IV Domenica del Tempo di Avvento. Anno A





Rembrandt (1606-1669)
Mentre Giuseppe e Maria dormono, l'angelo appare in sogno a Giuseppe



Matteo 1,18-24.

Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.




Sogno di San Giuseppe
Museo Civico di Novara



IL COMMENTO

Il timore di Giuseppe dinnanzi ad un Figlio. Il nostro stesso timore dinnanzi a noi stessi, figli nel Figlio, nel seno immacolato di Maria. In Lei abbiamo ricevuto le sembianze del Figlio, la stessa natura di Dio. Ma nonostante ciò, abbiamo paura di noi stessi. Della nostra ombra, degli spigoli del carattere, delle nostre incertezze, delle parole, dei gesti. Per paura siamo schiavi, soggetti ad un padrone che ci tira per il collo e ci fa compiere quel che non vorremmo, ci fa pronunciare parole che neanche ci sogniamo. Ci fa pensare male di noi stessi. E di Dio.

Si, la prima paura, il terrore della morte che ci fa schiavi dal principio, è il timore di noi stessi. Della nostra riuscita, del nostro modo d'essere, del rifiuto di chi vorremmo amare. La paura d'essere noi stessi. Non ci amiamo, ci disprezziamo, ci idealizziamo in un mondo di sogni, ci impegniamo a cambiare e a mostrarci "commestibili", accettabili, presentabili, amabili. E le scottature di delusioni a grappoli aumentano il disprezzo e il giudizio su noi stessi, che catapultiamo immancabilmente su chi ci è prossimo. La paura e lo scandalo di un'infinita distanza. La lacerazione come una ferita sempre aperta tra la sublimità della nostra vocazione e l'infinita inadeguatezza di ciò che riteniamo sia il nostro essere, e il nostro modo di stare al mondo. Lo scandalo e la paura di Giuseppe.

E' accaduto qualcosa di strano, fuori dai calcoli e dalle regole della vita, la vita di Dio appare dove nessuno se lo aspetta. Senza preavviso, senza chiedere il permesso, al di là di ogni legge. Addirittura al di là della stessa Legge di Dio. Incinta fuori del matrimonio. Maria. Promessa sposa, ma non ancora sposa. Da schiantare il cuore. Lo schianto dell'Incarnazione, evento imprevisto sul crinale della Storia. E Giuseppe assorto, tremante, impaurito, a cercare modi e parole per ovviare all'imponderabile. Come noi, oggi, dinnanzi alla nostra vita, alla nostra storia. Alle briciole di un'esistenza che vorrebbe avere capo e coda, e non ne trova in nessun percorso logico. Umano.

"Giuseppe, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perchè quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo". Tua sposa. La promessa sposa è "già" sposa, la Provvidenza di Dio ha precorso il tempo. Ha infranto le regole del mondo, la biologia del cosmo, disegnando, dall'eterno e per l'eterno, un cammino di salvezza tra le piaghe dell'umanità peccatrice. Verranno le acque amare per Maria. Verranno gli insulti, i sorrisi ironici. Verrà la spada. Anche Lei, Immacolata Concezione, senza peccato s'è fatta peccato per partorire al mondo il Dio fatto peccato. Lo schianto dell'Incarnazione, il cammino della Misericordia dentro la storia di peccato delle generazioni degli uomini. La Madre e il Figlio senza ombra alcuna di peccato tacciati di peccato. La Croce per entrambi. L'amore estremo e folle di Dio. Amore totale e gratuito ai peccatori. Per salvarli, e farli Dio, ha fatto peccato la Madre e il Figlio. E Giuseppe a prendere con sè quanto lo Spirito Santo aveva generato, e, follemente, aveva attuato.

