IV Domenica del Tempo di Quaresima (Anno C). Commenti patristici

S. Pier Crisologo

Levandosi s’incamminò verso suo padre. Costui si levò dalla caduta dello spirito e del corpo, si levò dal profondo degli inferi toccando le elevate regioni del cielo. Presso il Padre celeste il figlio si innalza in seguito al perdono più di quanto era precipitato a causa della colpa: Levandosi s’incamminò verso suo padre. Si incamminò non col passo dei piedi, ma con l’incedere della mente. Non ebbe bisogno di un lungo viaggio terreno, perché aveva trovato la scorciatoia della via della salvezza. Non ha bisogno di cercare il Padre divino percorrendo le strade chi, cercando con la fede, scopre che gli è sempre presente dappertutto. Levandosi s’incamminò verso suo padre.
Mentre era lontano
. In che senso è lontano colui che viene? Perché colui che viene non è ancora giunto alla meta. Viene al pentimento, ma non è ancora giunto alla grazia; viene alla casa del Padre, ma non è ancora giunto alla gloria della condizione dell’onore di un tempo. E, mentre era lontano, lo vide suo padre. Lo vide quel Padre che abita in alto e vede ciò che sta in basso e riconosce da lontano ciò che sta in alto (Sal 112, 5). Lo vide suo padre. II padre lo vide, perché egli potesse accorgersi di lui. La vista del padre illuminò lo sguardo del figlio che avanzava così che fu dissolta tutta l’oscurità che l’aveva avvolto in seguito alla colpa. Le tenebre della notte non sono come quelle che provengono dallo sconvolgimento dei peccati. Ascolta il profeta che dice: Le mie colpe mi hanno oppresso e non ho più potuto vedere (Sal 39, 13). E in un altro passo: Le mie colpe hanno pesato sopra di me (Sal 37, 5). E successivamente: E la luce dei miei occhi non è con me (Sal 37, 11). La notte seppellisce la luce del giorno precedente: i peccati sconvolgono l’intelletto, l’animo le sembianze. Se dunque, il Padre celeste non avesse colpito col suo raggio il volto del figlio che ritornava e non avesse eliminato tutta la nebbia del turbamento con la luce del suo sguardo, questo figlio non avrebbe mai visto la luminosità del volto divino.
Lo vide da lontano, e fu mosso a compassione. È mosso a compassione colui che non può muoversi dal suo posto. Gli andò incontro non con l’avanzare del corpo, ma con l’affetto paterno. Gli si gettò al collo col peso dell’amore, non con la gravezza delle membra. Gli si gettò al collo non con l’abbandono ma con la sofferenza delle viscere. Gli si gettò al collo per sollevare così chi giaceva. Gli si gettò al collo per togliere col peso dell’amore il peso dei peccati. Venite a me, dice, voi tutti che siete affaticati e oppressi; prendete su di voi il mio carico, perché è leggero (Mt 11, 28-30). Vedete che il figlio è aiutato non oppresso dal carico di questo padre. Gli si gettò al collo e lo baciò.
Così il padre giudica, così corregge, così al figlio peccatore dà baci, non flagelli. La potenza dell’amore non vede le colpe; e perciò il padre riscattò i peccati del figlio con un bacio, lo chiuse in un abbraccio per non scoprire, lui, il padre, le colpe del figlio, per non disonorare, lui, il padre, il proprio figlio. II padre cura in tal modo le ferite del figlio, per non lasciare al figlio una cicatrice, per non lasciare al figlio una macchia. Beati, dice, quelli di cui sono rimesse le iniquità e di cui sono coperti i peccati (Sal 31, 1).
Se l’azione di questo giovane è spiacevole, se la sua partenza desta orrore, noi non allontaniamoci a nessun costo da un tale padre. Lo sguardo del padre mette in fuga le colpe, caccia la pena, respinge ogni malvagità e tentazione. Certamente, se ce ne siamo andati, se abbiamo dissipato tutto il patrimonio paterno con una vita dissoluta, se abbiamo commesso qualsiasi scelleratezza e delitto possibili in cielo e in terra, se ci siamo spinti fino ad ogni precipizio, ad ogni abisso di empietà, solleviamoci una buona volta e, invitati da tale esempio, ritorniamo da un tale padre. E quando lo vide fu mosso a compassione e gli corse incontro e gli si gettò al collo e lo baciò. Ti chiedo, quale motivo c’è qui per disperare? Quale occasione c’è qui per scusarsi? Quale pretesto c’è per essere timoroso? A meno che, per caso tema l’incontro, il bacio spaventi, l’abbraccio sconvolga, e si creda che il padre accolga per vendicarsi, non che riceva per perdonare quando afferra il figlio con le mani, lo chiude in seno, lo serra tra le sue braccia. Ma questo pensiero, che sconfigge la vita ed è nemico della salvezza, è vinto ed eliminato da ciò che segue.
Ma il padre disse ai suoi servi: Presto, portate la veste migliore e fategliela indossare, mettetegli in dito l’anello d’oro e i calzari ai piedi; e conducete il vitello grasso e uccidetelo e mangiamo e facciamo festa; perché questo mio figlio era morto, ed è tornato in vita, era perduto, ed è stato ritrovato. Dopo aver ascoltato queste parole ancora esitiamo, ancora non torniamo al padre? Presto portate la veste migliore e fategliela indossare. Sopportò le colpe del figlio colui che non ne sopportò la nudità. Perciò volle che il figlio fosse vestito dai servi prima di essere veduto, affinché al solo padre ne fosse nota la nudità, perché solo il padre riesce a non rimarcare la nudità del figlio. Presto, portate la veste migliore. Questo padre che nei momenti felici non tollerò il peccato del figlio, adesso vuole godere più del perdono che della giustizia. Presto, portate la veste migliore. Non disse: Donde vieni? Dove sei stato? Dove sono i beni che ti sei preso? Perché hai scambiato una gloria così grande con una così grande vergogna? Ma: Presto, portate la veste migliore e fategliela indossare. Vedete che la potenza dell’amore non scorge le colpe; il padre è incapace di una misericordia che indugia; chi discute le colpe, le rivela.
E mettetegli in dito l’anello
. L’affetto paterno non si accontenta di ripristinare la sola innocenza, se non restituisce anche l’antico onore. Ponetegli ai piedi i calzari. Come ritornò povero quello che era partito ricco! Dell’intera sostanza non riporta i calzari ai piedi. Ponetegli i calzari ai piedi. Perché nemmeno nel piede sussistesse la vergogna della nudità del figlio; senza dubbio perché calzato ritornasse al corso della vita precedente. E conducete il vitello grasso. Non basta un vitello qualsiasi, ma il migliore, ben ingrassato. Il vitello grasso attesta lo spessore dell’amore paterno. Conducete il vitello grasso e uccidetelo e mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto, ed è ritornato in vita; era perduto, ed è stato ritrovato.

