Dai "Discorsi" di un ignoto oratore africano dei V secolo.

Cristo parla ai suoi con misericordia, esorta con affettuosa bontà quelli che sono consacrati al suo nome: Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non sei servo, ma amico quando compi quello che io ti prescrivo. Non sei un dipendente, ma mio congiunto in amore se ti dedichi a quanto io ordino. Allora da schiavo sarai trasformato in amico, da servo in familiare; dalla zona degli estranei potrai entrare nella cerchia degli intimi. Il peccato non. ti può più bollare con il marchio di schiavo perché la mia misericordia ti ha stretto a me in amicizia.
E' stata stroncata la colpa che ti aveva ridotto nella più abietta degradazione, perché con il perdono ti ho destinato a regnare accanto a me. Cerca solo di serbare intatta la fedeltà, e con essa l'amore che corre sullo stesso filo. Siamo, tu ed io, una sola cosa. Unico perciò sia il volere di entrambi, di me che comando e di te che attui, perché pure comune ci sia il regnare nel cielo. Nascendo ho assunto io stesso l'uomo e unito con lui sono apparso in quanto Dio; tu pure, che sei uomo e mi hai ricevuto attraverso la grazia, sei stato unito a me tuo redentore e mi sarai associato in cielo, come ora mi sei unito nel mondo.

Non i tuoi meriti, ma la mia tenerezza ti ha donato l'amicizia. La mia bontà ti ha reso amabile, non certo le tue prestazioni. Non hai meritato nulla e sei mio amico. Ma comincerai a meritarlo se compirai quello che ti comando. Anzi, non potrai essermi amico se non ti dedicherai con amore a realizzare miei precetti. Per redimerti scesi in terra e tu per restare con me dovrai trasferirti in cielo. Tra gli umani amicizia e amici formano un blocco dovunque ci si stringe in comunione, essa dura finché persiste la fedeltà agli impegni presi. Insomma, togli l'amore, l'amicizia naufragherà; togli la fedeltà e gli uomini non si associeranno più. Come dall'amore spunta l'amicizia, cosi la vita comunitaria è cementata dalla fedeltà. Il tipo sprezzante non ha amici e lo sleale è bandito da ogni comunità.
Perciò tutti i santi apostoli raggiunsero il vertice dell'amicizia divina. Anche i patriarchi pervennero all'amore di Dio. Pensiamo ad Abramo che obbedì ai comandi divini, osservò i suoi precetti per cui divenne il padre dei credenti del vecchio e poi del nuovo Testamento.

Chiunque sei che discendi dalla stirpe di Abramo e ti vanti d'esserne figlio, se davvero è così, imita tuo padre. Sei l'amico di Cristo? Segui i suoi comandi per gioire della sua familiarità, conquistata con un comportamento che gli rende onore. Se un potente della terra volesse stabilirti suo erede, farti suo amico, addirittura adottarti come figlio, al colmo dell'ammirazione e dello stupore non ti voteresti corpo ed anima al suo servizio? Escogiteresti ogni forma di onore, eseguiresti puntualmente i tuoi obblighi nella tema che quello offeso cambi parere e determinazione, trasferendo ad un altro magari migliore di te, il bene che voleva concederti. Ora Dio ti ha stabilito suo erede, Cristo ti ha abbracciato come amico e per lui sei divenuto il figlio del Padre suo. Se tu sei l'erede, conserva quanto il testatore ti ha affidato. Da autentico amico dimostra che nulla può spezzare il tuo rapporto. Se sei figlio, svela in te la fisionomia paterna. Il testamento manifesta l'erede, il servizio l'amico, l'amore il figlio. Sull'onda di questi simboli, è cristiano chi ne attua gli impegni, il compiacimento per essere l'amico di Cristo deve sbocciare da questa premessa: Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. "Tu sei mio caro amico se fai quel che ti dico" sentenzia il proverbio. Tralasciare se non addirittura disprezzare il volere dell'amico in realtà è seppellire l'amicizia.

Diciamo anzitutto che hai raggiunto le stelle, o cultore di Dio. Però da dove ti proviene la fortuna di stringere amicizia con Cristo, di accedere all'intimità con il Signore? Dal merito? Non il nostro, ma quello di Cristo, è ovvio. Dalla preghiera? Il suo frutto dipende soltanto dal fatto che il Maestro è lui a presentarla al Padre. Né merito, né preghiera, né altre prerogative affini sono il retroscena di quell'entusiasmante approdo. L'unica risposta spetta alla tenerezza di Dio che ce l'ha donata tramite Cristo. Per noi lui si rivesti di un corpo mortale, portò la croce, penetrò negli inferi, risorse vincitore, ascese al cielo e ci ha accolti nella sua amicizia per pura gratuità, dicendo: Voi siete miei amici se fate ciò che io vi comando. In altri termini: voglio stringerti in amicizia con me, prediligerti come mio intimo, spalancarti il cuore purché tu dia ascolto alle mie richieste, tu compia quanto io esigo e ti applichi con accurata premura a ciò che ti suggerisco. D'altronde non puoi essere amato, se disprezzi; ma non sarai schernito se servi, né sarai servo obbedendo. Anzi, rinsalderai l'amicizia col mandare ad effetto i miei comandi.

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