L'arduo cammino dell'amore. Gesù al Giordano, nella fila dei peccatori, e Maria incinta fuori del matrimonio. Ma c'è una verità nascosta, il mistero che fa tremare la terra, Lei "è" già sposa agli occhi di Dio, Lei è santa, Lei è la Madre santa del Figlio santo. Dio si è nascosto nella carne dell'uomo. Solo gli occhi di Dio vedono "oltre" l'angusto sguardo dell'uomo. Lo stupore e la paura di Giuseppe sono il nostro stupore, la nostra paura. E la parola dell'Angelo rivolta oggi a ciascuno di noi è un balsamo di pace e di speranza: " Non temere", non temiamo di prendere con noi Maria, la Figlia di Sion, la Donna, la nostra storia. In Lei siamo generati, e quel che è generato in Lei è opera dello Spirito Santo. Siamo dunque opera del respiro di Dio, la Sua vita è dentro la nostra vita. La carne la sorregge a malapena, la tenda d'argilla che sono le nostre membra peccatrici, quelle zolle di terra che ci scandalizzano, ci bloccano, ci impauriscono non sono che la povera stalla di Betlemme dove Dio ha voluto prendere dimora. Dove Dio ha voluto nascere al mondo.

Non abbiamo paura di noi stessi, delle nostre debolezze, di tutto quello che in noi oggi non quadra, del nostro astruso passato, del nostro incerto futuro. Quel che è in noi, quello che ci genera oggi a questo giorno come ad ogni giorno è il dito di Dio; il soffio del Suo Spirito dà vita alla nostra morte. In Dio siamo "già" sposati con il Suo Figlio, siamo Suoi da sempre, da prima della creazione del mondo. E' Lui il nostro destino, la nostra debolezza è una debolezza in più allineata nell'albero genealogico di Gesù. Noi siamo il suo destino e Lui è la nostra Patria. Il nostro cielo. La nostra Vita. Siamo preziosi ai Suoi occhi. I nostri occhi guardano la nostra vita riflessa in uno specchio, gli occhi di Dio guardano, e amano, il Suo Figlio in noi. Gli occhi di Dio ci guardano con amore di Padre. Come hanno guardato Maria, di cui, oggi come ogni giorno, siamo gli amatissimi figli. Con Maria e Giuseppe allora, sulle strade della Croce, una spada a trafiggerci l'anima e la certezza incrollabile d'essere amati di un amore eterno. Quello di Suo Figlio.





Evangelio según San Mateo 1,18-24.
Este fue el origen de Jesucristo: María, su madre, estaba comprometida con José y, cuando todavía no habían vivido juntos, concibió un hijo por obra del Espíritu Santo.
José, su esposo, que era un hombre justo y no quería denunciarla públicamente, resolvió abandonarla en secreto.
Mientras pensaba en esto, el Angel del Señor se le apareció en sueños y le dijo: "José, hijo de David, no temas recibir a María, tu esposa, porque lo que ha sido engendrado en ella proviene del Espíritu Santo.
Ella dará a luz un hijo, a quien pondrás el nombre de Jesús, porque él salvará a su Pueblo de todos sus pecados".
Todo esto sucedió para que se cumpliera lo que el Señor había anunciado por el Profeta:
La Virgen concebirá y dará a luz un hijo a quien pondrán el nombre de Emanuel, que traducido significa: "Dios con nosotros".
Al despertar, José hizo lo que el Angel del Señor le había ordenado y llevó a María a su casa.



Giotto, Il sogno di Giuseppe
Cappella degli Scrovegni Padova




COMENTARIO

El temor de Josè frente a un Hijo. Nuestro mismo temor frente a nosotros mismos, hijos en el Hijo, hijos en el seno inmaculado de Maria. En sus entrañas hemos recibido los semblantes del Hijo, la misma naturaleza de Dios. Pero a pesar de eso, tenemos miedo de nosotros mismos. De nuestra sombra, de las esquinas del carácter, de nuestras incertidumbres, de las palabras, de los gestos. Por miedo somos esclavos, sujetos a un dueño que nos tira por el cuello y nos hace cumplir lo que no querríamos, nos hace pronunciar palabras que tampoco nos imaginamos. Nos hace pensar mal de nosotros mismos. Y de Dios.

