I Domenica di Quaresima (Anno C). Commenti patristici

S. Ambrogio


Chi dunque [Dio] doveva darci come guida, contro tante lusinghe del mondo, e tante astuzie del diavolo, sapendo che la nostra lotta è anzitutto contro la carne e il sangue, poi contro le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti che abitano nelle regioni celesti? (Ef 6, 11). Doveva metterci al fianco un angelo? Ma anche quello cadde; e intere legioni di angeli poterono appena appena giovare a singole persone. Doveva inviare un serafino? Ma anch’egli discese in terra, in mezzo a un popolo dalle labbra immonde, e purificò le labbra di un solo profeta, con un carbone acceso (cfr. Is 6, 5 ss). Bisognava trovare un’altra guida, che noi tutti potessimo seguire. E chi doveva essere tanto potente da giovare a tutti, se non Colui che sta al di sopra di tutti? Chi poteva collocarmi al di sopra del mondo, se non Colui che è più grande del mondo? Quale guida doveva essere tanto potente, da condurre con un solo cenno uomini e donne, Giudei e Greci, barbari e Sciti, schiavi e liberi, se non Colui che solo è tutto e in tutti, Cristo?
Dovunque ci muoviamo, camminiamo in mezzo a molte insidie: insidie ci sono tese dal diavolo nel corpo, insidie nella Legge, insidie tra le guglie delle chiese, insidie sui parapetti delle case, insidie nei sistemi filosofici, insidie nelle passioni...
Come faremo allora a evitare queste insidie, affinché anche noi possiamo dire: La nostra vita scampò come un uccello dall’insidia degli uccellatori; il laccio è stato rotto e noi siamo scampati? Non dice: Io stesso ho rotto il laccio, no, Davide non osò affermare questo, bensì: Il nostro aiuto è nel nome del Signore (Sal 123, 7-8) indicando da chi doveva essere sciolto il laccio, e profetando così che doveva venire in questo mondo Colui che avrebbe rotto il laccio, teso dall’inganno del diavolo.
Però il modo migliore di spezzare il laccio era quello di mostrare al diavolo la preda, affinché, facendo per slanciarsi su di essa, si impigliasse nella sua stessa rete, e così io potessi dire: Hanno teso una rete ai miei passi, ma essi stessi ci sono caduti dentro (Sal 56, 7). Quale fu questa preda, se non il corpo? Bisognava che si tendesse una simile frode al demonio, che cioè il Signore Gesù prendesse un corpo, anzi questo corpo corruttibile e debole, e fosse crocefisso secondo questa debolezza. Se il corpo fosse stato spirituale non avrebbe detto: Lo spirito è pronto, ma la carne è debole. Ascolta dunque l’una e l’altra voce, quella della carne debole e quella dello spirito pronto: Padre, se è possibile, passi da me questo calice, ecco la voce della carne; però non quello che io voglio, ma quello che vuoi tu (Mc 14, 36-38): vedi il fervore vigoroso dello spirito. Perché ti scandalizzi della condiscendenza del Signore? Fu condiscendenza se volle assumere il mio corpo, fu condiscendenza se volle prendere su di sé i miei peccati, prendere su di sé le mie debolezze, che la natura divina non avrebbe certo potuto avvertire, mentre la natura umana imparò a disprezzarle, sopportarle e patirle. Seguiamo quindi il Cristo, come sta scritto: Seguirai il Signore, tuo Dio, e a lui ti terrai unito (Dt 13, 4). A chi resterò unito, se non a Cristo, come Paolo ha detto: Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito (1 Cor 6, 17)? Seguiamo dunque le sue orme, affinché dal deserto possiamo tornare al paradiso. ...
Apprendiamo che tre sono gli strali del diavolo, dei quali suole armarsi per impigliare l’anima dell’uomo: uno, la gola, il secondo, la vanagloria, il terzo l’ambizione. E ha preso le mosse di là dove già aveva vinto una volta. Perciò io comincio a vincere in Cristo, proprio là dove in Adamo fui soggiogato, purché io prenda Cristo, immagine del Padre, come esempio di virtù. Guardiamoci dunque dalla gola, guardiamoci dalla lussuria, perché essa è un’arma del diavolo. Si tende un laccio quando si imbandisce la mensa di un pranzo regale, che spesso fa crollare la fermezza dell’anima. Dobbiamo infatti evitare i lacci del diavolo, non soltanto quando ne udiamo le parole, ma anche quando ne vediamo lo sfarzo. Hai dunque conosciuto uno strale del diavolo: prendi lo scudo della fede, la corazza della moderazione. ...
