Card. Caffarra. Processione delle Palme

Carissimi giovani, desidero profondamente che ciascuno di voi questa sera, durante questi giorni pasquali, durante tutta la nostra vita faccia proprio il desiderio dei greci di cui parla il Vangelo (cfr. Gv 12,21) e diciate in tutta verità: "vogliamo vedere Gesù". Vi darò un aiuto invitandovi a meditare brevemente ciascuna di queste parole.

1. "Vogliamo", dicono quei greci. È la parola che esprime un desiderio, una passione. Carissimi giovani, non spegnete nel vostro cuore i desideri più profondi che avete; non diminuitene la misura. Cercheranno di convincervi che non essendo possibile avere ciò che desideriamo, bisogna accontentarci di desiderare ciò che è possibile avere.

E quali sono i desideri più profondi, i desideri cioè dalla cui piena – non limitata – soddisfazione dipende la realizzazione autentica della vostra umanità? È il desiderio di avere una risposta vera alle domande che dimorano inestirpabili nel nostro cuore: è il desiderio di verità. Ma vi hanno detto, vi dicono che la verità non esiste; che il segno di una sana intelligenza è di dubitare sempre di tutto; che chi non la pensa così è un intollerante. Agostino vi dice una cosa molto profonda: "ho conosciuto tante persone desiderose di ingannare gli altri, ma non ho mai conosciuto uno desideroso di essere ingannato".

È il desiderio di realizzare la vostra libertà nel bene: è il desiderio di bene. Ma vi hanno detto, vi dicono che non esiste il bene, ma solo ciò che è utile o dannoso, piacevole o spiacevole; che l’uomo può solo cercare il suo bene individuale prescindendo da ciò che è bene per l’altro o a spese del bene dell’altro; che l’amore dell’altro come un altro se stesso è mera utopia. Ma voi sentite che niente desiderate maggiormente che amare ed essere amati: amare ed essere amati nella verità, nella dignità, nella bellezza di un’auto-donazione senza limiti.

Ed allora, carissimi giovani, mi rivolgo a voi colle parole del salmo: "c’è qualcuno che desidera la vita e brama alcuni giorni per gustare il bene?" [33,13]. Se uno risponde: "io", sappia che ha detto una parole immensa: "io". Si è cioè elevato alla dignità di persona; sopra la propria istintualità, sopra tutto ciò che si dice e si fa, nella consapevolezza della sua intaccabile soggettività e responsabilità, cioè capacità di rispondere al Signore stesso.

2. "Vedere", dicono quei greci. È la parola che dice quale è l’oggetto del desiderio umano. Non è il nostro desiderio una tensione verso un ideale astratto; non è una evasione spiritualistica. Il desiderio umano – quel desiderio di cui ho parlato nella prima riflessione – di verità, di bontà, di bellezza, diciamo la parola ultimamente vera, di Dio, è di vedere, di poter toccare colle proprie mani, di poter udire colle proprie orecchie.

Se la verità che desideriamo; se il bene che vogliamo; se la bellezza che ci attrae; se la giustizia che cerchiamo, sono realtà che non appartengono a questo mondo; se non sono presenti dentro alla nostra vita quotidiana, dentro ai nostri "anni infausti e brevi", allora che senso ha il nostro dire: io desidero la vita e bramo lunghi giorni per gustare il bene?

Eppure quando per la prima volta nella storia due discepoli di Cristo vennero richiesti di dare ragione della loro predicazione, essi semplicemente risposero: "noi non possiamo tacere quello che abbiamo udito e visto" [At 4,20]. Uno dei due, già vecchio, molti anni dopo scriverà: "ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostro occhi… ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita, poiché la Vita si è fatta visibile…" [1 Gv 1,1-2]. La Vita non ha sdegnato di "provar gli affanni della nostra vita": si è fatta visibile.

C’è qualcuno che desidera la vita?

Sì, io voglio vedere la vita.

La Vita si è fatta visibile. È Gesù: Lui è la Vita fatta visibile. È la Verità; è il Bene, è la Bellezza; è la Comunione. È tutto, poiché è in Lui che ogni cosa ha consistenza: "mente e desiderio sono stati foggiati in funzione di Lui. Per conoscere Cristo abbiamo ricevuto il pensiero, per correre verso di Lui il desiderio, e la memoria per portarlo in noi" (N: Cabasilas, La vita in Cristo, CN ed., Roma 1994, pag. 309).

2. "Vogliamo vedere Gesù". Il cristianesimo, carissimi giovani, prima di essere una dottrina da apprendere e una regola da osservare, è l’avvenimento di un incontro: l’incontro della nostra persona colla persona di Cristo. È lasciare che la sua presenza occupi sempre più la nostra intelligenza, la nostra coscienza, la nostra libertà, fino al punto che possiamo dire con S. Paolo: "per me vivere è Cristo" (Fil 1,21).

E dove finalmente potete vedere, incontrare Gesù? Nella Chiesa: "è in essa e per mezzo di essa che Gesù continua a rendersi visibile oggi e a farsi incontrare.

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