Es cierto, el primer miedo, el terror de la muerte que nos hace esclavos del principio, es el temor de nosotros mismos. De nuestro éxito, de nuestro modo de ser, del rechazo de quien querríamos querer. El miedo de ser nosotros mismos. No nos queremos, nos despreciamos en lo que somos y nos idealizamos en un mundo de sueños, nos empeñamos a cambiar y a enseñarnos "comestibles", aceptables, presentables, amables. Y las quemaduras de las desilusiones a racimos aumentan el desprecio y el juicio sobre nosotros mismos, que catapultamos inevitablemente sobre quién nos es próximo. El miedo y el escándalo de una infinita distancia. La laceración como una herida siempre abierta entre la sublimidad de nuestra vocación y la infinita inadecuación de lo que creemos sea nuestro ser y nuestro modo de estar al mundo. El escándalo y el miedo de Josè.

Algo extraño ha ocurrido, fuera de los cálculos y de las reglas, la vida de Dios aparece dónde nadie lo espera. Sin preaviso, sin pedir el permiso, más allá de cada ley. Hasta más allá de la misma Ley de Dios. Embarazada fuera del matrimonio. Maria, prometida esposa, pero todavía no esposa. Algo para destrozar el corazón. El escandalo de la encarnación, acontecimiento imprevisto en el cumbre de la Historia. Y Josè absorto, tembloroso, asustado, a buscar modos y palabras para remediar a lo imponderable. Como nosotros, hoy, frente a nuestra vida, a nuestra historia. A las migas de una existencia que querría tener cabeza y cola, y no encuentra sentido en ningún recorrido lógico, humano.

"Josè, no temas de coger contigo a Maria, tu novia, porque aquellos que es engendrado en ella procede del Espíritu Santo." Tu novia. La prometida esposa "ya" es su esposa, la Providencia de Dios ha anticipado el tiempo. Ha sobrepasado las reglas del mundo, la biología del cosmos, dibujando, de lo eterno y por lo eterno, un camino de salvación entre las llagas de la humanidad pecadora. Vendrán las aguas amargas para Maria. Vendrán los insultos, las sonrisas irónicas. Vendrá la espada. Ella tambien, Inmaculada Concepción, sin pecado se ha hecho pecado para dar a luz al mundo al Dios hecho pecado. El escandalo de la encarnación, el camino de la Misericordia dentro de la historia de pecado de las generaciones de los hombres. La Madre y el Hijo sin sombra alguna de pecado tachados de pecado. La Cruz por ambos. El amor extremo y loco de Dios. Amor total y gratuito a los pecadores. Para salvarlos, y hacerlos Dios, ha hecho pecado la Madre y el Hijo. Y Josè, justo ententando desubrir la voluntad de Dios, a tomar consigo cuánto el Espíritu Santo habia engendrado, y, locamente actuado.

Es el arduo camino del amor. Jesús al Jordan, en la fila de los pecadores y Maria embarazada fuera del matrimonio. Pero hay una verdad escondida, el misterio que hace temblar la tierra, Ella ya "es" novia a los ojos de Dios, Ella es santa, Ella es la Madre santa del Hijo santo. Dios se ha escondido en la carne del hombre. Sólo los ojos de Dios ven "más allá de" la estrecha mirada del hombre. El estupor y el miedo de Giuseppe son nuestro estupor, nuestro miedo. Y la palabra del ángel vuelve hoy a cada uno de nosotros es un bálsamo de paz y esperanza: "No temas", no temamos de coger con nosotros a Maria, la Hija de Sión, la Mujer, imagen y cumplimiento de nuestra historia. En Ella somos engendrados, y lo que ha sido engendrado en sus entrañas es obra del Espíritu Santo. Somos pues obra del respiro de Dios, Su vida está dentro de nuestra vida. La carne la sustenta a duras penas, la tienda de arcilla que son nuestros membros pecadores, aquellas glebas de tierra que nos escandalizan, nos paran, nos asustan, son el pobre establo de Belén donde Dios ha querido poner su morada. Dónde Dios ha querido nacer al mundo.