Considera dunque le armi di Cristo, con le quali Egli ha vinto non per sé, ma per te. Infatti Colui, che, infondendo una natura in un’altra, aveva dimostrato con la sua maestà che si possono cambiare le pietre in pane, ti insegna che non devi far nulla per far piacere al diavolo, nemmeno col pretesto di far vedere la tua virtù. Considera altresì, in questa tentazione, l’astuzia da vero artista, propria del diavolo. Egli tenta per rendersi conto, e si rende conto per tentare. Invece il Signore lo inganna in modo da vincerlo, e lo vince in modo da ingannarlo. Se Egli avesse trasformato la natura, si sarebbe tradito come Creatore. Pertanto risponde evasivamente, dicendo: Sta scritto: Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola di Dio.
Vedi di quali armi sì serve per difendere l’uomo dagli assalti degli spiriti iniqui, dopo averlo circondato e protetto contro gli allettamenti della gola. Difatti non usa la sua potenza in quanto Dio – a che cosa questo mi sarebbe servito? – ma, in quanto uomo, si procura un aiuto comune, affinché l’uomo, tutto intento a pascersi delle Scritture divine, dimentichi la fame del corpo, e si nutra del Verbo celeste. Assorto nel Verbo, Mosè non desiderò più il pane; assorto nel Verbo, Elia non avvertì più la fame di un digiuno prolungato. Chi segue il Verbo non può desiderare un pane terrestre, poiché riceve la sostanza del Pane celeste – non c’è dubbio che le realtà divine sono superiori a quelle umane, e le spirituali a quelle materiali – e perciò chi desidera la vita vera aspetta quel pane, che per mezzo di una sostanza invisibile sostiene il cuore dei mortali. ...
Segue lo strale della vanagloria, in cui si pecca facilmente, perché mentre gli uomini desiderano di vantare il merito della loro virtù, disertano dal posto di guardia dei loro meriti.
Lo condusse allora a Gerusalemme – sta scritto – e lo pose sul pinnacolo del Tempio.
La vanagloria è proprio fatta così; mentre uno crede di salire più in alto, vien cacciato più in basso per avere usurpato meriti troppo grandi.
E gli disse: "Se sei figlio di Dio, gettati giù di qui".
Parola veramente diabolica, che fa tutto il possibile per precipitare l’anima umana dal luogo elevato dei suoi meriti. Non c’è nulla, infatti, che più si confaccia al diavolo, che persuadere gli uomini a precipitarsi giù.
Impara dunque anche tu a vincere il diavolo. Lo Spirito ti conduce, segui lo Spirito. Non ti ritragga la lusinga dei sensi; poiché sei pieno dello Spirito, impara a disprezzare il piacere. Se vuoi vincere, digiuna. ... Però il diavolo dimostra la sua impotenza e la sua malizia insieme, perché egli non può nuocere ad alcuno, eccettuato chi vuol buttarsi giù da sé. Difatti colui che, abbandonando i beni celesti, fa suoi quelli terreni, precipita volutamente nel baratro di una vita caduca.
Allora il diavolo, che pur aveva sottomesso al proprio potere tutti gli uomini, quando vide che lo strale era spuntato, cominciò a sospettare che Egli fosse più che un uomo. Ma il Signore, di nuovo, non giudicò di dover compiere per far piacere al diavolo neppure i miracoli profetizzati a suo riguardo, ma, conservando intatta la maestà della sua divinità, affrontò l’astuzia del diavolo, e se questi si era servito di una citazione delle Scritture, lo volle vincere citandogli le Scritture; Dio infatti ha il potere di vincere, e la Scrittura vince per me.
Impara anche di qui come Satana si mascheri da angelo di luce, e tenda insidie ai fedeli perfino dalle pagine delle Scritture divine. In questo modo egli riesce a fare gli eretici, in questo modo fa strazio della fede, in questo modo impugna i diritti della religione. Non ti inganni l’eretico, perché sa tirar fuori qualche esempio dalle Scritture, e non si dia arie perché ti sembra istruito. Anche il diavolo si serve delle testimonianze scritturali, non per insegnare, bensì per abbindolare e illudere. Egli adocchia qualcuno che è religioso, ragguardevole per virtù, autorevolissimo per opere mirabili: gli tende il laccio della vanagloria, per farlo gonfiare di orgoglio, affinché confidi non nella pietà, ma nella superbia, e non attribuisca a Dio ogni merito, ma l’usurpi invece per sé. Per questo gli Apostoli non imperavano ai demoni nel proprio nome, bensì nel nome di Cristo, perché non sembrasse che si attribuivano qualche capacità.


