Lo sconosciuto del Getsemani

PERSONAGGIO

La drammatica notte del venerdì santo, nell’Orto degli Ulivi, c’è un protagonista misterioso: un giovane testimone rivestito di un semplice lenzuolo, che lascia nelle mani di chi tenta di fermarlo, fuggendo via nudo. Ma chi è quell’enigmatica figura? E perché, unico evangelista, Marco ne parla?

Lo sconosciuto del Getsemani

Ne fu colpito anche D'Annunzio, che lo cita come un «tredicesimo apostolo». Invece le identificazioni più tradizionali puntano su Marco stesso, o Giacomo il Minore, Giovanni, Nicodemo, Lazzaro... Le interpretazioni più recenti puntano piuttosto sull'allegoria: il ragazzino potrebbe essere l'icona del credente che ha paura di seguire Cristo fino in fondo, oppure un'immagine battesimale
Di Roberto Beretta
Anche Gabriele D'Annunzio fu colpito da quel giovane misterioso, vestito solo di un lenzuolo lasciato nelle mani degli aggressori all'atto di fuggire via nudo nella notte. Un caso di tentata pedofilia? No, puro Vangelo. «Non avete mai pensato chi potesse essere quel giovane - così il Vate -, chi era quel tredicesimo apostolo, che aveva assunto il posto di Giuda nell'ora dello spavento e della grande angoscia? Era vestito d'un vestimento leggero. Si fuggì ignudo. Nulla più si seppe di lui nel mondo». Si riferiva, il divino Gabriele, a un passo di Marco, due soli ma enigmatici versetti (14, 51-52) nel racconto della Passione al punto in cui i soldati arrestano Gesù nel Getsemani: «Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono. Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo». Un particolare da fumettone, anzi da fiction, del tutto inutile all'azione. O forse un soprassalto di realismo necessario a conferire più verità alla cronaca. Perché l'evangelista riferisce questa spicciola curiosità? Come mai - se si trattava di un testimone oculare - non riporta il nome del fuggiasco? Perché insistere sull'espediente rocambolesco grazie al quale costui sfugge alla cattura? E infine: chi è il protagonista del fatto? La tradizione cattolica ha spesso risposto a quest'ultima domanda con il nome stesso dell'autore del Vangelo: Marco, cioè, trascrive un episodio autobiografico che gli serve a corroborare la storicità di tutta la sua opera, però evita di rivelare l'identità del personaggio per una sorta di «umiltà». Soprattutto in questi ultimi anni, tuttavia, l'ipotesi è stata messa in discussione dagli esegeti, che attaccano l'identificazione con Marco del «giovanetto» (neanìskos in greco) a vantaggio di interpretazioni simboliche. È la via seguita anche da Emilio Salvatore in un lungo, apposito saggio su un recente numero della Rivista di teologia: con il metodo dell'analisi narrativa, l'autore vi sostiene che il fuggitivo sarebbe l'«icona di una sequela ingenua, immatura e interrotta»; il ragazzino cioè, rivestito con la veste battesimale, la perde per la paura di seguire Cristo fino alla morte. Siccome Marco scrive in un ambiente romano intorno agli anni 60-70 d.C., quando la persecuzione dei cristiani era continua, «il giovinetto sarebbe una figura rispecchiante la difficoltà di alcuni a resistere», un credente insomma che ha ricevuto il battesimo ma che teme il martirio. La spiegazione allegorica, tuttavia, potrebbe anche essere fuorviante, se non succube della moderna lettura spiritualizzante dei Vangeli. D'altra parte, una più precisa identificazione del giovane marciano ha costretto nei secoli i più vari interpreti a ipotesi non meno scricchiolanti. Per alcuni autorevoli Padri della Chiesa - per esempio sant'Ambrogio, Beda il Venerabile, papa Gregorio Magno, Giovanni Crisostomo -, il neanìskos sarebbe Giovanni, il discepolo prediletto tradizionalmente descritto come un adolescente. Altri (anche studiosi moderni) pensano invece a Lazzaro appena resuscitato, forse per quell'accenno alla sindone funeraria di cui era coperto o per la vicinanza del Getsemani alla sua patria, Betania; del resto il cosiddetto «vangelo segreto» di Marco, un apocrifo del II secolo, presentava appunto il fratello di Marta e Maria rivestito solo di un lenzuolo. Altra identificazione antica e ricorrente è quella con Giacomo il minore, «fratello di Gesù» e capo della Chiesa di Gerusalemme: il motivo potrebbe essere proprio quel «minore» riferito alla giovane età, come per il misterioso adolescente del venerdì santo, oppure il fatto che l'apostolo fu uno dei primi martiri (e infatti anche il tipo dell'Orto degli Ulivi mostra un certo iniziale coraggio); anche qui però gioca un apocrifo, che lo dice «mai vestito di lana ma unicamente di una sindone». Le ipotesi più recenti fanno poi altri nomi: Nicodemo, Pietro, Paolo (il racconto evangelico adombrerebbe la sua conversione), il giovane ricco, il figlio del giardiniere del Getsemani svegliatosi di soprassalto, un inquilino della casa dove aveva sede il Cenacolo e via fantasticando. E lasciamo pur perdere le interpretazioni soprannaturali (un angelo, l'anima...) o esoteriche (il giovinetto è una figura iniziatica, che «si spoglia» dei veli umani per penetrare il mistero nascosto ai più). Se non altro, tale ventaglio di creatività lascia intuire quanto tuttora intrighi il mistero di quel testimone seminudo del tradimento e dell'arresto di Gesù: non molti anni or sono, il biblista don Giacomo Perego ha dedicato un intero libro (La nudità necessaria, San Paolo) e ben 20 pagine di sola bibliografia ai due enigmatici versetti evangelici. Né manca la congettura di un errore umano: quello di un copista che avrebbe «saltato» una riga dell'originale, ottenendo l'effetto di descrivere un giovane «nudo» anziché semplicemente «senza mantello». Un'altra pista di ricerca (di matrice storicista) punta piuttosto sui precedenti dell'Antico Testamento, in specie un passo di Amos in cui si profetizza che nel «giorno del Signore» anche «il più coraggioso fra i prodi fuggirà nudo»; la citazione di Marco sarebbe dunque un'aggiunta (tarda) per indicare il compimento di un vaticinio. Altri possibili luoghi paralleli sono indicati nella storia del patriarca Giuseppe (che fugge nudo per evitare le profferte della moglie del suo padrone) o in un certo «uomo vestito di lino» che appare nel libro di Daniele. Né va dimenticato peraltro il legame tra la veste dell'adolescente del Getsemani e la sindone nella quale sarà avvolto di lì a poco il Cristo; in questo caso, l'episodio narrato costituirebbe la prefigurazione rovesciata di quanto deve avvenire: l'uomo che viene arrestato, in apparenza per essere rivestito del telo funerario, è in realtà destinato a tornare libero lasciando il sudario in mano ai suoi carcerieri... Tra l'altro, Marco colloca un altro neanìskos biancovestito nel sepolcro di Gesù, il mattino della resurrezione. C'è infine la possibilità che - essendo let to durante la veglia pasquale - il brano avesse un significato legato al battesimo (vedi la tunica candida), rito che veniva celebrato appunto la notte di Pasqua. Insomma, il rebus si aggroviglia anziché districarsi. E anche a noi, interpreti moderni che vorrebbero catturarne il segreto, quel giovane sfugge. Lui, che vide il bacio di Giuda, non ha voce propria per raccontarlo. Lui, al quale fu data la sorte di essere testimone oculare del confronto fisico tra male e bene, non può però di rivelarne il mistero. Scappa, e ci lascia in mano soltanto un dubbio in più e il simulacro di un'apparenza sottile.

Avvenire 6 aprile 2007

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