No tengamos miedo de nosotros mismos, de nuestras debilidades, de todo lo que en nosotros hoy no cuadra, de nuestro abstruso pasado, de nuestro incierto futuro. Lo que nos pertenece, fuera del pecado, es exactamente lo que nos engendra hoy a este día a como a cada día, es el dedo de Dios, el soplo de Su Espíritu que da vida a nuestra muerte. En Dios "ya" somos casados con Su Hijo, somos desde siempre Suyos, desde antes de la creación del mundo. Él es nuestra suerte, nuestra debilidad es una debilidad más alineada en el árbol genealógico de Jesús. Nosotros somos su suerte y Él es nuestra Patria. Nuestro Cielo. Nuestra Vida. Somos preciosos a Sus ojos. Nuestros ojos miran nuestra vida refleja en un espejo, los ojos de Dios miran, y quieren, Su Hijo en nosotros. Los ojos de Dios nos miran con amor de Padre. Como han mirado a Maria, de que, hoy como cada día, somos los hijos amados. Con Maria y Josè encaminémosnos sobre el camino de la Cruz, una espada a traspasarnos el alma y la certeza inquebrantable de ser queridos de un amor eterno. El amor de Su Hijo.



Beato Angelico, Sposalizio della Vergine – Pala di Cortona [part.], Museo Diocesano di Cortona.

Beato Angelico, Bodas de la Virgen
Pala di Cortona [part.], Museo Diocesano di Cortona.



Giuseppe meritò da Dio di essere detto e creduto padre di Dio

Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate.

Era costume degli ebrei che dal giorno del fidanzamento a quello delle nozze la sposa fosse affidata alla custodia dello sposo, perché tanto meglio fosse conservata la loro pudicizia quanto più vicendevolmente essi erano fedeli. Ora, come Tommaso col suo dubbio e poi con il suo incontro tangibile con Cristo fu il testimonio più tenace della risurrezione del Signore, così Giuseppe, fidanzandosi a Maria e bene conoscendola durante il periodo di preparazione alle nozze, fu il teste più fedele della di lei pudicizia. Splendida convenienza dell'uno e dell'altro fatto: del dubbio di Tommaso e del fidanzamento di Maria.

Fu dunque necessario che Maria fosse sposata a Giuseppe, affinchè le cose sante rimanessero nascoste agli infedeli (cfr. Mt 7,6), la verginità di lei fosse accertata dallo sposo, e intatta restasse la sua pudicizia e la sua fama. Nulla di più saggio e di più degno della Provvidenza divina. Con un solo atto è ammesso un teste ai segreti celesti, ne è escluso il nemico, si conserva integro l'onore della Vergine. Però qualcuno potrebbe obiettare: «Giuseppe, come uomo, non poteva fare a meno di dubitare della fedeltà della sua sposa; ma, poiché era uomo giusto, non voleva certamente coabitare con lei a motivo di questo sospetto, né tuttavia (dal momento che era anche uomo pio) voleva esperia all'infamia come sospetta: perciò egli aveva deciso di lasciarla segretamente».

Rispondo in poche parole che anche questo dubbio di Giuseppe era necessario, per avere da Dio l'opportuna chiarificatrice assicurazione: «Mentre egli stava pensando a queste cose», di lasciarla cioè segretamente, «gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20).

Per queste ragioni, dunque, Maria andò sposa a Giuseppe o, come dice l'evangelista, «di un uomo chiamato Giuseppe» (Le 1,27).L'evangelista lo dice un uomo, non perché sposo di una donna, ma perché uomo di virtù; ossia perché, come nota un altro evangelista(Mt 1,19), egli non era semplicemente un uomo, ma lo sposo di lei: chiamato dunque così perché tale appunto la gente lo considerava.

Dovette, perciò, essere detto lo sposo di lei, perché necessariamente così doveva essere ritenuto; come anche meritò di essere reputato il padre del Salvatore, pur non essendolo in realtà: «Gesù aveva circa trent'anni quando cominciò il suo ministero; ed era figlio, come si credeva di Giuseppe» (Le 3,23).

Giuseppe, dunque, non fu né il marito della madre, né il padre del figlio, sebbene, come abbiamo spiegato, data la situazione in cui necessariamente si trovava, per un certo tempo egli come tale fosse chiamato e reputato. Da tutto ciò deduciamo: Giuseppe meritò da Dio di essere detto e creduto padre di Dio; Giuseppe fu un uomo assolutamente straordinario. Nessun dubbio che sia stato sempre un uomo buono e fedele questo Giuseppe, la cui sposa era la Madre del Salvatore.

Servo fedele e saggio, scelto dal Signore per confortare la Madre sua e provvedere al di lei sostentamento; il solo coadiutore fedelissimo, sulla terra, del grande disegno di Dio.