(Dall’Esp. del Vang. sec. Luca, IV, 9-12. 17-26 passim)


Origene


Tanto il Figlio di Dio che l’anticristo desiderano regnare. Ma l’anticristo desidera regnare per uccidere coloro ch’egli avrà assoggettato; il Cristo al contrario regna per questo scopo, per salvare. In ciascuno di noi, se siamo fedeli, regna Cristo con la Parola, la Sapienza, la Giustizia, la Verità. Se invece noi preferiamo il piacere a Dio, su di noi regna il peccato, di cui l’Apostolo dice: il peccato non regni dunque nel vostro corpo mortale (Rm 6, 12). Così due re si danno battaglia per acquistare al più presto il regno: il re del peccato, il diavolo, sui peccatori; il re della giustizia, Cristo, sui giusti.
Il diavolo, sapendo che Cristo era venuto per strappargli il suo regno e cominciare a sottomettere al suo potere divino coloro che erano assoggettati al potere del maligno, per questo gli mostrò tutti i regni del mondo e degli uomini di questo mondo. Gli mostrò come regni su alcuni la lussuria, su altri l’avarizia, come alcuni siano trascinati dal desiderio del favore popolare, e altri siano incatenati dalla seduzione della bellezza.
Non dobbiamo affatto credere che, nel mostrargli i regni del mondo, il diavolo abbia fatto vedere a Gesù, per esempio, il regno della Persia, oppure quello delle Indie: gli ha mostrato tutti i regni del mondo, cioè gli ha mostrato il suo impero, il suo modo di dominare il mondo, perché, spingendolo a fare la propria volontà, cominciasse così ad assoggettare il Cristo.
Gli dice: Vuoi tu regnare su tutte queste cose? E gli mostra le folle innumerevoli degli uomini che teneva in suo potere. E in verità, se vogliamo riconoscere con semplicità la nostra miseria e la nostra disgrazia, il diavolo è re di quasi tutto l’universo; infatti il Signore lo definisce " il principe di questo mondo ". È questa la sua proposta: Vedi questi uomini soggetti al mio potere? – e glieli mostra in un istante, cioè glieli mostra nel corso attuale dei tempi il quale, a paragone dell’eternità, non è che un istante.
In realtà il Salvatore non aveva affatto bisogno che gli fossero mostrate troppo a lungo le vicende di questo mondo; non appena ha volto il suo sguardo verso questo spettacolo, costituito dal regno del peccato e da coloro che sono schiavi dei vizi, ha visto il principe di questo mondo stesso, cioè il diavolo, inorgoglirsi e gioire – a suo proprio danno – di avere tanta gente sottoposta al suo potere. Dice allora il diavolo al Signore: Per questo sei venuto, per combattere contro di me e strappare al mio potere tutti coloro che io ho ora come schiavi? Non voglio che tu ti misuri con me; non voglio che tu ti affatichi, che ti sottoponga alle difficoltà della battaglia. Ecco tutto ciò che io ti chiedo: prosternati ai miei piedi e adorami, e tutto il regno che mi appartiene sarà tuo. Senza dubbio il nostro Signore e Salvatore vuole essere re e assoggettare tutte le nazioni, affinché esse servano la giustizia, la verità e tutte le altre virtù; ma vuole regnare, in quanto è la Giustizia, senza peccato e senza malizia. Non acconsente perciò – assoggettandosi al diavolo – ad essere incoronato senza fatica e a regnare sugli altri subendo a sua volta il dominio del diavolo.
Ecco perché gli risponde: Sta scritto: tu adorerai il Signore Dio tuo e servirai lui solo. Dice in sostanza: io voglio, sì, che tutti questi uomini diventino miei sudditi, ma affinché adorino il Signore e servano lui solo. Questo è il desiderio del mio regno. Tu vuoi che da me cominci il peccato che io sono venuto invece a distruggere, e da cui desidero liberare tutti gli altri. Sappi e riconosci che io sto saldo in ciò che ho detto, cioè che sia adorato soltanto il Signore Dio, e tutti questi uomini li riporterò al mio potere e li prenderò nel mio regno. Rallegriamoci dunque di essere anche noi a lui soggetti e preghiamo Dio affinché faccia morire il peccato che regna nel nostro corpo (Rm 6, 12), e che regni in noi soltanto il Cristo Gesù, cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen


(Dalle Omelie su Luca, 30)


Sant’Ambrogio (circa 340-397)

Commento al vangelo di Luca, IV, 7-12 ; PL 15,1614


«Allora, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo»

Bisogna ricordarti come il primo Adamo è stato cacciato fuori dal paradiso nel deserto, perché la tua attenzione sia richiamata sul modo in cui il secondo Adamo torna dal deserto al paradiso. Vedi infatti come la prima condanna viene sciolta nello stesso modo in cui era stata legata, e come i benefici divini sono ristabiliti sulle tracce degli antichi. Adamo viene da una terra vergine, Cristo viene dalla Vergine ; quello è stato fatto a immagine di Dio, questo è l’Immagine di Dio (Col 1,15). Quello è stato posto sopra tutti gli animali senza ragione, questo al di sopra di ogni essere vivente. Mediante una donna è venuta la stoltezza, mediante una vergine, la sapienza ; la morte è venuta da un albero, la vita dalla croce. Uno, spogliato del vestito spirituale, si è tessuto una tunica con le foglie di un’albero ; l’altro, spogliato del vestito di questo mondo, non ha più voluto nessun vestito materiale (Gv 19,23).

Adamo è stato cacciato nel deserto, Cristo viene nel deserto : infatti sapeva dove trovare il condannato che sarebbe stato ricondotto al paradiso, liberato dalla sua colpa… Senza guida, come avrebbe potuto ritrovare nel deserto la strada smarrita, colui che nel paradiso aveva perso per mancanza di una guida, la strada che stava seguendo ?

Là, le tentazioni sono numerose, lo sforzo verso la virtù difficile, e facili i passi falsi nell’errore… Seguiamo quindi Cristo secondo la Scrittura : « Seguirete il Signore vostro Dio, e gli resterete fedeli » (Dt 13,5)… Seguiamo dunque le sue orme, e potremo tornare dal deserto al paradiso.

Dai Discorsi di san Leone Magno.

Sermo XXXIX, 2-5, De Quadragesima I. PL 54,264-266.

Durante la quaresima, miei cari, è preciso dovere emendare tutti gli atti passati di negligenza e cancellare tutte le mancanze. Ben lo sanno le potenze del male, che proprio a questo fine indirizzano tutta la loro forza e malvagità. Esse vogliono far sì che quanti si accingono a celebrare la santa Pasqua del Signore contraggano una qualche impurità e trovino un'occasione di colpa proprio là donde avrebbero dovuto attingere il perdono.