(Dal Sermone 3)

S. Agostino

L’uomo che ha due figli è Dio che ha due popoli: il figlio maggiore è il popolo dei giudei; il minore il popolo dei pagani. Le sostanze ricevute da parte del Padre sono l’anima, l’intelligenza, la memoria, l’ingegno e tutte le facoltà che Dio ci ha dato per conoscerlo ed adorarlo. Ricevuto questo patrimonio, il figlio minore se ne andò in un paese lontano, cioè arrivò fino alla dimenticanza del suo Creatore. Consumò tutto il suo patrimonio vivendo da scialacquatore; pagando senza acquistare, spendendo ciò che aveva senza ricevere ciò che non aveva, vale a dire consumando tutto il proprio ingegno nelle dissolutezze, negli idoli, in tutte le passioni disoneste, che la Verità chiama meretrici.
Nulla di strano che a quella dissolutezza tenne dietro la fame. Ora in quel paese ci fu una grande carestia, non la carestia del pane visibile, ma la mancanza dell’invisibile verità ...
Capì alla fine in qual condizione era ridotto, che cosa aveva perduto, chi aveva oltraggiato e in potere di chi era corso a gettarsi e tornò in se stesso; prima tornò in se stesso, poi tornò dal padre. Tornato in se stesso si trovò miserabile: Ho trovato – disse – tribolazione e dolore, e ho invocato il nome del Signore (Sal 114, 3-4). Quanti salariati di mio padre – disse – hanno cibo in abbondanza! Io invece sto qui a morir di fame. ...
Si alza e torna; difatti si era fermato dov’era rimasto a giacere dopo la sua caduta. Lo vede il padre da lontano e gli va incontro, poiché la voce di lui si trova nel salmo: Tu hai conosciuto i miei pensieri da lontano (Sal 138, 3). Quali pensieri? I pensieri fatti dicendo tra sé: Dirò a mio padre: Ho peccato contro il cielo e contro di te, non sono più degno d’essere considerato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi mercenari. Non diceva già così, ma pensava di dirlo; il padre tuttavia lo sentiva già come se lo dicesse. ... In un altro salmo è detto: Ho detto: confesserò al Signore contro di me il mio peccato (Sal 31, 5). Vedete come ancora tra se stesso disse, propose, e subito soggiunse: E tu hai perdonato l’empietà del mio cuore. Quanto è vicino il perdono di Dio a chi confessa i propri peccati! Dio infatti non è lontano da coloro che hanno il cuore contrito; poiché così trovi nella Scrittura: Il Signore è vicino a coloro che hanno il cuore contrito (Sal 33, 19). ...
Mentre ancora il figlio si disponeva a dire al padre ciò che andava ripetendosi: Mi alzerò, andrò da lui e gli dirò, poiché il padre conosceva da lontano la risoluzione del figlio, gli corse incontro. Che vuol dire: "correre incontro" se non accordare il perdono in anticipo? Essendo ancora lontano – dice il vangelo – gli corse incontro il padre, mosso da misericordia. Perché fu mosso da misericordia? Perché il figlio era sfinito per la miseria. Gli corse incontro e gli si gettò al collo, gli gettò cioè il braccio al collo. Il braccio del Padre è il Figlio; gli diede la possibilità di portare Cristo: questo peso non opprime, ma solleva. ...
Il padre poi ordina di portare il vestito migliore che Adamo aveva perduto peccando. Dopo aver ormai accolto il figlio col perdono e dopo averlo baciato, ordina di portargli il vestito, cioè la speranza dell’immortalità mediante il battesimo. Ordina di mettergli l’anello, cioè il pegno dello Spirito Santo e i sandali ai piedi per la prontezza ad annunciare il messaggio evangelico della pace, affinché fossero belli i piedi di colui che reca il buon annuncio del bene. Ciò Dio lo fa mediante i suoi servi, cioè mediante i ministri della Chiesa. Forse che danno la veste, l’anello e i sandali di loro proprietà? Essi devono solo rendere un servizio, compiono un dovere; quei beni li dà Colui dal cui seno misterioso e dal cui tesoro sono portati fuori. Il padre ordinò di uccidere anche il vitello che aveva ingrassato perché fosse ammesso alla tavola in cui si mangia Cristo ucciso, poiché per chi arriva da lontano e si rifugia nella Chiesa, Cristo viene ucciso quando gli si annuncia ch’è stato ucciso e viene ammesso a nutrirsi del suo corpo. Si uccide il vitello ingrassato perché chi era perduto è stato ritrovato.