Giotto, Lo sposalizio della Vergine
Cappella degli Scrovegni, Padova.



Giovanni Paolo II
Redemptoris custos, 25-26

Il primato della vita interiore, in san Giuseppe


Anche sul lavoro di carpentiere nella casa di Nazaret si stende lo stesso clima di silenzio, che accompagna tutto quanto si riferisce alla figura di Giuseppe. E' un silenzio, però che svela in modo speciale il profilo interiore di questa figura. I Vangeli parlano esclusivamente di ciò che Giuseppe «fece»; tuttavia, consentono di scoprire nelle sue «azioni», avvolte dal silenzio, un clima di profonda contemplazione. Giuseppe era in quotidiano contatto col mistero «nascosto da secoli» (Col 1,26), che «prese dimora» (Gv 1,14) sotto il tetto di casa sua. Questo spiega, ad esempio, perché santa Teresa di Gesù, la grande riformatrice del Carmelo contemplativo, si fece promotrice del rinnovamento del culto di san Giuseppe nella cristianità occidentale.

Il sacrificio totale, che Giuseppe fece di tutta la sua esistenza alle esigenze della venuta del Messia nella propria casa, trova la ragione adeguata nella «sua insondabile vita interiore, dalla quale vengono a lui ordini e conforti singolarissimi, e derivano a lui la logica e la forza, propria delle anime semplici e limpide, delle grandi decisioni, come quella di mettere subito a disposizione dei disegni divini la sua libertà, la sua legittima vocazione umana, la sua felicità coniugale, accettando della famiglia la condizione, la responsabilità ed il peso, e rinunciando per un incomparabile virgineo amore al naturale amore coniugale che la costituisce e la alimenta» (Papa Paolo VI).

Questa sottomissione a Dio, che è prontezza di volontà nel dedicarsi alle cose che riguardano il suo servizio, non è altro che l'esercizio della devozione, la quale costituisce una delle espressioni della virtù della religione (cfr. San Tommaso d’Aquino).




"Il dubbio di Giuseppe "

"Antiphonarium de Sanctis", Min. di Scuola Bolognese, Cod. G, f. 119v,
‘Santa Maria dei Servi’ a Bologna.




San Pedro Crisólogo (hacia 406-450), obispo de Rávena, doctor de la Iglesia
Sermón 146, sobre Mateo 1,18; PL 52, 591

«María, la madre de Jesús estaba desposada con José»

«María, su madre, estaba desposada». Hubiera sido suficiente con decir: María estaba desposada. ¿Qué significa una madre desposada? Si ya es madre, ya no es desposada; si es desposada, no es todavía madre. «María, su madre, estaba desposada»: desposada por la virginidad, madre por la fecundidad. Era una madre que no había conocido varón, y sin embargo conoció la maternidad. ¿Cómo no será madre antes de concebir, ella que, después del nacimiento, es virgen y madre? ¿Cuándo no era ella ya madre la que engendró al fundador de los tiempos y ha dado un principio a todas las cosas?...

¿Por qué el misterio de la inocencia celestial va destinado a una desposada y no a una virgen todavía libre? ¿Por qué los celos de un desposado deben poner en peligro a la desposada? ¿Por qué tanta virtud parece pecado y la salvación eterna peligro?... ¿Cuál es el misterio que abrazamos aquí, hermanos? Ningún rasgo de pluma, ni una letra, ni una sílaba, ni una palabra, ni un nombre, ni un personaje del Evangelio deja de tener sentido divino. Se ha escogido a una desposada para que sea ya representada la Iglesia, esposa de Cristo, según lo dice el profeta Oseas: «Yo te desposaré conmigo para siempre; te desposaré conmigo en justicia y en derecho, en amor y en compasión, te desposaré conmigo en fidelidad» (2,21-22). Por eso dice Juan: «El que tiene a la novia es el novio» (Jn 3,29). Y san Pablo: «Quise desposaros con un solo marido, presentándoos a Cristo como una virgen fiel» (2C 11,2). ¡Oh verdadera esposa, la Iglesia, que por el nacimiento virginal [del bautismo] engendra nuevos hijos en Cristo!




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