Il periodo della quaresima, o miei cari, significa perciò maggiore diligenza nel servizio del Signore, perché iniziamo, per così dire, una gara di opere sante: dobbiamo prepararci alla lotta contro le tentazioni e comprendere che quanto più attivi saremo per la nostra salvezza, tanto più violenti saranno gli attacchi dell'avversario. Ma colui che è in noi è più forte di colui che è contro di noi; il nostro vigore è in lui, nel confidare nella sua forza.

Per questo il Signore ha voluto subire l'attacco del tentatore: per istruirci con il suo esempio e insieme difenderci con il suo aiuto.

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Nel vangelo odierno il Signore vinse l'avversario con le testimonianze della legge, senza far uso della sua potenza. In tal modo intese onorare di più l'uomo e punire di più l'avversario; infatti il nemico del genere umano fu vinto da lui, si direbbe, non già in quanto Dio, ma in quanto uomo. Egli dunque combatté in quella circostanza, perché poi anche noi combattessimo; e vinse, perché anche noi come lui potessimo vincere.

Non esiste, miei cari, azione virtuosa senza il vaglio delle tentazioni, non c'è fede senza le sue prove, né combattimento senza nemico o vittoria senza scontro.

La nostra vita si svolge in mezzo ad agguati e battaglie; se non vogliamo essere sorpresi, dobbiamo stare all'erta, e se vogliamo vincere, dobbiamo combattere. Per questo Salomone, l'uomo più sapiente, dichiara: Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione. Quell'uomo, ricco della sapienza di Dio, conosceva bene che la religiosità autentica comporta il travaglio della lotta e in previsione dei pericoli della battaglia volle preavvertirne il combattente. Così intendeva evitare che il tentatore, assalendo qualcuno all'oscuro del pericolo, lo ferisse rapidamente perché appunto impreparato.

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Istruiti dall'insegnamento divino, noi scendiamo in campo con cognizione di causa per questa lotta. Ascoltiamo l'Apostolo che ci dice: La nostra battaglia non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.

E teniamo presente che questi nostri nemici comprendono bene che è rivolto contro di loro quanto noi cerchiamo di fare per la nostra salvezza: perciò il fatto stesso che desideriamo qualcosa di buono è tale da provocare i nostri avversari. Tra noi ed essi, a causa dello stimolo dell'invidia demoniaca, esiste un'opposizione di vecchia data, tale che, essendo essi decaduti da quei beni a cui per grazia di Dio siamo elevati, trovano il loro tormento nella nostra giustificazione. Quando noi ci rialziamo, essi crollano; quando noi riprendiamo vigore, essi lo perdono. In breve, quelli che sono rimedi per noi sono colpi per loro, perché il trattamento stesso delle nostre ferite li ferisce.

State dunque ben fermi, - ci esorta l'Apostolo - cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche lelmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio.

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Vedete di quali armi potenti, di quali difese insuperabili ci ha fornito il nostro capo così glorioso e ricco di trionfi, l’invitto comandante supremo della milizia cristiana! Egli ha cinto i nostri fianchi con la cintura della castità, ha calzato i nostri piedi con i vincoli della pace, perché un soldato il cui fianco è scoperto è rapidamente sopraffatto dal provocatore dell'impurità; il soldato privo di calzatura subisce facilmente i morsi del serpente.

Egli ci ha dato lo scudo della fede per la protezione dell'intera persona, ha posto sulla nostra testa l'elmo della salvezza, ci ha messo in mano la spada, cioè la parola della verità. In tal modo colui che combatte in campo spirituale non solo è ben protetto contro le ferite, ma è in grado di ferire l’avversario.

Facciamo affidamento, miei cari, su queste armi, iniziamo con animo pronto e intrepido la battaglia che a noi viene proposta; in questo stadio, quale è appunto il periodo del digiuno, non dobbiamo pensare di essere a posto con la sola pratica dell'astinenza dai cibi. Sarebbe troppo poco ridurre il nutrimento del corpo senza alimentare e rinvigorire l'anima.

