei credenti come qualcosa di completamente nuovo. Come una speranza che li riguarda,come una risposta che hanno sempre segretamente cercato». Pare proprio che abbia avuto ragione. Ma qual è la prospettiva che ci attende in Europa?Risposta. Per incominciare: la Chiesa si ridurrà numericamente? Quando ho fatto questa affermazione, mi sono piovuti da tutte le parti rimproveri di pessimismo. E oggi tutti i divieti paiono caduti in disuso, tranne quello riguardante ciò che viene chiamato pessimismo e che spesso non è altro che sano realismo. Nel frattempo i più ammettono la diminuzione della percentuale di cristiani battezzati nell'Europa di oggi. In una città come Magdeburgo la percentuale dei cristiani è solo dell'8% della popolazione complessiva, comprendendo - si badi bene - tutte le confessioni cristiane. I dati statistici mostrano tendenze inconfutabili. In questo senso si riduce la possibilità di identificazione tra popolo e Chiesa in determinate aree culturali, ad esempio da noi. Dobbiamo semplicemente prenderne atto.

Domanda. Che cosa significa?

Risposta. La Chiesa di massa può essere qualcosa di molto bello, ma non è necessariamente l'unica modalità di essere della Chiesa. La Chiesa dei primi tre secoli era una Chiesa piccola senza per questo essere una comunità settaria. Al contrario, non era chiusa in sé stessa, ma sentiva di avere una responsabilità nei confronti dei poveri, dei malati, di tutti. Nel suo grembo trovavano posto tutti coloro che da una fede monoteista traevano alimento nella loro ricerca di una promessa.Già le sinagoghe, le comunità ebraiche presenti nelle città dell'Impero Romano avevano costituito una cerchia di simpatizzanti esterni, i cosiddetti timorati di Dio, che si erano avvicinati alla fede ebraica e che ne testimoniavano la grande apertura all'esterno. Il catecumenato della Chiesa antica aveva una funzione simile. Persone che non si sentivano ancora pronte a un'identificazione totale con la Chiesa, potevano in un certa misura avvicinarvisi per poi valutare se compiere il passo definitivo. Questa consapevolezza di non essere un club chiuso ma di essere sempre aperti alla comunità nel suo complesso è sempre stata una componente ineliminabile nella Chiesa. E anche al processo di riduzione numerica che stiamo vivendo oggi dovremo far fronte proprio esplorando nuove forme di apertura all'esterno, nuove modalità di coinvolgimento parziale di coloro che sono al di fuori della comunità dei credenti.Non ho niente in contrario a che persone che durante l'anno non hanno mai messo piede in chiesa vadano alla Messa della notte di Natale o a San Silvestro o in occasione di altre festività perchè anche questa è una forma di avvicinamento alla benedizione del sacro, alla sua luce. Ci devono quindi essere forme diverse di coinvolgimento e partecipazione, la Chiesa deve aprirsi interiormente a coloro che stanno ai margini delle sue comunità.

Domanda. Ma la Chiesa di massa non è la più alta conquista della civiltà religiosa? Non è forse la Chiesa davvero universale, accessibile a tutti, la Chiesa che con i suoi mille rami offre un tetto ad ogni uomo? La Chiesa può davvero rinunciare all' aspirazione a essere una Chiesa di massa e quindi la Chiesa della maggioranza? Questa è una conquista che è pur sempre costata immani sforzi e sacrifici.

Risposta. Dobbiamo prendere atto dell'assottigliarsi delle nostre fila, ma dobbiamo parimenti rimanere una Chiesa aperta. La Chiesa non può essere un gruppo chiuso, autosufficiente. Dobbiamo essere missionari innanzi tutto nel senso di riproporre alla società quei valori che dovrebbero informare di sè la sua coscienza, valori che sono le fondamenta della forma statuale che la società stessa si è data, e che sono alla base della possibilità di costituire una comunità sociale davvero umana.In questo senso il dibattito su ciò che fu una volta la Chiesa di massa - e che in alcuni Paesi continuerà ad essere, e in altri ancora diventerà per la prima volta - proseguirà sicuramente. La Chiesa continuerà a esprimere il suo punto di visto nell'ambito del processo di produzione legislativa e a riproporre i grandi valori umani universali quali stelle polari nel processo di costruzione di un corpo sociale umano. Perchè, se il diritto non ha più fondamenta morali condivise, decade anche in quanto diritto.Da questo punto di vista la Chiesa ha una responsabilità universale. Responsabilità missionaria significa appunto, come dice il papa, tentare davvero una nuova evangelizzazione. Non possiamo accettare tranquillamente che il resto dell'umanità precipiti nel paganesimo di ritorno, dobbiamo trovare la strada per portare il Vangelo anche ai non credenti. Esistono già dei modelli. Il neocatecumenato possiede un proprio modello, altre comunità intraprendono altri tentativi. La Chiesa deve ricorrere a tutta la sua creatività per far sì che non si spenga la forza viva del Vangelo. Per plasmare le masse, pervaderle del suo messaggio e agire in loro come il lievito. Proprio come disse Gesù allora a una comunità molto piccola, quella degli Apostoli: siate lievito e sale della terra. La definizione di «lievito» presuppone la dimensione molto piccola da un lato, ma anche l'universalità della responsabilità.

Tratto da: J. Ratzinger, “Dio e il mondo”, ed. Paoline, 2001, Pag. 403-406

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Concilio Vaticano II Decreto sull’attività missionaria della Chiesa (Ad Gentes), 35-36

« Voi siete il sale della terra … Voi siete la luce del mondo »

Essendo la Chiesa tutta missionaria, ed essendo l'opera evangelizzatrice dovere fondamentale del popolo di Dio, il sacro Concilio invita tutti i fedeli ad un profondo rinnovamento interiore, affinché, avendo una viva coscienza della propria responsabilità in ordine alla diffusione del Vangelo, prendano la loro parte nell'opera missionaria . Tutti i fedeli, quali membra del Cristo vivente, a cui sono stati incorporati ed assimilati mediante il battesimo, la cresima e l'eucaristia, hanno lo stretto obbligo di cooperare all'espansione e alla dilatazione del suo corpo, sì da portarlo il più presto possibile alla sua pienezza (Ef 4,13).Pertanto tutti i figli della Chiesa devono avere la viva coscienza della loro responsabilità di fronte al mondo, devono coltivare in se stessi uno spirito veramente cattolico e devono spendere le loro forze nell'opera di evangelizzazione. Ma tutti sappiano che il primo e principale loro dovere in ordine alla diffusione della fede è quello di vivere una vita profondamente cristiana. Sarà appunto il loro fervore nel servizio di Dio, il loro amore verso il prossimo ad immettere come un soffio nuovo di spiritualità in tutta quanta la Chiesa, che apparirà allora come « un segno levato sulle nazioni » (Is 11,12), come « la luce del mondo» e «il sale della terra». Una tale testimonianza di vita raggiungerà più facilmente il suo effetto se verrà data insieme con gli altri gruppi cristiani, secondo le norme contenute nel decreto relativo all'ecumenismo.




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