(Dal Discorso 112/A, 3-7 passim)


San Romano il Melode (?-circa 560), compositore d’inni greco
Inno 28, Il Figlio prodigo, str 17-21; SC 114, 257

« Bisognava far festa, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita »


Il figlio maggiore, arrabbiato, disse a suo padre: “Da tanti anni io ti ho obbedito senza mai trasgredire un tuo comando!... e del prodigo che torna da te, ti fai maggior caso di me!”
Appena sentito suo Figlio parlare così, il padre gli rispose con mitezza: “Ascolta tuo padre. Tu, sei con me, perché mai ti sei allontanato da me; non ti sei, tu separato dalla Chiesa; tu, sei sempre presente accanto a me, insieme a tutti i miei angeli. Ma questi è venuto, coperto di vergogna, nudo e senza bellezza, gridando: “Abbi pietà! Ho peccato, padre, e ti supplico perché sono colpevole davanti a te. Accettami come salariato e nutrimi, perché ami gli uomini, Signore e maestro dei secoli.”
“Tuo fratello ha gridato: “Salvami, padre santo!”... Come avrei potuto non avere compassione, non salvare mio figlio che gemeva, che singhiozzava?... Guidicami, tu che mi biasimi... La mia gioia, in ogni tempo, è amare gli uomini... Essi sono la mia creatura: come potrei non averne pietà? Come potrei non avere compassione del suo pentimento? Le mie viscere hanno generato quel figlio di cui ho avuto pietà, io, il Signore e maestro dei secoli.
“Tutto ciò che è mio è tuo, figlio mio... La fortuna che hai non è diminuita, perché non prendendo in essa faccio dei regali a tuo fratello... Di ambedue sono l’unico Creatore, l’unico padre, buono, amante e misericordioso. Onoro te, figlio mio, perché sempre mi hai servito e obbedito; di questi, ho compassione, perché si abbandona interamente al pentimento. Dovevi dunque condivedere la gioia di tutti coloro che ho invitato, io, il Signore e maestro dei secoli.
Perciò, figlio mio, rallègrati con tutti gli invitati al banchetto e unisci i tuoi canti a quelli degli angeli, perché questo tuo fratello era perduto ed è stato ritrovato, era morto e, contro ogni aspettativa, è risorto.” Sentite queste parole, il figlio maggiore si è lasciato convincere e ha cantato: “Gridate di gioia, voi tutti! ‘Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa, e perdonato il peccato’ (Sal 31,1). Ti lodo, o amico degli uomini, tu che hai salvato anche mio fratello, tu, il Signore e maestro dei secoli.”

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