Bisogna invece, mentre si mortifica un poco l'uomo esteriore, rimettere in forze l'uomo interiore; mentre si elimina dalla carne la sazietà materiale, irrobustiamo la mente con cibo spirituale e squisito. Ogni cristiano deve oggi guardarsi attorno e scrutare in fondo al suo cuore con diligenza e severità.


Dai Trattati di sant'Agostino sulla prima lettera di Giovanni.

In Epist.Io ad Parthos,II,14.

PL 35,1996-1997.

Ecco le sole tre passioni che agitano la bramosia umana: la concupiscenza della carne, la cupidigia degli occhi e l'orgoglio dell'ambizione terrena. Non ci sono altre fonti di tentazione. Il Signore stesso fu tentato dal diavolo su questo triplice aspetto.

Il tentatore comincia col mettere alla prova in Gesù la concupiscenza della carne. Infatti, dopo che il Signore ebbe digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Satana allora gli insinuò: Se sei Figlio di Dio, di' che questi sassi diventino pane. In che modo Gesù respinge il tentatore? A noi, i suoi soldati, come insegna a combattere? Fa' attenzione alla sua risposta: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

Il Signore è tentato anche nella bramosia degli occhi, che desiderano vedere un miracolo. Il demonio dice a Gesù: Gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede. Ma Cristo si oppone al tentatore. Se avesse fatto quel miracolo, sarebbe parso che avesse ceduto alla tentazione o si fosse lasciato trascinare dalla curiosità. Invece Gesù fece i miracoli solo quando volle agire come Dio allo scopo di curare gli infermi.

10

Se Cristo avesse operato un miracolo per istigazione del demonio, si sarebbe potuto credere che voleva ostentare la sua onnipotenza. Ma per stornarci da una simile idea e offrirci un modello da seguire in caso analogo, sta' a sentire quel che risponde al demonio. Sta scritto: Non tentare il Signore Dio tuo. Come se dicesse: Se ti obbedissi, tenterei Dio.

Questa risposta di Cristo sia anche la tua. Quando il nemico ti suggerisce: Che uomo, che cristiano sei? Finora hai compiuto almeno un miracolo? Dove sono i morti risuscitati dalle tue preghiere? Quanti sono i divorati dalla febbre che hai guarito? Se tu valessi qualcosa, faresti prodigi , allora tu rispondi: Sta scritto:Non tentare il Signore Dio tuo.

Non voglio mettere Dio alla prova, pretendendo dimostrare che gli appartengo o non appartengo secondo che faccia o no, un miracolo.

11

In che modo il Signore fu assalito dall'orgoglio dell'ambizione terrena? Essa avvenne quando il diavolo lo condusse sopra un monte altissimo e gli disse: Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai.

Lo spirito tenebroso istigò nel Re dei secoli l'orgoglio di possedere un regno terreno. Ma il Signore che crea il cielo e la terra, calpesta sotto i piedi tale tentazione. Vincere il demonio è un gioco per il Signore. Tuttavia, gli risponde per insegnarci a rimbeccarlo a nostra volta: Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto.

Seguite queste parole e non sarete dominati dall'orgoglio dell'ambizione né dalla voluttà degli occhi, né dalla concupiscenza della carne. Vi aggancerete alla carità e saprete amare Dio. Se invece ci sarà in voi l'amore del mondo, non potrà esservi l'amore di Dio.

12

Radicatevi nell'amore di Dio. Dio è eterno. Aderendo a lui, resterete in eterno. Ciascuno è ciò che ama. Ami la terra? Sarai terra. Ami Dio? Dovrei concludere: Sarai Dio, ma non oso dirlo io, e perciò ascoltiamo la Scrittura: Io ho detto: "Voi siete dèi, siete tutti figli dell'Altissimo".(Sal 81,6)

Se dunque volete essere dei e figli dell'Altissimo, non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno! (1 Gv 2,15-17)

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